Vivere nei tombini di Khartoum

In uno scenario di guerra e di morte si consuma la tragedia di migliaia di bambini sudanesi venduti come schiavi o utilizzati per ripulire i campi minati. Malgrado lo sforzo di molti, il destino dei ragazzi orfani rimane nelle mani di autorità statali incompetenti e poco sensibili

di Claudia Corsolini

Figli di una guerra dimenticata

La situazione politica del Sudan presenta un quadro alquanto complesso: difficile dall’estero districarsi nelle scelte del governo di Khartoum, sicuramente impegnato in una politica interna di islamizzazione che trova conforto in appoggi strategici da parte di altri paesi islamici.

"L'idea di dare al Sudan un'identità nazionale, pur trattandosi di un paese eterogeneo per religione, razza e cultura, attraverso l’Islam l'arabizzazione, non è un'idea nuova. Nel corso della storia sudanese l’Islam si è dimostrato un fattore di mobilitazione contro gli aggressori stranieri e i colonialisti. In altre parole l’Islam è stato un agente essenziale per la creazione di un'identità nazionale, ma si è dimostrato anche causa di separazione della stessa. Invece di portare unità, ha portato divisione e questa può essere risolta in modi diversi: [...] sembra che l'attuale governo abbia scelto la via [...] di imporre un'uniforme identità nazionale islamica con la forza repressiva dell'esercito".

"Dall'indipendenza in poi ci sono stati diversi tentativi di proporre una costituzione islamica; tuttavia l’islamizzazione ha sempre provocato il sorgere di correnti separatiste, prima con gli ANA Nya e poi con la guerra civile dell'SPLA"; anche perché l’Islam è uno strumento che il governo usa "per assicurarsi il potere politico ed economico2. Tutto ciò mostra un paese in cui le ragioni di conflitto sono varie e complesse, e alimentano da oltre 10 anni una guerra civile tuttora in corso, nonostante le divisioni interne tra gli oppositori. Le conseguenze di questa guerra dimenticata sono gravissime. "È difficile fare una stima del numero dei morti, dei rifugiati e dei profughi che la guerra ha direttamente provocato.

La maggior parte degli esperti parla di 500 mila morti e tre milioni di rifugiati e di profughi. L'Alto Commissariato per i Rifugiati calcola che, fino al maggio '93, le ostilità e la politica governativa abbiano provocato la morte di un milione e 300 mila sud sudanesi. Ciò significa che più di un quarto dei 5 milioni d'abitanti sono morti a causa della guerra". I bambini risentono pesantemente della situazione di conflitto pressoché permanente. Sono spesso figli della guerra e non hanno mai conosciuto la pace.

Fra schiavitù, malnutrizione e abbandono

I1 20 novembre 1988 il "The Sudan Times'' pubblicò i risultati di una indagine sullo stato nutrizionale condotta dal Ministero della Sanità e da ONG nelle 3 città della Capitale. Risultò che il 45,4% dei bambini esaminati nelle 19 aree scelte "erano al di sotto dello standard nazionale di malnutrizione". Un altro rapporto evidenziava che il "7% dei bambini di strada di Khartoum, sottoposti al test dell'AIDS, furono trovati affetti dalla malattia".

Più recenti sondaggi, fatti senza permesso, sulla situazione nutrizionale dei bambini fra i sei mesi e i 5 anni, nei campi profughi dei sobborghi di Khartoum, mostrano che "il tasso di malnutrizione (ad esempio il peso corporeo inferiore dell'80 per cento rispetto alla media) in questi campi va dal 9,3 per cento (campo di Hillat Gedida) al 21 per cento (El Salaam). Confrontando i dati da settembre 92 a settembre 93 la malnutrizione è rimasta identica in due campi e peggiorata in 44". La mortalità infantile nel primo anno di vita è del 109 per mille ma sale al 184 per mille da O ai 5 anni.

Molti bambini finiscono vittime della schiavitù, un fenomeno purtroppo largamente documento da organizzazioni internazionali: di solito vengono venduti a mercanti del Nord del paese che li vendono a loro volta a facoltosi signori di Khartoum o - più spesso - dei paesi del Golfo; altri vengono reclutati dalle fazioni in lotta per azioni di guerriglia o per ripulire i campi minati, con le conseguenze immaginabili.

Un fenomeno viceversa del tutto sconosciuto alla cultura locale e direttamente conseguente alla guerra è quello della situazione di abbandono dei bambini orfani, che in condizioni di vita normali, vengono semplicemente accolti nella famiglia allargata a cui appartengono e che viceversa a causa della guerra si trovano a dover provvedere da soli ai loro bisogni, per cui è sempre più frequente il fenomeno dei ragazzi di strada. "Mi sono trovata più volte a camminare sui marciapiedi delle vie del centro della capitale del Sudan, ed era con sgomento che dovevo assistere all'uscita di bambini che potevano avere dai 5 ai 13/14 anni dai tombini (sempre aperti) delle condotte per la raccolta dell'acqua piovana" racconta Rosetta Molteni, volontaria dell'Ovci la Nostra Famiglia a Juba e da qui evacuata come tutti gli stranieri in occasione della recrudescenza del conflitto nella capitale del Sud, nel 1992.

"Le prime volte non volevo credere a quel terribile spettacolo che mi si presentava ogni mattina; purtroppo ho dovuto constatare con estrema amarezza che quella dei tombini era una realtà in cui vivevano migliaia di bambini: circa 25 mila bambini sono stati raccolti dalle strade, dai tombini o dai cimiteri, dove si rifugiavano per trascorrere la notte, per cercare di sottrarli al rischio di essere schiavizzati, per non lasciarli nell'abbandono, per toglierli dal rischio della delinquenza e cercare di dare loro la possibilità di una vita con un'ombra di umanità" conclude Rosetta ricordando il lavoro svolto all'interno delle attività del Segretariato Diocesano per l'Educazione a favore di questi bambini, incluse nel progetto "SAVE THE SAVEABLE".

Salvare il salvabile

Questo progetto prevede un servizio scuola nei diversi campi profughi, raggiungendo complessivamente circa 30.000 bambini.

Le scuole sono state costruite con mezzi di fortuna, analogamente alle capanne in cui le famiglie dei profughi vivono. Ogni bambino riceve la colazione; la Diocesi paga gli insegnanti, i libri e il tessuto per i vestiti.

I programmi scolastici adottati sono quelli delle scuole ordinarie, anche se le condizioni precarie di svolgimento delle lezioni (affollamento delle classi, scarsità di materiale didattico e di cancelleria, precarietà delle famiglie stesse per cui i bambini hanno difficoltà a seguire regolarmente le lezioni...) rendono gli apprendimenti più difficoltosi. La scelta di non allontanarsi dalle disposizioni valide per le scuole ordinarie risponde al fatto che, in questo modo, si ritiene di poter favorire un facile rientro nelle scuole ordinarie nel momento in cui i nuclei familiari faranno rientro nei rispettivi luoghi di provenienza, oppure - nel caso di un ulteriore differimento del rientro - nelle scuole diocesane riconosciute, che sono più lontane. L'intervento a sostegno dei bambini di strada prevede l’accoglienza di oltre 500 bambini in piccoli nuclei familiari gestiti da personale locale, con il coordinamento di un comitato denominato "Les enfants du soleil". In queste "case-famiglia" i bambini vengono accuditi ed educati. Le case-famiglia sono dislocate nei diversi quartieri di Khartoum in modo da poter dare risposta adeguata ai bisogni dei bambini e da avere - per quanto possibile - sotto controllo la situazione in tutta la capitale.

A seconda dell'età, i bambini vengono inseriti nelle diverse strutture scolastiche dei quartieri di Khartoum o in alcune strutture formative appositamente realizzate (laboratori di falegnameria, calzoleria e sartoria), che si trovano generalmente fuori città in prossimità dei campi profughi.

Dicono i responsabili del progetto "Save the saveable": "il numero di bambini interessati da questa attività è impressionante. Siamo orgogliosi di chi vi lavora e dei benefattori che hanno reso possibile tutto questo. Tuttavia non possiamo ignorare che ci sono almeno altri 200.000 bambini rifugiati in età scolare solo in Khartoum che non fanno parte di nessun programma educativo formale. Le nostre scuole per i rifugiati raggiungono solo 1'8,9% dei bambini rifugiati in età scolare di Khartoum".

Campi statali per la "raccolta" dei bambini

È ancora Pax Christi Internazionale a rivelare quali sono le alternative per quell'81,1% dei bambini: "nel 1992 le autorità di Khartoum hanno attuato una campagna di repulisti.
I bambini di strada venivano tirati su durante la notte e messi in campi speciali fuori Khartoum o in altri stati. [...] II Ministero per la riabilitazione dei bambini di strada è ufficialmente responsabile delle cure ed è autorizzato a visitare i programmi d'aiuto delle ONG. L'attuale amministrazione dei campi è nelle mani dell'organizzazione sudanese "Cura giovanile", che è stata fondata nel 1986 ed è principalmente finanziata da organizzazioni islamiche internazionali. L'amministrazione del campo di El Markhyiat è nelle mani di giovani militari che non hanno esperienza nel guidare e riabilitare i bambini di strada. Secondo testimoni, l’amministrazione del campo ammette di essere impotente riguardo abusi sessuali e violenze tra i bambini.

II campo di Abu Doum, situato in un'area desertica, ospita 500 bambini fra i 6 e i 15 anni c'è un solo assistente sociale, 20 supervisori che sono coinvolti nel programma giornaliero e 24 nell'amministrazione . [...] Nel campo di Abu Doum ci sono problemi di approvvigionamento d'acqua. Manca l’assistenza sanitaria. I bambini sono soggetti a un regime di terrore da parte dei supervisori. I malati o mentalmente disturbati finiscono nell'ospedale militare di Omdurman. Centinaia di bambini sono stati mandati in Campi d'addestramento della Forza di Difesa Popolare o nell'esercito dopo la fine della scuola. Ai bambini non è concesso andare in città. Non ricevono visite dai loro parenti, visto che questi ultimi non sanno dove sono.

Non meraviglia quindi scoprire dalle relazioni del Segretariato Diocesano per l’Educazione che "anche le organizzazioni dei Fratelli Musulmani stanno copiando il nostro sistema di lavoro e di assistenza. [...] I rifugiati stanno scoprendo i benefici risultanti dall’istruzione e reclamano il diritto all’istruzione dei loro bambini. [...]

La Chiesa Cattolica in Sudan si impegna per le scuole e non ha mai cessato di sostenerle, [...] tuttavia il lavoro della Chiesa nel Campo dell'istruzione è una forma di cooperazione offerta allo Stato che ne è il primo responsabile.

Claudia Corsolini
OVCI (Organismo di Volontariato per la Cooperazione Internazionale)





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