Alex Zanotelli - Il Nord e il Sud del mondoDal mensile "Partecipazione" maggio-giugno 1996 della Comunità di CapodarcoMa e' solo una delle tante baraccopoli di Nairobi. Nairobi e' una citta' bellissima, non ho bisogno di venire qui per parlare del Nord del mondo. A tre chilometri di distanza da Korogocho c'e' il quartiere residenziale con delle ville bellissime che voi ve le sognate, talmente sono belle e talmente la gente e' ricca a palate. Poche citta' in Africa hanno un passaggio di soldi come a Nairobi e, secondo l'ambasciata americana che ha fotografato dall'alto la citta' pezzo per pezzo con un aereo militare, su 3 milioni di abitanti -- di cui un milione e ottocentomila vive in baracche, accatastato nell'1 per cento della terra disponibile -- se ne prevedono diciotto milioni fra vent'anni. Le bestie feroci che stanno nel Safari Park di Nairobi e che molti italiani ogni anno visitano per turismo, sono trattate meglio degli uomini e le donne che vivono in baracche. Questo uno per cento di terra non appartiene neppure ai poveri ma al governo che, a seconda della spinta edilizia, arriva con le ruspe, spiana tutto e butta i poveri piu' in la'. Infine, i poveri non hanno neanche le baracche, perche' vivono in tuguri di piccoli proprietari in affitto a prezzi carissimi. Sono andato qualche giorno fa a trovare don Giuseppe Dossetti che aveva espresso il desiderio, anche se molto malato, di vedermi e parlare un po' con me. E Dossetti mi ha detto con un filo di voce: "Vedi Alex, non pensare che io faccia un mito delle Costituzione italiana, ma se io ho lottato per essa e' perche' rappresenta ancora i pochi paletti etici che sono rimasti in questo Paese". Se scompaiono pure questi e' una fiumana che ci travolge tutti perche' il problema non e' la Costituzione e' l'eticita', sono i valori. Non c'e' piu' nulla. Ecco il nostro dramma. Non importano gli sbagli, a volte ci ritroveremo ad imitare il sistema ma non fa nulla, l'importante e' riconoscerlo, pentirsi, tentare. Ecco un po' il cammino che diventa importante. C'e' un altro problema da affrontare e sono le invasioni degli immigrati che ci aspettano. Io lo dico spesso ai ricchi di Nairobi, e i ricchi se ne stanno accorgendo. Mi ricordo quando sono andato in giro per trovare una possibilita' di lavoro per gli uomini e le donne la seconda comunita' cristiana della discarica, per chiedere ai responsabili delle multinazionali che gli facessero vuotare dei rifiuti buoni gli uffici dei grandi grattacieli su cui i ricchi mettevano le mani, un manager nero di una grossa societa'mi ha detto: "Alex hai ragione. E' possibile che noi ricchi siamo talmente ciechi da impedire che perfino i rifiuti un po' piu' utili vadano ai poveri. E' il colmo. Ci stiamo scavando con le nostre mani la nostra tomba". Quando succedera' qualcosa a Nairobi vedrete e leggerete i grandi media italiani che si lamenteranno: "Guardate i neri che hanno fatto, dobbiamo andare a ricolonizzarli perche' da soli non ce la fanno". A un certo punto esplodera' tutto, c'e' un limite all'uomo. E la stessa cosa vale in chiave mondiale. I poveri li potrete tenere a freno fino a un certo punto, poi vi scoppiera' tutto. I primi sintomi sono quelli della penetrazione dell'impero attraverso le migrazioni. Anche l'impero di Roma non e' riuscito a tenere con le legioni i barbari. Alla fine, entra uno, entra l'altro, gli ultimi imperatori romani erano tutti barbari che hanno preso cosi' l'impero. Il mondo e' un unico villaggio economico che diventera' sempre piu' un piccolo villaggio multirazziale, multireligioso, multietnico. Non c'e' altra via che l'integrazione dell'emarginazione. Questa sciarpa che porto indosso viene dagli indigeni, me l'ha regalata l'ex segretaria di monsignor Proano, oggi segretaria generale della Conferenza dei popoli indigeni dell'America latina. In questa sciarpa mancano tutti i colori primari, e ogni colore si fonde nell'altro. Nell'insieme e' bellissima. E' l'emblema di chi lotta per la propria identita' culturale sentendosi pero' soltanto una parte dell'arcobaleno dei popoli. E' questo cui noi siamo chiamati ad essere cio' che don Tonino Bello definiva "la convivialita' delle differenze" o quello che Desmond Tutu, arcivescovo anglicano e premio Nobel per la Pace chiama "il popolo del Dio dell'arcobaleno". O arriveremo a questo, all'incontro dell'altro diverso da me, ricchezza per me a quello che Balducci chiamava "l'uomo planetario", l'uomo nuovo, oppure sara' la fine. Spero che il nuovo governo tolga immediatamente il decreto sugli immigrati -- che e' una cosa molto grave -- e si vada a una legge quadro in nome di un popolo italiano che e' stato un popolo di emigranti per secoli: dal 1861 al 1961 sono andati all'estero circa 60 milioni di italiani, piu' che non gli italiani in Italia. Siamo andati in tutto il mondo mendicando un tozzo di pane, ma e' possibile che facciamo cosi' tante storie sull'1,6 per cento di immigrati in Italia, da vederli come una minaccia per il Paese? E' grave che dei politici giochino alla xenofobia per il proprio tornaconto. Sapevo che noi italiani siamo razzisti, ma non immaginavo un livello di razzismo cosi' intenso come ho visto in questo periodo. Quando a "Tempo reale" mi sono vista proiettata sui megaschermi quella processione che hanno organizzato a Genova contro i nomadi nella notte, con quelle fiaccole quell'odio e una ferocia inaudita, mi e' sembrato di assistere una replica delle processioni del Ku Klux Clan in America. Sono fenomeni su cui vigilare. |