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N.34 - Febbraio 2001

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Swaziland

Un mercato dei turisti e l'"Africa vera"

Di James Hall

A Manzini, in Swaziland, i turisti, alla ricerca della "cultura autentica", oltre a visitare i negozi chic, si avventurano sempre più spesso in spedizioni di shopping al mercato dove si può comprare di tutto, dalle erbe medicinali ai copricapo dei guerrieri. Questo fenomeno solleva l'interessante interrogativo riguardo quale sia, in fondo, la "vera Africa".

Constance Kumalo, di 47 anni, che vende borse di paglia intrecciata, materia prima raccolta con la madre settantacinquenne nelle zone montagnose del paese, trova che i clienti non sono più quelli di una volta. Sono cambiati. Non solo vengono da fuori Manzini, il centro commerciale del regno situato in una zona temperata caratterizzata da dolci, verdi colline, ma non sono nemmeno del Paese. Questi nuovi venuti sono degli stranieri, gente curiosa che non fa il difficile sui prezzi, ma sembra piuttosto deliziarsi degli affari che fa.

Può essere che i turisti europei in Swaziland siano di questi tempi più interessati alla sofisticata ricerca di un'autentica cultura indigena, oppure semplicemente stanchi dei soliti luoghi turistici e quindi alla ricerca di novità, in ogni caso, comunque sia, oltre alle solite visite ai negozi di lusso amano recarsi sempre più spesso al mercato di Manzini. Fikile Mthembu, sindaco della città con una popolazione di 70.000 persone, ricorda che all'inizio i consiglieri comunali si sentivano in imbarazzo per l'attenzione che veniva prestata al mercato dagli stranieri. Alcuni erano terrorizzati perché il mercato è affollato, sporco e non offre certo l'immagine di città moderna che si vorrebbe proiettata all'estero. Ma il sindaco riferiva loro quello che si sentiva dire dagli operatori turistici, che i loro clienti volevano vedere il mercato in quanto per loro questa è la "vera Africa".

Il mercato, situato sul lato occidentale del centro di Manzini, consiste di poche dozzine di bancarelle densamente stipate, di due larghi spazi coperti da tendoni a strisce affollati da venditori e dalle loro merci e di un ampio settore dell'artigianato collocato su una balaustra sotto la quale si trova un pavimento pieno di sporcizia dove si vendono verdura ed erbe medicinali. La città può essere sonnolenta e languida, ma il mercato è pieno di vita, specialmente la parte originale, sorta nel 1969, dove si trovano i venditori di frutta e verdura.

Ma come può essere considerato più "vero" di un parco nazionale o delle famose cascate Mantenga? Due turiste tedesche che scendono da un pulmino portando con sé una gran borsa di tela vuota da riempire con gli acquisti su cui stanno per avventarsi, concordano sul fatto che il mercato le ha colpite a prima vista come "vero" luogo dell'"Africa vera". Ma quando si chiede loro di definire il significato di questa "autenticità" le si vede in imbarazzo. L'"Africa vera" non sarà magari rappresentata nell'immaginario di queste europee da sporcizia, miseria, paccottiglia , senso dell'avventura e del pericolo? Con tutto il rispetto, sono forse qui a fare della beneficenza, buone azioni da dame di carità? "No, niente di tutto questo, non siamo guardone!" protesta ridendo con naturalezza Greta Schultz di Monaco. "Questo posto è meraviglioso ed è "vero" perché pieno di vita e la gente fa i suoi affari mostrandoci un sacco di cose interessanti."

Certo, il mercato è come un museo vivente dell'Africa contemporanea. Stagnini modellano mastelli e fabbricano pentole con treppiedi accanto a riparatori di orologi impegnati in un lavoro di maggior precisione. Sul posto si prepara una gran varietà di cibi locali e questa sosta al mercato può essere l'unica occasione per dei visitatori ospitati in alberghi "all'occidentale" di assaggiare e conoscere l'autentica cucina locale.

"Questo è un mercato swazi per Swazi, "dice Thembi Nkhosi che vende abbigliamento di seconda mano assai popolare fra i locali, anche se magari è stato scartato dagli stessi visitatori europei che adesso fanno fotografie aprendosi un varco fra i banchetti. "Sono venuto qui quando hanno aperto questo mercato trenta anni fa, dopo che il nostro vecchio mercato è stato tolto di mezzo per far posto alla biblioteca. Non abbiamo mai pensato che potesse essere un posto per turisti. Ma, invece, guardi un po'...!"

Il mercato di Manzini è il centro più importante per il commercio all'ingrosso e la distribuzione di artigianato swazi, perché, partendo dal presupposto che i turisti non sarebbero mai stati interessati a visitare il mercato, i negozi di souvenir vicini agli alberghi di Ezulwini e della capitale Mbabane sono sempre andati a rifornirsi di merci a Manzini. Della stessa merce che rivendono in seguito ai turisti ad un prezzo che talvolta raggiunge due o tre volte il costo originario.

Giovedì é il giorno dell'artigianato al mercato. Nonne campagnole con stuoie e ceste di paglia, donne con collane di perline e semi, intagliatori di legno, falegnami ed artigiani di ogni genere scendono in città per mettere in mostra i prodotti del loro lavoro. I turisti che conoscono il Paese sanno benissimo che il giovedì è il giorno giusto per visitare il mercato, in quanto l'artigianato, disponibile anche negli altri giorni, straripa sui banchetti, a profusione.

Il flusso turistico al mercato è un fenomeno recente che non ha ancora influito troppo sui prezzi, ma il numero dei visitatori, sebbene sia ancora modesto, è in crescita anche grazie ad un aumento della notorietà del mercato fra coloro che vengono per turismo nel paese. Il direttore del mercato, Thomas Ngwenya, afferma che se ci sarà un effetto sui prezzi questo riguarderà probabilmente solo l'artigianato in quanto i turisti non comprano gran ché gli alimentari, che costituiscono il grosso delle vendite, né dimostrano grande interesse per le merci tradizionali anche se sono da queste parecchio colpiti ed affascinati.

Per articoli tradizionali il direttore intende l'abbigliamento swazi, perfino copricapo dei guerrieri. Lance e scudi di cuoio di vacca, gonnelline ornate di perle, indossate dalle ragazze swazi, sono generalmente ammucchiati e mischiati su polverosi banchetti, perfettamente riconoscibili agli swazi che ne fanno uso e perciò li acquistano. Agli occhi dei turisti, viceversa, tutto ciò ingenera una gran confusione perché costoro non sanno che un bastone a foggia di zampa di leone è una "lingedla" e che un cordoncino di perline rosa è un " simohlwane", sia l'uno che l'altro usati esclusivamente dai membri dei reparti guerrieri di re Mswati.

Alcuni turisti si avventurano comunque fra i banchetti di artigianato per cercare di capirci qualcosa delle medicine tradizionali che vi si trovano in vendita. Qui, farmacisti tradizionali mettono in mostra cortecce e radici usati dai guaritori tradizionali. Questi ingredienti di base sono lavorati sul posto e trasformati in polveri medicinali spesso mischiate con ossa macinate di zebra o rinoceronte; qualcosa di assolutamente illegale sulla base delle leggi nazionali sulla caccia, ma una pratica di fatto tollerata dalle autorità.

"Questo lo chiamiamo makhubalu khotsa" spiega un certo Sipho, mostrando ad un inglese un vasetto riempito di polvere nera color carbone. Gliene versa un po' sul palmo e dice:" E' un rimedio al mal di testa. Makhubalu vuol dir medicina e khotsa "da leccare" e questa è la maniera in cui la medicina va presa...!" Ed offre una dimostrazione leccando la polvere dalla mano del turista, spiegando che serve per il mal di testa, mentre altre makhubalu, ossia medicine, aiutano le donne in travaglio o i bambini col mal di denti come pure possono funzionare da anestetici tradizionali.

Non ci sono guide a condurre i turisti per il mercato ed i visitatori più motivati si arrangiano da soli chiedendo informazioni sulle statuette di legno, su cosa rappresentano, come sono fatte, e sono il più delle volte soddisfatti dalla risposte di venditori solleciti e premurosi come Sipho. Il cibo in vendita si presenta come qualcosa di più difficile comprensione per i turisti. Sono pochi a comprarlo, i più si fermano ad osservarne la cottura negli spazi aperti e coperti di sporcizia, odorando gli aromi speziati e fortemente pepati.

Lo Swaziland è un paese povero ed i residenti di Manzini dipendono dal loro mercato principale per i bisogni quotidiani, mentre una borghesia in espansione predilige le due strade commerciali della città che comunque sono di gran lunga meno affollate del mercato. In ogni caso nessuno dei residenti fa caso ai turisti. Alla fine, dopo aver imparato un sacco di cose, essersi divertiti ed essersi piegati sotto il peso degli acquisti, olandesi, inglesi, canadesi e tedeschi partono con l'autobus scattando, attraverso i finestrini dai vetri scuriti, le ultime foto. Venditori e clienti del mercato neanche se ne accorgono della loro partenza e la fisionomia sostanziale del posto non ha subito il minimo cambiamento. Il mercato non cambia per la gente di Manzini e difficilmente diventerà qualcosa di diverso da quello che è nella realtà e nella percezione della gente.

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