ZimbabweAbbiamo paura, non vogliamo sapere..!di Rodrick Mukumbira
Sizwe Chavava, un ventiquattrenne di Bulawayo, seconda città dello Zimbabwe situata nel sud del paese, non se la sente di ritornare al New Start Centre, un VCT dove dovrebbe ritirare i suoi esami dell'AIDS, che ha fatto lo scorso settembre. "Non trovo la forza di ritornare e vedere i risultati," dice Chavava. "Temo di non farcela ad affrontare il risultato che mi potrà essere fornito; la mia fidanzata aspetta di sapere qual'è la mia situazione, ma neanche con un'arma puntata alla testa me la sento di sapere come stanno realmente le cose." Basta citare le tre parole " risultati, test, AIDS," per far scorrere dei brividi nella schiena di Chavava e parlandogli ci si rende perfettamente conto di quanto sia terrorizzato. Del resto il giovane spiega che ha dovuto fare il test perché la fidanzata lo ha preteso in quanto voleva conoscere la sua situazione, prima di sposarlo. Chavava si è sottoposto ai test dopo essere stato ad un centro di assistenza, dove un consulente gli ha spiegato i benefici derivanti dalla conoscenza della propria condizione fisica. Purtroppo l'assistenza fornitagli non ha conseguito il dovuto effetto sul giovane, ma si è limitata a convincerlo a fare i controlli. Chavava è molto chiaro: afferma con sicurezza che per nessuna ragione al mondo rifarà i test, a meno che non si tratti di una situazione per cui ne vada della sua vita. Il giovane confessa di essersi convinto a fare il test per le dolci parole del consulente, ascoltate durante l'incontro al VCT. " L'assistente è stato così gentile e suadente che ho accettato senza difficoltà di sottopormi agli esami. Quello che non è stato chiarito è come avrei potuto superare la paura, che mi ha assalito nel periodo di attesa dei risultati," ci spiega. Quello di cui abbiamo parlato non è un caso raro, né tanto meno unico. Il Consiglio dell'AIDS del Matabeleland (MAC), un'organizzazione creata per il controllo dell'AIDS, riferisce che sempre più gente, specialmente uomini, non va a ritirare gli esami sull'HIV. Ma, non ci sono ancora statistiche disponibili su questo fenomeno preoccupantemente in crescita. Una operatrice del MAC, la responsabile dell'informazione, Linda Ncube, ammette che sono molto più numerosi gli uomini delle donne che non trovano la forza di venire a ritirare i risultati degli esami, ed aggiunge:" Nel nostro lavoro di assistenza riscontriamo molta più paura negli uomini e, del resto, sono proprio le donne che più facilmente vengono a ritirare gli esami. Ciò che preoccupa di più gli uomini è come fare ad affrontare la siero positività e la necessità di cambiare stile di vita. Cerchiamo di spiegare a questa gente che essere siero positivi non è la fine del mondo e che in questa condizione si può vivere a lungo." La Ncube ammette che i metodi usati dagli assistenti sono tuttora suscettibili di essere migliorati, soprattutto per affrontare meglio il problema del timor panico. La responsabile del MAC continua spiegando che :" Il messaggio rivolto al pubblico sul conto dell'AIDS è assolutamente chiaro ed ormai tutti conoscono questa malattia, ma ciò che manca ancora è di trovare il modo d'instillare nella gente una capacità di apertura e dialogo sull'argomento. La gente, colpita dal male, dovrebbe sapere ed essere consapevole che non si trova sola e comportarsi di conseguenza." Anche Tendai Nhema, di 36 anni, ha fatto gli esami dell'AIDS e non ce l'ha fatta a ritornare al VCT per ritirarli. I risultati dovevano essere allegati ad una richiesta di assicurazione sulla vita, ma, a causa della paura, ha dovuto dimenticarsela, rinunciando a milioni di dollari zimbabwani che sarebbero potuti andare ai suoi famigliari. Dice Nhema sconsolato: "Ho semplicemente pensato che i risultati dovevano sicuramente essere positivi poiché ho vissuto una vita sconsiderata, senza scrupoli ed era venuto il momento, messo allo scoperto, di pagarne le conseguenze." La vergogna derivante dalla convinzione che l'AIDS colpisce soltanto coloro che hanno condotto una vita sessuale spericolata assilla pesantemente quest'uomo, che afferma: " Non prendi l'AIDS se non fai il libertino; sono andato con talmente tante donne senza usare misure protettive che sarebbe il caso aspettassi gli ultimi giorni della mia vita per conoscere i risultati di questi test...Non appena sai di essere sieropositivo cominci a dimagrire e ti prepari a morire...vorrei, preferirei arrivare a questo senza conoscere la mia condizione!" Il ventunenne Dumisani Ndiweni, addirittura, dice di non farcela neanche ad andare a fare gli esami, non solo a ritirarli. Una volta ci ha provato ad andare a un VCT , ma non è riuscito a vincere la paura. Il suo racconto ricorda quello di Chavava, lui però stava per essere convinto dall'assistente a fare gli esami, ma: " L'assistenza che mi è stata prestata non era sufficiente, avevo bisogno di qualcosa di più che sentirmi dire che gli esami erano importanti." Il Centro di Assistenza Famigliare, un'organizzazione della Chiesa dei Fratelli in Cristo con sede a Bulawayo, che ha cominciato ad offrire servizi di assistenza all'AIDS tre anni fa, ha una sua opinione sull'argomento. Non esclude l'importanza della paura, ma attribuisce piuttosto i fallimenti alle convinzioni culturali che entrano in gioco quando si tratta di stabilire ciò che costituisce un premio o una punizione. Secondo questa organizzazione l'assistenza non deve avere niente a che fare con la questione del ritiro dei risultati degli esami sull'AIDS. Il pastore Luka Ndlela, un consulente del centro, ritiene che: " Molti giovani hanno sfidato tutti i consigli ricevuti ed i risultati dei test decidendo di avere dei figli ed hanno scelto di averli pur di non rimanere senza in obbedienza alla nostra cultura, che vuole che ogni coppia sposata abbia un figlio, anche se il prezzo ultimo da pagare sia perfino la morte."
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