Microsoft:
storia di un monopolio
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ALTAIR 8800Stati Uniti, 1975. L'informatica inizia a uscire
dai centri universitari. Il numero di gennaio di "Popular
Electronics" viene spedito al suo mezzo milione di
hobbisti-abbonati. È nato ALTAIR 8800, il primo personal
computer americano, la macchina attorno alla quale nasce la seconda
generazione degli hacker: gli hacker dell'hardware, che penetrano
all'interno dei segreti di Altair con la stessa passione con cui i
loro predecessori al MIT avevano svelato i misteri dei mainframes.
Curiosamente, quello di Altair è il primo caso di
"vaporware": la fotografia riprodotta su Popular Electronics
è quella di un apparecchio realizzato ad hoc, assolutamente
non funzionante, e passa molto tempo prima che le migliaia di pezzi
ordinati vengano consegnati.
L'HOMEBREW COMPUTER CLUBIl 5 marzo a Menlo Park nella silicon valley
californiana, ha luogo nel garage di Gordon French il primo
incontro dell'Homebrew Computer Club, il club degli hacker
dell'hardware di cui fanno parte, tra gli altri, Bill Gates,
Stephen Wozniack, Lee Felsenstein e molti altri. Le riunioni
dell'Homebrew divengono un appuntamento fisso per scambiare pezzi
di hardware, idee, programmi, informazioni e progetti. L'Altair
8800 e' ovviamente al centro dell'attenzione.
IL SODALIZIO CON IBM E IL FURTO DEL Q-DOSLa grande occasione arriva nel 1980: a luglio Bill
Gates viene contattato dall'IBM. A questo incontro ne
seguirà un secondo, un mese più tardi, durante il
quale Gates firma un contratto di consulenza con IBM per la
realizzazione di un sistema operativo da utilizzare per i futuri PC
IBM. Ad agosto Gates acquista per 50.000 dollari dalla Seattle
Computer Products un sistema operativo "veloce e sporco", il Q-Dos,
"Quick and Dirt Operating System" che sarà la base del
futuro MS-DOS, destinato a diventare uno standard nell'ambito dei
personal computer grazie alla potenza economica di IBM e al senso
degli affari di Bill Gates. Gates ottiene da Tim Paterson, che
aveva realizzato il Q-Dos, un accordo di licenza non esclusivo, che
prevedeva la possibilità di rivendere il prodotto. In
seguito Microsoft chiuderà il cerchio comprando tutti i
diritti della Seattle Computer Products, assumendo alle sue
dipendenze lo stesso Paterson, che con un po' più di
furbizia e di fortuna avrebbe potuto sedersi al posto di Gates
sulla poltrona di uomo più ricco del mondo.
LE PRIME INDAGINI ANTITRUSTNel 1990 la Federal Trade Commission inizia ad
interessarsi alle politiche di marketing della Microsoft.
L'attenzione della commissione federale è puntata sulla
anticoncorrenzialità di alcune pratiche di vendita. In
particolare si indaga sulle cosiddette vendite "tie-in", che legano
l'acquisto dei sistemi operativi a quello delle applicazioni
software. Un esempio per tutti, l'accoppiata Microsoft Windows -
Microsoft Word.
L'ACCORDO MS-DOJ DEL 1995Il Department of Justice (Dipartimento di
Giustizia) degli Stati Uniti dà il via nel 1993 ad una serie
di indagini sulla scia di quelle già effettuate nel '90
dalla Federal Trade Commission, e nel 1994 inizia la stesura di un
accordo con Microsoft, con il quale si regolano fino all'anno 2000
le pratiche di marketing dell'azienda. Microsoft riconosce che le
licenze d'uso dei sistemi operativi non devono contenere condizioni
che si applicano ad altri prodotti software dell'azienda di
Redmond. Secondo l'accordo, Microsoft non può più
obbligare i costruttori di computer all'inclusione della licenza di
altri prodotti Microsoft come condizione vincolante per l'acquisto
delle licenze per Windows 95. In parole povere, non si può
obbligare chi compra licenze di utilizzo per Windows a comprare in
abbinamento licenze per Word o per il pacchetto Office.
I "PECCATI INFORMATICI" DELL'URUGUAY ASSOLTI DA MICROSOFTNel 1995 la Microsoft fa parlare di sé
anche in America Latina. Antel, la compagnia telefonica nazionale
dell'Uruguay, viene trascinata in tribunale dal locale ufficio
legale della Business Software Alliance, la lobby dei potentati
informatici, a causa della detenzione di software privo di regolare
licenza d'uso, per un valore complessivo di 100.000 dollari. I
programmi "piratati" appartengono a varie ditte, principalmente a
Microsoft, Novell e Symantec. Inaspettatamente, nell'autunno del
'97 la BSA abbandonerà il caso, mentre la Microsoft, il
principale finanziatore della BSA, stipula degli "accordi speciali"
con la Antel per rimpiazzare tutto il software preesistente con
prodotti Microsoft regolarmente registrati, sostituendo anche i
prodotti Novell e Symantec, secondo quanto afferma Ricardo
Tascenho, che nella Antel ricopre il ruolo di information
technology manager.
BROWSER WARLe prime scaramucce della "guerra dei browsers" iniziano nel 1996. La Netscape Communications presenta un esposto al Dipartimento di Giustizia nel quale si denunciano delle pratiche commerciali illecite per la promozione del browser Microsoft Internet Explorer. Secondo le accuse di Netscape, Microsoft avrebbe concesso ai produttori di computer che non installavano Netscape Navigator all'interno delle loro macchine uno sconto di 3 dollari su ogni singola licenza di Windows 95 (quindi su ogni computer venduto). Dopo le immancabili smentite della Microsoft il dipartimento di giustizia richiede all'azienda di Gates i documenti relativi agli accordi con i fabbricanti e i rivenditori al dettaglio di computer, e a Netscape vengono chieste ulteriori prove, necessarie all'avvio di una indagine. L'inchiesta è ancora in sospeso. IL PEGGIOR BREVETTO DEL 1997Il 21 febbraio 1997 l'editor di "Internet Patent
News Service", Gregory Aharonian, assegna a William H. Gates III il
titolo di "Peggior brevetto software dell'anno", un titolo che
vuole denunciare la facilità con cui vengono rilasciati
brevetti negli USA, soprattutto nel settore dell'informatica, dove
i piccoli sviluppatori di software sono costretti a lavorare
camminando su un campo minato fatto da centinaia di migliaia di
brevetti, il più delle volte relativi ad algoritmi di base e
a tecniche che ormai sono patrimonio comune di tutti i
programmatori.
L'UOMO DA UN MILIONE DI DOLLARI (AL GIORNO)Sempre nel 1997 è lo stato del Texas che
passa all'attacco contro il colosso dell'informatica. Prende il via
una indagine antitrust ufficiale sulle pratiche commerciali
adottate da Microsoft sull'Internet. Al Texas si aggiunge in
seguito anche lo stato del Massachussetts, che inizia una nuova
indagine. A questi due stati si unisce il Justice Department, che
il 20 ottobre del '97 chiede ad una corte federale di avviare una
causa civile per la violazione dell'accordo del 1995. Secondo il
dipartimento di Giustizia Microsoft avrebbe indotto i produttori di
personal computer a pre-installare il proprio browser Internet
Explorer sui PC in vendita. L'azienda di Redmond è accusata
di essersi procurata spazio sul mercato indebitamente, e a spese
della concorrenza. Si richiede una multa di un milione di dollari
al giorno in caso di continuazione delle pratiche commerciali
irrispettose degli accordi.
PRODOTTI "INTEGRATI"La compagnia non si arrende, e trascina il caso
fino alla corte d'appello, che nel giugno '98 darà ragione a
Microsoft. Viene emesso inoltre un comunicato stampa con il quale
si spiega che le condizioni poste dal giudice Jackson sono state
comunque rispettate. La scappatoia è una semplice lettera
inviata ai rivenditori di computer, ai quali viene consentita la
scelta tra una vecchia versione di Windows 95 sprovvista di
Internet Explorer ed una nuova versione con il browser integrato.
La possibilità di usare la versione "ridotta" di Windows 95
esiste in teoria, ma non viene utilizzata in pratica per ovvi
motivi di convenienza: a parità di prezzo i rivenditori di
computer preferiscono installare una versione più aggiornata
di Windows 95. La possibilità teorica di scelta è
tuttavia sufficiente per affermare che non è Microsoft ad
obbligare i rivenditori all'installazione di Internet Explorer, ma
si tratta di una loro libera iniziativa.
IL RICORSO IN APPELLONel gennaio 1998 iniziano le prime udienze del
ricorso in appello. I legali MS cercano di sostenere
l'inattendibilità della testimonianza del professor Lawrence
Lessig della Harvard Law School, indicato dal giudice Jackson come
"special master", un esperto super-partes da interrogare in merito
a questioni tecniche. Jackson tuttavia rigetta la mozione, e lo
stesso Lessig insiste sulla sua imparzialità. Il 22 gennaio
MSoft raggiunge un accordo parziale con il dipartimento di
giustizia, portando avanti allo stesso tempo il ricorso in appello
per l'ingiunzione dell' 11 dicembre dell'anno precedente. In
virtù di questo accordo vengono offerte alle case
produttrici di computer due nuove opzioni per le licenze di
utilizzo di Windows 95, due versioni per l'installazione del
sistema operativo che mantengono all'interno del sistema tutte le
funzionalità di Internet Explorer, lasciandole però
nascoste all'interno del sistema, senza una apposita icona sul
desktop che le renda accessibili agli utenti finali.
UN NOME DA 5 MILIONI DI DOLLARIIl 28 maggio 1998 il Patent and Trade Office, l'ufficio marchi e brevetti degli Stati Uniti, assegna la titolarità del marchio "Internet Explorer" alla SyNet, una piccola azienda di software di Downers Grove, Illinois, che aveva citato la Microsoft per violazione del diritto d'autore. Infatti il nome "Internet Explorer" era stato già brevettato dalla SyNet nel 1994, un anno prima che l'azienda di Bill Gates mettesse in commercio l'omonimo programma per la navigazione Internet. Nella citazione era contenuta una richiesta di risarcimento per dieci milioni di dollari, a cui i legali Microsoft avevano risposto con una proposta di riconciliazione per la somma di 75mila dollari. Dopo il primo rifiuto di Dhiren Rana, fondatore della SyNet, l'offerta sale a ben 5 milioni di dollari, davanti ai quali la SyNet non si tira indietro. IL TRIONFO DI BILLNel frattempo il 24 giugno una corte d'appello
federale emette una sentenza che ribalta completamente l'ordinanza
del dicembre '97 emessa dal giudice Jackson. Secondo la corte
d'appello Microsoft ha il diritto di pretendere dai costruttori di
computer, se intendono installare Windows sui loro PC, di
installare anche Internet Explorer. Inoltre, sempre a giudizio
della corte d'appello, il Tribunale che ha aperto le vicende
giudiziarie avrebbe commesso anche errori di procedura e di merito
abbastanza pesanti.
I COMMENTIMolti i commenti alle vicende giudiziarie dell'azienda di Gates, tra cui si leva la voce di Mitchell Kapor, lo storico fondatore della Electronic Frontier Foundation. Secondo un articolo diffuso dallo stesso Kapor, " [...] Le grandi scoperte nel mondo dell'informatica arrivano spesso da imprese piccole e giovani. Con l'egemonia di Microsoft grandi settori del mercato del software - che includono applicazioni come elaboratori di testi e fogli di calcolo, ma non si limitano ad essi - sono zone minacciate dove i capitalisti e gli imprenditori avventurosi hanno paura di entrare. [...] l'egemonia di Microsoft non farà altro che intensificarsi nella misura in cui Internet sta diventando parte integrale della nostra vita quotidiana. La guerra dei browsers è solo l'inizio. Microsoft reclama il diritto di insediarsi al comando di qualunque area dell'informatica che sia strategicamente importante - riconoscimento vocale, applicazioni domestiche, navigazione automatica, ecc. [...]" NE' MAMMUT NE' DINOSAURIUn altro commento arriva dal giornalista Jon Katz, in un articolo apparso sulla rivista Wired: "Quello che è chiaro è che il controllo su Internet è determinato da fattori che negli anni della sua nascita e del suo sviluppo iniziale non erano determinanti ai fini delle decisioni: il potere, il denaro e il controllo delle informazioni. Internet ci parlava, in un primo momento, degli sforzi, dei progetti, della cooperazione degli individui; della loro autonomia e della loro libertà di comunicare tra loro senza intermediazioni. Una promessa che è stata mantenuta, almeno fino all'arrivo tempestoso della smania di lucro e potere. Sì, c'era una volta un'Internet dove non c'era Gates, né i governi, né i monopoli né fantastici investimenti privati, né leggi per controllare o vigilare l'oceano tumultuoso della libera comunicazione tra individui. Non sono mammut né dinosauri a mantenere ancora vivo il meglio dello spirito originario della Rete, ma sono persone e gruppi attivi in comunità virtuali, newsgroups, mailing list, siti web, laboratori di ricerca, sono programmatori di software libero, editori di pubblicazioni indipendenti... sono loro che fanno di Internet uno strumento valido per la comunicazione." Milano, 4/11/1998Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it> |
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