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Grozny bombardata

Rassegna stampa Sulla Cecenia

Internazionale N. 94 - 1 SETTEMBRE 1995

RUSSIA - Verso la spartizione della Cecenia?

LIUDMILA LEONTIEVA, MOSKOVSKIE NOVOSTI, RUSSIA


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Secondo il settimanale russo Moskovskie Novosti, se russi e ceceni non riuscissero a raggiungere un completo accordo politico sullo status della repubblica, Mosca potrebbe mirare allo smembramento della Cecenia. Al quale parteciperebbero, entusiaste, le repubbliche vicine

STAVROPOL, 6 AGOSTO 1995

Nel caso in cui una seconda "adesione volontaria della Cecenia alla Russia" dovesse fallire, Mosca tiene in serbo l’ipotesi di una spartizione territoriale. Alcuni uomini politici vicini al Cremlino già la diffondono e, forti di questa informazione, si affrettano a giocare la loro carta politica personale in previsione delle prossime elezioni locali e federali.

L’atteggiamento tenuto da Alexej Kulakovski, rappresentante del Presidente russo presso l’amministrazione della regione di Stavropol [confinante con la Cecenia], non ha fatto che rafforzare questi sospetti. Infatti egli ha apertamente reclamato lo "smembramento" della Cecenia e la restituzione dei territori situati sulla riva sinistra del Terek alla regione di Stavropol. Per coloro che conoscono il personaggio e sono aggiornati sugli attuali rapporti di forza al Cremlino - dove questo giovane politic0 ha le sue relazioni - , tali propositi sono tutt’altro che innocenti. "Sono persuaso che egli abbia adottato questa posizione perché conosce la reale portata dei negoziati in Cecenia", dichiara Alexandre Traspov, deputato di Stavropol alla Duma. Anche Stanislav Govorukhin, presidente della Commissione di inchiesta parlamentare sulla guerra in Cecenia, ventila l’ipotesi di una divisione che sarebbe già stata approvata. E ammette che una serie di proposte di legge è allo studio, incluso un progetto legislativo per il ritorno dei territori di Chelkovskaia e Naurskaia alla regione di Stavropol. Intanto i cosacchi, di fronte all’evoluzione della posizione ufficiale, prendono posizioni radicali. Recentemente una nuova richiesta ufficiale è stata inviata al presidente Eltsin, firmata da Piotr Fiodossov, ataman [capo] dei "Cosacchi di linea", e dagli ataman di Stavropol, del Kouban e del Don. Essi chiedono che l’oggetto principale dei negoziati di Grozny si incentri non tanto sul futuro status politico della Cecenia, quanto piuttosto sulla restituzione delle zone di Naourskaia e Chelkovskaia, che appartenevano alla defunta repubblica socialista sovietica di Cecenia-Inguscezia [nel 1991 la Cecenia proclamava la sua indipendenza, mentre l’Inguscezia restava in seno alla Federazione russa].

I ceceni hanno paura delle conseguenze di uno smembramento. Temono, infatti, che il Cremlino inviterà le vicine Repubbliche a parteciparvi, con l’offerta di una parte del territorio ceceno al Daghestan e all’Inguscezia, così da calmare i rancori territoriali provocati da Stalin e da Kruscev [popolazioni deportate e poi tornate in una regione caratterizzata da un nuovo assetto territoriale]. Nel momento in cui entità nazionali, e non più i soli territori strettamente russi, saranno associate a questo processo, tutti nella regione faranno lega contro la Cecenia, ritiene Alexandre Traspov. Da un punto di vista pratico si assiste di già alla deportazione dei ceceni dalle regioni di Rostov, Stavropol e Krasnodar. Le assemblee cosacche esigono che dalla regione di Stavropol siano espulsi tutti i ceceni. In questa parte della Federazione i ceceni sono per lo più allevatori. E quando l’anno scorso la maggior parte di questi ultimi sono stati costretti ad abbandonare i loro ovili in seguito alle provocazioni, le bestie di numerose imprese si sono trovate abbandonate alla loro sorte. A quell’epoca le autorità erano riuscite a prevenire i pogrom, ma la presa di ostaggi orchestrata da Shamil Bassaev [fine giugno a Budennovsk] ha nuociuto soprattutto ai ceceni di Stavropol, che da decenni vivono numerosi in questo paese. Ed è proprio nella regione di Budennovsk che i cosacchi si sono dimostrati più aggressivi; secondo le cifre ufficiali, vi si troverebbero 500 ceceni, ma solo cinque si sono fatti registrare ufficialmente in questi ultimi mesi. Nel villaggio di Terskoie (nella regione di Budennovsk), è stato consigliato ai ceceni di andare via di loro spontanea volontà, altrimenti le loro case sarebbero andate a fuoco. Così un centinaio di famiglie ha abbandonato in gran fretta la casa, il bestiame e tutti i propri beni, a tutto vantaggio dei saccheggiatori che vi si sono immediatamente gettati sopra. Nel villaggio di Orlovka una casa cecena è stata incendiata, in un’altra è stata lanciata una bomba nel cortile. Nel villaggio cosacco di Filimonovskaia un poliziotto ha confiscato con la forza, grazie all’aiuto dell’ataman locale, i documenti di una famiglia cecena e l’ha allontanata dal villaggio, dandole tre giorni di tempo per partire. Il capofamiglia è andato a chiedere giustizia a Stavropol, ma la maggior parte dei ceceni trova assurdo rivolgersi a organi per il mantenimento dell’ordine pubblico costituiti da rappresentanti a loro volta implicati in operazioni illegali.

La deportazione dei ceceni fuori dalla Russia è ritenuta una conseguenza degli atti compiuti dal gruppo terrorista di Bassaev, ma si deve anche tener conto della reazione degli elettori del sud della Russia, poiché queste iniziative, secondo il parere dei loro promotori, dovrebbero far aumentare la quota dei consensi per il blocco di Cernomyrdin e del Presidente. E quest’ultimo ha le sue buone ragioni per confidare nell’appoggio dei cosacchi, visto che, su questi voti, ha fatto affidamento nei momenti critici della sua carriera. (A. D. R.)