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Grozny bombardata

Rassegna stampa Sulla Cecenia

Internazionale N. 114 - 26 GENNAIO 1996

Assalto a Pervomayskaja

VALERIJ JAKOV, IZVESTIJA, RUSSIA


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L’inviato dell’Izvestija descrive l’arroganza dei generali russi e le bugie delle autorità sull’attacco ai ceceni

Il 18 gennaio le autorità russe hanno annunciato che il blitz "per la liberazione degli ostaggi" nel villaggio di Pervomayskaja si era concluso con una vittoria. Stando alle dichiarazioni ufficiali, sono sopravvissuti oltre 80 ostaggi e la banda di Raduev è stata sostanzialmente sgominata. Ma negli ultimi giorni si sono sentite tante menzogne che è difficile credere a queste ultime affermazioni. La decisione di annientare la banda dei terroristi a qualsiasi costo era stata adottata prima che gli autobus con gli ostaggi arrivassero a Pervomayskaja. La colonna era ancora in marcia quando le truppe d’assalto di stanza in Cecenia hanno ricevuto l’ordine di muoversi in direzione del villaggio. Avrebbero dovuto bloccare gli autobus non appena avessero attraversato la frontiera della Cecenia: prima la colonna sarebbe stata colpita dall’aviazione d’attacco, poi sarebbero entrati in azione gli elicotteri e le truppe avrebbero dovuto soltanto finire i superstiti. Degli ostaggi non si parlava perché tutti erano certi che i terroristi li avrebbero lasciati in Daghestan. Ma una volta giunti sul posto avevano scoperto che gli autobus erano tornati a Pervomayskaja. E non certo perché qualcuno aveva fatto saltare il ponte, come poi ha dichiarato il generale dei servizi segreti Mikhajlov. Il ponte era ed è tuttora intatto. Era semplicemente successo che gli elicotteri avevano aperto il fuoco contro la colonna e con precisione "chirurgica" avevano distrutto un’auto della polizia stradale. Gli autobus avevano fatto immediatamente dietro-front ed erano tornati al villaggio.

Nella sua intervista televisiva Eltsin ha definito Pervomayskaja una roccaforte dei seguaci di Dudaev. È evidente che il Presidente ha rilasciato queste dichiarazioni basandosi sulle informazioni fornitegli dai servizi segreti, che cercano in ogni modo di occultare il loro grandioso fallimento. Solo una persona dotata di grande immaginazione poteva definire una roccaforte questo piccolo villaggio daghestano che ha solo avuto la sfortuna di trovarsi lungo la strada della colonna. E soltanto gente con una fantasia davvero fertile poteva parlare di bunker e collegamenti sotterranei fra le case. Chiunque sia stato a Pervomayskaja e nei villaggi vicini sa bene che, in questa zona, non esistono neppure le cantine: non si possono scavare perché ci sono troppe acque di superficie. I terroristi hanno effettivamente scavato delle trincee nel terreno gelato, hanno fatto delle feritoie nei muri delle case trasformandole in fortini e hanno scavato gallerie di collegamento. Poco prima dell’assalto, ho avuto modo di osservare questi preparativi e ho visto che a scavare le trincee erano soprattutto gli ostaggi: con una pistola alla tempia. I cinque giorni concessi al gruppo di Raduev non sono stati sprecati e i terroristi hanno saputo trasformare il villaggio in un bastione. Non resta che domandarsi perché i generali lo abbiano permesso. In parte la risposta a questa domanda l’ho avuta dagli ufficiali di alcuni reparti speciali: i responsabili dell’operazione aspettavano che tutto fosse pronto... C’è voluta quasi una settimana e intanto, per distrarre l’attenzione, si conducevano negoziati infruttuosi. Poi è stata ordinata la distruzione del villaggio. Era la prima operazione su vasta scala del neogenerale di corpo d’armata Barsukov, che evidentemente non poteva permettersi uno scacco. E il minuscolo villaggio è stato colpito con armi di ogni tipo. Nessuno dei comandanti si è preoccupato della sorte degli ostaggi o del futuro degli abitanti di Pervomayskaja, rimasti improvvisamente senza tetto. I generali di corpo d’armata Barsukov e Kulikov, perennemente circondati da una folla di guardie del corpo, non li hanno mai visti né guardati negli occhi, questi sfortunati contadini. I più coraggiosi non avevano neppure abbandonato il villaggio per vigilare sui loro poveri averi. Chi sia sopravvissuto non lo sappiamo, le autorità non si curano di calcolare queste vittime. "Anche noi siamo ostaggi", mi hanno detto nel vicino villaggio di Terecnoe gli abitanti di Pervomayskaja evacuati. "Siamo stati attaccati contemporaneamente da Raduev e dalle truppe russe". Le stesse parole che ho sentito negli autobus degli ostaggi poco prima dell’assalto finale. "Non abbiamo paura dei ceceni. Non saranno loro a ucciderci, dicono che lasceranno quest’opportunità ai russi". Naturalmente i russi non volevano colpire gli ostaggi, volevano sgominare la banda. Ma i terroristi hanno portato gli ostaggi nelle trincee costringendoli ad agitare stracci bianchi. E intanto puntavano le armi dietro le loro schiene. I federali, ovviamente, hanno sparato nel mucchio. Ho passato tre giorni di fila nelle postazioni della Cecenia, dove i soldati ogni notte aspettavano l’attacco dei seguaci di Raduev. Di un possibile attacco parlavano tutti. E molti erano certi che sarebbero riusciti a sfondare. In effetti lo sbarramento era debole. E i soldati erano troppo affamati e intirizziti per pensare a Raduev.

Col passare dei giorni e delle ore pensavano sempre di più al cibo e al caldo. In tre giorni non hanno mai ricevuto da mangiare. Al terzo giorno hanno cominciato a dare la caccia alle vacche che fuggivano da Pervomayskaja. All’arrivo del buio i soldati che avevano avuto meno fortuna con la caccia si mettevano in cammino verso i villaggi vicini, abbandonati dai loro abitanti, e portavano via tutto quello che si poteva. I gloriosi reparti speciali la notte ingannavano il tempo allungando l’alcol con l’acqua. A mio avviso non è giusto muovere troppe accuse ai soldati, perché sono stati dimenticati e abbandonati a se stessi da quegli innumerevoli generali ben pasciuti che, nel calduccio del comando, mettevano a punto i piani della grandiosa battaglia contro duecento banditi.

Nei tre giorni passati in prima linea non ho mai visto un solo generale. Ed essi, del resto, non hanno mai visto i loro soldati intirizziti, avvolti di stracci e incredibilmente sporchi.

Come era possibile che questi soldati, in queste condizioni e con questi generali, non si lasciassero sfuggire Raduev? (G. C.)