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Grozny bombardata

Rassegna stampa Sulla Cecenia

Internazionale N. 158 - 29 NOVEMBRE 1996

L'uomo che rischia di far riesplodere la Cecenia

JULIA KALININA, MOSKOVSKI KOMSOMOLETS, RUSSIA


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Boris Berezovskij, a cui è stato affidato il problema ceceno dopo la destituzione di Lebed, non ha una buona reputazione a Mosca

MOSCA, 1 NOVEMBRE 1996

Dopo la firma degli accordi di Khassaviurt sulla fine dei combattimenti in Cecenia il 31 agosto scorso, Boris Abramovic Berezovskij, il famoso dirigente d’azienda, uomo pubblico, businessman, proprietario del canale televisivo Ort, della compagnia petrolifera Sibneft e della fabbrica automobilistica Lovgaz è venuto a trovarmi. Voleva farmi paura. Quando ha capito che non mi lasciavo intimidire mi ha semplicemente detto: ‘Che bel business ha rovinato! Anche se ci scappava qualche morto, tutto andava così bene. Ma si è sempre ucciso e sempre si ucciderà’. Questa edificante storia, Aleksandr Lebed, ex segretario del Consiglio di sicurezza russo, l’ha fatta conoscere al grande pubblico il giorno della sua destituzione, il 18 ottobre scorso. Due settimane dopo Boris Berezovskij veniva nominato vice del nuovo segretario del Consiglio di sicurezza. E si vedeva affidare il caso ceceno.

Già in passato si occupava della Cecenia, ora potrà continuare. Di quale "business" si trattava? Poco importa. Quel che conta è che ce n’era uno. Si può comunque cercare di indovinare. Si sa che, durante la fase iniziale della "restaurazione dell’economia in rovina della Cecenia" [fin dal gennaio 1993, Mosca ha cominciato a stanziare del denaro per la ricostruzione del paese], Berezovskij era l’amico di Oleg Soskovets, all’epoca primo viceprimo ministro con funzioni importanti e di responsabilità, direttore della Commissione nazionale incaricata della ricostruzione. Quelle buone relazioni avevano permesso a organizzazioni vicine a Berezovskij di ottenere una posizione privilegiata in occasione dell’attribuzione dei crediti, delle commesse, dei contratti e delle sovvenzioni. È logico immaginare che Soskovets abbia avuto la sua fetta di torta.

Oggi non è più in carica, ma in compenso c’è Berezovskij; diventato ormai amico del primo ministro è interessato al petrolio. In Cecenia il petrolio non è molto, ma è di buona qualità. Inoltre c’è il gas. Ci sono le raffinerie. E anche un oleodotto, che, dopo qualche riparazione, permetterà di far passare attraverso la Russia tutto il petrolio dell’Asia centrale, cosa che darà grandi profitti. In Cecenia gli uomini d’affari del settore dell’energia hanno buoni motivi per sentirsi importanti. Devono solo mettersi lì vicino e subito tutto andrà "benissimo, anche se ci scapperà qualche morto". Ormai sembra impossibile farne a meno: inevitabilmente ci sarà "qualche morto".

Autentico cinismo

Si resta sbalorditi: scegliere Berezovskij per risolvere la crisi cecena è una dimostrazione di autentico cinismo da parte del potere. La "sincera" perplessità del primo ministro Viktor Cernomyrdin e di Ivan Rybkin, il nuovo segretario del Consiglio di sicurezza, davanti al malcontento provocato da questa nomina è altrettanto stupefacente. Li si sente fin qui esclamare: qual è il problema? Quello che gli affidiamo non è cosa da poco. Al contrario, è un bel grattacapo. Chi, invece, non è rimasto affatto sorpreso dalla nomina di Berezovskij, sono stati i ceceni. Dopo l’allontanamento di Lebed, quello che può succedere a Mosca gli è ormai del tutto indifferente. Poco importa chi destituisce o viene destituito, chi nomina o è nominato, chi tradisce o è tradito. I ceceni non seguono più gli intrighi e considerano la Russia come una catastrofe naturale, qualcosa di simile a un’eruzione vulcanica o a un terremoto. Due sono le soluzioni: vincere o morire. Impossibile mettersi d’accordo con un vulcano.

Finché Lebed era in carica, i ceceni si sforzavano di cercare un compromesso per non metterlo in difficoltà. Firmando una dichiarazione-quadro con Cernomyrdin [all’inizio di ottobre] non si sono ribellati al fatto che due brigate russe restassero in Cecenia. Hanno taciuto sulle loro intenzioni di separarsi dalla Federazione nel più breve tempo possibile, non hanno chiesto un risarcimento per i danni di guerra, hanno accettato di lavorare con le strutture militari russe. Insomma, hanno cercato soluzioni del conflitto accettabili per entrambe le parti. Ormai hanno un solo scopo, l’indipendenza totale. L’altra possibilità è la guerra, alla quale sono sempre pronti, come le popolazioni che vivono ai piedi di un vulcano sono sempre pronte a veder fuoriuscire la lava incandescente. È vero, d’altra parte, che l’esercito russo non è affatto pronto alla guerra. Un esercito costituito per lo più di valorosi soldati che, a causa di una situazione finanziaria e materiale catastrofica, sono presi dal panico alla semplice vista del nemico. Ma non è questo che fermerà le autorità russe, non diversamente dal dicembre 1994 [inizio della guerra]. La soluzione del problema ceceno è oggi nelle mani di funzionari ai quali "non importa nulla" di ciò che succederà. Fanno solo quello che gli si dice, servono fedelmente, e questa è la loro dote principale. Se gli si dice di dare del denaro ai ceceni, lo daranno. Se gli si dice che si è stufi di questi ceceni, che bisogna mandare l’esercito, lo faranno. Se gli si dice che si ha bisogno di petrolio, di raffinerie, dell’oleodotto e che poco importa tutto il resto, ignoreranno tutto il resto.

Per far andare gli affari dello Stato, ci vogliono uomini fedeli dovunque. Apparentemente è questo il merito principale di Berezovskij, un merito che viene prima di tutti i lati oscuri della sua "immagine carismatica": lavorare per il potere. (A.D.R)