Torna alla homepage
    
Cerca nel sito con FreeFind
Clicca per mandare un email Scrivi a PeaceLink
Homepage  |  Chi siamo  |  Come contattarci  |  Mappa del sito  |  Come navigare nel sito  |  Aiuta PeaceLink
Editoriale

PeaceLink-News
L'agenzia stampa di PeaceLink

PeaceLink database
Una banca dati in cui sono state organizzate informazioni utili sulle associazioni e le riviste dell'area ecopacifista e del volontariato.

PeaceLink-Dossier

PeaceLink-Libri
Libri per imparare e aiutare

Appelli
Appelli medici e diritti umani violati

Appuntamenti
Calendario delle iniziative di Pace in Italia


Sostieni la telematica per la pace, versa un contributo sul c.c.p. 13403746 intestato ad Associazione PeaceLink, via Galuppi 15, 74010 Statte (TA) - PeaceLink 1995/2000

Grozny bombardata

Rassegna stampa Sulla Cecenia

Internazionale N. 58 - 17 DICEMBRE 1994

CECENIA -Che cosa accadrà dopo l'intervento russo

IZVESTIJA, RUSSIA


Torna alla rassegna stampa
Ecco come l'"Izvestija" ha preparato l'opinione pubblica russa all'eventualità della guerra prima dell'attacco ai ceceni

LA SOLUZIONE PIU' UMANA e più semplice al problema ceceno sarebbe intavolare trattative dirette e da pari a pari - il che equivarrebbe a riconoscere di fatto l’indipendenza della Cecenia - e rinunciare all’uso della forza. Supponiamo che la Russia opti per questa soluzione, capovolgendo così i rapporti di forze all’interno della Cecenia stessa a favore di Jokhar Dudaev. È evidente che, non appena le firme in calce ai documenti di pace si fossero asciugate, il valoroso generale ceceno comincerebbe a regolare i conti con tutti i suoi avversari interni. Ma a quel punto sarebbe il diritto internazionale a tutelare la Repubblica di Cecenia da qualsiasi intervento russo.

Se la Russia lascia fare ancora una volta, a farne le spese sarà la popolazione russa di Cecenia, compresa (e soprattutto) quella autoctona: i cosacchi del Terek cadranno vittime di un vero e proprio terrore etnico da parte dei criminali locali, incoraggiati dalle autorità. Ciò destabilizzerà immediatamente tutto il sud della Russia. I cosacchi di Stavropol e del Kuban tenteranno di venire in soccorso ai loro fratelli e se le autorità russe, anziché aiutarli, glielo impediranno, entreranno in conflitto con una parte importante (se non addirittura la maggior parte) della popolazione di parecchie altre repubbliche o regioni autonome che fanno parte della federazione russa. I partigiani di Zhirinovskij e altri nazionalisti radicali coglieranno la palla al balzo. A quel punto bisognerà mettere in conto le conseguenze più gravi, compresa l’eventualità di una guerra civile generale. Così, la soluzione delle trattative alle condizioni rivendicate da Dudaev non produrrà una pace solida né per la Russia né per la Cecenia.

Il regime del generale Dudaev non è l’emanazione legittima di tutta la popolazione della Repubblica cecena. Non è stato eletto a suffragio universale ma proclamato presidente dal Congresso nazionale del popolo ceceno, che non ha titoli per costituire organismi dirigenti. Dudaev e il suo governo sono dunque assolutamente illegittimi. Si tratta di una dittatura che si fonda sulla forza bruta e che tende al potere assoluto. Da circa diciotto mesi questo regime si trova davanti a un’opposizione che riunisce tutte le componenti della società cecena.

La prima fase dello scontro (dall’aprile al giugno 1993) si era conclusa con la famosa battaglia di Grozny, nel corso della quale le truppe fedeli al "presidente" avevano disperso gli oppositori disarmati. Ma dal dicembre del 1993, fra gli ufficiali di più alto grado cresceva lo scontento. Dudaev rispondeva con una purga massiccia dell’esercito. In seguito, la regione di Znamenskoje è divenuta il principale focolaio di opposizione, e il suo capo, Omar Aviurkhanov, è stato il primo politico ceceno importante a pronunciarsi contro l’indipendenza. L’ex sindaco di Grozny, Beslan Gantemirov, ha consolidato le posizioni nel suo feudo natale di Urus-Martan. Ruslan Labazanov, ex capo della guardia personale di Jokhar Dudaev prima di diventare il suo nemico mortale, ha occupato Argun, la terza città del paese.

Tutto ciò si è svolto praticamente senza ingerenze da parte della Russia che, nel 1992 e nel 1993, aveva altre gatte da pelare. Con grande buonsenso, le autorità russe avevano ritenuto che i ceceni dovessero sbrigarsela da soli. È stato soltanto nell’agosto scorso che Aviurkhanov, aiutato dal compatriota Zavgajev - che occupa oggi un modesto incarico nell’amministrazione del presidente Eltsin - è riuscito a mettere le mani sulla presidenza della Federazione russa e a ottenere aiuti materiali e finanziari per le forze cecene di opposizione. Risalgono ad allora gli inizi dell’ingerenza russa.

La creazione di un Consiglio provvisorio, che raccoglieva tutte le forze anti-Dudaev e aveva il sostegno della Russia, ha fatto montare la tensione. E dopo qualche settimana di manovre politiche, alla fine la guerra è scoppiata. La schiacciante maggioranza dei ceceni ha mantenuto una sorta di "neutralità armata" e non si è schierata a fianco di nessuna delle parti. La mobilitazione generale decretata da Dudaev è fallita. Tuttavia neanche l’opposizione è riuscita a tirare l’opinione pubblica dalla sua. In questo contesto, la superiorità materiale e tecnica dell’opposizione doveva essere determinante per l’esito del conflitto. I russi che le hanno fornito gli armamenti dovevano provvedere anche agli specialisti necessari a farli funzionare. Occorrevano istruttori per addestrare le reclute e ufficiali dotati di esperienza per pianificare le operazioni militari. Così la partecipazione delle forze armate russe si è ampliata e si sono avute le prime avvisaglie di difficoltà politiche per l’opposizione. Ma in quel momento non ci si è dato peso: pareva che Dudaev dovesse cadere da un giorno all’altro...

Lo scacco della presa di Grozny ha ribaltato la situazione. Nell’assalto sono stati fatti prigionieri alcuni soldati russi. A quel punto è venuta alla luce l’ampiezza reale del coinvolgimento russo nel conflitto e la guerra civile cecena è diventata una guerra di difesa contro la Russia: proprio l’obiettivo cui mirava Dudaev. Attualmente, si può solo augurare che l’opposizione impedisca almeno a una parte delle sue truppe di disertare. La possibilità che il conflitto venga risolto fra ceceni è andata in fumo con i carri armati nelle strade di Grozny. Per Mosca, è giunta l’ora delle decisioni difficili.

Cerchiamo dunque di valutare le probabilità esistenti per la soluzione più dolorosa: l’intervento massiccio delle forze russe, con l’occupazione del territorio ceceno. Occorre innanzitutto analizzare il potenziale militare della Repubblica cecena. Attualmente nessuno sembra possedere cifre esatte in materia, ma ci si può fare un’idea pensando a tutto quello - e non è poco - che l’esercito sovietico ha lasciato in Cecenia.

Tuttavia si può supporre che la maggior parte delle attrezzature sofisticate, che esigono un’assistenza qualificata (compresa la quasi totalità dell’aviazione), sia ormai inutilizzabile o sia stata distrutta nel corso dei combattimenti. Si può inoltre pensare che la quantità di armi leggere sia nettamente aumentata, fra l’altro per effetto della produzione locale. L’eredità dell’esercito sovietico è sufficiente ad armare un piccolo esercito. Per fortuna, l’esercito ceceno è scomparso: attualmente restano solo le poche divisioni scelte che Dudaev è ancora in grado di nutrire ed equipaggiare. Gli altri, costretti a "mettersi a riposo", si sono convertiti in civili, anche se bene armati. Ecco perché, sebbene la Repubblica cecena rigurgiti di armi, non c’è dubbio che l’esercito russo impiegherà ben poco a schiacciare le truppe di Dudaev impadronendosi di tutti i punti strategici importanti: aeroporti, centri industriali, oleodotti, linee di comunicazione, eccetera. Neanche la repressione della guerriglia dovrebbe essere eccessivamente difficile. La giovane generazione cecena, abituata com’è a un tenore di vita relativamente elevato, non resisterà a lungo sulle montagne quando le saranno stati tagliati tutti i rifornimenti di armi e di viveri.

Tuttavia, considerato il contesto, una vittoria militare in Cecenia non può avere un coronamento politico. Qualsiasi amministrazione "importata" a Grozny sarebbe considerata alla stregua di un’occupazione e non potrebbe che cadere con la partenza dell’ultimo carro armato russo. L’intervento russo pone l’opposizione cecena davanti a un dilemma: unirsi alla resistenza popolare o diventare dei traditori odiati e spregevoli.

Oggi è difficile prevedere quel che faranno le autorità russe. Quanto all’instaurazione dello stato di emergenza, come ha precisato Viktorov, vicepresidente del Consiglio della federazione, questo provvedimento "non sta a significare l’ingresso di truppe russe sul territorio ceceno, ma piuttosto certe misure di controllo della situazione nelle regioni di frontiera". [M. A.]