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InterLex 7-12-2000
http://www.interlex.com/tlc/art5.htm Fibrillazioni in rete, tanto per
cambiare. "C'è una proposta di legge che obbligherebbe tutti i
siti che fanno informazione sull'internet a iscriversi come testate
giornalistiche, con tanto di direttore responsabile, dovremo
chiudere" grida Peacelink
citando Franco Abruzzo, presidente dell'Ordine dei giornalisti della
Lombardia. Per la verità, non si trova alcuna
conferma di questa notizia di né nella proposta di legge richiamata nel testo, né nell'articolo dello stesso
Abruzzo sul Il Sole 24 Ore del 19 novembre (e ripubblicato sul
sito dell'OdG
lombardo). Il tema, invece, è quello della diffamazione a mezzo
stampa, che oggi costituisce una seria minaccia alla libertà dei
giornalisti per il modo in cui è regolata nella legislazione vigente. La registrazione delle testate on-line o telematiche. Larticolo 5 della legge sulla stampa n. 47/1948 sulla registrazione delle testate scritte, già esteso (con larticolo 10 della legge n. 223/1990) ai telegiornali e ai radiogiornali, dovrebbe ricomprendere anche i giornali che utilizzano la rete per la diffusione. Si calcola che i quotidiani on-line siano oggi 60 e che saranno 300 tra due anni. La registrazione obbligatoria (che oggi è accettata, sul piano della interpretazione estensiva, da alcuni tribunali come Milano, Roma, Napoli e Voghera) è la condizione giuridica per lapplicazione del contratto giornalistico a quanti fanno informazione nelle testate web. La proposta non è nuova e sarebbe condivisibile se non nascondesse una pericolosa trappola. Vediamo quale. La legge 8 febbraio 1948, n. 47, prescrive che "ogni giornale o
altro periodico deve avere un direttore responsabile" (art. 3) e
che "Nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non
sia stato registrato presso la cancelleria del tribunale, nella cui
circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi" (art. 5).
Inoltre, lo stesso articolo 5 richiede, per i direttore responsabile, "un documento
da cui risulti l'iscrizione all'albo dei giornalisti". Sulla base di questi
principi, molti tribunali hanno rifiutato per lungo tempo l'iscrizione
delle testate telematiche (se non come supplementi di pubblicazioni su
carta), anche in considerazione del fatto che per l'estensione del
regime della stampa ai notiziari radiofonici e televisivi era stata
emanata un'apposita disposizione nella la legge 223/90 (la famosa "Mammì",
che avrebbe dovuto mettere ordine nel settore radiotelevisivo
rivoluzionato dalla lunga stagione dello sviluppo dell'emittenza
privata). Da allora alcuni tribunali
hanno seguito l'esempio di Roma, altri hanno continuato a sollevare
obiezioni, fino a recenti prese di posizione, secondo le quali la
registrazione sarebbe obbligatoria anche per le testate telematiche.
Sotto questo punto di vista, la modifica della legge del '48 non farebbe
altro che sancire una situazione di fatto. Stampa clandestina.
- Chiunque intraprende la pubblicazione di un giornale o altro periodico
senza che sia stata eseguita la registrazione prescritta all'art. 5, è
punito con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire
500.000. Dunque, se passasse la
semplice modifica dell'articolo 5, tutti i siti di natura informativa
che possano essere assimilati a un giornale o un periodico, dovrebbero
cercarsi un direttore responsabile e chiedere l'iscrizione, per non
cadere sotto i colpi dell'articolo 16. Ipotesi inaccettabile per chi
conosce la realtà della Rete. Dell'importanza del
riconoscimento della natura di informazione professionale a molte
realtà telematiche abbiamo già discusso più volte su queste pagine e
non è necessario ritornare sull'argomento (vedi Regole
vecchie per un mondo nuovo
e Quali
regole per l'informazione in rete?, oltre agli altri articoli
nell'indice di questa sezione). Ci sono alcuni punti fermi che non possono essere ignorati: il primo è senza dubbio la libertà di informare e di essere informati. Ma della libertà di essere informati dovrebbe far parte qualche indicazione sulla provenienza delle notizie e sulla responsabilità di chi le diffonde, quindi ci deve essere la possibilità di distinguere l'informazione professionale da quella spontanea. Questo non significa che le organizzazione dei giornalisti o degli editori siano autorizzate a distribuire bollini o patenti, ma che il professionista dell'informazione deve potersi qualificare come tale, assumendosi quindi tutti i vantaggi, ma anche tutti gli obblighi e le responsabilità che questa qualifica comporta. Per esempio, il dovere di rettifica (che non può essere imposto all'informazione spontanea), la responsabilità del direttore per omesso controllo e via dicendo. Non serve l'iscrizione nel registro della stampa per individuare il responsabile di qualsiasi informazione telematica che passa sulla rete. Basterebbe una misura che si chiede da anni, l'identificazione dei propri abbonati da parte dei fornitori di servizi, con la contemporanea garanzia dell'anonimato in rete e la possibilità di risalire all'autore di un illecito solo nell'ambito di un'inchiesta giudiziaria. A queste condizioni le leggi esistenti sono più che sufficienti a perseguire abusi e reati, senza imporre alcun limite alla libertà di espressione. D'altra parte è necessario anche difendere il lavoro di chi fa informazione per scelta professionale, come dipendente o come libero professionista, e dunque equiparare sotto ogni aspetto il giornalismo telematico a quello tradizionale. Quindi l'iscrizione dei periodici telematici nel registro del tribunale può essere l'elemento che consente di distinguere l'informazione professionale da quella spontanea, con l'obbligo conseguente di applicare alla prima le condizioni economiche e normative dei contratti del settore della stampa. Ma proprio su questo punto si vede l'arretratezza delle norme che si tenta, maldestramente, di modificare: ha ancora senso distinguere tra informazione scritta e radiotelevisiva da una parte e informazione on line dall'altra? Non è lontano il momento in cui qualsiasi testata, per sopravvivere e crescere, dovrà diffondersi con tutti i mezzi. Gi stessi giornalisti dovranno lavorare nello stesso tempo per la carta, il cavo e il satellite. Le disposizioni anti-trust che oggi limitano le possibilità di controllo di un mezzo a chi detiene posizioni di forza in un altro si riveleranno presto prive di senso, forse lo sono già adesso: una posizione dominante nel campo dell'informazione può essere definita, anche se oggi non è facile, solo nel contesto generale, "multimediale" della comunicazione. Dunque il problema non è
solo la scontata aggiunta all'articolo 5 della legge sulla stampa, ma la
revisione di tutte le vecchie regole dell'informazione, o piuttosto la
loro scrittura ex
novo in funzione di quella che viene definita, per l'appunto,
"società dell'informazione". Che è la società dove tutti
hanno la possibilità di dare e di ricevere informazione e che
cesserebbe di svilupparsi se, invece delle garanzie, si ponessero
vincoli e divieti. Per non parlare delle censure. Non serve altro.
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