Iqbal aveva 150 milioni di fratelli

Il lavoro infantile nel mondo: la realtà, le cause e le proposte di Mani Tese

Povertà e lavoro infantile

Non s'è mai visto un bambino benestante lavorare. L'intreccio fra povertà della famiglia e lavoro dei bambini è evidente.
Ma la Coalizione sud-asiatica contro la schiavitù infantile sostiene che il lavoro dipendente dei bambini - manodopera a buon mercato, remissiva e vulnerabile - è anche causa, e non solo conseguenza, di povertà sociale e individuale. Un bambino, un futuro adulto, la sua famiglia e il suo paese vengono svenduti per 10.000 lire al mese.

Bambini minati

Analfabetismo a vita. Se gli rimane tempo e non è troppo stanco, mentre lavora il bambino potrà frequentare qualche scuola informale, ma non avrà nemmeno un diploma elementare. Analfabeta, non potrà difendere i propri diritti, anche di lavoratore adulto.

Salute minata. Prima di tutto dalla stanchezza. Riassume Narain Singh Rao, attivista indiano per i diritti dei minori: "Se io che ho trent'anni avessi iniziato a lavorare a 8, adesso sarei ridotto come i miei amici d'infanzia che l'hanno fatto. Sarei curvo e stanco, magari con la Tbc; circa l'80% dei pazienti tubercolotici degli ospedali indiani sono stati bambini lavoratori. L'esposizione continua a polveri, prodotti chimici, alte temperature e magari scarsa luce (o troppa) danneggia gli organi respiratori, gli occhi, il fegato, i reni".

Portare pesi o assumere posture forzate molto a lungo può pregiudicare lo sviluppo osseo e la crescita. I rumori eccessivi causano sordità parziali. L'esposizione alle sostanze tossiche può avere gravi conseguenze. Danni psicologici. L'assenza di gioco e riposo, l'eventuale lontananza dalla famiglia non pos-sono che avere ripercussioni negative sulla psiche infantile. Devastanti e senza ritorno sono poi gli effetti fisico-psicologici della prostituzione infantile.

Minaccia per gli adulti

L'OIL ricorda che il ricorso a bambini lavoratori sottopagati va di pari passo con la disoccupazione degli adulti e con una distribuzione ineguale della ricchezza.
Senza bambini a disposizione per le piantagioni e le fabbriche, il lavoro dovrebbe essere dato agli adulti i quali, eliminata quella concorrenza imbattibile, avrebbero anche un maggior potere di rivendicazione salariale e sociale. Non a caso il lavoro infantile è diffuso soprattutto presso quelle comunità dove gli adulti riescono a lavorare solo saltuariamente o comunque con salari inferiori al minimo sindacale.

Società impoverite per sempre

L'equazione "bambini-braccia da lavoro", abbinata all'alto tasso di mortalità infantile, incentiva le nascite numerose rinnovando la spirale di povertà.
Le nazioni erediteranno un'altra generazione di lavoratori a basso reddito, senza professionalità specifiche, analfabeti, magari debilitati o addirittura invalidi. Altro che alleviare la povertà. Un bambino produce ricchezza quasi quanto un adulto ma viene remunerato molto meno, in genere un terzo. Far lavorare adulti sindacalizzati significherebbe invece aumentare l'infimo potere d'acquisto delle famiglie e dare chances a uno sviluppo endogeno, trainato dal mercato interno.

Quali vantaggi per la famiglia?

Ben pochi, se una ricerca dell'Unicef in America Latina evidenzia come grazie al lavoro dei figli piccoli, il potere d'acquisto della famiglia aumenta al massimo del 10-20%: si rimane nella povertà.
Anche senza parlare dei casi in cui alla famiglia viene corrisposto solo un anticipo e poi il bambino lavora gratis, è difficile che un baby lavoratore sotto padrone guadagni più dell'equivalente di qualche chilo di riso alla settimana.

La povertà senza stato sociale

É vero che solo i bambini di famiglie povere lavorano, in situazioni sociopolitiche prive di meccanismi di salvaguardia sociale. Non c'entra troppo invece il livello di povertà globale di una nazione, come dimostrano il brutto esempio del ricco Brasile e il bell'esempio del modesto stato indiano del Kerala, felice eccezione nel subcontinente.

A partire dalle prime elezioni del 1957 fino a poco tempo fa, il Kerala ha avuto un governo "speciale", sensibile verso i temi sociali e impegnato a garantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni fondamentali. Realizzando la riforma agraria, aumentando il salario minimo e investendo nell'istruzione obbligatoria e nella sanità, ha portato a una situazione incoraggiante, capovolta rispetto al resto dell'India. Anche l'esempio dell'isola di Cuba è indicativo: nonostante le difficilissime condizioni economiche, sono state mantenute le conquiste sociali e là i bambini non lavorano.

Lo sfruttamento infantile è in stretta correlazione con le ingiustizie distributive e aumenta quando la gente è lasciata sola ad affrontare la sua povertà. Senza scuola e sanità gratuite, senza sicurezza sociale, per soddisfare i bisogni di base le famiglie devono chiedere a tutti i componenti di darsi da fare per sopravvivere. Non per nulla quando una situazione economica si degrada e aumenta la disoccupazione adulta, viene in soccorso il reddito sia pure limitato derivante dal lavoro dei bambini. Succede anche nei paesi europei e succede in Iraq, dove con l'embargo il lavoro infantile è raddoppiato.

La molla del profitto

Le imprese preferiscono i bambini perché si possono sfruttare meglio. La quasi totalità dei conciai del Cairo ammette candidamente che cercherebbe di far lavorare bambini anziché adulti anche in presenza di leggi più restrittive.

I governi sono spesso complici diretti o indiretti: è loro responsabilità, se i lavoratori adulti percepiscono salari insufficienti a mantenere la famiglia (lo stesso salario minimo legale, nella maggior parte dei paesi, garantisce un potere d'acquisto infimo); se esistono 180 milioni di contadini capifamiglia senzaterra che al mattino si alzano senza sapere bene come rimediare la minestra del giorno; e se i poveri sono tre miliardi. Alcuni governi del Terzo mondo sostengono che il lavoro dei bambini è appunto una malattia infantile delle società povere e credono che i paesi occidentali siano diventati ricchi grazie a questo sfruttamento. è invece vero il contrario.

Meccanismi internazionali

Il debito estero grande colpevole. A tutti i popoli sudditi di governi indebitati del Sud, i cosiddetti programmi di aggiustamento strutturale del Fondo monetario internazionale e della Banca mondiale chiedono di lavorare molto, vendere molto e consumare poco, per accumulare un grande avanzo necessario a ripagare il debito.

Ciò significa un aumento dei livelli di sfruttamento dei lavoratori e del territorio, per produrre a costi minori rincorrendo i mercati internazionali. E significa anche dare un taglio a quelle spese sociali - per la scuola, la sanità - che permetterebbero alle famiglie di sopravvivere pur con un reddito limitato.

Multinazionali sulla pelle (anche) dei bambini

"La corsa alla competitività chiederà un giorno alla stessa Europa di far tornare a lavorare i bambini in massa, bella vittoria!" ironizza il mensile Le Monde diplomatique.
La bibbia della competitività internazionale si basa sulla delocalizzazione, nuovo fenomeno nella lotta del capitale contro il lavoro. Se per risparmiare sui costi le imprese di alcuni settori sostituiscono i lavoratori con le macchine, in altre produzioni è più conveniente spostare la produzione laddove i lavoratori sono meno esigenti e i governi più accondiscendenti.

Le società multinazionali (qui di seguito abbreviate in TNC) preferiscono chi accetta di lavorare per 80 ore la settimana e un pugno di centesimi di dollaro all'ora. E poi spendono cifre enormi in pubblicità per contendersi un mercato limitato di consumatori - non più di un miliardo e mezzo - dato che per certi prodotti l'immagine fa vendere più del prezzo basso.

Oltre alle tradizionali produzioni tropicali, i comparti industriali più semplici - tessili, cuoio, giocattoli ed elettronica soprattutto - prendono il volo lasciando vuote le fabbriche europee per trasferirsi verso paesi asiatici, latinoamericani e nordafricani. Gli strumenti sono vari: le zone franche che offrono alle TNC condizioni molto vantaggiose e piena libertà di manovra, gli appalti ad aziende locali, i subappalti e i subappalti dei subappalti, per i quali aziende sempre più piccole e alla fine lavoratori a domicilio producono per la grande committente. É in questa catena che si annida il lavoro infantile.

"Sguardi di bambini sorpresi nell'incubo. Senza riso nella gola, senza canzoni canticchiate, senza riposo. Senza niente. Solo il sangue che batte sulle tempie. Per portare il corpo che rimane. Sollevare i pesi, tagliare le pelli, segare il metallo, soffiare il vetro, filare il tappeto, man-giare e dormire. (...) Per la miseria di una famiglia, le richieste criminali di un usuraio locale, la crudeltà di un potente di villaggio, la vigliaccheria di un subalterno, le complicità di un funzionario, l'indifferenza di una strada, i silenzi di uno stato, le tirannie di un debito estero... Un'infanzia immersa nel carbone, nella polvere, in schegge di vetro..."

(Sorj Chalandon, dal libro fotografico "Enfants de l'ombre", 1993)

NIKE - Che scarpe in Indonesia

Il consumatore europeo paga un paio di scarpe Nike 100 dollari

il campione sportivo Michael Jordan ha ricevuto dalla Nike 20 milioni di dollari per fare la pubblicità

Con il 15% di quanto la Nike spende in pubblicità, si potrebbero raddoppiarei salari dei suoi lavoratori indonesiani

Perché i poveri hanno bisogno dei bambini

Perché i poveri hanno bisogno dei bambini? Nel Terzo Mondo i bambini che riescono a sopravvivere sono una ricchezza, anche economica. Questa tabella mostra in che modo i bambini e le bambine di un villaggio vicino a Java, in Indonesia, reppresentino una fonte di reddito per le loro famiglie fin dall'eta di 6 anni.

A 13 anni coltivano la terra
a 12 anni lavorano sotto padrone, dietro una paga
a 11 anni trapiantano il riso
a 10 anni coltivano il riso
a 9 anni tolgono le sterpaglie
a 8 anni accudiscono il bestiame
a 6 anni curano i bambini più piccoli

da uno studio dell'UNICEF

Bella la seta. Ora arriva nei nostri grandi magazzini a prezzi stracciati. Qual è il segreto? Il segreto si chiama Biren, 8 anni, che come tanti altri ragazzini indiani per poche rupie lavora dalle 7 di mattina alle 9 di sera a bollire i poveri bachi vivi e a filare la seta. Biren si scotta sovente. La seta non si addice alle sue braccia, così ruvide e rovinate.



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