Bambini
per le strade del mondo


Perché la strada?

Conversazione con Padre Renato Chiera, da anni impegnato in prima persona nella salvaguardia dei diritti dei meninos de rua a Nova Iguacù, sterminata e violenta periferia di Rio de Janeiro.

Perché la strada? Che cosa rappresenta per i bambini? Forse la libertà, la possibilità di scegliere...

E' la libertà dai bisogni: vivi in una baracca, in una fogna ed invece qui vivi dove vuoi, sulla spiaggia, tra i negozi... E' una scelta forzata da una situazione terribile: i bambini non scelgono di vivere in strada, sono costretti dalla loro disastrosa situazione familiare e sociale. In questa situazione disastrosa, la strada rappresenta una buona scelta perché li aiuta, o almeno lo credono, ad uscire dalla miseria. Vanno in strada perché è più bello della realtà disumana a livello affettivo, morale ed economico in cui vivono: è spesso l'alternativa ad una vita di stenti.

Quando parlo di "ventre materno della strada" voglio dire che in una situazione dove la scuola non li accoglie, la famiglia li accoglie male, spesso con violenza! Fanno la fame, non sono amati, la strada li accoglie come un ventre di una mamma che non li giudica. Come mi raccontava Saul: Io vado in strada, la strada mi prende sempre così come sono. Nella strada faccio Ciò che voglio e non mi dice che sono brutto, cattivo, che rubo, che fumo. La strada mi accetta e mi ama per come sono".

Inoltre nella strada incontrano altri bambini nella loro stessa condizione e lì si crea una relazione di fiducia, di sicurezza, di protezione. Si organizzano spontaneamente per difendersi dal mondo esterno e per sopravvivere.

Allora è meglio in strada piuttosto che in famiglia...

No, assolutamente. Quando noi diamo loro una famiglia, loro dicono "Qui è molto più bello che in strada, dove ci sono molti pericoli, non sapevo se avevo da mangiare, avevo freddo!". E quando arrivano, mangiano molto e se gli si dice "Non c è bisogno di mangiare tanto così perché domani ce n é ancora`", loro ti rispondono "Ce n'è ancora domani?". Quando capiscono che la casa dove sono dà sicurezza, quando trovano una casa normale capiscono che la casa è meglio della strada che la casa offre un futuro anche per loro.

La grave situazione economica del Brasile ha sicuramente aggravato il problema dei meninos de rua.

In Brasile la situazione sociale ed economica è disastrosa e colpisce soprattutto le famiglie meno abbienti. Alla miseria materiale si unisce così la miseria morale accompagnata dall'alcolismo, dalla violenza e dalla solitudine. I bambini vogliono vivere e non trovano in famiglia la vita; non si sentono accettati, non si sentono amati. Non possono vivere nella scuola perché molti non hanno la possibilità di frequentare la scuola; come non hanno possibilità di lavorare perché di lavoro ce n è poco e il salario è bassissimo.
Allora la strada è un'alternativa, direi l'alternativa alla disperazione. La scelta della strada è perché il bambino vuole vivere. Saul mi raccontava: "Da bambino io facevo la fame, mangiavo le radici degli alberi. Mi parlavano di Copacabana, di andare là che era bello, la spiaggia, il mare, i turisti, bei vestiti, bei negozi, e che avrei potuto rubare per vivere.

In casa mio papà era sempre ubriaco, mia mamma ha altri figli e piangeva vedendo che mio padre metteva i soldi che aveva nel bere e noi con la fame. Allora io sono andato a Copacabana. Io là rubo, mangio, vivo. Se mi ammazzano non me ne importa niente, perché io non sono nessuno, io non valgo niente".
P. Renato Chiera

Comunque l'andare in strada è sempre una loro scelta...

Non sempre: a volte è il bambino che sceglie la strada, altre volte no. Ad esempio incomincia ad andarci perché la mamma non è presente durante tutto il giorno per motivi di lavoro e allora lo lascia in strada a fare qualche lavoretto, vendere caramelle o sigarette, chiedere l'elemosina, lavare i vetri, pulire le scarpe. Così incomincia a fare amicizie, a fare gruppo. Per un primo periodo tornano la sera a casa per aiutare la mamma.
In genere, la mamma è sola perché il marito l'ha abbandonata o i bambini hanno un patrigno che però non li accetta.

Col passare del tempo ritornano sempre di meno a casa, la strada fa loro certe promesse sino a decidere di vivere nella strada. Si passa così da ragazzi in strada a ragazzi di strada. In questo caso è la stessa famiglia che ha spinto il ragazzo in strada. Alcune famiglie vanno a cercare i loro figli, altre non se ne interessano e dopo poco tempo i ragazzi non hanno più alcun legame con le famiglie.

Quando parlavi di miseria morale intendevi allora anche il gravissimo problema della disgregazione familiare.

Certamente c'è un notevole aumento della violenza familiare, soprattutto sessuale, il patrigno che stupra la bambina, e la mamma deve accettare questa situazione per non rimanere da sola in un mondo crudele con i più deboli.
La famiglia, spesso, non è più in grado di trasmettere valori e Ciò porta più velocemente alla disgregazione familiare e, più in generale, alla disgregazione sociale che genera il bambino di strada.

Non mi sembra, però, che la strada rappresenti la soluzione ideale per i ragazzi che scappano da situazioni familiari insostenibili. Non è come cadere dalla padella alla brace?

I bambini in strada si organizzano e trovano quella sicurezza che la loro casa non gli offriva. Si sentono forti, fanno gruppo, diventano spesso violenti. Ci sono delle regole da seguire, dei capi a cui ubbidire, invidie e vendette. Poi incontrano la violenza della strada perché la polizia li bracca, li prende, li picchia, stupra le bambine. Una ragazza quattordicenne mi raccontava: "Gli uomini vengono al mattino e ci prendono e ci stuprano oppure ci portano alla polizia e là fanno tutto quello che vogliono di noi; dicono che se noi diciamo qualcosa, loro ci ammazzano".

Poi anche la gente comincia ad essere violenta con i bambini di strada, "sono come dei topi o dei cani rabbiosi" dicono. L'altro giorno un giornale brasiliano recitava: "Volete mantenere pulita la città? Collaborate uccidendo un bambino di strada".

I meninos de rua diventano pericolosi per la società perché rubano, assaltano i turisti, ostacolano il commercio, si organizzano in gruppi. La società è in genere contro i bambini di strada, li vede come un pericolo ed allora ecco la nascita degli squadroni della morte...

A questo punto, per i ragazzi, la strada si trasforma da ventre materno e luogo di accoglienza, in disperazione, fuga, luogo di morte. Che cosa resta loro da fare?

Quando sentono che la strada è diventata cattiva è pericolosa, può portarti alla morte, allora è il momento in cui cercano un'alternativa, ma che risponda a quella sete di vita che loro hanno ed avevano già all inizio del loro viaggio nella strada. Dice Valeria, 15 anni con una bambina di appena venti giorni: "lo non voglio più andare in strada, sono sette anni che sto in strada ed i miei amici sono stati uccisi quasi tutti. Non voglio che mia figlia viva come me. Voglio che studi. Io non ho mai studiato, io non sono nessuno. Voglio che sia registrata all'anagrafe, non come me che non ho documenti e che non sono nessuno".

Io vedo questo processo che li porta in strada per la vita e poi, quando si rendono conto che la strada non dà vita la cercano altrove! in un nuovo posto. Loro vogliono essere amati, accolti, perché non sono amati e per questo non si stimano, perché chi non è amato non si stima, non sente che ha un valore. Per questo sono aggressivi, per gridare al mondo che loro non sono amati; e per questo vogliono vendicarsi con tutto il mondo per far sapere che anche loro esistono, che anche loro hanno diritto ad avere qualcuno, una famiglia.

Nella strada tentano di riprodurre la famiglia e l'organizzazione non è solo per assaltare: allora c'è il papà di strada e la mamma di strada e ci sono i fratellini. Una ragazza di Copacabana chiamata Paulina mi raccontava: "Devo andare via, mio figlio mi aspetta". "E quanti anni ha tuo figlio?", chiesi io, "sette lui, mentre io ne ho già sedici!'l, rispose lei. "Non è possibile", esclamai. Lei mi rispose "Tu non capisci, lui è mio figlio di strada, lui è piccolo, io lo custodisco, lo difendo, lo curo, mi interesso a lui. Io ho il mio uomo, non siamo sposati, ma è lo stesso il mio uomo.

Lui va a rubare per me, mi dà da mangiare, mi dà la roba, mi protegge". Questi bambini, pur essendo sfuggiti a causa della loro triste realtà familiare, hanno talmente sete di famiglia che anche nella strada cercano di ricostruirla. E' questo il punto fondamentale da cui partire per lavorare con i meninos de rua.

a cura di Rosanna Turri

Tratto da: "Bambini per le strade tra Nord e Sud del mondo" - collana Mondialità 17 Volontari Per lo Sviluppo
Rivista trimestrale promossa da tre organismi di volontariato internazionale:
ASPEm, CCM e CISV.










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