Bambini
per le strade del mondo


Cenerentole di Hong Kong

A Nuova Delhi bambini che vendono palloncini in piena notte. A Hong Kong ogni anno centinaia di bambini finiscono nelle grinfie delle Triadi, la potente mafia cinese. Bimbi dappertutto, nelle grandi città dell'Asia, in condizioni assai critiche. ma che non vogliono rinunciare a vivere.

In Asia ci sono miriadi di colonie di piccoli abitanti della strada

Era notte fonda. Sull'autobus che mi conduceva all'aeroporto di Nuova Delhi guardavo inebetito il palloncino ad elio che avevo appena acquistato. La terza conferenza mondiale sui diritti umani si era conclusa tra fasti accademici, e l'unica prova concreta della mia prima esperienza asiatica era proprio quel palloncino che mi era stato venduto a Connought Square da un ragazzino non ancora adolescente, al lavoro nonostante Carosello fosse terminato da un pezzo.

Mi aveva colpito l'assurdità del suo commercio: vendere palloncini in piena notte! Chi mai li avrebbe comperati? Forse, solo io, straniero e sprovveduto. Questo avvenne nel 1990, quando, fresco di studi, mi cimentavo in speculazioni pseudo dotte sul fenomeno sociologico dei bambini di strada. Un palloncino, una crisi. Capii che la speculazione, per quanto accurata, non è che un riflesso speculare per l'appunto di una realtà che altri vivono. Non ci si abbronza guardando il sole in cartolina.

Di ragazzi di strada ce ne sono tanti in Asia. A causa dell'appiattimento culturale portato dallo sviluppo di tipo industriale, modelli comportamentali devianti da tradizioni locali, ma uniformi a livello globale, si rinvengono in ogni angolo contaminato della terra. Ovviamente nel continente più popoloso ci sono miriadi di colonie di piccoli abitanti della strada. Li ho visti farsi trasportare clandestinamente saltando da un paraurti all'altro delle "jeepneys" di Manila, gioco affascinante e mortale. Erano i migliori interpreti d'inglese a Phnom Penh, dove prosperavano vendendo giornali ed altri servizi ai soldati dell'UNTAC? il corpo di pace dell'ONU. E poi gli sciuscià, tanti, in India, Bangladesh, Vietnam ...

Bambine e bambini a frotte, vispi, intelligenti. Li ho visti giocare senza distrarsi mai dal proprio lavoro, schiudersi in sorrisi che ricordo sempre bianchissimi anche se magari a volte mancava qualche dente. Sempre corretti nel rapporto con il cliente, dei veri professionisti. Tutto vero, ne sono testimone diretto. Questo però per quanto riguarda i ragazzi di strada propriamente detti. Gli addetti ai lavori hanno infatti identificato nella categoria quei fanciulli che hanno intrapreso un lavoro più o meno onesto, riuscendo così a far fronte alla propria situazione di indigenza con "rettitudine"; in altre parole, quelli che "ce l'hanno fatta".

Leggevo, tempo fa, uno scritto polemico che ironizzava sugli interventi umanitari a favore degli "street children" sostenendo che essi fossero rivolti piuttosto agli "avenue children", cioè ai ragazzi che sopravvivono ai margini dei quartieri abbienti, che con la loro presenza imbarazzano chi vive nell'opulenza. Allo stesso modo temo che l'ortodossia della scienza sociologica, esaltando lo studio della psicologia dei "bambini di strada", rischi di far dimenticare ai meno accorti l'esistenza dei tanti piccoli abitanti delle città che non sono riusciti a rendersi indipendenti e versano dunque in condizioni assai gravi. Si tratta, purtroppo, di un fenomeno di ancor più vaste dimensioni. Perfino a Hong Kong, prosperosa colonia britannica sul Mar della Cina, ogni anno centinaia di bambini scappano di casa e finiscono nelle grinfie delle Triadi, la potente mafia cinese.

All'età di soli undici anni possono già partecipare alla "cerimonia della lanterna blu", primo rito di iniziazione col quale comincia un periodo di formazione che dura un paio di anni. Precocemente svezzati, tatuati come si vede nei film, quegli adolescenti non riscuotono simpatia e, nonostante siano in effetti ancora bambini, vengono giudicati come criminali incalliti.

Sempre in Hong Kong, ad arricchire le fila dei ragazzi di strada, vi sono i figli di lavoratori cinesi immigrati, le cui mogli vivono nella "mainland China". Una legislazione ottusa, promulgata dal governatorato di Sua Maestà, non concede infatti alle donne della Repubblica Popolare di Cina il permesso di soggiorno per riunirsi ai mariti, per cui i figli, che possono ottenere la cittadinanza paterna, spesso crescono senza il sostegno di una vera famiglia. Bimbi dappertutto. Li rivedo correre dietro a un aquilone, che cercano di vendermi ogni sorta di mercanzia, sorridenti nell'obiettivo della mia reflex, a guardia di vetture parcheggiate, in fila sui marciapiedi della prostituzione. I bambini come i fiori. Li vedi sbocciare nel putridume delle baraccopoli, nei sordidi ghetti sub urbani nei malfamati meandri "downtown". Giocano, ridono, bambine e bambini che, incredibilmente, vivono.

Ricordo una missione a Davao City, grosso scalo portuale nell'isola di Min Danao, a sud delle Filippine. Una sera padre Jack, cappellano Maryknoll del porto, mi invitò ad una festa di compleanno. Stipati nel suo maggiolino rosso sul cui retro si legge "when I grow up I want to be a Rolls Royce" quattro bimbe, le mie amiche Luz e Virgie ed io, insieme al karaoke e a una cesta con dolci di cocco, fummo condotti in una palafitta adibita a circolo di ritrovo per i marinai di passaggio.

La festeggiata era una piccola venditrice ambulante di manghi e arachidi, cui pochi giorni prima era stata rubata tutta la mercanzia che aveva incautamente depositato all'ingresso della chiesa per ascoltare la messa. Il suo datore di lavoro l'aveva rimproverata aspramente per l'accaduto! probabilmente anche picchiata.

Venuto a conoscenza della cosa, padre Jack aveva pensato di organizzare una festa per rinfrancarla. Il grosso degli invitati era costituito da una ventina di altre piccole ambulanti. Rimpannucciate negli abiti della festa sembravano tante damigelle di corte. La serata trascorse gaia, tra canti e balli. Vinta l'iniziale timidezza, dovuta probabilmente alla presenza di facce sconosciute, le fanciulle si esibirono in brevi scenette e si rivelarono non solo intonate, ma anche molto competenti nell'uso del karaoke. Io invece, invitato a cantare, riuscii solo a provocare l'ilarità dei presenti.

D'un tratto, proprio quando la festa sembrava avviarsi al culmine, tutte le bimbe scomparvero. Sulle prime pensai stessero preparando qualche gioco, ma le vidi tornare trasformate: indossavano di nuovo le casacche e recavano seco i cesti con le mercanzie. Erano le undici di sera, la tregua patteggiata da padre Jack era terminata. Nuovamente timide ci salutarono e in silenzio scivolarono via, verso le buie e incerte vie del porto a vendere frutta ai marinai. Piccole cenerentole, verrà mai un principe azzurro a portarvi via?

Roberto Ricci volontario rientrato) CVM, (Centro Volontari .Marchigiani Ancona membro dell'Associazione "Street Children"

Tratto da: "Bambini per le strade tra Nord e Sud del mondo" - collana Mondialità 17 Volontari Per lo Sviluppo
Rivista trimestrale promossa da tre organismi di volontariato internazionale:
ASPEm, CCM e CISV.










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