CAPITOLO 6: IL BRACCONAGGIO

Per bracconaggio si intende l'esercizio dell'attività venatoria senza il rispetto delle leggi che la regolano(1).

Per inquadrare quanto sia preoccupante il fenomeno nel Delta, forniamo subito il resoconto dell'attività di vigilanza venatoria volontaria delle guardie del W.W.F. di Rovigo durante la stagione venatoria, '98/'99(2):

=>TERRITORIO VIGILATO: A.T.C. 4A3, DELTA DEL PO VENETO;

=>NUMERO DI SERVIZI SVOLTI: 8;

=>SERVIZI EFFETTUATI CON NATANTI: 4;

=>SERVIZI EFFETTUATI A PIEDI: 4;

=>CHILOMETRI PERCORSI IN AUTO A SCOPO DI VIGILANZA: 910;

=>CACCIATORI CONTROLLATI: 26 (TUTTI IN APPOSTAMENTO);

=>VIOLAZIONI VENATORIE AMMINISTRATIVE RILEVATE: 7 (6 PER OMESSE ANNOTAZIONI SUL TESSERINO VENATORIO REGIONALE, UNA PER RIFIUTO DI ESIBIRE I DOCUMENTI);

=>CACCIATORI DENUNCIATI PER REATI VENATORI: 8 (4 PERCHE' PRATICAVANO L'ATTIVITA' VENATORIA ALL'INTERNO DEL PARCO, 3 PERCHE' USAVANO RICHIAMI VIETATI, UNO PERCHE' CACCIAVA DURANTE UNA GIORNATA DI SILENZIO VENATORIO);

=>SEQUESTRI PENALI EFFETTUATI: 6;

=>MATERIALE SEQUESTRATO: 2 RICHIAMI VIETATI, 3 ANATRE ILLEGALMENTE ABBATTUTE, UN FUCILE, 199 STAMPI DI ANATIDI, UNA BARCA;

=>ALTRI CACCIATORI DENUNCIATI PER ALTRI REATI: 10 (UNO PER PORTO ABUSIVO D'ARMA DA FUOCO, 2 PER OMESSA CUSTODIA DI ARMI, 3 PER RESISTENZA A PUBBLICO UFFICIALE E RIFIUTO DI FARSI IDENTIFICARE, 4 PER INTRODUZIONE DI ARMI NEL PARCO);

=>RAPPORTO CACCIATORI CONTROLLATI/CACCIATORI CONTRAVVENZIONATI=26/25! QUASI IL 100%!

Da questi primi dati, si comprende immediatamente che il bracconaggio è incorporato nel codice genetico delle genti del Delta(3).

Secoli di miseria, di analfabetismo (ancora oggi si incontrano vecchi cacciatori analfabeti nel Delta; tra l'altro non si capisce come sia possibile che siano in possesso di licenza di caccia, visto che hanno l'obbligo di eseguire le prescritte annotazioni sul tesserino regionale e su quello lagunare e vallivo indicanti il giorno e la località in cui vanno a caccia, e le eventuali specie abbattute!) di fame, di pellagra, di inondazioni, hanno insegnato che per sopravvivere occorreva saper "rubare" la selvaggina ai ricchi vallicoltori che per molti anni, prima della grande bonifica, erano i padroni indiscussi del territorio.

Contrabbandieri, bracconieri e pescatori di frodo, quindi, si trovavano in molte famiglie e la loro attività serviva per sbarcare il lunario(4).

Oggi, ovviamente, i tempi sono cambiati ed il benessere dimora anche in questi luoghi. La riforma agraria ha fatto si che vi siano piccoli proprietari terrieri locali, la pesca delle vongole ("l'oro del delta") ha dato un grande impulso all'economia, così come ha fatto la costruzione della Centrale termoelettrica di Polesine Camerini, ed ora sta facendo anche il turismo legato alla visitazione del Delta e del suo neonato Parco.

Il retaggio connesso alle antiche abitudini della sopravvivenza legata alla caccia, un tempo una necessità, è diventato ora un vero e proprio "lavoro nero" per molti cacciatori, soprattutto concentrati negli abitati di Boccasette e Pila, che si tramandano di padre in figlio il cosiddetto mestiere di "barcaiolo"(5).

Abbiamo già detto all'inizio di questo lavoro del notevole pregio faunistico del Delta del Po Veneto, dell'abbondanza della selvaggina e del desiderio dei molti cacciatori foranei di poter venire a cacciare nelle paludi del Delta. Trattasi di persone che possono concedersi il lusso di spendere dei denari (in alcuni casi anche molti), per andare a caccia, ma non così tanti da permettersi l'accesso nelle aziende faunistico venatorie vallive, dove, come abbiamo già detto, il prezzo si aggira sulle decine di milioni(6).

Questi forestieri, dunque, vengono accompagnati dai locali a caccia nel territorio lagunare e vallivo libero, che conoscono come le loro tasche, nel quale allestiscono gli appostamenti e che possono raggiungere disponendo di idonei natanti da caccia...Ovviamente, per garantire questo servizio, si fanno pagare!

Vi sono barcaioli che, nei mesi di ottobre e novembre, durante i quali, come abbiamo già riferito, è consentito andare a caccia per cinque giorni alla settimana, accompagnano ogni giorno "clienti" diversi. Non tutti i clienti sono in possesso del permesso di ospite (la sanzione amministrativa che corrono il rischio di pagare se trovati ad esercitare l'attività venatoria senza essere iscritti all'A.T.C. 4A3, una delle violazioni più comuni nel Delta, è di 600.000 £) e molti si avventurano in questo azzardo, pur di andare ugualmente a caccia (tanto, come diremo in seguito, la probabilità di essere colti sul fatto è praticamente inesistente!)

Il barcaiolo, quindi, è un mestiere abusivo esercitato senza autorizzazione dai "cacciatori accompagnatori" del Delta del Po Veneto e comporta, per chi venga trovato ad esercitarlo, il pagamento di una sanzione amministrativa di due milioni. Anche in questo caso, però, il rischio di essere colti sul fatto è nullo, infatti mai nessun cacciatore foraneo dirà agli organi competenti di avere pagato un cacciatore del Delta per essersi fatto accompagnare a caccia. Tra i due, infatti, si stabilisce un rapporto di amicizia che si protrae per anni e non è quindi ipotizzabile una delazione in tal senso.

E' difficile, quindi, stroncare questo fenomeno, che rende ai cacciatori del Delta, si parla di cifre in nero (ed oltre alla violazione testé menzionata relativa al mestiere abusivo c'è anche la frode fiscale), dai trenta ai quaranta milioni di lire.

Ogni uscita costa, a seconda del prezzo pattuito dal barcaiolo e dalle zone più o meno importanti dal punto di vista faunistico o più o meno rischiose (cacciare all'interno del Parco, ovviamente, comporta maggiori pericoli), dalle 100.000 alle 300.000 a persona.

Alcuni cacciatori hanno dichiarato che spendono quattro milioni a stagione venatoria, andando a caccia soltanto il sabato; però non fanno neanche la fatica di portarsi il fucile da casa perché il loro barcaiolo presta loro il fucile (il comodato d'armi da caccia non è vietato dalla legge), compera le cartucce, sistema l'appostamento, mette la benzina per il fuoribordo della barca da caccia, posiziona gli stampi e li ritira poi a fine giornata venatoria (in pratica, garantiscono lo stesso servizio assicurato dal capocaccia di un'azienda faunistico-venatoria valliva!)

Altri cacciatori hanno dichiarato di avere pagato due milioni per fare l'apertura della caccia con alcuni barcaioli (l'apertura, per un cacciatore, è il giorno più importante della stagione venatoria: si pensi che vi sono cacciatori che occupano gli appostamenti anche una settimana prima di questo giorno fatidico, dormendo in barca e dandosi il cambio con amici o familiari per andare a mangiare, solo per evitare che qualcuno "gli porti via il posto"! E' tradizione che sia così, sia perché sono mesi che non si spara più, e quindi cresce la "voglia di farlo", sia perché il primo giorno è quello in cui si fa il maggior numero di abbattimenti, anche perché gli animali selvatici non si aspettano assolutamente che in quella occasione le "distanze di sicurezza" con cui istintivamente hanno sempre vissuto il rapporto con gli "umani", improvvisamente debbano essere drasticamente aumentate, perché le armi da fuoco le hanno ridotte terribilmente!)

Per alcuni cacciatori del Delta Veneto, quindi, la caccia è una vera e propria fonte di reddito, alla quale difficilmente hanno intenzione di rinunciare, anzi,fanno di tutto per salvaguardarsela!(7)

I "cacciatori barcaioli", infatti, sono tutti muniti di apparati radio-ricetrasmittenti (detti "C.B."), con i quali si tengono in contatto l'uno con l'altro con lo scopo di avvisarsi reciprocamente allorquando arrivi la vigilanza venatoria, in modo tale da non farsi cogliere sul fatto in atti di bracconaggio, che spesso vanno di pari passo con il loro "mestiere abusivo".(8)

In alcune località strategiche perché di passaggio obbligato per raggiungere gli appostamenti sia per le guardie venatorie che per i barcaioli, vi sono delle vere e proprie "vedette" che, munite di C.B., all'arrivo delle guardie, avvisano tutti i bracconieri di stare allerta. Una vera e propria "associazione a delinquere finalizzata al bracconaggio!"

I barcaioli, inoltre, quando terminano di accompagnare i clienti (di solito questi praticano l'attivitá venatoria dall'alba all'ora di pranzo), spesso vanno a caccia anche il pomeriggio, da soli, sino all'ora di chiusura della giornata venatoria, perché devono fare il più abbondante carniere possibile e riempire il freezer di casa. Si preparano, cioè, una scorta di selvaggina abbattuta che distribuiscono ai loro ospiti quando capita che questi ultimi non abbiano "incarnierato" alcun capo.

Andare a caccia, come del resto andare a pesca, vuol dire, infatti, fare anche i conti con la "fortuna"; a volte, cioè,può andarti bene, a volte invece non vedi passare neanche un uccello. Per questo motivo, quindi, per "mantenersi buono il cliente", gli esperti barcaioli del Delta non fanno mai tornare a casa a mani vuote "le loro fonti di reddito" (i cacciatori forestieri, infatti, per non fare brutte figure con le mogli e con gli amici, con i quali devono giustificare il senso delle lunghe levatacce all'alba, dei lunghi spostamenti, spesso con la nebbia, per raggiungere il Delta del Po Veneto e, non da ultimo il considerevole esborso di denaro per mantenere il loro hobby preferito, devono almeno portare qualcosa alle loro abitazioni! Questa è la logica imperante nel mondo venatorio!)

Il terrore di tornare alla propria dimora a mani vuote è un aspetto che accomuna i cacciatori del Delta al resto dell'universo venatorio. E' visto, infatti, come mancanza di virilità "il rientro al focolare domestico" con poche prede. A chi toccasse una sorte del genere verrebbe deriso nel bar dagli altri cacciatori ed il suo prestigio, anche come barcaiolo, verrebbe meno! Del resto, in molti ristoranti e locali del Delta vi sono in bella mostra fotografie che celebrano gli eccezionali massacri di anatre che questo o quel barcaiolo è stato in grado di fare.

E' fuori moda, da queste parti, lo stereotipo del cacciatore, celebrato dal mondo venatorio "sano", che va a caccia solo per fare una passeggiata con il cane e che se ne torna ugualmente felice a casa perché gli basta stare a contatto con la natura e saggiare l'abilità del proprio compagno a quattro zampe!

Non sempre, comunque, il mestiere del barcaiolo rende bene. Anni fa, infatti, capitò che un celebre barcaiolo di Pila, mentre stava trasportando con il suo natante, nella Laguna del Barbamarco, due clienti di vecchia data, non si accorgesse di un palo affiorante dal fondo della palude,che una ditta che stava facendo lavori di manutenzione nella laguna aveva lasciato scoperto e lo speronò con la chiglia procedendo a forte velocità. L'urto fece battere violentemente la testa ad uno dei due malcapitati ospiti, che si fratturò il rachide cervicale e dopo mesi di atroci sofferenze perse la vita. Ora questo barcaiolo trascorre i suoi giorni nelle aule dei tribunali ed oltre alla causa penale, sta fronteggiando anche quella civile (i familiari dello sfortunato cacciatore foraneo hanno chiesto un risarcimento di un miliardo e duecento milioni!)(9)

Per quanto riguarda i tipici atti di bracconaggio compiuti nel Delta del Po Veneto, essi sono del tutto diversi da quelli delle altre zone d'Italia tristemente famose per questi comportamenti (per esempio le Valli del Bresciano o lo stretto di Messina).

Qui non si usano quasi mai reti da uccellagione, né trappole, tagliole o archetti(10).

Il flagello, da queste parti, infatti, si chiama richiamo elettroacustico con amplificazione del suono(11), detto localmente "registratore" (perché tra i suoi componenti vi è una specie di audiocassetta nella quale sono registrati i canti degli uccelli), mezzo vietato di caccia, il cui uso è sanzionato penalmente, che quasi tutti i cacciatori del Delta non si dimenticano certo di portarsi al seguito.

Trattasi di un sofisticato e perfetto riproduttore del canto degli uccelli, il cui costo oscilla, a seconda dei modelli, dalle poche centinaia di mila lire a uno o più milioni, che viene alimentato da una batteria ed è collegato con uno o più potentissimi altoparlanti, muniti di trombe per direzionare il suono. Essi riescono a far avvicinare al tiro utile del fucile del cacciatore nascosto nell' appostamento, anatre distanti anche centinaia e centinaia di metri dallo stesso!

Il richiamo è dotato di un selettore che permette di spostare la testina del riproduttore sul canto desiderato. Vi sono molti tipi di cassette: di Anatidi, di Passeriformi ed anche di specie protette e, di solito, ciascuna riproduce una decina di canti.

Un potenziometro permette di regolare l'intensità del suono. Quando il bracconiere vede da lontano uno stormo di anatre, per esempio fischioni, che può riconoscere anche dal volo, direziona l'altoparlante verso di loro, posiziona il selettore sul canto dei fischioni (può infatti avere a disposizione nella stessa cassetta anche il canto dei germani o delle canapiglia), regola il volume ed il gioco è fatto!

Sono facilmente occultabili e difficilmente si riesce a trovarli addosso ai cacciatori o in funzione. Infatti li nascondono in un doppiofondo dell'appostamento, all'interno di un contenitore a tenuta stagna che gettano in acqua all'arrivo della vigilanza (a volte li gettano in acqua anche senza contenitori, preferendo perdere il valore materiale dell'oggetto che trovarsi nei guai con la legge); alcuni, i più ingegnosi, hanno ricavato speciali alloggiamenti nei natanti, o addirittura nei serbatoi della benzina dei motori fuoribordo.

La tecnologia, purtroppo, aiuta i bracconieri più astuti; infatti esistono in commercio richiami che al posto dell'audiocassetta usano un mini cd, nel quale sono registrati molti più canti di quelli delle tradizionali cassette, e non c'è più bisogno, quindi, di cambiare nastro a seconda del tipo di caccia praticato.

Altri sono dotati di un telecomando, ancora più piccolo e più facilmente occultabile, e funzionano senza fili, in maniera da dare ancora meno nell'occhio nel corso di un eventuale controllo (spesso, infatti, i fili elettrici che collegano la batteria o gli altoparlanti al richiamo sono le prime cose che lo fanno scoprire).

E' veramente sconcertante sentire i "concerti" che si eseguono nelle lagune del Delta nelle giornate di caccia: sembra di essere in discoteca, solo che invece della musica "rave" si odono germani, codoni, moriglioni, morette!

Altro fenomeno preoccupante è l'uso dei fucili a più di tre colpi (trattasi di reato), anche questa consuetudine barbarica tipicamente deltizia(12).

L'esercizio venatorio nel Delta del Po Veneto può essere praticato con fucili con canna ad anima liscia con calibro non superiore al dodici, a non più di tre colpi (non essendovi ungulati e cinghiali, infatti, non si possono usare le carabine con canna rigata). Il modello di fucile denominato "doppietta", ovviamente, consente il caricamento massimo di due colpi, anche il modello "sovrapposto" (che in pratica è come una doppietta, solo che le due canne, invece di essere posizionate orizzontalmente sono disposte verticalmente) permette di caricare al massimo due colpi. Il modello denominato "semiautomatico" consente di caricare l'arma con tre colpi: uno in canna e due nel serbatoio, ed è il massimo numero consentito.

Una facile operazione, che tutti possono eseguire (e che velocemente può essere fatta al contrario, ripristinando il fucile al suo corretto assetto originario all'arrivo della vigilanza), consiste nel togliere una parte del fucile, denominata riduttore del numero dei colpi (localmente "fermo"), e permettere di caricare e quindi di sparare in successione, fino a sei, sette o addirittura nove colpi, a seconda della marca del fucile.

E' frequente, nel Delta, sentire infatti "raffiche" con colpi superiori ai tre partire dallo stesso fucile e si può facilmente comprendere quanto siano distruttive armi del genere! Esse, infatti, non danno scampo agli uccelli, già penalizzati dalle ampie "rosate" che i fucili con canna ad anima liscia e munizione spezzata possono fare (consentono anche a chi ha "poca mira" di andare facilmente a bersaglio); figurarsi quante più possibilità ha quel cacciatore che non può definirsi un cecchino, se sbagliando il primo colpo può rifarsi con il secondo, il terzo e l'ennesimo:...prima o poi lo prende quel povero uccello!

Altro fenomeno preoccupante è l'abbattimento di specie protette(13). E' molto difficile cogliere sul fatto dei bracconieri con specie protette nel loro carniere, vuoi perché, a causa della conformazione molto piatta del territorio agro-silvo-pastorale è possibile per i cacciatori di frodo scorgere da lontano l'arrivo dell'imbarcazione della vigilanza, vuoi perché, come già detto, essi vengono avvisati dalle radio-ricetrasmittenti del sopraggiungere di "intrusi". Essi fanno in tempo a liberarsi della presenza compromettente dell'animale protetto (sanno benissimo che l'abbattimento di specie protette è uno dei reati più gravi previsti dalla legge sulla caccia).

Nel corso dei vari servizi di vigilanza, però, una volta è capitato di trovare un cacciatore che aveva abbattuto una volpoca; in un'altra occasione, invece, un altro che aveva ucciso un chiurlo.

Nel corso di altri controlli, a carico di ignoti, è stato denunciato l'abbattimento di mignattini, pantane, gabbiani e cormorani. Questi ultimi vengono uccisi in continuità, solo per il gusto di farlo e perché sono reputati uccelli ittiofagi che causano danni ai vallicoltori.

A riprova del fenomeno, inoltre, vi è il continuo rinvenimento di rapaci feriti che vengono consegnati alla sede del W.W.F. Rodigino.

Questo aspetto, che ad una prima analisi potrebbe sembrare marginale, è in realtà più esteso di quanto questi episodi isolati possano far pensare.Lo si scoprì il 19.01.'97, quando, nel corso di un’imponente operazione alla quale parteciparono le guardie del W.W.F. della Sezione di Rovigo e della L.I.P.U. di Adria, unitamente ai Carabinieri di Porto Tolle, al Comando Operativo del Corpo Forestale dello Stato di Padova ed alla Stazione del Corpo Forestale di Adria, venne scoperto un traffico nazionale di specie protette, il cui "collettore" era un bracconiere di Porto Viro, il quale fu anche arrestato in quella circostanza.

Venne infatti trovato in possesso di fucili da caccia, pur essendo privo della prescritta licenza; inoltre nella sua autovettura venne rinvenuta una carabina con cannocchiale e silenziatore (l'arma del bracconiere di professione), oltre a reti da uccellagione, un machete ed altre armi da taglio. La cosa più sorprendente, però, fu il deposito di animali protetti, pronti per essere imbalsamati e successivamente venduti, rinvenuti nell'enorme freezer della sua abitazione!

Ha veramente dell'incredibile quello che venne trovato: 373 animali da imbalsamare, tra cui anche mammiferi e ben 290 specie protette (per citarne solo alcune, le più eclatanti,: 5 aironi cenerini, 2 aironi bianchi maggiori, 5 aironi rossi, un'albanella reale, un allocco, 2 avocette, 2 beccacce di mare, 3 cavalieri d'Italia, 5 falchi cuculi, 8 gheppi, 7 gruccioni, 2 gufi comuni, 6 picchi rossi maggiori, 4 poiane, 10 sparvieri, un tarabuso, 4 upupe, uno zigolo di Lapponia, ecc., ecc.!); inoltre era in possesso di un catalogo fotografico con un campionario delle preparazioni tassidermiche che egli era in grado di preparare (il suo "biglietto da visita" per i suoi clienti!): vi erano persino delle aquile reali imbalsamate!(14)

I trofei di caccia hanno un mercato di appassionati disposti a sborsare dalle poche decine di migliaia di lire (per gli uccelli più piccoli), alle centinaia e forse più (per quelli più grandi e più rischiosi da imbalsamare). E' necessario precisare, inoltre, che nel Delta del Po Veneto non vi sono tassidermisti regolarmente in possesso di licenza, ma molti praticano tale disciplina in nero, privi delle prescritte autorizzazioni.

Dall'agendina telefonica trovata in possesso del bracconiere-tassidermista, dai numeri di telefono e dagli indirizzi dei fornitori in essa riportati (ovviamente non avrebbe potuto da solo avere abbattuto tutti quegli animali, anche perché alcuni non si trovano nel Delta), sono scattate altre perquisizioni in altri paesi del Delta e della Provincia di Rovigo ed inoltre in Emilia Romagna, Friuli, ecc., che hanno permesso di scoprire altri tassidermisti abusivi e di sequestrare ulteriori incredibili quantità di specie protette. Anche, questa storia, purtroppo, ha potuto mettere in evidenza il fatto che la caccia, nel Delta del Po Veneto è una fonte di reddito, illegittima, ma molto remunerativa.

Sono stati riscontrati anche casi di uso di esche avvelenate (15)e di abbattimento di cani da caccia non idonei all'uso venatorio(16), atti inqualificabili documentati anche da alcuni articoli di giornale.

Non meno grave degli altri aspetti del bracconaggio sinora esaminati è l'esercizio dell'attività venatoria nelle zone in cui essa è vietata da norme provinciali (oasi di protezione e zone di ripopolamento e cattura), regionali (parco naturale regionale del delta del Po) (17) o statali (riserve naturali delle bocche di Po). Tale consuetudine, che costituisce reato, spesso si accompagna alla sistematica rimozione delle tabelle perimetrali indicanti il divieto di caccia (che, quando non sono portate via, molto spesso i bracconieri usano per fare il "tiro al bersaglio") con conseguente commissione del reato di danneggiamento(18).

Molti milioni vengono così sprecati dalle varie amministrazioni che gestiscono le aree protette per ritabellare ogni volta le stesse aree. Il fenomeno è talmente frequente che si registrano casi di asportazioni totali di tabelle messe soltanto il giorno prima dagli organi preposti! Vengono rimosse sia in segno di "sfida" nei confronti delle istituzioni che vogliono loro ridurre il territorio di caccia (il tiro al bersaglio alle tabelle è emblematico di tale atteggiamento), sia perché, nel caso in cui vengano sorpresi ad esercitare l'attività venatoria in queste zone protette, possano addurre a scriminante del loro comportamento la mancanza delle stesse, in modo da invocare la scusante della loro buona fede in sede di processo penale.

Ad ogni modo, il rischio di essere sorpresi a rimuovere le tabelle è minimo, perché la loro sparizione avviene di solito di notte, in zone già di per se poco frequentate e poco vigilate dagli organi preposti.

Altro aspetto caratteristico, nel Delta del Po Veneto, è l'allestimento di appostamenti abusivi (19). Come detto in precedenza, gli appostamenti sono di proprietà della Provincia, che ne permette la costruzione previa richiesta delle previste autorizzazioni, essendo il territorio lagunare e vallivo del Delta del Po Veneto ricadente sotto il vincolo ambientale previsto dalla legge Galasso e sotto la competenza territoriale della Capitaneria di Porto di Chioggia.

Alcuni bracconieri, però, se ne costruiscono ex novo da soli, infischiandosene delle autorizzazioni e violando quindi le norme di legge che regolamentano la materia. Trattasi, naturalmente, anche in questo caso, di reati.

Spesso associato all'allestimento di appostamenti abusivi è la costruzione di sbarramenti abusivi, che chiudono l'accesso alle postazioni stesse, che vengono eretti per evitare che la vigilanza o altri cacciatori vadano a mettere il naso nell'appostamento e nel territorio demaniale di cui alcuni "furboni" si vogliono appropriare considerandolo e gestendolo come se fosse loro, come se si trattasse di un'azienda faunistico-venatoria in miniatura!

Gli sbarramenti vengono approntati di solito nei "paradeli" (i piccoli canali naturali che attraversano i canneti delle zone paludose), sono fatti con palizzate, a volte con i soliti massi presi dagli argini del Po, oppure con tubi e reti metalliche. Sono strutturati, inoltre, in modo da poter permettere il passaggio dell'acqua durante l'escursione della marea.

I preparatori degli sbarramenti-fruitori degli appostamenti abusivi, dispongono di due barche: una è quella canonica da cacciatori, impiegata per raggiungere lo sbarramento, l'altra è più piccola, a remi, posizionata oltre l'ostacolo artificiale. Quest'ultima permette di recarsi all'appostamento abusivo. E' difficile che la vigilanza venatoria provinciale disponga di altrettanti mezzi idonei per giungere sul posto e quindi i suddetti bracconieri possono tranquillamente cacciare di frodo!

Naturalmente anche questo tipo di comportamento costituisce un reato, così come lo è (è successa pure questa!), il disboscamento e l'allagamento di territori demaniali per crearvi dei nuovi "laghetti" per la caccia(20). Alcuni hanno fatto dei veri e propri "lavori idraulici" non autorizzati solo per costruirsi un appostamento abusivo!

Anche la caccia sparando da natanti è uno dei reati che più di frequente viene commesso nel Delta del Po Veneto. A volte, infatti, può capitare che gli appostamenti fissi siano tutti occupati, o lo siano quelli più prestigiosi; allora i seguaci di Nembrotte, per non rinunciare al loro "sport" preferito, durante quel giorno, con qualche cannuccia di palude, qualche frasca e qualche palo, allestiscono alla buona un appostamento temporaneo usando la barca come basamento.

Il reato, inoltre, può sostanziarsi anche con il natante in movimento, magari quando il cacciatore sta spostandosi a motore per raccogliere dei capi abbattuti nelle vicinanze dell'appostamento e gli passano a tiro di fucile degli uccelli.

Anche la caccia in periodo di chiusura generale (21)è una violazione penale in cui ci si può imbattere con frequenza ed è rivolta soprattutto alla marzaiola. La caccia viene sospesa a gennaio; però a marzo giungono le marzaiole (come giustamente dice il nome), le eleganti anatre dal canto caratteristico. Quale occasione migliore, quindi, per i bracconieri del Delta, soprattutto di notte e con la luna piena, per portarsi in barca un fucile di piccolo calibro (come, per esempio, un cal. 20) per fare il meno rumore possibile durante lo sparo, ed incarnierare questo malcapitato pennuto? Eh, si, egli avrebbe, per il periodo in cui effettua il passo, la fortuna, anche se cacciabile, di transitare in periodo di caccia chiusa; però, perché rinunciare ad un uccello a cui sulla carta (ossia sul calendario venatorio regionale) si avrebbe diritto solo per un "insignificante dettaglio sulle date"? Spiegata, quindi, anche la motivazione di questa poco edificante tradizione di bracconaggio tipicamente deltizia.

Sempre in riferimento alla caccia in periodo di divieto generale, è capitato di sorprendere cacciatori in esercizio dell'attività venatoria quando essa, per particolari calamità climatiche (per esempio durante freddi particolarmente intensi) era stata chiusa a seguito di specifica ordinanza del Presidente della Regione (che ha facoltà di prendere tali decisioni quando sia necessario). Trattasi di reato, equivalente in tutto e per tutto all'esercizio dell'attività venatoria in periodo di chiusura generale.

Un altro reato che vi consuma spesso è il maltrattamento degli animali, contemplato dall'art. 727 del codice penale, così come è stato modificato dalla L. 473/'93. Esso è connesso con l'impiego in forma vietata dei richiami e la detenzione in condizioni incompatibili con la loro natura(22).

L'uso di richiami vivi per la caccia è consentito dalla legge quadro sulla caccia e dalla legge regionale. Ne è vietato, però, il loro impiego in qualità di zimbelli, cioè legati in qualsiasi modo, per le ali, per la coda, ma anche con ogni tipo di imbracatura, in quanto l'animale è impedito nei suoi naturali movimenti e non può più mantenere il suo assetto naturale. Viene, così, detenuto in condizioni incompatibili con la sua natura ed in questo si sostanzia il reato. Molte sono le sentenze di condanna in proposito, sia dei giudici di merito (Pretori), che dei giudici di legittimità (della Suprema Corte di Cassazione), oltre, naturalmente, alle varie direttive emanate sull'argomento dalle Procure d'Italia.

Nel Delta del Po Veneto, però, diversi sono i modi di utilizzazione dei richiami che portano alla trasgressione della legge.

Chi esercita la caccia dagli appostamenti in territorio lagunare e vallivo usa le anatre come zimbelli e ne lega le zampe con delle cordicelle, che fissa mediante un peso al fondo delle paludi sulle quali vengono costrette a nuotare, tra gli stampi all'uopo posizionati nei pressi degli appostamenti. Le povere bestioline, quindi, si trovano costrette a muoversi in condizioni di estremo disagio e di difficile coordinazione motoria.

Alcuni si spingono oltre ed hanno la crudeltà, per far avvicinare meglio gli stormi di anatre all'appostamento, di far volare i loro richiami al sopraggiungere degli uccelli selvatici; naturalmente, per non perdere i loro preziosi richiami, gli legano le zampe con delle corde che fissano alla postazione. Si può facilmente immaginare quali possano essere le sofferenze alle quali vanno incontro i pennuti quando le funi giungono al termine della loro corsa!

I capannisti, invece, violano la legge perché detengono i richiami in gabbiette anguste, che impediscono loro di aprire almeno le ali (di solito trattasi di richiami appartenenti alle specie: allodola, e cesena). Le allodole, inoltre, subiscono anche la crudeltà di essere detenute in gabbiette con la parte superiore rigida (il tetto, invece, dovrebbe essere in tela), contro la quale, a causa del loro normale comportamento etologico (saltano continuamente verso l'alto), vanno costantemente a cozzare ferendosi il capo.

Anche i capannisti, inoltre, sono soliti utilizzare i loro richiami imbragati e legati con una corda nelle vicinanze dell'appostamento. I poveri uccelli ripetutamente si librano in volo e cadono al suolo!

Quanto sopra descritto è relativo all'impiego dei richiami durante la caccia, ma nel trasporto le cose possono andare anche peggio! E' capitato, infatti, di avere trovato dei cacciatori che trasportavano anatre da richiamo dentro sacchi di plastica (senza cibo, né acqua ed a contatto con i loro escrementi), oppure altri che trasferivano gabbiette occupate con sei richiami per ciascuna, collocandole addirittura sopra il tetto dell'auto!.          

Il perché di questi comportamenti? Solo per risparmiare spazio e denaro! Infatti, se i cacciatori si munissero delle gabbie idonee, che sono molto più grandi di quelle usate tradizionalmente, avrebbero bisogno di molto più spazio nei bagagliai delle loro auto, già stipati all'inverosimile con fucili, cartucce, capanni, attrezzature varie, viveri di conforto e cani. Tutti si dovrebbero munire almeno di un carrello appendice e ciò farebbe lievitare i costi già elevati per la normale pratica venatoria. Meglio fare stare un po' "scomodi" i pennuti!

Non sono esenti dal bracconaggio neanche i cacciatori che praticano la caccia in forma vagante (quelli classici che con i cani vanno a lepri ed a fagiani).

Tra le più frequenti violazioni commesse da questi, infatti, va registrata l'abitudine di cacciare vicino alle strade o alle case(23), di superare la quota giornaliera o stagionale di capi di selvaggina stanziale stabilita dal calendario venatorio regionale, di fare uso di più cani del numero consentito (due), di cacciare sulle superfici agricole coltivate a soia e riso, di cacciare a distanza inferiore a cento metri dalle macchine agricole in funzione e di cacciare a rastrello in più di tre persone (questi due ultimi comportamenti sono veramente brutali, perché i bracconieri che li attuano vanno ad infierire nei confronti dei poveri animali stanziali che, terrorizzati dal frastuono delle trebbiatrici e dal fatto che gli viene a mancare l'habitat che forniva loro nascondiglio e protezione, fuggono in preda al panico e passano dalla padella alla brace, in quanto vanno a finire tra le braccia dei loro spietati carnefici che li attendono al varco e scortano gli agricoltori circondando il loro mezzo di lavoro. Occorre anche precisare, però, che non mancano casi in cui siano gli stessi agricoltori-cacciatori a portarsi sulle trebbie il fucile, che tengono pronto all'uso. Trattasi, comunque, di violazioni solo amministrative.

Sempre in relazione ai comportamenti da stigmatizzare degli appassionati della caccia in forma vagante, occorre dire che alcuni di loro viaggiano sulle strade carrozzabili di campagna con il fucile carico al loro fianco e ciò è reato; così com’è reato investire volontariamente lepri e fagiani, usando l'auto come un mezzo di caccia.

Vi sono, infatti, delle strade di campagna che attraversano splendide oasi di protezione o zone di ripopolamento e cattura, ricche di fauna selvatica, che vengono battute giorno e notte da auto di bracconieri che, anche in periodo di caccia chiusa, riescono ad abbattere lepri e fagiani mettendoli sotto con la macchina.

Due sono le violazioni che accomunano capannisti, cacciatori del territorio lagunare e vallivo e patiti della vagante: il mancato recupero dei bossoli, che vengono lasciati sistematicamente sul terreno, e la mancata annotazione sul tesserino regionale dei capi abbattuti o della giornata di caccia effettuata.

Sono tutte violazioni amministrative, quindi "veniali". Per quanto riguarda la prima, essa fa parte dell'inciviltà che accomuna anche i cittadini che non sono seguaci di Diana, ossia la cattiva abitudine di inquinare e di non gettare i rifiuti negli appositi contenitori. Per quanto riguarda la seconda, essa trova giustificazione, più che per la pigrizia di scrivere sul tesserino regionale ciò che è previsto, per la paura di superare le giornate di caccia consentite (per quanto riguarda la mancata annotazione del giorno) o il numero di abbattimenti giornalieri consentiti.

Per esempio, supponiamo di trovarci nei mesi di dicembre o di gennaio, nei quali il cacciatore ha a disposizione "solo" tre uscite la settimana e supponiamo che abbia pianificato di andare a caccia lunedì (si inizia dal lunedì il computo dei tre giorni che, elettivamente, uno può decidere di impiegare per la caccia), mercoledì e giovedì, esauren­do, quindi, le possibilità di scelta per quella settimana. Ipotizziamo, inoltre, che un amico lo venga a trovare per il week-end e gli proponga di andare a caccia, egli non potrebbe più farlo, proprio perché avrebbe esaurito i giorni a sua disposizione! Ecco, questa è una delle situazioni "tipo" che induce i cacciatori a non annotare l'uscita sui tesserini regionali!

Per quanto riguarda la spiegazione della mancata annota­zione dei capi abbattuti (che, secondo la norma, dovrebbe essere fatta immediatamente, al loro recupero) essa si giustifica con "l'ingordigia" di fare il maggior numero di prede possibili. Per esempio, se il calendario venatorio prescrive, supponiamo, che il numero di capi di selvaggina migratoria giornalieri che è possibile abbattere è di 25, ed il totale dell'intera stagione è di 600, cosa fa quel bravo e "fortunato" cacciatore ligio al dovere, che ha sempre segnato regolar­mente tutti i suoi capi, ed in breve tempo ha superato la sua quota? Dovrebbe tornare a casa quando magari ha la sorte di essersi imbattuto in "una giornata storica" e sta facendo una quantità incredibile di abbattimenti? Giammai uno rinuncerebbe a continuare una caccia così redditizia! E' preferibile, quindi, segnare molto meno di quello che si è effettivamente abbattuto, o meglio, non annotare per niente i capi incarnierati! Tanto, in ogni caso, se uno vede arrivare la vigilanza, ha tutto il tempo di scrivere il numero corretto sul tesserino!

Dai dati assunti nel corso di molti anni di lavoro statistico effettuato dalla Sezione W.W.F. di Rovigo sui tesserini lagunari-vallivi del Polesine Orientale (che, in base ai dettami della legge regionale sulla caccia, devono essere consegnati dai loro possessori alla Provincia entro il 31 marzo di ogni anno) e dai registri dei concessionari delle aziende lagunari e vallive, risulta che la media degli abbattimenti di fauna selvatica ornitica èdell'ordine delle 30.­000-39.000 unità l’anno! Visto quanto appena detto,è difficile quantificare effettivamente tale numero. Forse la cifra più rispondente al vero potrebbe essere di 50.000 uccelli abbattuti ogni anno. Una vera ecatombe!

Per concludere l'elenco degli atti tipicamente da bracconaggio, occorre dire che molti cacciatori del Delta, specialmente quelli che abitano in campagna, per "passare il tempo" sparano a passeri, merli, storni e tortore dal collare, con la carabina ad aria compressa. E' superfluo dire che ciò costituisce reato, sia perché essa è un'arma vietata per la caccia, sia perché ciò avviene anche in periodo di caccia chiusa, ed infine perché vengono abbattute anche specie protette (come la tortora dal collare ed attualmen­te anche i passeri e gli storni).

Un nuovo reato commesso nel Delta, da quando è stato istituito il Parco, è quello della violazione alla norma della L. 394/'91, la legge quadro sui parchi, che vieta l'introduzione di armi nel Parco (24). La caccia all'interno del Parco, infatti, è fattispecie diversa dall'introduzione di armi. La prima, difatti, si riferisce ad ogni atto diretto all'abbattimento o alla cattura della fauna selvatica che si verifichi all'interno dei confini del Parco; mentre la seconda è relativa al solo "pericolo" che l'introduzione dell'arma può causare (a prescindere dal suo effettivo uso), essendo vietata, per l'appunto, in tutti i parchi,l'introduzione di ogni mezzo di distruzione.

Poiché, però, i locali cacciatori non vogliono rinunciare all'abitudine di recarsi nei territori in cui è consentita la caccia senza fare la "fatica" di allungare la strada a causa dei nuovi divieti imposti dalla legge che ha istituito il Parco, spesso vengono sorpresi con armi al seguito all'interno del perimetro del Parco mentre stanno recandosi negli appostamenti ubicati in territorio libero.

Altre violazioni commesse dal "popolo tutto dei cacciatori" sono i reati sulle armi (25). I più frequenti sono il porto abusivo di arma da fuoco. Non esiste il reato di caccia senza licenza e, quando si trova qualcuno che sta praticando l'esercizio venatorio senza licenza, si ravvisa a suo carico proprio il reato di porto abusivo di arma da fuoco (che è particolarmente grave).

A braccetto con questa violazione penale va quella di affidamento di arma a persona non in possesso del previsto titolo di polizia (di solito, per esempio, capita che un genitore si porti il figlio a caccia, gli dia uno dei suoi fucili e lui si trovi nelle vicinanze con un altro fucile: il padre commette il reato di affidamento di armi a persona imperita nell'uso delle stesse, mentre il figlio quello di porto abusivo di arma da fuoco).

Altro reato sulle armi è quello dell'omessa custodia di armi, o di custodia senza le prescritte norme di sicurezza. Il caso più frequente è quello della dimenticanza di un fucile in auto. A volte è capitato di trovare addirittura l'auto aperta con il fucile a bordo, mentre il suo proprietario si trovava in un appostamento molti chilometri più lontano! E' successo, vieppiù che, presi dal panico, alcuni cacciatori colti di sorpresa nella caccia di frodo, abbiano gettato in acqua i loro fucili, carichi, non sapendo più che pesci pigliare!

Inoltre,occorre ricordare il reato di rifiuto di farsi identificare, l'oltraggio, la violenza e la resistenza a pubblico ufficiale(26). Questi comportamenti sono attuati, purtroppo, soprattutto nei confronti delle guardie venatorie volontarie delle associazioni ambientaliste che nella maggior parte dei casi non sono armate durante l'effettuazione del loro servizio.

Esse, infatti, sono le più odiate, le più determinate e le più "snobbate" dai cacciatori del Delta, i quali, per indole già poco propensi al rispetto delle regole, odiano dover sottostare all'autorità dei sopramenzionati volontari, che, per la legge, invece, sono pubblici ufficiali a tutti gli effetti!

Alcune violazioni amministrative ugualmente tipicamente deltizie, relative ad altre leggi, connesse comunque sempre con l'esercizio dell'attività venatoria, sono: l'uso di carrelli non omologati per il trasporto delle imbarcazioni da caccia (per non spendere soldi e comperarsi i rimorchi idonei, se li costruiscono in casa: rischiano il sequestro del mezzo abusivo ed una contravvenzione di più di mezzo milione) e l'uso di apparati radio-ricetrasmittenti senza licenza (i famosi C.B. adoperati dalle vedette: chi viene sorpreso, oltre al sequestro della radio, rischia una contravvenzione amministrativa di quattro milioni!)


NOTE:

(1)"definizione di bracconaggio"

<<Come bracconaggio intendiamo ogni atto di caccia illegale e cioè esercitata in violazione delle leggi in materia …>>. Definizione di Maurizio Santoloci, vicepresidente del W.W.F. Italia, nonché Giudice in Terni ed Amelia (Umbria), a pagina 115 del libro “Il tuo ambiente: cosa fare per difenderlo”. Precisazione doverosa, perché “bracconiere e bracconaggio” non significano  “mafioso e mafia”, “camorrista e camorra”, “stupratore e stupro” (vocaboli senza ombra di dubbio spregiativi), ma potrebbero avere la stessa valenza di  "contravventore al codice della strada e contravvenire al codice della strada".

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(2)"dati stagione venatoria 98/99"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 16.2.1999: <<Stagione venatoria. Gli ambientalisti chiedono più interventi alla Provincia. Un'ecatombe di doppiette. Su 26 cacciatori controllati, ben 25 sono stati multati o denunciati da L.I.P.U. e W.W.F.>>. Su 26 cacciatori controllati alle foci del Po, 25 sono stati denunciati o, alla meno peggio, hanno subìto una contravvenzione.E' il risultato dell'attività di vigilanza venatoria volontaria nel Delta della L.I.P.U. di Adria e del W.W.F. di Rovigo effettuata nel corso della stagione di caccia appena conclusa. E considerando che si tratta di un servizio del tutto episodico e di guardie ambientaliste che nei ritagli di tempo, a loro spese e con mezzi propri, vigilano sul territorio polesano fruendo del solo ausilio delle forze di polizia (Commissariato e Carabinieri di Porto Tolle), ci si domanda quale estensione abbia in realtà il fenomeno.I numeri stupiscono ancora di più: in soli otto servizi, vale a dire uscite dei vigili volontari, sono stati controllati 26 cacciatori, cui sono state comminate sette contravvenzioni, otto denunce per reati venatori (quattro per caccia nel Parco, tre per uso di richiami proibiti e una per caccia in giorno di divieto assoluto); dieci sono stati denunciati per reati non venatori (si va dal porto abusivo d'arma da fuoco, alla omessa custodia di armi, ma c'è stato chi non si è fatto identificare o si è macchiato di resistenza a pubblico ufficiale o ha introdotto armi nel Parco); infine sono stati sequestrati un fucile, due richiami elettroacustici (registratori), tre anatre abbattute, 199 "stampi" (riproduzioni di anatre in plastica) e addirittura una barca.Il circostanziato bilancio di L.I.P.U. e W.W.F. prende in esame anche le consuetudini venatorie della zona deltizia stigmatizzando comportamenti che a parere degli ambientalisti polesani, ben poco hanno a che fare con una moderna coscienza venatoria. <<Alcuni cacciatori di Pila e Boccasette continuano a fare i barcaioli abusivi. Per lucro - spiegano i vigili volontari - accompagnano "colleghi" foranei senza permesso d'ospite, che usano richiami elettroacustici e che sparano con fucili modificati per far fuoco con più di tre colpi>>.Il guadagno non è proprio una mancia: si parla di decine di milioni a stagione, completamente in nero. <<E' una categoria che scredita i cacciatori regolari che cacciano per hobby. Sul fenomeno può far poco perfino l'impotente comitato direttivo dell'Ambito di Caccia 4A3 - Delta del Po. Anche la zona del Parco del Delta è nel mirino di questo bracconaggio. Qualche risultato nel contrastare tale attività illegale lo si è ottenuto nel Po di Maistra, ma all'isola della Batteria, nel Burcio e Panarin si prosegue come prima>>.<<Una mano la potrebbe dare la Provincia - concludono i volontari W.W.F. e L.I.P.U. - che potrebbe inviare del personale che distruggesse con una motosega tutte le postazioni abusive della zona>>.

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(3)"il bracconaggio è incorporato nel codice genetico delle genti del Delta"

Trattasi, ovviamente, di “un’iperbole”, ossia di una particolare figura retorica.

E’ noto, infatti, che solo da poco gli studiosi di ingegneria genetica sono riusciti a codificare le migliaia di geni che formano il nostro patrimonio genetico. Per certo so che troveranno quelli che codificano il carattere “occhi verdi”, oppure “capelli neri”, purtroppo anche “diabete mellito” , ma senz’altro non troveranno “quello del bracconaggio”! E’ lapalissiano!

Affermare, infatti, che “una tal cosa è nei geni di qualcuno” (o nel suo D.N.A, acronimo di DeoxyriboNucleic Acid, l’insieme dei “mattoni” che formano il codice genetico) è un modo di dire “moderno”. Se noi consultiamo, infatti, i vocabolari più aggiornati, magari quelli che contengono anche molti termini scientifici, per esempio “Lo Zingarelli”, alla voce D.N.A., seconda accezione, troviamo: <<(fig.) Matrice ideologica e culturale. Es. il D.N.A. di un partito, di un’azienda>>.

Nelle pagine 13-14 del periodico “Il Forestale, bimestrale di cultura ambientale”, numero 3 settembre/ottobre 2000, in un articolo intitolato “Operazione pettirosso” (nel quale si parla del bracconaggio nelle “Valli del bresciano”, ossia dei tristemente famosi archetti impiegati per catturare i piccoli Passeriformi per venderli poi alle trattorie che fanno il tipico piatto della “polenta e osei”), è scritto, ibidem,: <<…Il bracconaggio è legato alla pratica di tecniche di caccia minore di cui la storia e la letteratura parlano scarsamente, ma che sono rimaste nella memoria genetica delle popolazioni rurali…>>.

Il giornalista Giorgio Roggero, a pagina 42 nel numero 64 di “Oasis” del Gennaio/Febbraio 1992, nella terza parte dello “Speciale dedicato al Delta del Po”, scrive, ibidem,: <<…Niente di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire, in una terra dove le leggi sembrano avere gli stessi confini indefiniti delle lagune dove da sempre il bracconaggio è un mestiere abituale…>>.

Bruno Pirani , a pagina 27 del libro “La Boje” e le lotte contadine in Polesine , scrive, ibidem,: <<…Molta di  questa popolazione del Delta, che vive in parte di caccia e di pesca per sopravvivere si trasforma in squadre di bracconieri e pescatori di frodo…>>.

Sandro Zanzotto, a pagina 68  del libro “Per il grande parco naturale del delta”, edito da “Il gelone”, Abano, 1973, scrive (nel capitolo “Osservazioni su alcune vicende etno-antropologiche del Delta”), ibidem,: <<…I resti delle antiche popolazioni (del Delta, n.d.r.) che vivevano nella antica cultura senza il diritto di proprietà e nell’istituto del vagantivo (tradizione  vigente nel Delta, sin dal feudalesimo, che consentiva alla popolazione  di vivere di quello che la palude produceva, ossia di canna di palude, pesce ed uccelli; n.d.r.) si trovarono ad essere ladri, bracconieri, delinquenti…>>.

Gianluigi Ceruti, a pagina 17 del libro “Il Delta del Po natura e civiltà” (autori vari), Sigmum edizioni, 1983, scrive, ibidem,: <<…nei secoli, la vita di queste acque e di queste terre (del Delta del Po, n.d.r.) si è intessuta delle vicende, volta a volta, dei Veneti,…(omissis)…e, in chiave meno aulica e più dimessa, delle “imprese” erratiche dei cacciatori e pescatori di frodo, dei banditi, dei contrabbandieri…>>.

Ariosto Degan, a pagina 238 dello stesso libro, scrive, ibidem,: <<…Di queste antiche tradizioni di uso promiscuo dei prodotti spontanei degli incolti e delle valli (vedasi quanto già detto a proposito del vagantivo, n.d.r.), qualcosa è rimasto, specie nella mentalità delle popolazioni locali  (del Delta, n.d.r.), tanto che ancora oggi sopravvive, più o meno inconsciamente, l’abitudine  a considerare tali prodotti (ad esempio, il pescato nelle valli, oggi di proprietà privata) , suscettibili a qualsiasi forma di appropriazione! Così  anche una certa abitudine , ormai sporadica, al bracconaggio e al contrabbando, specie nelle aree più isolate e “naturali” del Delta…>>.

Virgilio Scapin, a pagina 8 del libro di Giovanni Capnist, “La cucina polesana” , scrive, ibidem,: <<…Di lì a poco (si riferisce al 500, n.d.r.) sarà introdotta anche la cultura maidica, e quest’ultimo cereale diventerà la base pertanto della dieta del bracciante polesano, che ora ha maggiore possibilità di diventare fittavolo, oltre che contrabbandiere, essendo bracconiere da sempre>>.

Antonella Tomasin, a pagina 168 del libro “L’ipotesi di Parco del Delta del Po – Materiali di Analisi – Quaderni della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo” scrive, ibidem,: <<…(sta parlando della caccia nel Delta, n.d.r.)…Secondo quanto riportato nella Carta delle Vocazioni Faunistiche del Veneto, “mancano altresì controlli che siano in grado di limitare il bracconaggio e il prelievo venatorio è indiscriminato” (Regione Veneto “Carta delle Vocazioni Faunistiche del Veneto”, 1985, p. 382) …>>.

Giuseppe Marangoni, a pagina 19 del libro “Polesine Delta del Po, C.T.G. “Turismo e cultura” Editore (1987), scrive, ibidem,: <<…Il Delta è stato terra di antiche e contrastate dominazioni, dai Veneti ai Greci, agli Etruschi, ai Galli, ai Romani, ai Bizantini, ai Longobardi, ai Veneziani, agli Estensi, ai Legati pontifici. Terra di mestieri liberi, o meglio modi di sopravvivenza, come il vagantivo, la pesca, la caccia, la pastorizia, ma anche il bracconaggio, il banditismo, il contrabbando. Abitanti sulla cui sedimentata mentalità “franca” difficilmente si adattano le formalità è i burocratismi dell’odierna società…>>.

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(4)"miseria, analfabetismo, fame, pellagra, inondazioni, contrabbandieri e pescatori di frodo"

Bruno Pirani , a pagina 17 del  libro “La Boje” e le lotte contadine in Polesine, scrive, ibidem,: <<…Abitano (le “genti del Delta”, n.d.r.) in capanne fatte con la canna, non esiste assistenza sanitaria, l’alimentazione è insufficiente, l’acqua del Po e dei fossi viene usata per far da mangiare ed anche per bere. E’ una condizione miserevole dove la vita e la morte non hanno sostanziale differenza…>>; più oltre, a pagina 20, ibidem,: <<…La malaria e la pellagra infieriscono sulla popolazione più misera…>>.

Gianluigi Ceruti, nel risguardo del libro “Il Delta del Po natura e civiltà” (autori vari), Sigmum edizioni, 1983 , scrive, ibidem,: <<E’ diffusa la tendenza ad associare al Delta del Po le immagini e i racconti delle sue passate sventure: le alluvioni, le mareggiate, la malaria (che anche a Dante Alighieri fu fatale), le dure condizioni di vita delle popolazioni…>>; a pagina 17 dello stesso libro, è riportata la (già citata a proposito del bracconaggio) frase, ibidem,: <<…nei secoli, la vita di queste acque e di queste terre (del Delta del Po, n.d.r.) si è intessuta delle vicende, volta a volta, dei Veneti,…(omissis)…e, in chiave meno aulica e più dimessa, delle “imprese” erratiche dei cacciatori e pescatori di frodo, dei banditi, dei contrabbandieri…>>; a pagina 50 dello stesso libro, Piergiorgio Bassan, afferma, ibidem,: <<…restano drammatiche le condizioni delle popolazioni: nel Delta il pauperismo era una piaga antica quanto il territorio, come la malaria e la tubercolosi, la microcitemia e la pellagra. Gli abitanti in gran parte vivevano nei casoni e nei tuguri, sfruttando il privilegio, riservato ai poveri, di tagliare canne e stroppe…>>; a pagina 239 dello stesso libro, Ariosto Degan scrive, ibidem,: <<…Ma ciò che particolarmente distingueva i contadini-braccianti del Delta dagli altri erano le disagevoli e spesso disumane condizioni di vita e le difficili condizioni di abitabilità e di lavoro. I centri rurali poi erano spesso isolati gli uni dagli altri, perché privi di collegamenti, con la conseguente difficoltà di rapporti e di interscambi, causa non ultima dell’analfabetismo, qui di gran lunga più diffuso. Il resto lo faceva l’acqua non potabile e spesso insalubre e ancor più l’endemia malarica che ha tormentato molte aree paludose, acquitrinose o vallive, fino agli inizi del nostro secolo …>>.

Paolo Preto, a pagina 101 del libro “Il Delta del Po. Terra e gente aldilà dei monti di sabbia”, a cura di Marcello Zunica, “Rusconi immagini” scrive, ibidem,: <<…I villaggi del Delta (durante il dominio della Repubblica Veneta, n.d.r.) sono poveri e desolati, lontani dai centri più importanti del Polesine,…; le comunicazioni sono lente  e difficili, le strade spesso impraticabili, la vita grama e precaria…>>; a pagina 104, scrive, ibidem,: <<…Il contrabbando in particolare, qui (nel Delta, n.d.r.)…., è una vera e propria spina nel fianco dei rettori e degli altri magistrati veneti…vien fatto di pensare che tra i canali del Delta  una cospicua fetta della popolazione abbia trovato nel traffico clandestino  un’importante integrazione ai miseri guadagni dell’agricoltura e della pesca…>>;  a pagina 114 scrive,  ibidem,: <<…(siamo nella seconda metà dell’ottocento, n.d.r.)…Banditismo e brigantaggio dilagano, a conferma di un diffuso malessere sociale, e spesso i contadini si oppongono con la forza al tentativo dei grandi proprietari di estrometterli dal diritto di vagantivo (vedasi quanto già detto in precedenza sul “vagantivo”, n.d.r.) nelle valli in via di bonifica…>>; a pagina 116 scrive, ibidem, : <<…I Risultati dell’inchiesta istituita da Agostino Bertani sulle condizioni sanitarie dei lavoratori della terra in Italia, pubblicati a Roma nel 1890 da Mario Panizza, tracciano un quadro impietoso delle condizioni di vita delle genti del Polesine. Qualche notizia sui comuni del Delta: a Taglio di Po quasi tutte le case sono costruite con canne palustri; gravi epidemie di morbillo, febbri puerperali, eresipela colpiscono  Donada, Rosolina, Contarina, Loreo, Ariano, Corbola, Porto Tolle. La malaria infuria a  Contarina, Donada, Loreo, Rosolina, Corbola, Taglio di Po, Porto Tolle e ad Ariano, in particolare, quasi tutta la popolazione  <<nel colore giallo terreo e negli  stati frequenti di cachessia ne rivela la triste influenza>>. La pellagra, infine, in  misura più o meno forte, è presente ovunque…>>; a pagina 175, nel capitolo scritto da Camillo Semenzato (“il paesaggio artistico e letterario”), dove egli tratta  dei più grandi poeti dialettali veneti della prima metà del secolo scorso (Gino Piva e Livio Rizzi), è riportata la seguente poesia, scritta  da Livio Rizzi, che parla della vita dopo la  fine di un’alluvione. Essa è più pregnante ed emblematica di mille trattati di etnologia sulle “Genti del Delta”

Se ransignava l’aqua un fia’ par giorno

lassando al suto tera sora tera.

Parea  ch’el mar calesse e che nel fondo

el ghesse un buso che sorbisse tuto.

Vegneva a gala sabia e ancora sabia.

Tra un banco e l’altro l’aqua la moriva;

trionfava cane, le anze e la gramegna

fumara e vento el sole e la sorgagna.

Velezava a novembre  le sarsegne

de sora a’sto paese apena nato;

parea che lì ghesse scuminzio el mondo

un mondo fato d’erba d’aqua e cielo.

Ma un fià ala volta l’omo compariva.

Gera anca lu ‘na bestia come tante;

come  le bisse, come le senzale,

come la volpe, al pari del crocale.

E pianeto el drissava le so case.

Muri de cuora e coverti de cane;

case da gnente: ‘na camara in tuto

dove el magnava e a note el se cubiava

cola so femena onta e sgrendenà.

I fioi cresseva: in numaro e grandezza.

Zali e scunii, carghi de malaria

co’ panze sgionfe e ossi a fior de pele.

D’inverno qualchedun copava l’ocio.

‘Na busa alora in fianco de la casa

e un fia’ de tera solo un fia’ par sora.

Gente de vale, gente d’aqua e fango

rota a fadighe, senza lege e Dio

co’ te camini te te volti indrio

par vedare se to fiolo o to fradelo

te impianta nela vita el so cortelo

par robarte la dona e la casona.

Si ritirava l’acqua un po’ per giorno/ lasciando all’asciutto terra dopo terra. /Pareva che il mare calasse e che nel fondo /avesse un buco che sorbisse tutto. /Veniva a galla sabbia e ancora sabbia.  /Tra un banco e l’altro l’acqua moriva; /trionfavano canne, le bisce e la gramigna /nebbia e vento il sole e il sorgo. /Veleggiavano a novembre le alzavole /di sopra a questo paese appena nato;  /pareva che lì fosse cominciato il mondo /un mondo fatto di erba di acqua e di cielo. /Ma un po’ alla volta l’uomo compariva. /Era anche lui una bestia come tante; /come le bisce, come le zanzare,  /come la volpe, al pari del gabbiano. /E adagio erigeva le sue case. /Muri di limo e coperti di canne; /case da niente: una camera in tutto /dove mangiava e di notte si accoppiava  /con la sua donna unta e disfatta. /I figli crescevano: in numero e grandezza, /gialli e magri, carichi di malaria /con le pance rigonfie e le ossa a fior di pelle. /D’invero qualcuno moriva. /Una buca allora in fianco alla casa /e un po’ di terra, solo un po’ di sopra. /Gente di valle, gente di acqua e fango /rotta alle fatiche, senza legge e Dio /quando cammini ti volti indietro /per vedere se tuo figlio o tuo fratello /ti pianta nel fianco il suo coltello /per rubarti la donna o la casa di fango.

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(5)"barcaiolo"

Alle pagine 11 e 12 del periodico “Polesine Oggi”, nr. 7, Ottobre/Novembre 1992, dal titolo “Parco del Po interregionale: si o no?”c'è un'intervista al senatore del P.C.I. (ora esponente dei D.S. ed ex senatore,  membro dell’Ente Parco), Elios Andreini, sul problema: “parco si o parco no”. A proposito dei “barcaioli” egli sostiene, ibidem,: <<…(in relazione al problema della caccia, n.d.r.)...La verità è però (ed è amaro dirlo) che ci sono da difendere gli interessi dei vallicoltori che affittano le botti a professionisti di altre province per centinaia di milioni, mentre i paesani, “danneggiati” ed esentasse, sono spesso quei barcaioli che trasportano lontani principi…>>.

A pagina 484 del periodico “L’Universo”, Geografia, cartografia studi urbani, territoriali e ambientali, nr. 4, Luglio/Agosto 2000, speciale “Il parco del delta del Po: realtà, prospettive”, di Pierfrancesco Bellinello, è scritto, ibidem,: <<…il divieto …della caccia…comprometterebbe, poi, l’economia di altre numerose famiglie: molti cacciatori, infatti, si trasformano in barcaioli ed accompagnano  alle <<botti>> i seguaci di <<Diana>, che dalla Lombardia, dal Veneto, dall’Emilia Romagna e anche dal lontano Piemonte calano in Bassopolesine…per riempire i loro carnieri>>.

A pagina 167 del libro di Antonella Tomasin “L’ipotesi di Parco del Delta del Po – Materiali di Analisi – Quaderni della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo” , è scritto, ibidem,: <<…La caccia in valle e in laguna presuppone un servizio di accompagnamento del cacciatore nel suo appostamento, che viene generalmente garantito dai cosiddetti “barcaioli”, figure tipiche della sola area deltizia. Si tratta di un centinaio di persone, residenti in gran parte a Pila e Boccasette (comune di Porto Tolle), disposti ad accompagnare i cacciatori ai loro appostamenti fissi, dietro un compenso stimato sulle 50.000-100.000 lire per ogni uscita. Considerato che possono essere trasportati anche più cacciatori per volta e che ogni cacciatore può richiedere il servizio per un massimo di 55 giornate di caccia complessive, si può quantificare la rilevanza economica potenziale di tale attività…>>. A pagina 168, sostiene, ibidem,: <<…l’esercizio venatorio…è anche e soprattutto una notevole risorsa economica, che andrebbe annoverata a pieno titolo tra le attività produttive dell’area…>>.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 16.2.1999: <<Stagione venatoria. Gli ambientalisti chiedono più interventi alla Provincia. Un'ecatombe di doppiette. Su 26 cacciatori controllati, ben 25 sono stati multati o denunciati da L.I.P.U. e W.W.F.>>.Su 26 cacciatori controllati alle foci del Po, 25 sono stati denunciati o, alla meno peggio, hanno subìto una contravvenzione.E' il risultato dell'attività di vigilanza venatoria volontaria nel Delta della L.I.P.U. di Adria e del W.W.F. di Rovigo effettuata nel corso della stagione di caccia appena conclusa. E considerando che si tratta di un servizio del tutto episodico e di guardie ambientaliste che nei ritagli di tempo, a loro spese e con mezzi propri, vigilano sul territorio polesano fruendo del solo ausilio delle forze di polizia (Commissariato e Carabinieri di Porto Tolle), ci si domanda quale estensione abbia in realtà il fenomeno.I numeri stupiscono ancora di più: in soli otto servizi, vale a dire uscite dei vigili volontari, sono stati controllati 26 cacciatori, cui sono state comminate sette contravvenzioni, otto denunce per reati venatori (quattro per caccia nel Parco, tre per uso di richiami proibiti e una per caccia in giorno di divieto assoluto); dieci sono stati denunciati per reati non venatori (si va dal porto abusivo d'arma da fuoco, alla omessa custodia di armi, ma c'è stato chi non si è fatto identificare o si è macchiato di resistenza a pubblico ufficiale o ha introdotto armi nel Parco); infine sono stati sequestrati un fucile, due richiami elettroacustici (registratori), tre anatre abbattute, 199 "stampi" (riproduzioni di anatre in plastica) e addirittura una barca.Il circostanziato bilancio di L.I.P.U. e W.W.F. prende in esame anche le consuetudini venatorie della zona deltizia stigmatizzando comportamenti che a parere degli ambientalisti polesani, ben poco hanno a che fare con una moderna coscienza venatoria. <<Alcuni cacciatori di Pila e Boccasette continuano a fare i barcaioli abusivi. Per lucro - spiegano i vigili volontari - accompagnano "colleghi" foranei senza permesso d'ospite, che usano richiami elettroacustici e che sparano con fucili modificati per far fuoco con più di tre colpi>>.Il guadagno non è proprio una mancia: si parla di decine di milioni a stagione, completamente in nero. <<E' una categoria che scredita i cacciatori regolari che cacciano per hobby. Sul fenomeno può far poco perfino l'impotente comitato direttivo dell'Ambito di Caccia 4A3 - Delta del Po. Anche la zona del Parco del Delta è nel mirino di questo bracconaggio. Qualche risultato nel contrastare tale attività illegale lo si è ottenuto nel Po di Maistra, ma all'isola della Batteria, nel Burcio e Panarin si prosegue come prima>>.<<Una mano la potrebbe dare la Provincia - concludono i volontari W.W.F. e L.I.P.U. - che potrebbe inviare del personale che distruggesse con una motosega tutte le postazioni abusive della zona>>.

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(6)"botti in affitto"

A pagina 275 del libro di Antonella Tomasin “L’ipotesi di Parco del Delta del Po – Materiali di Analisi – Quaderni della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo” , alla nota nr. 58), è scritto, ibidem,: <<In un articolo apparso sul Resto del Carlino di due anni fa (il libro della Tomasin è del 1990, n.d.r.), il presidente provinciale della Federcaccia, parlando di “scandalo delle valli”, afferma che “i proprietari ospitano facoltosi cacciatori chiedendo, a quanto si dice, 70-80 milioni all’anno per ogni posto in botte. Se si considera che in una valle di botti ce ne sono da 8 a 10, i conti sono presto fatti…>>.

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(7)"la caccia come fonte di reddito"

A pagina 168 del libro di Antonella Tomasin “L’ipotesi di Parco del Delta del Po – Materiali di Analisi – Quaderni della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo” , è scritto, ibidem,: <<…l’esercizio venatorio…è anche e soprattutto una notevole risorsa economica, che andrebbe annoverata a pieno titolo tra le attività produttive dell’area…>>.

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(8)"CB"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 23.1.1993: <<La Polizia provinciale blocca cacciatori di frodo. Utilizzavano dei registratori con segnali acustici - Sequestrati anche sei fucili>>.Colpaccio della Polizia Provinciale ai danni dei cacciatori di frodo. Sei persone sono state sorprese mentre usavano dei richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, vietati dalla legge. Da tempo gli agenti provinciali erano a conoscenza di episodi del genere, ma tutti i loro precedenti interventi erano sfumati per il sistema di avvistamento dei cacciatori che utilizzano apparecchiature Cb per avvisarsi uno con l'altro. Sono stati così letteralmente sorpresi sei cacciatori in tre postazioni, tutti con i registratori funzionanti. In base alla violazione dell'articolo 21 della legge 157 che regolamenta la caccia, e prevede un'ammenda sino a tre milioni, i sei cacciatori sono stati segnalati alla Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale. Gli agenti provinciali hanno sequestrato sei fucili da caccia calibro 12; sei registratori con richiami acustici a funzionamento elettromagnetico; un centinaio di stampi.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 31.10.1998: <<Ambiente. Il bollettino dei controlli di domenica è sconcertante. Caccia illegale nel Parco. I vigilanti del W.W.F. mettono in fuga le doppiette e sequestrano richiami>>.Un "normale" week-end di inciviltà tra i canneti del Parco del Delta. Una domenica da ricordare sia per i successi della vigilanza contro coloro che violano i divieti di caccia, ma anche per l'inimmaginabile numero e forme che tali reati vanno assumendo. Un fatto che preoccupa sulle possibilità di controlli efficaci in quella che resta la più vasta area protetta del Veneto.I protagonisti sono ancora loro: i guardiani protezionisti volontari del W.W.F. Il resoconto del loro ultimo sopralluogo di domenica (il sesto dal dicembre dello scorso anno all'indomani della nascita dell'area tutelata) dà i brividi. Sono stati sequestrati stampi per la caccia alle anatre e una piccola imbarcazione in un appostamento lungo il Po di Maistra, in piena area Parco (i cacciatori erano fuggiti abbandonando tutto l'armamentario). Sono stati avvistati nella laguna del Barbamarco, proprio davanti all'abitato di Pila, diversi cacciatori che utilizzavano registratori elettroacustici vietati dalla legge. Nella stessa zona sono state udite a più riprese raffiche di sette-otto colpi provenienti da una stessa postazione (come è noto il massimo degli spari consentiti alle armi da caccia è di tre colpi). Le guardie del W.W.F. non potevano intervenire direttamente e si sono messe in contatto con la vigilanza provinciale. Ma non vi erano imbarcazioni dell'ente territoriale in servizio nella zona.Sempre nel perimetro del parco, a Boccasette, i vigilanti si sono imbattuti in una "vedetta", che all'arrivo dei volontari ha avvisato via radio i propri "clienti" (il messaggio che raccomandava di <<nascondere i richiami fino a nuovo ordine>> è stato intercettato grazie alla ricetrasmittente in dotazione alle guardie). Il tam-tam radio è continuato a lungo per avvisare minuto per minuto l'incombente "pericolo", ma almeno l'azione di disturbo, a detta delle guardie del W.W.F., ha funzionato. I richiami sono rimasti muti per il resto della giornata.

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(9)episodio raccontatomi di persona dallo stesso barcaiolo

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(10)"lacci"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 9.02.2001: <<Villadose. L'Anuu denuncia epidosi di bracconaggio>>.Il bracconaggio non è morto. Anzi, l'episodio portato alla luce dall'Anuu Migratoristi che si muove sul territorio con un proprio servizio di vigilanza, apre squarci di indignazione in tutto il mondo venatorio che a buon diritto può essere portato ad esempio del rispetto delle norme perché considera l'ambiente e la natura polesana degna di ogni rispetto. A Taglietto di Villadose funziona una zona di ripopolamento d circa nove ettari data in concessione all'Anuu migratoristi rodigina diretta da Antonio Barbieri. In questo sito gli agenti e i soci volontari dell'organizzazione venatoria hanno scoperto tracce di bracconieri che hanno disseminato lacci d'acciaio indirizzati alla cattura delle lepri, sistemandoli lungo la recinzione che delimita l'area. La stessa rete plasticata a perimetro della zona di ripopolamento, è stata tagliata in più punti e davanti al foro sono stati rinvenuti alcuni esemplari ancora vivi o già morti catturati nei lacci. L'episodio non è nuovo ma nei casi precedenti non erano mai state rinvenute lepri ancora impigliate nei lacci dei bracconieri. Va detto che questi ultimi riescono a eludere la sorveglianza grazie all'isolamento di cui gode la zona. Antonio Barbieri si è quindi sentito in dovere di avvertire dell'accaduto il comandante della stazione dei carabinieri di Ceregnano, il sindaco di Villadose insieme al presidente dell'atc 4A2 Polesine centrale e al presidente della Provincia, offrendo nel contempo la disponibilità e la collaborazione dei soci Anuu e dei vigili volontari nell'indagare e nel continuare la sorveglianza.

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(11)"richiami vietati"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 23.1.1993: <<La Polizia provinciale blocca cacciatori di frodo. Utilizzavano dei registratori con segnali acustici - Sequestrati anche sei fucili>>.Colpaccio della Polizia Provinciale ai danni dei cacciatori di frodo. Sei persone sono state sorprese mentre usavano dei richiami acustici a funzionamento elettromagnetico, vietati dalla legge. Da tempo gli agenti provinciali erano a conoscenza di episodi del genere, ma tutti i loro precedenti interventi erano sfumati per il sistema di avvistamento dei cacciatori che utilizzano apparecchiature Cb per avvisarsi uno con l'altro. Sono stati così letteralmente sorpresi sei cacciatori in tre postazioni, tutti con i registratori funzionanti. In base alla violazione dell'articolo 21 della legge 157 che regolamenta la caccia, e prevede un'ammenda sino a tre milioni, i sei cacciatori sono stati segnalati alla Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale. Gli agenti provinciali hanno sequestrato sei fucili da caccia calibro 12; sei registratori con richiami acustici a funzionamento elettromagnetico; un centinaio di stampi.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 10.1.1997: << Delta. Sequestrati richiami vietati e fucili. Operazione antibracconaggio effettuata dalle guardie volontarie del W.W.F.>>. Operazione antibracconaggio del nucleo di guardie venatorie del W.W.F. Si è verificata domenica 5 gennaio nel Delta del Po, verso le 7, mentre risuonavano a tutto volume i famigerati richiami elettroacustici utilizzati nella caccia agli Anatidi, ma vietati dalla legge.<<Con l'aiuto di una barca - spiega una nota dell'associazione - i volontari del W.W.F. si sono addentrati nei meandri del grande fiume e, sfruttando le condizioni di scarsa visibilità dovute alla nebbia, sono praticamente piombati addosso a tre cacciatori che stavano usando il registratore. A nulla sono valsi i tentativi di occultare il corpo del reato e l'irresponsabile lancio delle armi cariche operato da due cacciatori per non farsi cogliere con il fucile in mano. Le guardie del W.W.F., dopo un'attenta ispezione, hanno infatti recuperato sia il registratore che i fucili, uno dei quali risultava caricato con sette colpi, invece dei tre regolamentari>>.Numerose le violazioni contestate ai seguaci di Diana, dalle sanzioni amministrative per l'esercizio venatorio al di fuori dell'ambito di iscrizione, alla caccia a distanza non regolamentare da un'oasi di protezione della fauna, dall'errata compilazione del tesserino regionale ai ben più gravi addebiti, penalmente perseguibili, per uso di richiamo non consentito e di fucile a più di tre colpi. Registratore e fucili sono stati sequestrati con l'aiuto di un agente di polizia giudiziaria che coadiuvava le guardie del W.W.F.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 17.1.1997: <<Laguna della Vallona. Bracconiere padovano sorpreso dai vigili>>.Tempi sempre più duri per i cacciatori di frodo. Nei giorni scorsi è toccato a R.N. di Casale di Scodosia (PD), sorpreso dai vigili provinciali in Vallona, alle foci del Po di Maistra mentre, in appostamento e senza l'autorizzazione dell'A.T.C., usava richiami elettroacustici vietati. Risultato: sanzione di 600 mila lire e notizia di reato inoltrata alla Procura della Repubblica di Rovigo

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 31.10.1998: <<Ambiente. Il bollettino dei controlli di domenica è sconcertante. Caccia illegale nel Parco. I vigilanti del W.W.F. mettono in fuga le doppiette e sequestrano richiami>>.Un "normale" week-end di inciviltà tra i canneti del Parco del Delta. Una domenica da ricordare sia per i successi della vigilanza contro coloro che violano i divieti di caccia, ma anche per l'inimmaginabile numero e forme che tali reati vanno assumendo. Un fatto che preoccupa sulle possibilità di controlli efficaci in quella che resta la più vasta area protetta del Veneto.I protagonisti sono ancora loro: i guardiani protezionisti volontari del W.W.F. Il resoconto del loro ultimo sopralluogo di domenica (il sesto dal dicembre dello scorso anno all'indomani della nascita dell'area tutelata) dà i brividi. Sono stati sequestrati stampi per la caccia alle anatre e una piccola imbarcazione in un appostamento lungo il Po di Maistra, in piena area Parco (i cacciatori erano fuggiti abbandonando tutto l'armamentario). Sono stati avvistati nella laguna del Barbamarco, proprio davanti all'abitato di Pila, diversi cacciatori che utilizzavano registratori elettroacustici vietati dalla legge. Nella stessa zona sono state udite a più riprese raffiche di sette-otto colpi provenienti da una stessa postazione (come è noto il massimo degli spari consentiti alle armi da caccia è di tre colpi). Le guardie del W.W.F. non potevano intervenire direttamente e si sono messe in contatto con la vigilanza provinciale. Ma non vi erano imbarcazioni dell'ente territoriale in servizio nella zona.Sempre nel perimetro del parco, a Boccasette, i vigilanti si sono imbattuti in una "vedetta", che all'arrivo dei volontari ha avvisato via radio i propri "clienti" (il messaggio che raccomandava di <<nascondere i richiami fino a nuovo ordine>> è stato intercettato grazie alla ricetrasmittente in dotazione alle guardie). Il tam-tam radio è continuato a lungo per avvisare minuto per minuto l'incombente "pericolo", ma almeno l'azione di disturbo, a detta delle guardie del W.W.F., ha funzionato. I richiami sono rimasti muti per il resto della giornata.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 16.9.2000: <<Caccia. Domani apre la stagione venatoria. Richiami acustici nel Delta, scatta la tolleranza zero. Controlli severi delle forze dell'ordine>>.Tolleranza zero contro i richiami elettroacustici utilizzati da quei cacciatori senza scrupoli per portare a tiro di pallini la selvaggina migratoria.Rischia grosso chi mette in atto questo artificioso sistema in auge nel Delta per riempire illegittimamente il carniere.L'ha annunciato il questore Franco Misiano, intervenuto ieri alla presentazione dell'accordo tra forze di polizia e amministrazione provinciale, organizzato a palazzo Celio dall'assessore alla Caccia Roberto Zanetti. Domani alle sei in tutto il Polesine il via libera al calendario venatorio troverà quindi pronti sia i cacciatori per esercitare la loro passione venatoria, sia polizia, carabinieri, corpo forestale dello Stato, Guardia di Finanza e guardie provinciali in collaborazione con le guardie volontarie di associazioni venatorie e ambientali per controllare che tutto fili liscio.Uno schieramento di tutori dell'ordine che, secondo quanto affermato dal questore Misiano, come già nella passata stagione, avrà lo scopo di porre fine al clima di violazioni venatorie - l'uso di richiami non consentiti è solo uno dei reati di caccia e neppure il più frequente - che negli ultimi anni si era fatto davvero preoccupante.E' evidente, dalle parole del Questore, l'aumentata considerazione riservata all'area deltizia comprendente il Parco del Delta del Po, oggetto di un crescente interesse ambientale e paesaggistico che supera i confini veneti e nazionali."La sinergia tra Polizia e Provincia, iniziata nella stagione 1999 - ha spiegato il questore Misiano - ha portato a un buon controllo sulle attività di caccia, con 19 licenze ritirate, di cui otto per lungo periodo, e con due arresti per bracconaggio. Anche quest'anno il nostro obiettivo è la serenità e la tranquillità dell'attività venatoria. L'ordinanza che ho predisposto coinvolge polizia, carabinieri, finanzieri, guardie forestali e vigili della Provincia con servizi di perlustrazione sia in valli e lagune che sui litorali. Va precisato anche che, in caso di allarme per uso di richiami proibiti in valli private, entreremo senza bisogno di autorizzazioni".

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 30.01.2001: <<POLIZIA PROVINCIALE. CACCIATORI DENUNCIATI>>Sei cacciatori denunciati dalla polizia provinciale. Continua a pieno ritmo l'opera degli agenti di Palazzo Celio impegnati da tempo in tutta l'area del Delta del Po. Sono stati oltre dieci gli uomini impegnati nella verifica nelle zone lagunari di Barbamarco, la Vallona e Busiura. Dalle sei di sabato, in questi tre zone, sono stati fatti diversi controlli. Il bilancio finale parla di sei denunce penali per utilizzo di richiami acustici oltre a diverse sanzioni amministrative in aziende faunistiche e in territorio libero, per mancata registrazione dei capi abbattuti o non avvenuta iscrizione nell'ambito di caccia.

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(12)"l'uso dei fucili a più di tre colpi"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 10.1.1997: << Delta. Sequestrati richiami vietati e fucili. Operazione antibracconaggio effettuata dalle guardie volontarie del W.W.F.>>. Operazione antibracconaggio del nucleo di guardie venatorie del W.W.F. Si è verificata domenica 5 gennaio nel Delta del Po, verso le 7, mentre risuonavano a tutto volume i famigerati richiami elettroacustici utilizzati nella caccia agli Anatidi, ma vietati dalla legge.<<Con l'aiuto di una barca - spiega una nota dell'associazione - i volontari del W.W.F. si sono addentrati nei meandri del grande fiume e, sfruttando le condizioni di scarsa visibilità dovute alla nebbia, sono praticamente piombati addosso a tre cacciatori che stavano usando il registratore. A nulla sono valsi i tentativi di occultare il corpo del reato e l'irresponsabile lancio delle armi cariche operato da due cacciatori per non farsi cogliere con il fucile in mano. Le guardie del W.W.F., dopo un'attenta ispezione, hanno infatti recuperato sia il registratore che i fucili, uno dei quali risultava caricato con sette colpi, invece dei tre regolamentari>>.Numerose le violazioni contestate ai seguaci di Diana, dalle sanzioni amministrative per l'esercizio venatorio al di fuori dell'ambito di iscrizione, alla caccia a distanza non regolamentare da un'oasi di protezione della fauna, dall'errata compilazione del tesserino regionale ai ben più gravi addebiti, penalmente perseguibili, per uso di richiamo non consentito e di fucile a più di tre colpi. Registratore e fucili sono stati sequestrati con l'aiuto di un agente di polizia giudiziaria che coadiuvava le guardie del W.W.F.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 31.10.1998: <<Ambiente. Il bollettino dei controlli di domenica è sconcertante. Caccia illegale nel Parco. I vigilanti del W.W.F. mettono in fuga le doppiette e sequestrano richiami>>.Un "normale" week-end di inciviltà tra i canneti del Parco del Delta. Una domenica da ricordare sia per i successi della vigilanza contro coloro che violano i divieti di caccia, ma anche per l'inimmaginabile numero e forme che tali reati vanno assumendo. Un fatto che preoccupa sulle possibilità di controlli efficaci in quella che resta la più vasta area protetta del Veneto.I protagonisti sono ancora loro: i guardiani protezionisti volontari del W.W.F. Il resoconto del loro ultimo sopralluogo di domenica (il sesto dal dicembre dello scorso anno all'indomani della nascita dell'area tutelata) dà i brividi. Sono stati sequestrati stampi per la caccia alle anatre e una piccola imbarcazione in un appostamento lungo il Po di Maistra, in piena area Parco (i cacciatori erano fuggiti abbandonando tutto l'armamentario). Sono stati avvistati nella laguna del Barbamarco, proprio davanti all'abitato di Pila, diversi cacciatori che utilizzavano registratori elettroacustici vietati dalla legge. Nella stessa zona sono state udite a più riprese raffiche di sette-otto colpi provenienti da una stessa postazione (come è noto il massimo degli spari consentiti alle armi da caccia è di tre colpi). Le guardie del W.W.F. non potevano intervenire direttamente e si sono messe in contatto con la vigilanza provinciale. Ma non vi erano imbarcazioni dell'ente territoriale in servizio nella zona.Sempre nel perimetro del parco, a Boccasette, i vigilanti si sono imbattuti in una "vedetta", che all'arrivo dei volontari ha avvisato via radio i propri "clienti" (il messaggio che raccomandava di <<nascondere i richiami fino a nuovo ordine>> è stato intercettato grazie alla ricetrasmittente in dotazione alle guardie). Il tam-tam radio è continuato a lungo per avvisare minuto per minuto l'incombente "pericolo", ma almeno l'azione di disturbo, a detta delle guardie del W.W.F., ha funzionato. I richiami sono rimasti muti per il resto della giornata.

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(13)"l'abbattimento di specie protette"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 28.1.1994: <<Veneziano denunciato. Aveva animale protetto>>.Aveva nel bagagliaio dell'auto un animale protetto. E' stato denunciato.Nei guai è finito un veneziano di 52 anni, S.M., che ieri pomeriggio è stato bloccato dagli uomini del Commissariato di Porto Tolle durante un posto di blocco a Cà Venier. Nel bagagliaio dell'auto, S.M. aveva un esemplare di "Volpoca", un particolare tipo di anitra e che presentava evidenti segni di colpi d'arma da fuoco. La "Volpoca" è stata sequestrata, mentre il veneziano, che ha sostenuto di non aver ucciso l'animale ma di averlo ricevuto in regalo, è stato denunciato per reati contro la legge che regolamenta la caccia, per chi uccide e, o detiene, animali protetti.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 17.1.1997: <<Rosolina Mare. Falco di palude "fucilato" a Caleri>>.Follia di cacciatori nella zona di Caleri: lo scorso 31 dicembre un falco di palude, specie strettamente protetta ed a rischio di attenzione, è stato recuperato, gravemente ferito da una scarica di pallini, dai vigili provinciali. Affidato ai volontari del W.W.F. e subito dopo, da questi ultimi, alle cure del veterinario dott. Luciano Tarricone di Polesella, non ce l'ha fatta a sopravvivere.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 06.9.1997: <<Il W.W.F. denuncia quanto accaduto al via della stagione venatoria. Cacciatori "vandali". Impallinate specie protette e bucate le gomme a un volontario>>.Bilancio pesante per la prima giornata di caccia nel Delta. Il sequestro di un richiamo elettroacustico, il rinvenimento di un mignattino impallinato (una specie protetta), il ritrovamento di diversi sbarramenti abusivi sui canali e la foratura, evidentemente dolosa, delle quattro ruote della vettura di un guardacaccia volontario, sono le segnalazioni degli agenti volontari del W.W.F. a poche ore dal via venatorio.Oltre a questi episodi, l'associazione lamenta il fatto che l'apertura anticipata al 1 settembre ha comportato l'abbattimento di altre specie oltre le consuete. Già nella prima giornata sul Delta è stato abbattuto un notevole numero di anatre, in particolare germani reali, che in questo periodo non hanno ancora completato la muta del piumaggio e sono in conseguenza ancora impacciati nel volo,o diventando facili prede. Inoltre sono entrati ancora una volta nel mirino, afferma il W.W.F., volatili come la marzaiola, piccola anitra in questo periodo di passaggio sul Delta, che per qualche anno erano state risparmiate. La stesa associazione, supportata dai rilievi delle prime ore, constata un malcostume tra i cacciatori che non si attengono alle regole elementari, facendo uso di strumenti proibiti e metodi di caccia vietati, come richiami elettro-acustici, fucili a più di tre colpi, rimozione di tabelle, appostamenti abusivi e altro.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 19.12.2000: <<AMBIENTE. Wwf accusa: "Basta bracconaggio". È morto il barbagianni ferito a ottobre, ma ce l’ha fatta lo sparviero>>. «Non può che indignare l'opinione pubblica più sensibile alla tutela ambientale l'annoso problema degli abbattimenti illegali di specie animali protette». Chi parla è Eddi Boschetti, del Wwf rodigino. E il suo sfogo mette nuovamente il dito su una delle piaghe di una certa pratica venatoria veneta. Nonostante la campagna di salvaguardia e di vigilanza promossa, con mezzi peraltro limitati rispetto alla situazione, dalla sorveglianza provinciale e da guardie giurate ambientaliste e delle associazioni venatorie, questa pratica è ancora presente anche in provincia di Rovigo. Atti di bracconaggio e incoscienza che danneggiano il patrimonio faunistico locale e gettano ombre e discredito sull'intero modo degli appassionati di caccia. «Non ce l'ha fatta a vincere la sua lotta per sopravvivere - ha spiegato Boschetti - il barbagianni preso a fucilate ai confini del Polesine a fine ottobre. Recuperato dalle guardie forestali regionali, è stato consegnato a noi, ma le ferite dei pallini che lo avevano colpito erano troppo gravi. Questo rapace si è rarefatto da tempo nelle nostre campagne a causa della diminuzione dei siti di nidificazione (silos, cascine, fienili). Per le sue abitudini crepuscolari e notturne (è anche un efficiente predatore di topi e arvicole) avrebbe dovuto correre rischi minimi di entrare nel mirino di qualche sconsiderata doppietta. Invece il volatile è stato inequivocabilmente impallinato». Boschetti ha spiegato anche che le cure cui il barbagianni è stato sottoposto dalle mani del veterinario Luciano Tarricone, si sono rivelate inutili per la gravità delle ferite - una anche al cuore - provocate da pallini piccolissimi e del tipo usato evidentemente per sparare a piccoli uccelli, anch'essi protetti. Accanto a un dispiacere arriva però una buona notizia. «Sembra fuori pericolo - ha annunciato Boschetti - lo sparviero colpito da un colpo di fucile a San Bellino. In questo caso si potrebbe parlare addirittura di una "punizione" inferta all'incolpevole volatile da qualche cacciatore che non gradiva la presenza del rapace in un'area presidiata da colonie di colombacci, specie particolarmente ambita dai seguaci di Diana. Va però detto che a rinvenire il rapace ferito è stato un cacciatore, il quale, su indicazione dell'Ufficio caccia della Provincia, si è rivolto ai volontari del Wwf. È un gesto da approvare e incoraggiare in mezzo ai tanti e troppi atteggiamenti di inciviltà ai danni del nostro patrimonio naturale. Atti dei quali spesso si rende protagonista una minoranza, tutt'altro che silenziosa, del mondo venatorio».

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(14)"tassidermisiti abusivi"

Da "Il Resto del Carlino-cronache di Rovigo" del 23.1.1997: <<Autista di ambulanze di Porto Viro è finito in manette per detenzione illegale di armi. Uccideva e imbalsamava animali: arrestato. L'uomo aveva nel freezer trecento esemplari molti dei quali uccelli di specie protette che poi vendeva>>.Nell'enorme freezer teneva trecento animali (volpi, donnole e tantissimi uccelli) di specie protetta, pronti per essere imbalsamati e poi venduti. Non solo. I carabinieri della stazione di Porto Viro gli hanno anche trovato (in auto e in casa) un paio di fucili illegalmente detenuti. Per questo motivo Mauro Ruzza, 39 anni, autista e portantino in servizio all'ospedale e residente in via Murazze 1 a Porto Viro, è stato arrestato per porto e detenzione di armi e denunciato per detenzione e ricettazione di specie protette e detenzione di oggetti atti ad offendere.Secondo l'accusa l'uomo, oltre a cacciare personalmente gli animali, li imbalsamava. I militari dell'arma, con i quali ha collaborato la guardia forestale di Verona e le guardie della L.I.P.U., hanno infatti rinvenuto in una casa (di cui l'uomo ha la disponibilità), materiale che viene utilizzato per imbalsamare. Alcuni esemplari sono stati addirittura trovati già sistemati sul classico piedistalli di legno, pronti per essere venduti ad un prezzo che, dicono gli esperti, non è inferiore alle 200 mila lire cadauno. I carabinieri hanno inoltre sequestrato un book fotografico con tutte le specie a disposizione dei clienti. Dei trecento animali trovati nel freezer, alcune decine, sempre secondo i miliari dell'Arma, provengono dai paesi dell'est. Ma quello che ha veramente messo nei guai il portantino sono stati, come detto, i fucili trovati in auto e in casa.I Carabinieri hanno sequestrato una carabina calibro 9 che l'uomo deteneva nella sua auto, una Ford Escort, e un calibro 22 <<alterato>> (è stato infatti aggiunto un silenziatore artigianale ed un caricatore da cento colpi).Rinvenute anche circa trecento cartucce di diverso calibro e due reti da uccellagione.Tutto è stato sequestrato dalle forze dell'ordine e messo a disposizione dell'autorità giudiziaria.Mauro Ruzza, che è incensurato, dopo aver trascorso un paio di notti nel carcere di via Verdi, è stato rimesso in libertà dal giudice per le indagini preliminari che, dopo averlo interrogato, ha convalidato l'arresto.

Da "Il Resto del Carlino-cronache di Rovigo" del 26.1.1997: <<I Carabinieri hanno sequestrato centinaia di animali di specie protette sia vivi che morti. Scoperto il ""racket" degli imbalsamatori. Gli esemplari (tanti uccelli) erano nascosti in enormi freezer. Rinvenuto pure un coccodrillo. Presto le denunce>>.Nemmeno gli investigatori immaginavano un mercato così florido. Dopo il blitz nell'abitazione di Mauro Ruzza di Porto Viro, <<pizzicato>> con trecento animali (alcuni già imbalsamati, altri sistemati in un enorme freezer pronti per essere "lavorati"), i carabinieri della Compagnia di Adria hanno proseguito le indagini, scovando altre centinaia di uccelli e mammiferi (sia vivi che morti) di specie protette, pronti per essere imbalsamati e poi venduti. Un'attività che coinvolge l'intero Veneto. Ieri, infatti, i militari dell'arma hanno eseguito perquisizioni a raffica in provincia di Udine, Treviso, Vicenza, Pordenone e Rovigo (i blitz a Porto Viro e Fiesso Umbertiano).In tarda serata gli investigatori hanno poi fatto i conti, ritrovandosi con centinaia di animali, numerose armi e materiale utilizzato per l'imbalsamazione. Addirittura in un'abitazione sono stati trovati animali esotici, tra cui un coccodrillo.Il tutto è stato sequestrato e messo a disposizione della Procura presso la Pretura di Rovigo che coordina le indagini. Gli animali verranno nei prossimi giorni classificati dalle guardie forestali di Adria e Padova, ma già dalla prima occhiata (ai vari blitz hanno partecipato anche uomini della L.I.P.U. e del W.W.F. di Rovigo) appare chiaro che si tratta quasi sempre di specie protette. Per questo motivo scatteranno numerose denunce per la detenzione illegale di specie protette (ma è quasi certo che verrà contestato anche il traffico) e per l'attività illecita di imbalsamazione. Da appurare, inoltre, la posizione di alcune armi sequestrate.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 07.2.1997: <<Uccelli imbalsamati, cinque denunciati. Conclusa l'operazione dei carabinieri di Adria e Porto Viro tra Veneto e Friuli Occidentale>>.Cinque persone denunciate. Si è definitivamente conclusa l'operazione dei carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile di Adria e dei colleghi di Porto Viro contro un gruppo di persone specializzate nel collezionare e imbalsamare specie protette di animali.Oltre a Mauro Ruzza, 39 anni di Porto Viro a suo tempo finito in carcere, i militari dell'Arma, coordinati dal capitano Bortoletti, hanno denunciato E.M. e F.F., 29 e 38 anni, residenti a Porto Viro, R.M., 48 anni di Pordenone, A.F., 49 anni di Codigoro e A.D.G., 48 anni di Treviso.Per tutti l'accusa è di detenzione abusiva di specie protette.Si tratta, secondo gli inquirenti, di un gruppo di amici che nelle rispettive abitazioni tenevano, abusivamente, decine di uccelli e animali protetti.Al piano superiore della casa di A.D.G. sono stati trovati 38 esemplari di uccelli protetti, da F.F. cinque uccelli imbalsamati e relativo materiale da "lavoro", mentre da A.F., in provincia di Ferrara, i carabinieri hanno scoperto tre frigoriferi ognuno con 150 animali congelati ed altri esemplari già imbalsamati.Seguendo le varie segnalazioni i carabinieri sono arrivati in Friuli Occidentale. A Pordenone, a casa di R.M., hanno così scoperto due frigoriferi contenenti uccelli e delle vetrine con animali imbalsamati, più un coccodrillo. L'operazione risulta quindi conclusa ma non è da escludere che in futuro, sopratutto nel delta, possano spuntare nuovi nomi.L'inchiesta, coordinata dal P.M. Fabiani della Pretura, si è svolta grazie anche alla consulenza della Forestale, della L.I.P.U. e del W.W.F.

 Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 15.6.2000: <<Carabinieri. Giro internazionale di uccelli pregiati. Operazione Delta. I Carabinieri della Stazione di Porto Viro hanno scoperto un traffico internazionale di uccelli pregiati provenienti dal Parco e dall'estero. Denunciato a piede libero un quarantenne del luogo. Imbalsamava volatili protetti. Ogni pezzo aveva un valore commerciale dalla 500 mila lire fino ad arrivare ai due milioni>>.L'hanno ribattezzata "operazione Delta". E trattandosi di bracconaggio e imbalsamazioni illegali, il riferimento è chiaro. Ma gli oltre quattrocento volatili sequestrati dai carabinieri in un laboratorio clandestino di Porto Viro, non appartengono solo alle specie protette che vivono nel Parco alle foci del Po. Molti sono esemplari introvabili in Italia, come l'oca egiziana o lo zigolo lappone, oppure la quaglia del Senegal. Denunciato un quarantenne di Porto Viro, operaio. Nella sua abitazione sono stati sequestrati anche tre fucili da caccia detenuti illegalmente.Le indagini eseguite dai militari della Compagnia di Adria e coordinate dal procuratore Lorenzo Zen, tuttora in corso, sono partite alcune settimane fa. Dopo una serie di accertamenti è scattata la perquisizione a casa dell'operaio. In uno scantinato, i carabinieri della stazione di Porto Viro hanno trovato un vero e proprio laboratorio per l'imbalsamazione. Una cinquantina di volatili erano già pronti per essere venduti, altri quattrocento erano accatastati in alcuni frigoriferi. Trovati anche un paio di esemplari da collezionisti, raccolti nel corso di due missioni esplorative nell'Africa equatoriale avvenute nel 1878 e 1888.Il quarantenne sarebbe stato lo specialista di un'organizzazione internazionale che avrebbe fatto arrivare clandestinamente in Italia i volatili pregiati. Dopo l'imbalsamazione, gli esemplari sarebbero stati venduti a collezionisti anche stranieri. I prezzi potevano variare dalle cinquecento mila lire ai due milioni per ogni singolo pezzo.Sono stati sequestrati gufi, sparvieri, cicogne bianche, aironi , upupe e cormorani, per citare alcune specie italiane, ma anche fagiani asiatici, quaglie senegalesi, fischioni americani, un'oca egiziana ed uno zigolo lappone. E' comunque tuttora in corso la classificazione dei volatili con la consulenza delle guardie forestali di Adria e Rovigo e della L.I.P.U.I carabinieri stanno ora cercando di risalire ai cacciatori di frodo che avrebbero rifornito l'operaio. Nella casa di Porto Viro, sono stati sequestrati una carabina ad aria compressa e due fucili semiautomatici, tutti detenuti illegalmente. Oltre a questo, il quarantenne deve rispondere di detenzione e ricettazione di volatili protetti, alcuni dei quali tutelati anche dalla convenzione di Washington, ed esercizio abusivo della professione di imbalsamatore.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 28.3.01: <<SENTENZA. Aveva uccelli protetti in frigo Portovirese condannato>>Ancora una sentenza che fa felici gli ambientalisti e nel caso specifico quelli della Lipu, lega italiana protezione degli uccelli. Il giudice del Tribunale di Adria Miazzi ha condannato un portovirese, a 4 mesi e quindici giorni di arresto, con la condizionale, poiché teneva nel freezer molte specie di uccelli che poi avrebbe evidentemente esitato sul mercato. I fatti di cui si è trattato nel corso del dibattimento, pubblico ministero Tosca Sambinello, risalgono al 19 gennaio del 1997. Quando, alcune informazioni pervennero ai Carabinieri di Porto Viro, alla Guardia Forestale di Padova in merito a un traffico intenso che si era sviluppato in zona, con specie le più svariate di uccelli che poi venivano "imbalsamati" e ceduti a gente che li usa come veri e propri trofei da mettere in qualche angolo della casa a fare bella mostra. Ovviamente, per quanto di sua competenza, ne fu interessata anche la Lipu non foss'altro perché in grado di riconoscere le specie di uccelli vittime del traffico. Ed è così che quando i Carabinieri di Porto Viro, su ordine della Magistratura, effettuarono una perquisizione nell'abitazione del portovirese scoprirono che non si trattava per niente di voci; anzi, quando aprirono quel freezer si trovarono di fronte ad un campionario e ad una grande varietà di uccelli. Commercio evidentemente florido questo poiché in quel freezer vi erano ben 300 specie di uccelli: di specie protetta, di specie particolarmente protetta e cacciabili. Insomma un gran bel campionario che, secondo gli addetti ai lavori, necessita di cure particolari e quindi di una certa abilità poiché gli uccelli devono essere trattati con speciali acidi per riuscire a conservare tutto quanto madre natura ha loro consegnato in bellezza.

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(15)"esche avvelenate"

Da "Il Resto del Carlino-cronache di Rovigo" del 09.4.1997: <<Animali intossicati da esche avvelenate. Aperta un'inchiesta. Uova killer lungo il Po rinvenute nelle golene di Panarella, Guarda e Villanova Marchesana. Forse messe per uccidere animali indesiderati. Cane salvato in extremis. Parla Paolo Ronconi (L.I.P.U.): "A rischio la pubblica incolumità">>.Uova-killer lungo gli argini del Po? A farne le spese, secondo il racconto di un pastore, un cane e due gazze. Una novità assoluta nella zona. Sull'episodio la Procura di Rovigo ha aperto un'inchiesta e il fascicolo è già sul tavolo del sostituto procuratore Luca Tampieri. Ma chi ha "piantato" nella sabbia settanta uova di gallina dall'aspetto tutt'altro che rassicurante? Potrebbe sembrare lo scherzo di un burlone, se non avessero sulla sommità un foro.L'allarme è scattato nella golena di Panarella, nel Comune di Papozze, a metà marzo, quando un socio della L.I.P.U. (Lega Italiana Protezione Uccelli) ha scoperto nella striscia di terra tra l'argine e l'acqua, strani "mucchietti" di quattro uova. Negli stessi giorni Birba, il cane di Rodolfo Colò, un pastore di Guarda Veneta, ha mostrato sintomi di avvelenamento dopo aver mangiato uova che "spuntavano" nella macchia. L'uomo racconta anche di aver trovato nel bosco due gazze morte. E pure da Villanova Marchesana sono giunte segnalazioni di "piantagioni" di uova. Paolo Ronconi della L.I.P.U. di Adria ha vissuto in prima persona assieme al socio Ugo Meneghini tutte le fasi di questa incredibile vicenda. Dove e come avete scoperto le uova avvelenate? <<Il posto dove abbiamo operato - racconta Ronconi - è nella golena di Panarella lungo l'argine sinistro del Po. A Panarella, a a pochi chilometri dal vecchio ponte chiuso, la golena è un'oasi protetta dove è vietata la caccia. A dare l'allarme è stato un nostro socio che va spesso in golena, con la cooperativa Pegaso di Adria ci porta anche le scolaresche in base al progetto che abbiamo in piedi con il Comune di Adria. Un giorno, ai primi di marzo, ha notato queste uova di gallina, presentavano tutte sicuramente all'estremità un forellino fatto con un ago>>.Quando le ha viste cos'ha pensato?<<Inizialmente, come ho detto ai carabinieri, ho pensato subito ai bocconi avvelenati, cose mai viste a Rovigo, che dovevano forse servire per uccidere animali indesiderati a qualcuno, come ad esempio faine, donnole o volpi>>.

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(16)"abbattimento di cani da caccia non idonei all'uso venatorio"

Da "La Piazza del Delta" del mese di febbraio 1996: <<Cronaca di una violenza inutile. L'uomo, il peggior nemico del cane>>.Di un ennesimo episodio di crudeltà sugli animali si sono resi protagonisti due cacciatori a Taglio di Po.Due podisti che stavano percorrendo l'argine del Po, nei pressi della località Cà Zen, avrebbero assistito all'allucinante episodio di violenza.I due avrebbero sorpreso due cacciatori che, buttato in acqua il loro cane, ne avevano fatto il loro bersaglio a colpi di fucile.Benché ferito, il cane sarebbe ritornato a riva, proprio tra le braccia dei suoi torturatori, che incuranti delle ferite della povera bestiola e dei suoi lamentosi guaiti, lo avrebbero rigettato in acqua e fatto segno di numerosi colpi di fucile.Duro a morire l'amico dell'uomo, avrebbe per quattro volte guadagnato la riva, per essere regolarmente rigettato in acqua dai suoi aguzzini.Terminata la loro triste incombenza, i due individui si sarebbero allontanati, incuranti delle proteste di chi aveva assistito, suo malgrado, alla scena. A conferma di quanto raccontato poi da uno dei testimoni, sul luogo della scena è rimasta la carogna della bestiola, che nonostante avesse alla fine guadagnato la sospirata riva, i numerosi colpi di fucile esplosi nel suo corpo la fecero morire.

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(17)"caccia in zone vietate"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 12.8.1994: <<Dalla Polizia di Porto Tolle. Esposto in Procura contro i bracconieri>>.A poco più di un mese dall'apertura della stagione venatoria, c'è già chi si è attrezzato per poter riempire, abusivamente, i propri carnieri.Ad accorgersene sono stati gli agenti del Commissariato di Polizia d Porto Tolle, che nei giorni scorsi hanno presentato un esposto alla Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Rovigo. Nell'esposto, contro ignoti, si fa riferimento alla zona Bonello Bacucco, una riserva naturale inserita nella zona del Parco del Delta, sottoposta a vincolo dal lontano 1977. L'istituzione fu voluta dall'allora ministro dell'Agricoltura e Foreste.L'intera area-oltre cinquanta ettari- era stata tabellata. Dopo una serie di sopralluoghi, di appostamenti con imbarcazioni e rilievi fotografici, gli agenti hanno raccolto sufficiente materiale per dar vita al provvedimento. Non solo manca all'appello tutta la segnaletica tabellare, ma in diversi punti della riserva naturale sono state trovate tracce di appostamenti di caccia, lasciati dai bracconieri nel corso, si presume, delle numerose visite. Si tratta di segni inequivocabili, in certi casi sono stati trovati veri e propri insediamenti per la caccia, approntati da professionisti.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 6.3.1998: <<Tutta l'attività per l'ambiente delle guardie di L.I.P.U. e W.W.F.>>. <<La L.I.P.U. di Adria e il W.W.F. di Rovigo "lavorano" per la salvaguardia ambientale in Polesine e lo dimostrano nei fatti>>.Sembra questo il messaggio che le organizzazioni ambientaliste vogliono lanciare con la diffusione dei dati sull'attività svolta nel corso dell'ultimo anno dalle loro guardie venatorie volontarie.Da anni collaborano con la vigilanza venatoria e in un gran numero di casi il loro intervento è stato fondamentale nel segnalare danni, scongiurare pericoli, salvare fauna e flora sempre con la massima attenzione e rispetto verso l'equilibrio naturale.Il territorio vigilato è stato l'ambito venatorio 4A3 Delta del Po, 9 i servizi svolti per un totale di circa mille chilometri percorsi, 17 le ore di navigazione, 41 i cacciatori controllati, 7 quelli denunciati per reati venatori, 5 i cacciatori trovati a caccia nel Parco del Delta, 2 quelli denunciati perché usavano richiami vietati, 4 i sequestri penali effettuati; sequestrati anche richiami, anatre e un fucile, denunciate postazioni abusive e cacciatori che all'arrivo delle guardie sono fuggiti. Durante la vigilanza rinvenuti anche due volatili protetti abbattuti. Risarcite anche di tasca propria le spese sostenute dal volontario che nei giorni di apertura della caccia si è visto tagliare tutti i pneumatici dell'auto da vandali rimasti impuniti.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 28.10.1998: <<Una sentenza che è destinata a fare storia. Confermato il divieto di attività venatoria. Caccia nel Parco, prima condanna. Inflitta un'ammenda di duemilioni e 500 mila lire. Verrà sospesa la licenza>>.Prima condanna per violazione del divieto di caccia nel Parco del Delta del Po.Al cacciatore denunciato perché praticava la sua attività venatoria all'interno del perimetro del neonato parco polesano è stata comminata un'ammenda di 2 milioni e mezzo di lire (un milione e 500mila per il reato di violazione del divieto di caccia e un milione per uso di richiami acustici non consentiti). L'autorità giudiziaria in base a quanto disposto dalla normativa in materia venatoria provvederà anche a comunicare i dati personali del contravventore al Questore della provincia dove risiede. La suddetta Autorità di Pubblica Sicurezza sospenderà la licenza di caccia al condannato per un periodo da uno a tre anni.I fatti risalgono al dicembre dello scorso anno, quando nel solito giro di perlustrazione compiuto dalle guardie volontarie del W.W.F. in collaborazione con la Polizia di Porto Tolle, il cacciatore è stato colto in flagrante e immediatamente identificato.Una sentenza salutata con favore dalle associazioni ambientaliste, destinata a creare un precedente importante perché, come è stato da loro stessi affermato <<si possa considerare aperta una nuova stagione di vincoli ambientali in un'area tra le più delicate del territorio provinciale>>.Dopo la pronuncia del T.A.R. sul divieto di caccia nel Parco arriva anche il suggello dell'autorità giudiziaria. <<Non si potrà più affermare, come capziosamente e pervicacemente fanno alcuni dirigenti di associazioni venatorie - commentano al servizio di vigilanza volontaria del W.W.F. - che none esiste una zona protetta all'interno del Parco del Delta. Dichiarazioni che poi vanno a "scaricarsi" sulla pelle dei propri associati che non vengono informati sui rischi che corrono nello svolgere attività venatorie in quelle zone>>.Intanto va segnalato che anche domenica scorsa le guardie del W.W.F. hanno sequestrato materiale vietato e una piccola imbarcazione nel Parco, mentre i cacciatori sono fuggiti.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 3.12.1998: <<Parco del Delta. Appostati nell'area protetta, cacciatori nei guai. Denuncia finita in Procura. Il W.W.F. non risparmia critiche alla Provincia>>.Due cacciatori di Porto Tolle qualche giorno fa sono finiti nei guai perché trovati in appostamento di caccia al Bacucco in piena area protetta del Parco del Delta del Po.Per alcuni un normale reato venatorio finito sul tavolo della Procura. Al giudice il compito di sbrogliare l'intricata matassa di una violazione in un periodo più o meno transitorio, secondo i punti di vista, dall'entrata in vigore dei vincoli sul Parco.Ben diversa lettura ne dà invece il W.W.F. rodigino, più che mai a lancia in resta contro chi lesina attenzione sui dettagli protezionistici dell'area. E dalla padella alla brace è finito questa volta l'assessorato alle attività venatorie provinciale che ormai qualsiasi cosa faccia si vede arrivare addosso gli strali degli ambientalisti.Prima la loro protesta sulla scarsità dei controlli e, tra le righe, anche sulla non provata leggerezza con la quale gli stessi venivano effettuati da parte delle guardie provinciali. Oggi, secondo il W.W.F. dopo che gli uffici provinciali si erano attivati con indirizzi scritti ai vigili venatori sul territorio ( e ciò per dirimere i dubbi su zone e perimetri di divieto in mancanza di tabelle di segnalazione) al primo riscontro positivo su effettivi reati in zona Parco, lo stesso gruppo protezionista dà voce al più classico degli: <Ve lo avevamo detto>>.Per Massimo Benà e compagni, la violazione rilevata è la prova di parecchie incongruenze che, sia da parte provinciale che da quella del mondo venatorio, si vanno evidenziando nel delta: <<I due portotollesi pescati al Bacucco - affermano nel gruppo di via Cavour - dimostrano che i reati sono comuni anche in posti inconfutabilmente dentro al parco, non solo ai limiti di questo. E poi che il fenomeno non è imputabile sempre e solo agli "invasori" da fuori Provincia, come va sostenendo qualche associazione venatoria rodigina. Altro che Parco - fantasma. Si cominci pure a parlare di Parco da rispettare>>.

 Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 18.9.1999: <<Provincia. Scoperti a cacciare all'interno del Parco>>.Scoperti a cacciare all'interno dell'area Parco del Delta del Po.Una preapertura non propriamente fortunata per due cacciatori di Porto Tolle che sabato scorso, poco dopo le 7, sono stati fermati e denunciati dalla polizia provinciale di Palazzo Celio (la sede della Provincia, nota degli Amici del Parco).L'episodio è accaduto a Villaregia, nel territorio comunale di Porto Viro, praticamente sul Po di Venezia.Tre le infrazioni contestate dai vigili provinciali nel rapporto che è stato già trasmesso alla Procura della Repubblica. Oltre ad essere stati sorpresi in una zona soggetta a vincolo (il Parco del Delta) i due cacciatori di Porto Tolle avrebbero utilizzato richiami acustici e fucili con 7 colpi a disposizione. I vigili, che in questa attività sono anche affiancati dalle associazioni venatorie e ambientalistiche, intensificheranno i controlli per questo fine settimana. L'attività di vigilanza sarà particolarmente intensa grazie anche al lavoro che sarà svolto dalle dieci pattuglie della polizia provinciale (in tutto circa una ventina di uomini su tutto il territorio provinciale, in particolare nell'area del Basso Polesine).

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" dell'11.10.2000: <<Parco del Delta. Ricostruite "le botti". I verdi insorgono>>.Continua senza esclusione di colpi l'insidia della caccia di frodo nel Parco del Delta. E ancora una volta l'attività venatoria bassopolesana approda sui banchi di palazzo Ferro Fini con un'interrogazione alla Giunta Galan del consigliere Verde Gianfranco Bettin che ha chiesto più attenzione e vigilanza nella zona protetta.Tutto è iniziato con un sopralluogo dei volontari del W.W.F. che hanno svelato in zona Burcio, Canarin e Mula, la ricostruzione abusiva di un numero imprecisato di appostamenti fissi già distrutti dalla Provincia a inizio d'anno perché rientranti in perimetro del Parco. L'ordinanza era stata emessa dalla Capitaneria di Porto di Chioggia che è titolare del rilascio delle concessioni.Secondo quanto rilevato dai vigilantes ambientalisti, i siti nei quali i cacciatori si appostano per sorprendere il passo della selvaggina migratoria (le cosiddette "botti") sono "risorti" in posizioni strategiche tanto da essere divenuti in pratica delle barriere antintrusione che impediscono o rendono difficoltoso l'accesso delle guardie venatorie nel Parco.Bettin prende spunto dall'episodio per puntare il dito sull'attività di vigilanza in Polesine.Quella esercitata dalla Provincia e promossa dal Questore Misiano in occasione dell'apertura della stagione venatoria, è stata giudicata insufficiente. E' sbagliato, a parere del consigliere verde, l'atteggiamento di palazzo Celio <<che scarica il problema sull'Ente Parco>>, e da rigettare, per Bettin, è anche <<una cultura venatoria eccessivamente permissiva in aree che dovrebbero essere salvaguardate>>.Il consigliere regionale chiede un'azione di vigilanza più costante che riconosca i compiti svolti dai volontari e vuole anche sia risolta la questione della perimetrazione nei pressi degli scanni, zone a rischio di caccia difficilmente controllabili.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 15.10.2000: <<Caccia illegale. Una denuncia e tre licenze sospese>>.Da quando, un mese e mezzo fa, è stata aperta la stagione venatoria, polizia di Stato e polizia provinciale hanno svolto una accurata attività di sorveglianza. Vigilanza che ha permesso di ritirare tre licenze e denunciare a piede libero un cacciatore sorpreso con la doppietta all'interno del Parco del Delta. Due licenze sono state sospese dalla Questura per un mese a cacciatori che utilizzavano richiami acustici vietati. La terza, invece, è stata ritirata a tempo indeterminato ed è stata aggiunta alla denuncia a piede libero: l'uomo era stato sorpreso dagli agenti della polizia provinciale all'interno del Parco del Delta, e dunque in una zona protetta.

Da "Il Resto del Carlino-cronache di Rovigo" del 20.12.2000: <<Cacciava nel Parco, condannato>>Prima condanna per caccia nel parco del delta del Po. Sette giorni di reclusione (pena sospesa) e seicentomila lire di multa a un cacciatore di Porto Tolle. Così ha deciso il giudice Lorenzo Miazzi al termine del processo svolto ad Adria nei giorni scorsi. La sentenza assume una particolare rilevanza, almeno in ambito territoriale.I fatti risalgono al gennaio del 1998 e hanno visto come protagonista un cacciatore cinquantenne di Porto Tolle.L'uomo era stato visto da agenti della polizia di stato mentre risaliva l'argine di una golena del Po di Venezia, zona che rientra a tutti gli effetti nel parco regionale del delta del Po.L'uomo si stava sedendo sulla sua autovettura quando è stato sorpreso con una doppietta, cartucce e un cane. In pratica tutto l'armamentario per una battuta di caccia.Le associazioni Italia Nostra e Wwf si sono presentate al processo come parti civili, difese rispettivamente dagli avvocati Lavinia Cantà e Valerio Malaspina. La difesa dell'imputato ha sostenuto che l'uomo non si trovava in quella zona per cacciare e che comunque, la mancanza di tabelle di delimitazione dell'area protetta ne avrebbero impedito l'esatta individuazione. Cosicché l'imputato sarebbe incorso in errore per quanto riguarda i confini del parco e la presenza del divieto di caccia. Di avviso completamente diverso gli avvocati delle parti civili. Hanno sostenuto la tesi che le tabelle, lungo il perimetro del parco, non sono affatto necessarie, come dimostrano le numerose sentenze in materia emesse dalla corte di cassazione. E inoltre, che i confini del parco del delta del Po nella zona dove è avvenuto il fatto sono chiarissimi. Il cacciatore, tra l'altro iscritto alla federcaccia, era tenuto in ogni caso a fare il possibile per informarsi.Il giudice Lorenzo Miazzi ha dunque respinto la tesi della difesa ed ha accolto quanto sostenuto dalla pubblica accusa Mauro Davin e dalle parti civili, condannando il bracconierie a sette giorni di reclusione e a 600 mila lire di multa, oltreché al risarcimento delle parti civili (stabilendo a titolo provvisorio l'importo di tre milioni, metà a Italia Nostra e metà al Wwf) e al pagamento delle spese processuali sostenute dalle associazioni ambientaliste.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 19.02.2001: <<TRIBUNALE. Non ha importanza che i capi siano stati abbattuti fuori dall’area protetta. Nuovo colpo alla caccia.Condannato un rodigino trovato con fucile carico e selvaggina nel Parco>>.Nulla importa se l'abbattimento della fauna selvatica avviene dentro o fuori dai confini del Parco del Delta, se la ricerca avviene al suo interno. Gongolano al Wwf di Rovigo poiché continuano a uscire condanne per caccia non consentita dal Tribunale di Adria. Si è appena concluso, infatti, l'ennesimo processo che durava da diverse udienze e sempre per caccia illegale, è stato condannato un polesano. Stavolta rodigino, che venne sorpreso da alcune guardie del Wwf il 20 settembre del 1998, il giorno dell' apertura della stagione venatoria. Stava esercitando l'attività sulla sommità arginale del Po di Maistra, all' interno del Parco del Delta, in località Scanarello di Porto Viro. Quelli del Wwf lo sorpresero, secondo le loro testimonianze, con il fucile da caccia carico e due germani abbattuti. Con pubblico ministero D'Angelo, il giudice del Tribunale di Adria Miazzi lo ha condannato a 7 giorni di arresto, 700mila lire di ammenda, pena sospesa, al risarcimento di un milione e mezzo al Wwf di Rovigo e di un milione a Italia Nostra sempre di Rovigo, che si erano costituite parti civili ed erano rappresentate dall'avvocato Malaspina. Inoltre, il rodigino è stato condannato al pagamento delle spese legali e alla confisca e distruzione dei due animali sequestrati. La tesi difensiva era affidata all'avvocato Azzano Cantarutti che ha sostenuto nel corso del dibattimento che la selvaggina era stata abbattuta fuori dal Parco e che il cacciatore si era recato all'interno soltanto allo scopo di raccoglierla. In tal modo, il giudice di Adria ha accolto le tesi dell'avvocato di parte civile che ha insistito sull' articolo 12 della legge 157/92 sulla caccia, secondo il quale "è considerato esercizio venatorio anche il vagare e il soffermarsi alla ricerca della fauna selvatica con gli strumenti - armi - adatti a tale scopo". Un principio questo più volte ribadito dalla Cassazione, ricordano al Wwf, ragione per cui nulla importa che gli animali siano stati abbattuti fuori da una zona protetta e siano poi morti all'interno della stessa. Anche se poi, nel caso specifico, secondo le guardie del Wwf, il cacciatore in questione venne sorpreso con il fucile carico.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 15 Maggio 2001: <<TRIBUNALE. Il Wwf traccia un bilancio delle cause che sono state giudicate dalla sezione di Adria.Parco, zona off-limits per i cacciatori.Otto le doppiette condannate. "Siamo soddisfatti. Le leggi vengono fatte rispettare">>.Con l'ultima sentenza, del 27 Aprile scorso (nella quale il giudice di Adria, Lorenzo Miazzi, ha condannato alla "solita" ammenda, più risarcimento danni al Wwf e pagamento delle spese processuali, M.P., consigliere comunale di Porto Tolle, residente a Pila ed il suo "ospite", G.L., di Ravenna, per il reato di introduzione di armi nel Parco), si è conclusa la prima tranche dei processi per caccia ed introduzione armi nel Parco, che ha visto come accertatori il Commissariato P.S. di Porto Tolle e le guardie del Wwf di Rovigo (la seconda tranche riguarderà cinque casi accertati dalle guardie provinciali). I fatti sono relativi a reati rilevati dal 1997 (primo anno di istituzione del Parco) al 1999. Le persone denunciate per caccia nel Parco, in questa prima fase, sono state in totale otto. Cinque hanno scelto "il rito abbreviato" (oblazione o patteggiamento). Tre hanno preferito il dibattimento (con le condanne "esemplari", maggiorate delle spese per risarcimento danni al Wwf e ad Italia Nostra). Le persone denunciate per introduzione di armi nel Parco (nessuna delle quali, ad ogni modo, era stata tratta a giudizio per il transito con armi su ponti o strade del Parco) sono state quattro. Uno ha patteggiato, gli altri tre sono stati condannati (anche in questo caso con pene "incrementate" dal risarcimento danni alle associazioni ambientaliste). E' giunto, quindi, il momento di trarre un bilancio di tutta la vicenda, spiega il Wwf: "1) è stata riconosciuta dal Giudice la liceità della costituzione di parte civile delle associazioni ambientaliste (assai discutibile, per contro, la scelta di non costituirsi parte civile da parte dell'Ente Parco); 2) è stata confutata la tesi difensiva secondo la quale la mancanza di tabelle legittima l'impunità per caccia nel Parco; 3) è stato precisato che l'introduzione di armi nel Parco può essere consentita previa autorizzazione dell'Ente Parco, cosa "non digerita" dai responsabili delle associazioni venatorie, che ancora continuano a negare il tenore letterale della legge 394 e le sentenze del Giudice, ed a chiedere inspiegabilmente "aiuto", di nuovo, a "organi non legittimati", come Prefetto, Questore, Assessorato alla Caccia, ecc.; 4) sono state "smascherate" strani rapporti tra l'Assessorato alla Caccia provinciale e Federcaccia (creazione di un falso in atto pubblico per legittimare la caccia nel Parco non tabellato e formulazione di impropri pareri sull'introduzione di armi, contrari alla legge ed all'orientamento della giurisprudenza); 5) il Questore, in ottemperanza alla legge sulla caccia, ha sospeso numerose licenze ai cacciatori resisi responsabili della commissione degli illeciti venatori". Il Wwf si dichiara soddisfatto non certo per la condanna dei singoli cacciatori (spesso vittime del caos informativo artatamente creato dalle loro stesse associazioni), quanto per la consapevolezza che, finalmente, l'area protetta ha un senso anche perché le leggi che l'hanno istituita vengono fatte rispettare dalle forze dell'ordine e dalla Magistratura.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 4 Settembre 2001: <<ATTIVITÀ VENATORIA. I vigili provinciali hanno individuato due cacciatori di frodo in un appostamento temporaneo sul Po di Maistra. Allarme bracconieri nel Parco protetto. Fuggono all’arrivo delle guardie abbandonando 30 anatre, ricetrasmittenti, richiami e un cellulare>>.Non c'erano solo i cacciatori autorizzati e in regola - peraltro pochi e alla fine piuttosto insoddisfatti dei carnieri ottenuti - all'inaugurazione della prima preapertura senza divieti per l'attività venatoria da appostamento nel Delta. I vigili provinciali hanno individuato in una coegia nei pressi di Pila, in piena zona protetta dai divieti imposti dal Parco, due bracconieri che, alla vista delle guardie, si sono dati a una fuga precipitosa abbandonando sul posto la maggior parte del necessaire per la loro attività di frodo.Secondo il rapporto dei vigili, si è trattato di un autentico "fuggi fuggi", dato che i due, solo per un pelo, sono riusciti a evitare la contestazione della flagranza di reato e il conseguente sequestro dei fucili. Tutto il loro armamentario è però rimasto sul posto. Sono state ritrovate un ben trenta anatre uccise, un fodero, richiami vietati, le ricetrasmittenti con le quali i bracconieri mantengono i contatti e individuano i dialoghi di collegamento delle radio dei vigili provinciali e dei vigilantes volontari. La vera sorpresa è consistita però nel ritrovamento all'interno della coegia contro canna - questo il nome dell'appostamento, che da quest'anno è stato declassato a temporaneo, consistente nell'ancoraggio di un barchino a una mimetizzazione fatta con canne tagliate - di un telefonino cellulare, attraverso il quale non è stato difficile risalire al proprietario. L'identità e l'attività dei due bracconieri è infatti da tempo conosciuta dai rappresentanti delle forze dell'ordine e della vigilanza provinciale, anche se, mancando la flagranza, il reato di caccia di frodo non è stato immediatamente contestato. Singolare invece la spregiudicatezza e la sicurezza nell'impunibilità che pare abbiano dimostrato i due, successivamente sentiti da poliziotti e vigili. Uno dei bracconieri, pur riconoscendo che il cellulare ritrovato è di sua proprietà, si è chiesto stupito come mai il suo telefonino fosse andato a finire proprio in un appostamento dentro al Parco. Il problema della caccia di frodo all'interno di zone protette resta uno dei più spinosi sul fronte della tutela di zone destinate alla protezione della fauna e alla salvaguardia dell'integrità ambientale. Tra l'altro, si è saputo anche che i due bracconieri che sostavano nei pressi di Pila non erano soli. Altri spari sono stati uditi lungo il Po di Maistra sicuramente provenienti dall'interno delle aree tutelate.

Il “Gazzettino-cronache di Rovigo” del 22 Ottobre 2001: <<CACCIA .Sabato è scattato un blitz dopo vari episodi di attività venatoria illecita e al sequestro con aggressione ai danni di un agente. Sei denunciati per bracconaggio. Maxi operazione nel Delta di Forestale, Polizia di Stato e provinciale: identificate 52 persone.>> Sei denunciati per bracconaggio e cinquantadue persone controllate. È il risultato di una maxi operazione contro la caccia illegale nel Delta eseguita sabato dal Corpo forestale, dalla Polizia di Stato e dalla Polizia provinciale. La giornata di controlli è scatta alle prime ore del mattino nel territorio del Po e del Parco. Ventinove uomini della Forestale in servizio a Porto Tolle, in Polesine e anche nelle province di Padova, Vicenza, Verona e Belluno, hanno passato al setaccio il territorio deltizio, con due loro natanti, uno della Polizia di Stato di Porto Tolle e altri due della Polizia provinciale polesana, ognuno con i propri equipaggi. Un'azione necessaria dopo gli ultimi episodi di caccia illegale, arrivati fino al sequestro e all'aggressione di un agente della Polizia provinciale di Venezia da parte di bracconieri, a Piovini di Chioggia (Venezia) il 29 settembre. Come detto, sono state identificate 52 persone, verifiche che hanno portato alla denuncia di sei cacciatori, due dei quali sorpresi nell'area del Parco utilizzando pure tre richiami acustici non consentiti. Questi ultimi sono stati sequestrati, insieme a sei fucili da caccia e a dodici stampi, oltre ai carnieri pieni di cacciagione. Sono stati anche contestati tre processi verbali amministrativi. Il Delta, dunque, ha dovuto registrare un'altra giornata di attività venatoria al di là delle leggi, che rinfocolerà le polemiche da parte delle associazioni ambientaliste, anche loro impegnate in azioni di controllo e repressione della caccia abusiva, sia fuori dal calendario venatorio che nelle zone non consentite, fino all'uso di richiami di ogni tipo non consentiti.

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(18)"la rimozione delle tabelle"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 18.10.1997: <<Ambiente. Denuncia dei Verdi in Regione. Cacciatori nel delta del Po. Rossi: "Proteggete il Parco"". I controlli della Forestale non sono sufficienti>>.<<Malgrado l'istituzione del Parco, nel Delta del Po viene ancora esercitata la caccia>>.E' la pesante denuncia di Ivo Rossi, presidente del gruppo dei Verdi in Regione, lanciata attraverso un'interrogazione alla Giunta Galan con la quale chiede sia immediatamente avviata un'opera di repressione di ogni violazione. Rossi sollecita l'esecutivo regionale a formulare i chiarimenti richiesti all'assessore provinciale alla caccia di Rovigo Gianni Vidali il quale, in un primo momento, era stato portato a ritenere che fosse lecito cacciare all'interno del Parco, <<ma successivamente - riprende il capogruppo degli ambientalisti in Regione - in un momento di maggiore riflessione, ha ritenuto opportuno chiedere informazioni in merito al Presidente della Giunta. <<Nella sua interrogazione, Rossi osserva che le violazioni avvengono malgrado il presidente della Provincia Alberto Brigo, ancora il 26 settembre scorso, abbia decretato che "è vietato a chiunque l'utilizzo delle postazioni di caccia fisse o temporanee, ubicate all'interno del Parco del Delta".<<Non solo - prosegue Ivo Rossi - sono state trasmesse alle associazioni venatorie, il 1° ottobre scorso, le planimetrie complete del Parco, con la precisazione che "per tutti i rami deltizi il confine dell'oasi coincide sempre con il profilo dell'unghia arginale lato campagna", per cui la caccia all'interno delle sponde del fiume è comunque preclusa>>.Il consigliere verde ricorda che, nel corso di una recente operazione, il Corpo forestale dello Stato ha individuato due cacciatori intenti ad esercitare l'attività venatoria in un'oasi, addirittura <<dopo aver rimosso le tabelle di delimitazione installate appena il giorno precedente>>. Per Rossi, <<l'esercizio della caccia nei parchi naturali regionali rappresenta un illecito anche se nell'area protetta i cartelli delimitativi non siano ancora stati installati o, peggio, siano stati preventivamente rimossi>>. Il capogruppo dei verdi rimanda a due sentenze del Pretore di Patti e a una del Pretore di Roma, <<che condannano diversi imputati accusati di aver esercitato la caccia in area parco, pur in assenza dei cartelli delimitativi>>.

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(19)"appostamenti abusivi"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 19.9.1999: <<Scoperti appostamenti di caccia abusivi. Dalla Capitaneria di Porto e dal W.W.F. all'interno dell'area protetta del Parco. Controlli continui>>.Proprio alla vigilia del via ufficiale della stagione venatoria in polesine, sale agli onori della cronaca un altro sconcertante episodio di violazioni alle leggi sulla caccia rilevato dalle forze di vigilanza sul Delta del Po nelle aree che ricadono nei vincoli di tutela faunistica del Parco regionale polesano.La Capitaneria di Porto di Chioggia su segnalazione delle guardie venatorie del W.W.F. di Rovigo, nel corso di un monitoraggio a campione degli appostamenti di caccia in concessione alla Provincia, si è imbattuta nell'isola della Batteria di fronte a Pila e sull'isola del Basson di Polesine Camerini in uno spettacolo ben poco edificante.A tre anni dall'istituzione del Parco del Delta e nonostante la Provincia non abbia più da tempo chiesto autorizzazioni per gli oltre cento appostamenti che ora fanno parte dell'area protetta in zona Lago del Panarin e Burcio, le botti, le coeggie e i palchetti erano perfettamente al loro posto. Si tratta di un numero altissimo di postazioni di caccia, tra l'altro ingombre di bossoli esplosi di recente a conferma di un uso regolare fino a poche ore prima.In più il personale della Capitaneria di Porto clodiense, guidato dal funzionario Giuseppe Spinoso ha rinvenuto anche una serie di sbarramenti anti intrusione, fatti dai bracconieri per evitare l'arrivo dei controlli della vigilanza.L'attività dei militari è continuata rimovendo quindi gli sbarramenti e con rilevatori satellitari è stata fatta un'identica verifica anche al Basson, zona non preclusa alla caccia, dove però sono stati contati circa un quinto di appostamenti in più di quelli autorizzati.

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(20)"il disboscamento e l'allagamento di territori demaniali per crearvi dei nuovi "laghetti" per la caccia"

Da "Il Resto del Carlino-cronache di Rovigo" dell'1.9.1993: <<La Polizia scopre una riserva di caccia. Due fratelli di Porto Tolle nei guai per capanno illegale. Infranta la legge Galasso, mancava anche la concessione>>.Hanno costruito un capanno da caccia, senza tener conto della legge Galasso sui vincoli ambientali e senza avere l'autorizzazione regionale e la concessione edilizia comunale. Con l'accusa di <<scempio ambientale>> in base all'art. 347 C.P.P., sono stati segnalati alla magistratura due fratelli di Porto Tolle, P. e D. M., il primo di 33 anni, il secondo di 23, residenti nel paese bassopolesano in via Garibaldi 26.Secondo la denuncia inoltrata dal commissariato di Polizia di Porto Tolle, i due sono stati sorpresi mentre stavano ultimando un capanno per la caccia, su una superficie a vincolo ambientale, in area demaniale nella golena del Po di Maistra, nei pressi di Cà Venier. Una zona sottoposta a vincolo della legge Galasso; una costruzione , quella dei due fratelli, di natura diversa a livello edilizio, che comportava un mutamento definitivo e rilevante dell'assetto urbanistico-territoriale del luogo. Inoltre i due avrebbero agito senza avere ottenuto l'autorizzazione regionale e la concessione urbanistico-edilizia del Comune.L'area in questione, di 4.400 metri quadrati, è stata trovata completamente disboscata e delimitata con argine perimetrale alto un metro, isolato con nylon, con l'evidente scopo di renderli impermeabilizzati per contenere acqua. Secondo le ipotesi, il bacino sarebbe poi stato riempito d'acqua per farne una riserva di caccia. L'area non era visibile dai naviganti del fiume, in quanto protetta da una folta vegetazione. E' stata la paziente opera di un agente di polizia a scoprire la riserva abusiva, dopo avere navigato in quella zona con una canoa ha notato lo spiazzo e si è incuriosito. Quindi ha effettuato degli appostamenti per una settimana al fine di individuare gli autori dello <<scempio>>. Attesa vana, perché il lavoro si svolgeva nei giorni di festa. Il commissariato ha quindi deciso di fare un appostamento domenicale ed ha infine sorpreso i due fratelli al lavoro, mentre completavano il capanno. I due sono stati fermati, interrogati e quindi denunciati. Spetterà ora alla magistratura provvedere al sequestro dell'area di proprietà demaniale per la quantificazione dei danni.

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(21)"la caccia in periodo di chiusura generale"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 29.8.1999: <<Un arresto per porto abusivo di arma clandestina. Trovati con fionde e fucili dentro al Parco del Delta, Un altro uomo è stato denunciato a piede libero>>.Transitavano nell'area del Parco del Delta con armi ed oggetti atti ad offendere. Fermati dai carabinieri ora sono entrambi nei guai. Giovanni Ferrari, 44 anni, residente in via Concato 4 a Villadose, è addirittura finito in carcere, per essere stato sorpreso con una carabina ad aria compressa a ripetizione senza matricola. L'accusa per lui è di porto abusivo di arma comune da sparo e detenzione di arma clandestina. L'amico che era con lui, L.R., 53 anni, residente a Rovigo, è stato invece denunciato a piede libero per porto d'armi e oggetti atti ad offendere. L'operazione è stata condotta dai carabinieri di Porto Viro, nella giornata di giovedì 26 agosto in località Scanarello, in una delle valli del parco del delta.Oltre alla carabina senza il numero di matricola, sono stati sequestrati 60 piombini, una fionda professionale ed altre due di fattura artigianale, 20 sfere d'acciaio, 28 piombini di un'altra carabina ed un cannocchiale di precisione. Il luogo dove gli uomini dono stati trovati e l'armamentario che avevano con sé fa pensare a dei bracconieri anche se gli inquirenti non si sbilanciano. La grande questione che anima i cacciatori della zona, chiamati a sparare dal 19 settembre, ma forse anche dalle due settimane precedenti, se verrà concessa la preapertura, è comunque quella riguardante il divieto assoluto, non solo di cacciare, ma anche di transitare attraverso il parco portando con sé le armi.

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(22)"il maltrattamento degli animali"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" dell'11.2.1998: <<Dieci anatre vive nel bagagliaio, condannato. Per la prima volta in Polesine un cacciatore giudicato colpevole di maltrattamento di animali>>.Un cacciatore è stato condannato a un milione e mezzo di multa per maltrattamento di dieci anatre. L'inedita sentenza per quanto riguarda il Polesine è stata pronunciata il 16 dicembre scorso dal Pretore di Adria, ma solo nei giorni scorsi è stata depositata la motivazione del giudice.Il fatto si era verificato il 7 ottobre 1995. A Cà Venier una pattuglia del Commissariato di Porto Tolle, durante un normale servizio di controllo, fermò l'autovettura condotta da un cacciatore. Si trattava di V.A., 45 anni di Porto Viro. Nel bagagliaio della vettura, una Fiat 128, i poliziotti trovarono due sacchi chiusi con un legaccio e contenenti ciascuno cinque anatre vive. L'uomo stava tornando a casa dopo una battuta di caccia e i poliziotti ravvisarono a suo carico il reato di maltrattamento di animali come previsto dall'art. 727 del Codice Penale. Al termine del processo il Pretura ad Adria il cacciatore portovirese è stato condannato.

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(23)"mancato rispetto delle distanze dalle abitazioni"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 21.9.1999: <<Caccia. A Porto Viro singolare infortunio per l'apertura della stagione venatoria. Ferti dai pallini dell'assessore. Due coniugi sono dovuti ricorrere alle cure dei medici. Guariranno in otto giorni>>.Cacciava fagiani, ha colpito accidentalmente una coppia di coniugi. E per le 3.065 doppiette polesane iniziano i primi guai.L'apertura della stagione venatoria, domenica scorsa, ha già fatto registrare un incidente.Una coppia di Porto Viro è rimasta ferita da un paio di pallini impazziti piombati a pochi metri dall'ingresso della loro abitazione in via Venier.R.S., 45 anni, e sua moglie, M.T., 40 anni, sono dovuti ricorrere alle medicazioni del pronto soccorso della casa di cura di Porto Viro per alcune ferite, fortunatamente superficiali, riportate all'addome e ad una coscia.I due erano in prossimità dell'ingresso di casa, quando dal cielo gli sono piovuti addosso i pallini: l'uomo è stato ferito all'altezza del costato, la donna alla gamba.I piombini provenivano dal fucile di un cacciatore vip: l'assessore ai Lavori Pubblici e al Bilancio del Comune di Porto Viro, Luciano Battiston.<<Mi sono subito premurato di prestare loro soccorso - commenta amaramente l'assessore - accompagnandoli personalmente fino alla casa di cura. Capita purtroppo che nella rosa sparata dalla cartuccia ci sia qualche pallino impazzito. Ma, per fortuna, non è successo niente...>>.La ferita all'addome dell'uomo e alla coscia della donna sono state entrambe giudicate guaribili in 8 giorni.Sul posto sono intervenuti i carabinieri della stazione di Porto Viro che hanno provveduto immediatamente all'identificazione dell'assessore 55enne.Dell'episodio è già stata informata sia l'autorità giudiziaria che quella amministrativa: occorrerà verificare, infatti, se Battiston ha rispettato le distanze previste dalla normativa in tema di caccia.Tutta la dinamica è comunque al vaglio dell'Arma, mentre il cacciatore rischia una denuncia per lesioni colpose.Anche lo scorso anno in Polesine all'apertura della stagione venatoria si verificarono alcuni incidenti simili.

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(24)"l'introduzione di armi nel Parco"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 28.01.01: <<Tribunale. Trentanovenne di Boccasette.Con il fucile nel Parco Cacciatore patteggia>>Un altro cacciatore è finito davanti al Tribunale di Adria. G.F., trentanovenne di Boccasette, ha patteggiato con il giudice Lorenzo Miazzi una pena a quattrocentomila lire di ammenda. L'uomo era accusato di aver introdotto armi e munizioni nel Po di Maistra, nell'area del Parco del Delta.

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 04.02.2001: <<È vietato introdurre armi nel Parco ...>> È vietato introdurre armi nel Parco del Delta. Nella querelle che oppone associazioni dei cacciatori e Wwf, da venerdì, c'è un nuovo "fatto" giuridico, importante. Si tratta di una sentenza pronunciata dal giudice del Tribunale di Rovigo sezione di Adria, Lorenzo Miazzi, secondo la quale un cittadino di Porto Tolle, difeso dall'avvocato Luca Azzano Cantarutti, è stato condannato per introduzione di armi nel Parco del Delta. Sono estremamente soddisfatti, poco ci manca che esultino, quelli del Wwf, e non tanto perché il suddetto cacciatore di Porto Tolle è stato condannato a 200.000 lire di ammenda, alle spese processuali e ad 1 milione di risarcimento alla loro associazione ma in quanto, dicono, si tratta in assoluto della prima condanna con sentenza. I fatti cui si riferisce il processo che è stato celebrato ad Adria si riferiscono ad avvenimenti accaduti il 26 dicembre del 1998 quando il cacciatore di Porto Tolle veniva fermato dalla Polizia di Stato in prossimità della foce del Po di Donzella. «Ci auguriamo che pian piano, anche se per noi troppo piano, si faccia chiarezza su tutto» è il commento degli ambientalisti costituitisi parte civile con l'avvocato Valerio Malaspina.

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(25)"reati in materia di armi

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 22.4.2001: <<CACCIATORE NEI GUAI. Con le armi da guerra in casa>>. Deteneva illegalmente circa 5mila cartucce da caccia più alcune munizioni per armi da guerra. Per questo D.A., 54enne residente nella frazione portotollese di Ca' Zuliani, è stato denunciato a piede libero. Venerdì mattina, quando gli uomini del commissariato di polizia di Porto Tolle hanno perquisito la sua abitazione, si sono trovati di fronte una sorta di santabarbara, con un quantitativo di munizioni cinque volte superiore a quelle che un cittadino in possesso di una regolare licenza di caccia è autorizzato a detenere. Per D.A. si configura una duplice violazione che lascia però aperto il campo delle ipotesi sulle ragioni che hanno spinto l'uomo a costituire un simile deposito. In ogni caso, è l'illecita detenzione anche di munizioni da guerra che potrebbe costituire il reato più grave. Per questi ultimi D.A. si sarebbe giustificato sostenendo che si tratta di "ricordi" del servizio militare, ma questo non gli certo evitato il sequestro delle munizioni e la denuncia a piede libero all'autorità giudiziaria.

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(26)"il reato di rifiuto di farsi identificare, l'oltraggio, la violenza e la resistenza a pubblico ufficiale"

Da "Il Gazzettino-cronache di Rovigo" del 7.11.2000: <<Porto Tolle. Sorvegliavano nell’area del Parco del Delta. Due cacciatori aggrediscono vigili provinciali. Erano in una zona vietata. Denunciati per minacce e lesioni a pubblico ufficiale>>Stavano cacciando in un appostamento fisso in una zona del Parco. E quando hanno visto i vigili provinciali arrivare hanno perso la calma. Nel giro di pochi minuti si è passati dalle parole ai fatti e chi ha avuto la peggio sono stati proprio i vigili provinciali che hanno riportato ferite guaribili in 15 giorni. Due cacciatori di Taglio di Po, S.T. e S.B., sono stati denunciati dalla Polizia per esercizio della caccia in zona vietata, resistenza, minaccia e lesioni e pubblico ufficiale. L'episodio risale a sabato scorso. Erano da poco trascorse le 7 quando due vigili provinciali, L.V., e O.M, in seguito ad una segnalazione, hanno notato i due cacciatori nella zona dell'alveo del Po di Maistra. Quando sono giunti sul posto hanno chiesto i documenti, ricordando che la selvaggina doveva essere sequestrata. Prima è volata qualche parola di troppo e poi qualche colpo. Alla fine un terzo vigile provinciale ha dato l'allarme e sul posto è immediatamente intervenuta una pattuglia del commissariato di Porto Tolle. I cacciatori sono stati denunciati, mentre i vigili provinciali hanno riportato ferite ad una mano e alle spalle.