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Notizie per la pace

 


L' EMERGENZA CHIAPAS

 

Dossier a cura della redazione di Peacelink News.
 
TESTI - ARTICOLI - COMUNICATI - INTERVENTI TESTIMONIANZE - INDIRIZZI
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La versione aggiornata di questo dossier e' disponibile all' indirizzo:

http://www.metro.it/gubi/pck/chiapas.txt

 


SOMMARIO

  1. I fatti
  2. LA SITUAZIONE PRIMA DEL MASSACRO
  3. COMUNICATI
    1. COMUNICATO EZLN - 23 DICEMBRE 1997
    2. COMUNICATO EZLN - 9 GENNAIO 1998
    3. COMUNICATO DIOCESI SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS - 9 GENNAIO 1998
    4. COMUNICATO CONAI - 11 GENNAIO 1998
  4. NOTIZIE - ARTICOLI - DOCUMENTI
    1. Donne, indie e zapatiste nella guerra del Chiapas - Guiomar Rovira
    2. "La Jornada" - 23 dicembre 1997 - Hermann Bellinghausen, inviato
    3. Natale di orrore in Chiapas - Kollettivo Estrella Roja - Cesena
    4. Intervento di Mumia Abu Jamal
    5. Articolo di Fausto Bertinotti - (da "Liberazione")
    6. Napoli per il Chiapas - Un esempio da seguire
    7. Non isoliamo Samuel Ruiz !
    8. Lettera di solidarieta' e denuncia - Pedro Casaldaliga
    9. Il Chiapas visto da Pedro Casaldaliga
    10. Giudizio cristiano sul neoliberismo
  5. COSA SI PUO' FARE ?
    1. Per sostenere la popolazione del Chiapas
    2. Salviamo la storia dei popoli con i media indipendenti
  6. IL CHIAPAS SU INTERNET - agenda telematica

I FATTI

 

45 ASSASSINATI DAI KILLER DI STATO MESSICANI.

 

Il 22 dicembre scorso in Messico 45 bambini, donne, uomini indigeni messicani del Chiapas sono stati uccisi dai "priisti" delle bande paramilitari affiliate al PARTITO RIVOLUZIONARIO ISTITUZIONALE (PRI) del presidente Zedillo.

 

Lunedi' 22 dicembre nella comunita' Acteal, municipio di San Pedro di Chenalho', Chiapas, un gruppo di uomini armati ha attaccato una comunita' di indigeni di etnia tzotzil che si trovavano riuniti in preghiera. Per ore e ore le armi automatiche caricate a proiettili esplosivi hanno inseguito, ucciso, dilaniato e mutilato uomini, donne e bambini inermi. Sono stati ammazzati 45 indigeni che si trovavano in tende arrangiate dopo il precedente attacco di forze paramilitari dei giorni scorsi.

UN BAMBINO SOPRAVVISSUTO AL MASSACRO

 

Rifugiatisi in chiesa sono state mitragliate e uccise 45 persone, tra cui 21 DONNE E 15 BAMBINI, altri 25 indios feriti, tutti venivano caricati su autombulanze della croce rossa che sono state rallentate dai colpi di mitragliatrice arrivati addosso, nonostante la presenza dell'ONU a 200 metri dalla chiesa e la ripetuta e insistente richiesta di intervento al governo da parte degli osservatori di pace che da giorni denunciano il precipitarsi della situazione in Chiapas. Tardivo e' stato, e solo dopo estenuanti insistenze l'intervento poliziesco perche' cessassero di sparare sulla croce rossa.

 

INTRODUZIONE ( a cura del comitato Chiapas di Torino)

 

In questi giorni molte notizie terribili sono giunte dal mondo a turbare la nostra quiete. Tra una fetta di panettone ed un bicchiere di spumante, forse hai sentito parlare degli orrendi massacri in Algeria, che un governo illegittimo vorrebbe attribuire soltanto all'integralismo religioso. Probabilmente hai seguito in TV gli sbarchi sulle nostre coste di profughi kurdi, laceri e stremati; per poter restare e vivere devono dimostrare di essere perseguitati nel loro paese, come se non si sapesse che laggiu', dopo anni di guerra, decine di migliaia sono ormai i morti sotto le bombe turche e irachene. Ti e' capitato magari di leggere un trafiletto sulla morte silenziosa del popolo Nuba in Sudan o dell'etnia Ogoni in Nigeria. Puo' darsi che tu ti sia chiesto perche' il governo israeliano continui a non rispettare gli accordi sottoscritti con i palestinesi e cerchi in tutti i modi di far saltare il processo di pace. Soprattutto ti sei chiesto perche' nel sud del Messico, nello Stato di Chiapas, paese di sole e di mare, di foreste selvagge, di spiagge incantevoli e tesori archeologici, ci siano squadroni della morte che uccidono a fucilate indios inermi, che massacrano a colpi di machete bambini e donne incinte, che saccheggiano e incendiano le comunita' indigene. E forse ti sarai chiesto anche perche' Esercito e Polizia, anziche' colpire gli assassini, stiano assediando le popolazioni vittime di quelle atrocita', infliggendo nuove violenze e vessazioni. Di questo vogliamo parlarti oggi, senza dimenticare tutti i popoli che nel mondo soffrono a causa di un sistema di potere e di mercato ingiusto e genocida.

 

Comitato Chiapas di Torino

c/o C.S.O.A. Gabrio

via Revello, 3 - Torino

http://www.ipsnet.it/chiapas

 

 

1 - LA SITUAZIONE PRIMA DEL MASSACRO

 

La storia del Chiapas e' intrisa di sangue indigeno!

 

Nel 1994 i maya si sono sollevati in armi per rivendicare il loro diritto ad esistere e a vivere. Emiliano Zapata e' il loro riferimento, colui che nel 1919 venne assassinato perche' voleva terra e liberta' per indios e campesinos. La rivoluzione di Zapata non arrivo' in Chiapas perche' i grandi proprietari terrieri e gli allevatori organizzarono le loro bande armate e si allearono infine con il nuovo sistema di potere sorto dalla Rivoluzione del 1910, a patto che non venissero colpite le loro proprieta'. La riforma agraria non venne attuata. Le strutture di sfruttamento coloniale rimasero intatte: semischiavitu', analfabetismo, guardie bianche, repressione dei movimenti popolari attraverso una violenza permanente. Devi sapere che, come agli inizi del secolo, ancora oggi latifondisti, grandi commercianti ed allevatori ricoprono i piu' importanti incarichi politici. Un gruppo ridottissimo di famiglie divide con le multinazionali straniere il potere economico e politico. Come allora i ricchi, i latifondisti, finanziano ed armano le loro squadracce che, soprattutto nel nord e ne Los Altos di Chiapas, seminano terrore e morte e provocano l'esodo disperato di migliaia di indigeni. Tutto questo nella assoluta impunita' perche' governanti e poteri locali coprono, quando non sostengono, questo stato di cose. E l'Esercito Federale, anziche' disarmare gli assassini, si accanisce contro le comunita' in resistenza che, nonostante le continue provocazioni, mai hanno fatto uso delle armi.

 

Per concludere, ti informiamo che i paesi dell'Unione Europea stanno per siglare importanti accordi commerciali con il Messico. Ti chiediamo un aiuto perche' questo non accada, perche' il Governo italiano non puo' e non deve intrattenere relazioni con uno Stato che viola sistematicamente i diritti umani. Ti chiediamo di firmare per chiedere al Governo italiano di intraprendere ogni azione a livello diplomatico ed economico per costringere il Governo messicano a:

 

- sospendere immediatamente ogni azione di guerra.

 

- smilitarizzare lo Stato di Chiapas e le altre regioni indigene del Messico.

 

- disarmare le bande paramilitari e processarne i membri.

 

- rispettare gli accordi su diritti e cultura indigeni, gia' sottoscritti nel

'96 con gli zapatisti.

 

P.S. Mentre l'ex presidente del Messico, Carlos Salinas De Gortari, viene indicato, in attendibili inchieste giornalistiche, come uno dei massimi finanziatori degli squadroni della morte, dalla storia antica emerge un aneddoto inquietante: agli inizi del 1500 fu un luogotenente di Cristoforo Colombo a sterminare gli indios di Portorico e Santo Domingo. Amava offrirli in pasto ai cani. Nel 1503, in un solo giorno, ne fece ammazzare 7000. Questo "nobile condottiero" si chiamava Juan Ponce de Leo'n. Come l'attuale presidente del Messico, Ernesto Zedillo Ponce de Leo'n.

 

Comitato Chiapas di Torino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2 - COMUNICATI

 

2.1 - COMUNICATO 23 DICEMBRE 1997

 

ESERCITO ZAPATISTA DI LIBERAZIONE NAZIONALE

22 Dicembre 1997.

Alla Societa' Civile Nazionale e Internazionale.

 

Fratelli e sorelle:

Perche''?

Quanti ancora?

Fino a quando?

 

Dalle montagne del Sudest Messicano

Subcomandante Insurgente Marcos.

Messico, Dicembre 1997

 

Comunicato del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno.

Comando Generale del Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Messico.

23 di Dicembre 1997.

 

Al Popolo del Messico.

Ai popoli ed ai governi del mondo

Alla stampa nazionale e internazionale.

 

In relazione al massacro degli indigeni nella comunita' Acteal, municipio di San Pedro di Chenalho', Chiapas, realizzata ieri, 22 dicembre 1997, l'EZLN afferma:

 

Primo. In accordo all'informazione ricevuta fino ad ora, circa 60 paramilitari del partito rivoluzionario istituzionale (patrocinati dai Governi Federale e Statale) sono stati quelli che hanno attaccato con armi di grosso calibro gli indigeni, tra cui si trovavano i rifugiati in Acteal.

 

Secondo. Come risultato della aggressione che e' durata 4 ore, sono stati assassinati almeno 45 indigeni, tra i quali si contano 9 uomini, 21 donne e 15 bambini (uno di loro aveva meno di un anno). Oltre ai morti, sono rimasti feriti 7 uomini (4 sono bambini) e 10 donne (4 di loro sono bambine).

 

Terzo. Secondo le trasmissioni via radio del Governo del Chiapas (intercettate dall'EZLN), nelle vicinanze di Acteal e durante il massacro, poliziotti della pubblica sicurezza dello stato del Chiapas appoggiavano l'aggressione e, durante le ore del pomeriggio e della notte, si sono occupati di raccogliere i cadaveri per occultare la grandezza del massacro. I signori Homero Tovilla Cristinani e Uriel Jarquin (rispettivamente Segretario e Sottosegretario del Governo del Chiapas), avevano incaricato la polizia di appoggiare questo crimine. Il signor Julio Cesar Ruiz Ferro e' stato in continuazione informato sullo sviluppo dell' "operazione" (quanto meno dalle ore 12 del 22 dicembre, quando il massacro andava avanti gia' da un'ora). Approvato dai governi federale e statale, l'attacco era stato concordato il giorno 21 dicembre in una riunione di paramilitari (diretta dal Signor Jacinto Arias, presidente municipale priista) delle comunita' Los Chorros, Puebla, Esperanza e Quextic, tutte del municipio di Chenalho'.

 

Quarto. La responsabilita' diretta di questi fatti sanguinosi ricade su Ernesto Zedillo Ponce de Leon e sulla Segreteria di Governo, che da due anni hanno dato luce verde al progetto di antiguerriglia presentato dall'Esercito Federale. Detto progetto tenta di spostare la guerra zapatista verso un conflitto tra indigeni, motivato dalle differenze religiose, politiche o etniche. Per riuscirci, si sono dedicati a finanziare con equipaggiamento ed armamento (mediante i fondi della Segreteria di Sviluppo Sociale) ed a dare addestramento militare (diretto da ufficiali dell'Esercito federale) ad indigeni reclutati dal partito rivoluzionario istituzionale. Per dare tempo a questi squadroni della morte di prepararsi, il Governo Federale Messicano ha disegnato parallelamente una strategia di dialogo simulato, consistente nel condurre un negoziato senza alcuna intenzione di rispettare quello che si sarebbe concordato ed aumentando la presenza militare nelle zone zapatiste. Il governo dello stato del Chiapas rimase incaricato di garantire l'impunita' dei gruppi paramilitari e di facilitare le loro operazioni nelle principali zone ribelli: Nord, Selva e Altos del Chiapas.

 

Quinto. In questa maniera hanno unito le loro forze i Governi Federale e Statale, il partito rivoluzionario istituzionale e l'esercito federale. Il loro obiettivo e' sintetizzato nel "grido di Guerra" dei paramilitari chiamati "maschera rossa". "Facciamola finita con il seme zapatista", vale a dire, "facciamola finita con le comunita' indigene".

 

Sesto. Come parte del suo stile di governo e dimostrazione della sua "volonta' di pace", attraverso diversi canali il signor Ernesto Zedillo Ponce de Leon ha mandato minacce al comando generale dell'EZLN con il seguente messaggio: "Preferisco passare alla storia come repressore piuttosto che rispettare gli accordi con l'EZLN".

 

Questa parola l'ha davvero rispettata.Zedillo e' gia' passato alla storia come assassino di indigeni e porta sulle sue mani il sangue di Acteal.

 

Settimo. L'opportuna attenzione dei mass media sul Chiapas e la giusta indignazione della opinione pubblica nazionale e internazionale di fronte all'accaduto, hanno fatto si' che i cervelli del crimine si strappassero la parola per lavarsi le mani e per promettere investigazioni "a fondo". Non si castigheranno i responsabili, la impunita' e' garantita perche' coloro che investigano sul crimine sono gli stessi che lo hanno programmato. Per questa ragione, le dichiarazioni del signor Zedillo e dei suoi subalterni non sono Altro che demagogia.

 

Ottavo. Con la motivazione del massacro di Acteal, il governo ed i suoi portavoce tornano ad appellarsi al dialogo senza menzionare la loro determinazione a non rispettare cio' che si e' gia' concordato e solo con il proposito di avanzare nella loro strategia antiguerriglia. In questo senso, richiama l'attenzione la recente e ridicola dichiarazione della COCOPA (che ha deciso di andarsene in vacanza al posto di lavorare per la pace) sui fatti di Acteal. Dimenticano i parlamentari che colui che sta assassinando bambini, donne e uomini e' il governo, dimenticano che colui che sta facendo uso delle armi e' il governo, dimenticano che colui che rifiuta un dialogo serio e' il governo. E' a lui che devono dirigersi quando parlano di non ricorrere alla violenza e della necessita' di dialogare.

 

Nono. Nuovamente l'EZLN si appella alla societa' civile nazionale e internazionale e alle organizzazioni indipendenti affinche' non si lascino ingannare, e perche' esigano una giustizia autentica e non delle simulazioni.

 

Decimo. Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno - Comando Generale dell'EZLN sta in questi momenti completando la ricerca e analizzando l'accaduto per prendere le decisioni necessarie e pertinenti.

 

Democrazia!

Liberta'!

Giustizia!

 

Dalle Montagne del Sudest Messicano.

Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno

Comando Generale dell'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.

Messico, Dicembre 1997.

 

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

2.2 - COMUNICATO EZLN - 9 GENNAIO 1998

 

Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Messico - Gennaio 1998

 

Alla societa' civile nazionale e internazionale:

 

Fratelli e sorelle:

1

L'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale saluta la mobilitazione nazionale e mondiale che si sta realizzando questo 12 gennaio, domandando giustizia e la fine della guerra in Messico. E nella mobilitazione di questo giorno, salutiamo tutte le manifestazioni che in Messico e nei cinque continenti si sono realizzate a seguito del massacro di Acteal, della ripresa della persecuzione degli zapatisti nelle montagne del sudest messicano, e dell'inadempienza governativa degli Accordi di San Andres.

 

Uomini, donne, bambini e anziani, di tutte le classi sociali, di razze diverse, di idiomi diversi, di differenti paesi in tutto il mondo, hanno unito le loro voci per dire Ya Basta! allo sterminio dei popoli indios del Messico.

 

I migliori pensatori del Messico e del mondo si sono manifestati per richiedere una soluzione pacifica ai reclami indigeni, per esigere giustizia per il genocidio di Acteal e per arrestare la persecuzione contro gli zapatisti.

 

Il 12 di gennaio e' per noi un giorno di festa, la festa dell'incontro.

 

In questo giorno ricordiamo e salutiamo il fatto che voi e noi ci siamo incontrati. Le nostre aspirazioni sono le stesse: democrazia, liberta' e giustizia per tutti. I nostri cammini sono differenti, pero' in noi non ha ceduto l'impegno che la vita illumini ed accompagni le tre richieste fondamentali.

 

Questo 12 gennaio, mentre in Messico e nel mondo si esige giustizia e rispetto per gli indigeni messicani, il governo continua con la sua strategia di bugie, tradimenti ed omicidi.

 

In questi giorni, gli ambasciatori del governo girano per il mondo per vendere le falsita' e per occultare il massacro. Pero' a questo livello, per nessuno e' ormai un segreto che il 22 dicembre 1997 il governo messicano ha mandato ad assassinare 45 bambini, donne e uomini nella comunita' indigena di Acteal. Squadroni della morte, armati, addestrati e diretti dal governo hanno attaccato un gruppo di indigeni, hanno dato il colpo di grazia a bambini feriti, hanno aperto il ventre di donne incinte, hanno annientato tutto cio' che hanno trovato sul loro passo.

 

Per quei bambini morti, per quelle donne squartate come animali, per quegli uomini assassinati, chiediamo giustizia. In questa richiesta coincidiamo tutti, sia noi che voi, in Messico e nel mondo. Giustizia per i morti, castigo per i reali assassini.

 

Non esiste dubbio sul fatto che la Procura Generale della Repubblica (PGR) stia facendo tutto il possibile per occultare cio' che e' successo, per sviare l'attenzione e perche' l'ingiustizia faccia da corona alle tombe dei morti di Acteal.

 

Acteal e' il simbolo di un modo di governare: quello di chi simula la pace e fa la guerra; quello di chi finge di dialogare mentre prepara il tradimento; quello di chi promette una soluzione pacifica e intanto assassina innocenti.

 

Il governo ha programmato il massacro. Il governo ha preparato ed equipaggiato gli assassini. Il governo e' arrivato dopo per cercare di cancellare le tracce. Il governo si sforza adesso di presentare il massacro come un conflitto minore, prodotto di rancori interni e di una "guerra tra poveri" a cui e' estraneo. Pero' da almeno due anni, il governo federale messicano ha mandato avanti una strategia antiguerriglia per armare, addestrare e dirigere le bande paramilitari, con l'obiettivo di farle scontrare con le basi d'appoggio zapatiste.

 

Acteal e' il simbolo della guerra di sterminio, l'autentica risposta governativa alle giuste richieste dei popoli indigeni del Messico.

 

"Sterminare le basi zapatiste" e' lo slogan delle bande criminali del governo. Il loro modo d'agire ha provocato lo sfollamento di migliaia di famiglie indigene, zapatiste e non zapatiste, dalle loro comunita'. Si sta cercando di far arrendere questi profughi prendendoli per la fame e per la morte, con l'appoggio complice del governo che per primo li perseguita ed assassina, e poi offre loro aiuti umanitari con l'unico fine di lavare la sua immagine all'estero.

 

Alle esigenze mondiali di giustizia, il governo risponde come se niente fosse successo. Il massacro rimane dietro e si converte, per magia della bugia governativa, in un altro fatto ancora di violenza fra famiglie, si rimuovono funzionari e si sostituiscono con altri che garantiscano l'impunita' di quelli che se ne vanno ed il governo messicano si lamenta che, dopo aver in tutti i modi tentato di perseguitarli e di ucciderli, gli indigeni ribelli si comportino ancora con dignita' e non accettino le elemosine con cui si pretende di comperare il loro silenzio, il loro perdono e il loro oblio.

 

Pero' Acteal e' anche il simbolo della lotta di due sforzi: quello del governo che cerca di far si' che l'oblio e l'impunita' trionfino; e quello della societa' civile che esige una giustizia autentica e si rifiuta di dimenticarsi del peggior crimine degli ultimi 30 anni.

 

E la lotta per la memoria e la giustizia e' la lotta per la pace degna.

 

In questa lotta rimaniamo voi e noi.

 

Ne' i massacri ne' le persecuzioni, ne' le bugie ne' le simulazioni daranno come risultato una soluzione autentica.

 

Non verranno dal governo ne' la pace ne' la giustizia.

 

Verranno dalla societa' civile, dalle sue iniziative, dalle sue mobilitazioni.

 

A lei, a voi, parliamo oggi.

 

Ci aggiungiamo al vostro reclamo di giustizia.

Ci uniamo alla vostra esigenza di fine della guerra e della persecuzione.

Aderiamo alla vostra richiesta di pace con giustizia e dignita'.

 

E accanto a tutti reclamiamo, da subito, il rispetto degli Accordi di San Andres.

 

L'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale saluta questo 12 gennaio le mobilitazioni che in Messico e in tutto il mondo sono in atto. Accanto a tutti voi, noi esigiamo ...

 

Democrazia!

Liberta'!

Giustizia!

 

Dalle montagne del sudest messicano

Subcomandante insurgente Marcos

 

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

2.3 - COMUNICATO DIOCESI SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS

 

San Cristobal de Las Casas, Chiapas.

9 gennaio 1998.

 

COMUNICATO STAMPA

 

La Diocesi di San Cristobal de las Casas rifiuta energicamente le accuse contro Don Samuel Ruiz Garcia, vescovo di questa diocesi, fatte nella conferenza stampa tenuta oggi dal generale Jose' Gomez Salazar, Comandante della VII Regione Militare, in base a tre testi di contenuto religioso che furono trovati nelle vicinanze di Yalchiptic, Municipio de Altamirano, Chiapas durante una operazione di controinsurrezione. Per conoscenza dell'opinione pubblica vogliamo dichiarare che questi tre libri sono effettivamente editi dalla diocesi; si tratta di una traduzione in lingua tojol abal del Vangelo secondo San Marco, un canzoniere popolare religioso e un testo di catechesi riguardo la celebrazione e il significato del Sacramento del Battesimo e la devozione del Santo Rosario.

 

Non neghiamo la nostra paternita' - come diocesi - di questi testi e traduzioni, poiche' l' apostolo paolo ci dice "guai a me se non predico il vangelo !" Non cessa di stupirci che l'apparizione di questi materiali di diffusione della Fede a disposizione di qualunque cattolico siano ora considerati come prova di un ipotetico coinvolgimento della Chiesa nel movimento armato in quanto tale.

 

Informiamo anche che, attendendo alle gravi necessita' dei dispersi della regione, la Diocesi di San Cristobal, in coordinamento con la Commissione Nazionale per i Diritti Umani e la benemerita Croce Rossa, sta partecipando attivamente alla fornitura di alimenti, di cure mediche e alla soluzione di altri problemi di queste persone e comunita'.

 

Per la Diocesi di San Cristobal de Las Casas

Fr. Raul Vera Lopez O.P., Vescovo Coadiutore

Pbro. Oscar Alonso Salinas Najera, SMVicario de Pastoral

 

(Traduzione a cura dell’associazione PeaceLink)

 

 

2.4 - COMUNICATO CONAI (Commissione NAzionale di Intermediazione)

 

San Cristobal de Las Casas, Chiapas

11 gennaio 1998

 

PER UNA STRATEGIA DI PACE MEDIANTE LA DEMOCRAZIA

 

Ai Poteri dell'Unione

All'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale

Alla Societa' Civile

Ai Popoli del Mondo

 

Si e' lesionata con un crimine, Acteal, la dignita' dell'umanita'.

 

Il conflitto che si vive in Messico in Chiapas non e' unicamente nazionale, interessa tutta l'umanita'. Il conflitto non riguarda solo i popoli indigeni. C'e' in gioco un nuovo modello di societa' che apre cammini alla democrazia con pluralismo ideologico e religioso, con rispetto alle differenze etniche, e con nuovi progetti di giustizia, dignita' e autonomia per i popoli e le persone.

 

A fronte di questo conflitto, si e' iniziata dal 1994 una lotta per la pace e la conciliazione che ha affrontato grandi ostacoli. La democrazia con la pace e la dignita', come progetto di soluzione politica ai problemi della discriminazione, dell'ingiustizia, dell'autoritarismo e della repressione, si scontra con interessi ancestrali oggi vigenti. La prima tappa dei negoziati consistette, come in altre epoche della nostra storia, nel fare accordi con i popoli indios e rompere gli accordi; non compiere gli impegni presi. Ora l'unione delle forze politiche e sociali per la pace si oppone alla strategia della guerra interna, della guerra sporca e della guerra di bassa intensita'. Questa strategia vuol vincere per negoziare. La pretesa di far capitolare i popoli indio e obbligarli a "dialogare", e' la tappa attuale del processo che viviamo.

 

Oggi le stesse istanze costruttrici della pace sono oggetto di crescente attacco, specialmente la CONAI, istanza di mediazione riconosciuta dalle parti. L'attacco comprende la Diocesi di San Cristobal de Las Casas. Si personalizza in Don Samuel Ruiz, presidente della CONAI e vescovo della Diocesi. Il fatto e' piu’ grave di quanto appare.

 

Oggi, pure, si vive una battaglia contro e per la mediazione. La mediazione, in senso ampio, non e' solo la CONAI; molte sono le organizzazioni della societa' civile che contribuiscono alla mediazione. Se si elimina la mediazione vincera' il partito della guerra. La Diocesi di San Cristobal de Las Casas gioca una carta importante in favore della pace con dignita' e per un dialogo nel quale le parte rispettino se stesse e rispettino coloro con cui dialogano. Perche' la pace degna trionfi, e' necessario che il popolo la costruisca e per questo e necessario che si "riprenda d'animo - non si demoralizzi - di fronte a qualsiasi colpo e cresca la coscienza del camminare uniti", come disse una sorella tzotzil.

 

Nella tappa attuale, si pretende che la guerra porti ad un negoziato in cui la pace con dignita' e la democrazia non esista. I differenti sforzi che contribuiscono alla pace, sono attaccati perche' lottano per le condizioni politiche e di partecipazione che la rendono possibile e contro la violenza che la nega.

 

E' necessario operare con serieta'. Urge fermare la guerra. Lo stato messicano ha in questo momento una possibilita' di rinnovamento. Il prezzo e' che si eliminino le ambiguita' e i messaggi doppi per avviare una chiara politica di pace che recuperi il senso delle parole, la capacita' di comunicazione del Governo e la sua credibilita'. E' imprescindibile che i Poteri dell'Unione, nell'ambito delle loro responsabilita' e attribuzioni, compiano una politica di Stato per la Pace.

 

E' necessario abbandonare le accuse e le pressioni di un dialogo che chiede solo la resa dei popoli indio. E' necessario che la Repubblica dia attuazione alla Costituzione e che immediatamente si dissolvano i gruppi paramilitari che stanno realizzando operazioni occulte e svolgendo una guerra non convenzionale e cruenta contro i popoli indio. E' necessario cessare le accuse false e le pressioni come quelle che i generali - Gomez e Godinez - fecero contro il presidente della CONAI. E' necessario impegnarsi seriamente nella ricerca e amministrazione della giustizia. E' necessario smettere di fare affermazioni senza logica e senza fondamento obiettivo, come quando si dice che il problema e' solo del Chiapas e non del Messico. E' necessario riconoscere che il dramma di Acteal non puo' attribuirsi a lotta fra gli indios. E' necessario organizzare un dialogo tra persone che lo portino a compimento e si rispettino. E' necessario adottare un atteggiamento serio e una pratica responsabile nei discorsi e negli atti del governo.

 

Di fronte a circostanze tanto drammatiche per il Chiapas ed il Messico:

Cosa si puo' fare nell'immediato?

 

La CONAI PROPONE:

 

Ai Poteri dell'Unione:

 

- Che si dia un compimento preciso agli accordi di San Andre's circa i Diritti e la Cultura Indigena, rispettando i principi della Dichiarazione Congiunta di San Miguel, modificata dalle parti il 12 luglio 1996.

 

- Che dialoghino l'Esecutivo ed il legislativo per rendere effettiva e immediata la riforma costituzionale, in base agli accordi di San Andre's, espressi nell'iniziativa della COCOPA.

 

- Se si parla di Stato di Diritto, si fermino le operazioni militari nelle comunita' indigene della zona del conflitto, che violano la Costituzione della Repubblica e la Legge del 11 marzo 1995 e che intervengano, percio', la Suprema Corte di Giustizia della Nazione e la Commissione Nazionale dei Diritti Umani.

 

- Che si disarmino e rimuovano le forze paramilitari, organizzate,

evidentemente, secondo i manuali della guerra a bassa intensita'.

 

- Che il crimine di lesa umanita' perpetrato in Actael non resti impunito,

e che si indennizzino i parenti delle vittime.

 

- Che si rispetti la cittadinanza del Chiapas e che il Congresso

dell'Unione ponga le basi legali per un'elezione veramente democratica di

tutte le autorita' del Chiapas, per i cittadini del Chiapas, in brevissimo

tempo.

 

- Che il Comitato Internazionale della Croce Rossa, insieme alle istanze

civili di assistenza, si occupi della cura degli sfollati di Chenalho nel

Nord, e che se ne garantisca il ritorno nei luoghi d'origine.

 

- Che si liberino i prigionieri politici, detenuti ingiustamente, e che non

vengano disattese le petizioni che, di volta in volta, sono state formulate

in questo senso.

 

- Che la Commissione di Cura e verifica riceva tutto l'appoggio necessario

perche' possa compiere le sue funzioni in base alla legge del 11 marzo 1995.

 

- Che si dia impulso con decisa volonta' politica la Riforma dello Stato e, di

fatto, il Congresso dell'Unione faccia una convocazione che includa tutte le

forze politiche e sociali del paese.

 

- Che cessi la persecuzione e le pressioni sul popolo, sui municipi autonomi e

le comunita' indigene del paese.

 

All'EZLN

 

- Che si agisca nel segno della Legge per il Dialogo, la Conciliazione e la

Pace degna in Chiapas, del 11 marzo 1995, mantenendo la propria volonta' di

dialogo e negoziazione.

 

- Che continui la sua lotta per vie politiche, come sta avvenendo

dall'incontro di San Miguel dell'aprile 1995

 

- Che incrementi i suoi sforzi di dialogo con le altre comunita' e

organizzazioni indigene e non indigene del Chiapas.

 

- Che incrementi il suo dialogo con le organizzazioni della societa' civile

e della societa' politica.

 

Alla societa' civile e ai popoli del mondo:

 

- Che fermino la guerra con tutti i mezzi legali e pacifici possibili, coscienti

che tutti dobbiamo esigere i nostri diritti e non desistere nella lotta per la

dignita' e la democrazia. Il militarismo, l'autoritarismo e il totalitarismo

vincono quando i popoli tacciono e si sottomettono.

 

- Non desistiamo fino a quando la pace degna trionfi in Chiapas.

 

- Perche' la pace degna trionfi, e' necessario che il popolo la costruisca.

 

- Con questo spirito la CONAI manifesta la sua disposizione a continuare a

compiere le sue funzioni di mediazione e conciliazione per una pace degna

in Messico.

 

 

Per la CONAI:

 

+ Samuel Ruiz Garcia, Concepcion Calvillo Vda. De Nava, Juan Banuelos,

Dr. Pablo Gonzales Casanova, Oscar Oliva, Raymundo Sanchez Barraza.

 

Segretariato: Miguel Alvarez Gandara, Gonzalo Ituarte Verduzco, Salvador

Reyes Garcia, Pedro Nava Calvillo.

 

 

3 - NOTIZIE - ARTICOLI

 

 

3.1 - LE DONNE DEL CHIAPAS

 

Donne, indie e zapatiste nella guerra del Chiapas

 

GUIOMAR ROVIRA

(autrice de "Le donne di mais")

SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS

 

BRUNE, PICCOLINE, scalze, cariche di colori nelle loro bluse bordate di greche preziose e di fiori, circondate di figli con occhi d'ossidiana, le donne indigene del Chiapas hanno iniziato nel gennaio del '94 il loro lento risveglio. Fiorisce la loro coscienza, ritrovano se stesse. "Il cammino ormai e' aperto", direbbe la comandante Trini, una nonna tojolabal (una delle etnie indigene del Chiapas, ndr.) convertita in membro del Comitato clandestino rivoluzionario indigeno (Ccri).

 

Oggi, migliaia di donne indigene, "basi di appoggio" dell'Esercito zapatista di liberazione nazionale, soffrono le conseguenze dell'aver osato aspirare a una vita migliore. La violenza politica, scatenata contro i villaggi rebeldes, si e' resa responsabile di nuove vittime, negli ultimi giorni.

 

Le bande armate

 

Le bande armate paramilitari fanno le loro incursioni ogni volta con maggior durezza e miglior armamento, sotto i buoni auspici del governo e appoggiate e addestrate dalla polizia e dall'esercito federale.

 

Ci sono circa quattromila e cinquecento indigeni che hanno dovuto abbandonare i loro villaggi. Cinquecento tra loro sono rifugiati tra i monti, senza protezione dalle intemperie, donne, uomini, bambini e anziani. Non hanno cibo ne' abiti adatti ne' medicinali. La strategia del governo e' quella del logoramento, e di non ottemperare agli accordi che aveva firmato nel febbraio del '96 con l'Ezln. Ne' intende, il governo, riaprire il dialogo. Questo ha scatenato una autentica guerra "sporca". Alcune localita' nel nord del Chiapas, e Chenalho' negli Altos, le montagne sopra San Cristobal, sono diventati delle polveriere.

 

Le donne sono vittime ora non solo per questa inumane strategia, ma perche' le pallottole sono dirette anche contro di loro. Due indigene totziles, una di 45 anni e l'altra di 16, sono state assassinate da membri del PRI il 18 novembre scorso nella comunita' Aurora Chica, nel municipio di Chenalo', mentre cercavano di rifugiarsi sulla montagna nella loro fuga di fronte ai paramilitari. A Yaxjmel, un villaggio vicino, i priisti ( i membri del PRI, ndr) hanno bastonato e violentato tre donne. Poi le hanno legate a un'altra persona, un uomo, e le hanno tenute incarcerate per tre mesi. Tutte le umili case degli zapatisti sono state bruciate. Sono gia' cinquanta le case che il fuoco si e' portato via. E le donne, la cui vita gira attorno al focolare, si son viste spogliate di tutto, ovvero del poco che possedevano nella loro poverta'. Hanno perduto il raccolto di caffe', hanno rubato loro i pochi animali, non possono raccogliere il mais dal loro campo.

 

Donne e resistenza

 

Perche'? Sono zapatiste, o semplicemente di organizzazioni all'opposizione. Le bande paramilitari che operano in Chiapas con la connivenza del governo sono gia' sei. La decomposizione della societa' provocata dalla guerra "a bassa intensita'" promossa da un governo che non fa nulla per dare risposta ai problemi sollevati dal conflitto zapatista ha provocato, per molte indigene, violenze contro loro stesse e i loro diritti, morte nelle loro famiglie, pallottole e terrore.

 

Ma, nonostante tutto, le zapatiste non spariscono. Il primo gennaio del '94 le donne indigene del Chiapas integrate nella guerriglia dell'Ezln come combattenti, miliziane e "basi d'appoggio", dissero: ci leviamo in armi per essere ascolate, perche' la nostra vita era il silenzio, l'oblio. Una donna indigena e insorta di 26 anni, la mayor Ana Maria, diresse la presa di Sin Cristobal de Las Casas con un esercizio di impeccabilita' militare. Una donna tzotzil inferma e analfabeta, la Comandante Ramona, e' membro della direzione politica della guerriglia. Le donne del Chiapas hanno visto di colpo rotto lo specchio di se stesse, che le condannava ad essere mogli o madri sofferenti e mute.

 

L'esempio delle zapatiste ha reso possibile che le indigene cominciassero a pensarsi in modo diverso, capaci di altre cose, di uscire dalle loro case, di aspirare a qualcosa di meglio. Esse, portatrici delle culture ancestrali, guardiane della lingua, degli abiti e delle tradizioni durante secoli di colonizzazione e di spoliazione, hanno scoperto in molti casi quanto sono oppresse. E solo cosi' il mondo ha avuto orecchi, loro hanno potuto pronunciare le loro parole e cosi' recuperare la loro storia e la coscienza di se stesse. Le indigene delle comunita' ribelli hanno scoperto se stesse.

 

Perche' infine, con la loro scommessa suicida e la loro ribellione armata, hanno intercettato lo sguardo dell'"altro". Non solo gli sguardi minacciosi dei soldati che ora sorvegliano i loro movimenti e le impauriscono nelle loro faccende quotidiane, come andare a prendere l'acqua. Non solo lo sguardo delle telecamere, davanti alle quali donna Maria, india chol, ha potuto racocntare che esperienza disperata sia non avere da dar da mangiare ai figli, non poterli curare quando si ammalano, vederli morire di diarrea o di una febbre che qualunque ambulatorio potrebbe curare. Si e' vista la comandante Ramona, vestita con il huipil bordato, con la sua umile veste tradizionale, gridare per farsi sentire dal governo e dal mondo.

 

Nel passato mese di settembre moltissime donne zapatiste, "basi di appoggio" (ossia donne dei villaggi, donne con famiglia) hanno affrontato la tremenda prova di lasciare i loro mariti a vegliare sulla casa e partire verso Citta' del Messico, come parte della marcia dei 1.111 zapatisti. Erano circa 400 donne, scelte dalle loro comunita'. Viaggiavano con i loro passamontagna su quaranta pullman e molte di loro per la prima volta uscivano dalla selva o dal territorio del loro municipio. Hanno sofferto, perche' non hanno l'abitudine di viaggiare. Ma le soteneva la curiosita' e la fiducia in una lotta che le include, e la promessa da mantenere nei cofnronti di quelli che avevano lasciato nelle comunita'.

 

Lo Zocalo, la piazza centrale della capitale, accolse in un grandioso abbraccio i 1.111 uomini e donne zapatisti. Pero' fu una donna, con tutte quel che questo implica a livello simbolico, a prendere la parola a nome dell'Ezln davanti alle centinaia di migliaia di cittadini. La voce di Claribel fece irruzione come uno strappo nella storia: "Non siamo disposti a tornare nell'angolo dell'abbandono e della miseria senza speranza. Se Zedillo (il presidente messicano, ndr.) ha una parola, la mantenga e la legge che riconosce i nostri diritti come popoli indigeni venga riconosciuta. Se Zedillo non ha una parola, allora ci faccia guerra e risolva con le pallottole cio' che non vuole risolvere con la ragione...".

 

Le parole di Claribel

 

Prima del '94, chi avrebbe immaginato, in Messico, che una ragazza indigena avrebbe pouto parlare davanti a centinaia di migliaia di persone nello Zocalo della citta' piu' grande del mondo? Ora il discorso di Claribel scorre nel cyberspazio, nelle pagine dei web zapatisti, dal Giappone passando per Melbourne, il Canada, gli Stati uniti, l'Italia, il Togo, per citarne qualcuno. Pero' cosi' come la dignita' ritrovata ha implicato un cambiamento abissale per le donne indigene del Chiapas, le loro condizioni di vita continuano a essere le stesse, o peggiori. Continuano ad essere povere. E con l'esercito e i paramilitari addosso. Il governo preferisce mantenere in Chiapas i suoi 40 mila soldati, un migliaio di veicoli, le armi, le infrastrutture per la guerra, invece che, con questi soldi, costruire ospedali e scuole, soddisfare i bisogni di pane, tetto, lavoro, salute ... E' piu' conveniente per questo mondo degli affari transnazionali alimentare la guerra che le bocche dei bambini. Ma, accada quel che accada, le parole delle donne del Chiapas sono state pronunciate e, come dicono gli zapatisti: "Non muoia, il fiore della parola".

 

 

3.2 - ARTICOLO APPARSO SU "LA JORNADA" - 23 DICEMBRE 1997

 

Hermann Bellinghausen, inviato

San Cristo'bal de las Casas, 22 dicembre

 

L'atto piu' violento della guerra senza nome di Chenalho': un massacro nella comunita' di Acteal. Manuel Perez Perez, sopravvissuto, sul punto di piangere, dice che la Croce Rossa ha contato per lo meno 16 morti.Altri testimoni hanno detto che potrebbero essere di piu'. "Lo abbiamo saputo ieri che ci avrebbero attaccato pero' non ci abbiamo creduto", dice Manuel."Sono morte donne e bambini di tutte le eta'". Suo figlio Pedro, di nove anni, e' stato ferito alla gamba. "Sta li', tutto rotto", dice e guarda verso l'ospedale dell'IMSS. "C'e' gente che si e' salvata in tutti modi". Fino ad ora non si conosce il numero esatto di feriti e morti, pero' io ho visto 11 feriti molto gravi nell'ospedale civile di San Cristobal, ed altri quattro nella clinica dell'IMSS. Sembra, alla chiusura di questa edizione, che ce ne siano altri dieci. Nella sala di pronto soccorso dell'ospedale civile, questa notte si ascoltano i lamenti delle donne ferite. Altre sono incoscienti. Quattro bambini molto piccoli hanno un braccio rotto, il collo perforato o il cranio aperto da proiettili di alto calibro. Il personale medico appena ce la fa e lotta con passione per curare i feriti. Una donna che giace in una barella ha gia' suturate cinque grandi ferite in diverse parti del corpo. Mariano non parla; nella barella, con gli occhi dilatati, solo aspetta che finiscano di suturarlo. C'e' pure una bambina con la pancia molto gonfia, pero' finora non e' morto nessuno dei feriti che sono arrivati a San Cristobal. Manuel dice che alle 11 hanno iniziato a sparare dal monte. "Venivano su di noi. Sono i priisti, li conosciamo gia' ", aggiunge Manuel, che e' rappresentante della organizzazione Las Abejas di Chenalho'. Non si puo' non vedere l'angoscia degli altri sopravvissuti. "Andate dagli altri. Serve un camion grande per portarli via, sono molti, per lo meno 50", Manuel racconta che ancora dopo che era arrivata la Pubblica Sicurezza i priisti continuavano a sparare. Si sa che piu' tardi gli aggressori hanno pure attaccato un'ambulanza e le hanno impedito di raggiungere la comunita' di Acteal. "Sono morti donne, uomini, ci sono bambini che hanno perso il papa', la mamma", dice Manuel.

 

(tradotto dal Comitato Chiapas di Torino)

 

 

 

3.3 - NATALE DI ORRORE IN CHIAPAS

 

Articolo realizzato da

KOLLETTIVO ESTRELLA ROJA - Cesena

http://www.ecn.org/estroja

 

San Cristobal de Las Casas, 26 dicembre 1997

 

Buon Natale a' un natale di orrore qua in Chiapas! "Questa notte nasce un bambino morto" cosi Samuel Ruiz celebra la messa del ventiquattro dicembre nella cattedrale di S.C. de Las Casas. Le lacrime gli impediscono di continuare. La sera del ventiquattro Samuel Ruiz tiene una orazione nella piazza dominata dalla cattedrale. Molta gente si riunisce attorno al vescovo portavoce degli indigeni; Samuel Ruiz ha sempre mantenuto le distanze dall'uso delle armi e quindi dall'EZLN. Mercoledi sera erano presenti anche alcuni "desplazados" di Chenalho'. Tra le lacrime e i canti di dolore della gente, il vescovo annuncia la messa che si terra' il giorno dopo a Chenalho'. Dopo il massacro - perche' di un massacro s'e' trattato: gente uccisa a colpi di machete, donne incinte sventrate, bambini mutilati - il nord del Chiapas e' bollente: la polizia lascia spazio all'esercito federale che sta occupando e presidiando il territorio come non aveva mai fatto dal primo gennaio '94 sino ad ora. Il giorno precedente il massacro, il ventuno, un gruppo di priisti si rifugio' ad Acteal e a Polho', per sfuggire alle minaccie ed alle rappresaglie dei propri compagni: si rifiutavano infatti di prendere le armi e di assaltare i fratelli indigeni di Acteal. Questi annunciarono agli indigeni dell'Abejas – un’ organizzazione filozapatista, che pero' si e' sempre distinta dall'EZLN dichiarando il proprio pacifismo e ripudio per l'uso delle armi - che il giorno seguente ci sarebbe stato un attacco in forze contro la comunita' di Acteal. Gli indigeni di Acteal sottavalutarono cio' che poteva succedere: era gia' successo infatti che si sapesse con un certo anticipo di attacchi contro le comunita', pero' sempre era stato sufficiente ponere alcuni uomini di guardia per sventare il massacro e permettere alla gente di scappare. "Questa volta i paramilitari stanno esagerando", questo devono aver pensato gli uomini della Seguridad Publica (l'EZLN ha intercettato alcune trasmissioni radio della polizia ed ha denunciato che il governatore del Chiapas, Julio Cesar Ruiz Ferro, era continuamente aggiornato su come si svolgeva l'"operazione"- vedi comunicato dell'EZLN del 23 dicembre scorso); sul luogo del massacro, nel momento stesso dell'accaduto, era presente un camion della polizia che ha assistito alla scena senza muovere un dito. Ad un certo punto pero' si devono essere resi conto della ferocia dell'attacco; sparano qualche colpo in aria come a voler avvisare i priisti che forse si stava esagerando: i priisti pero' non si fermano e sventrano donne incinta, aprono la testa ai bambini a colpi di dum-dum e machete. Cio' che e' successo martedi scorso non ha precedenti: per il numero di persone che hanno partecipato all'attacco - pare che fossero una sessantina! - e per la modalita': l'attacco e' stato portato anche dal bosco; la comunita' e' stata circondata ed attaccata; chi tentava la fuga e' stato inseguito, raggiunto e ucciso. La sorpresa ha condannato gli indigeni raccolti in preghiera alla morte piu' crudele. La situazione e' questa: molti indigeni priisti si stanno rifiutando di far parte della guerra sporca contro i propri fratelli e diventano anch'essi obiettivo dei paramilitari. Non e' un caso infatti che solo qualche settimana fa i priisti denunciarono, e per questo bloccarono il dialogo di pace, gli zapatisti di aver "desaparecido" un loro militante. Solo qualche giorno dopo i giornalisti in visita a Polho' scoprirono la presenza del "desaparecido" tra le fila dei "desplazados". Questo dichiaro' cio' che stava succedendo: lui era un rifugiato che si rifiutava di rubare ed assaltare gli indigeni zapatisti e scappava alle minaccie dei paramilitari. Il venticinque, il giorno di natale, si tiene a Polho' una messa celebrata dal vescovo di San cristobal, Samuel Garcia Ruiz. Una messa alla presenza di numerosi giornalisti, giunti nei giorni precedenti. La messa si conclude e parte un marcia che da Polho' porta la bare dei defunti verso Acteal. Alcuni camion della polizia scortano la carovana della disperazione. Ad un certo punto sulla strada, ma in senso contrario, compare un camion con una quarantina di priisti, anch'esso scortato dalla polizia. Gli indigeni a piedi osservano priisti e riconoscono in questi gli assassini dei propri padri e fratelli. La polizia che scortava la marcia funebre arresta, difronte gli occhi dei colleghi che sortavano i priisti, quarantasette persone, tutte ancora detenute. Giustizia e' fatta! Il discorso che il presidente federale, Ernesto Zedillo, aveva tenuto nel pomeriggio del ventitre' per tutte le televisioni nazionali ha avuto un senso. Il governo statunitense aveva portestato ufficialmente ed aveva invitato il governo messicano a risolvere la crisi nel sudest messicano. Zedillo, appresa la notizia del massacro comunica alla Repubblica la sua volonta' di fare giustizia. Numerosissimi uomini della PGR - la Progaduria General de la Republica - sono giunti in questi giorni nel nord del Chiapas. Evidentemente il governo messicano si rende conto del pericolo che puo' costare un fatto del genere a livello internazionale. Il governo statunitense protesta, l'Unione europea - con la quale il Messico sta stringendo patti commerciali di una certa rilevanza - prende le distanze ed annuncia che il rispetto dei diritti umani in Messico e' condizione indispensabile per poter parlare di qualsivoglia accordo. Ed allora il Pri chiapaneco tradisce i suoi strumenti di tortura e di morte: ordina ai paramilitari di passare per la stessa strada per la quale si stava svolgendo la marcia funebre; la polizia arresta i colpevoli del massacro piu' atroce e violento dall'inizio della guerra sporca, la guerra di bassa intensita' insegnata nelle scuole americana e praticata da piu' di dieci anni nel centro e sud America. Giustizia e' fatta!

 

Purtroppo il fumo gettato agli occhi del mondo non e' sufficiente a coprire la realta': ieri sera alcuni priisti hanno circondato, e pare fatto prigionieri, alcuni simpatizzanti zapatisti nei pressi di Acteal. Al momento non si conosce cio' che sta succedendo; un'ipotesi da prendere in considerazione puo' essere questa: i priisti prendono prigionieri alcuni indigeni zapatisti per richiedere la liberazione dei propri compagni. Sino ad ora pero' non si sa niente. La sensazione e' che si sia alla porta della guerra. L'EPR - Esercito Popolare Rivoluzionario, un altro gruppo armato presente soprattutto nello stato del Guerrero - per sua parte fa sapere al governo federale attraverso un comunicato che si sta preparando, che i suoi uomini si stanno organizzando per affrontare un'eventualita' del genere. Nel nord del paese l'esercito federale ha intensificato i suoi movimenti; in piu' dagli stati di Yucatan e Quintana Roo, al nordovest del Chiapas, sono arrivate altre truppe nella "zona calda". L'aria che invece si respira qua a San Cristobal e' di calma e tranquillita'. Neanche un genocidio di tale portata, pare, puo' smuovere le coscienze dei "colectos", i terratenientes della ridente e turistica cittadina chiapaneca. Qua in citta' la gente vive come niente fosse! Ora si stanno attendendo novita', perche' la situazione e' in continuo movimento ...

 

 

3.4 - INTERVENTO DI MUMIA ABU JAMAL

 

"MASSACRO DI ACTEAL:QUANTI ANCORA?"

 

Nove uomini, 21 donne e 15 bambini. Questa gente, senza nome, invisibile e morta Potrebbe essere viva se gli avvertimenti fossero stati ascoltati. Ma loro erano Indigeni. Genta indigena, indigeni.

 

Cosa sarebbe successo se 45 bianchi fossero stati assassinati in un massacro paramilitare di 4 ore? I loro volti, i loro nomi, le loro vite e i loro amori sarebbero ogni giorno sui giornali, sulle riviste e in televisione.Pero' non erano bianchi, erano rossi. Cosi' come gli avvisi degli zapatisti sono stati ignorati, le loro vite e morti brutali, per mano dei priisti, sono sul cammino per essere dimenticati.

 

FINO ALLA PROSSIMA VOLTA.

 

Mumia Abu Jamal

 

 

 

 

3.5 - ARTICOLO DI FAUSTO BERTINOTTI

 

Articolo di Fausto Bertinotti sul massacro di Chenalho'

(da "Liberazione").

 

L'avevano definito un conflitto virtuale, un luogo di pellegrinaggio per i nostalgici del Che Guevara. Le notizie che arrivano dal Chiapas invece hanno la portata drammatica di una guerra vera e sporca combattuta da corpi paramilitari contro gente inerme. Il bollettino dei morti e' in rapida crescita: 50 ed oltre, moltissimi bambini. Il villaggio di Chenalho e' rosso del sangue delle vittime che vi avevano cercato riparo, costrette alla fuga dai loro villaggi di origine dall'azione terroristica delle "guardie bianche" e dell'esercito federale. Lo stillicidio degli assassini si era andato via via ingigantendo da quando il governo del Presidente Zedillo ha deciso di stracciare gli accordi di pace siglati con l'Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.La Selva Lacandona e' diventata il luogo delle scorribande militari tanto da arrivare ad attentare alla vita di don Samuel Ruiz, il tenace difensore degli indios ed il mediatore nel processo di pace. L'obiettivo e' chiaro: stroncare la speranza sorta con l'insurrezione zapatista del 1 Gennaio 1994, schiacciare sotto il tallone della repressione ogni pretesa di riscatto, ogni anelito di liberta'. Il Chiapas e' qui dietro l'angolo della mondializzazione capitalista. Quei morti sono il prezzo che gli ultimi pagano alla loro "pretesa" di essere coniderati esseri umani in un sistema, quello neoliberista, che invece riduce tutto a merce e cancella (popoli, terre, culture) ogni cosa non utile al profitto. Quei morti chiamano noi, sinistra europea, alla mobilitazione, ad alzare la nostra voce contro l'indifferenza e la rassegnazione. L'Unione Europea ha recentemente siglato un importante accordo economico con il Messico in cambio di generiche rassicurazioni sul rispetto dei diritti umani. Quelle rassicurazioni sono svanite come neve al sole. L'Europa ha il dovere di pretendere l'attuazione degli accordi di pace prima di applicare questo trattato. Ma i governi europei non lo faranno spontaneamente, non se non saranno incalzati dall'indignazione popolare, dalla pressione democratica contro la politica degli eccidi. Facciamo dunque appello a tutte le forze democratiche ed al movimento della solidarieta' affinche' nelle forme e nei modi che saranno ritenuti piu' idonei, si realizzi una mobilitazzione di massa nel nostro Paese. La bandiera dell'umanita'- ci ha insegnato il subcomandante Marcos- ha bisogno di molte spalle per essere innalzata. E' bene che alle spalle degli zapatisti si uniscano quelle di tutti coloro che sentono la ferita inflitta a Chenalho' come fatta sulla propria carne.

 

FAUSTO BERTINOTTI

 

 

3.6 - NAPOLI PER IL CHIAPAS - UN ESEMPIO DA SEGUIRE

 

Lo hanno firmato i capigruppo di tutta la maggioranza del consiglio comunale di Napoli: Rifondazionee il Pds, il Ppi e il Gruppo misto, i Verdi, Rinnovamento e Ncn. Nell'ordine del giorno si legge: "Il consiglio comunale di Napoli condanna il massacro perpetrato ai danni della popolazione inerme di un villaggio, Acteal, nella regione del sud-est del Messico, in Chiapas... Dal vescovo Samuel Ruiz, ad organismi governativi e non governativi, da manifestazioni spontanee di solidarieta' sono venute parole di condanna e di denuncia delle compromissioni oggettive delle autorita' messicane con i massacratori... preso atto che il governo messicano ha stipulato un trattato di libero commercio con l'Ue, il consiglio comunale si impegna a intervenire direttamente nei confronti del governo e del presidente del Messico ed indirettamente sugli organismi della Ue, per fermare il massacro, individuare i responsabili materiali e i mandanti. Impegna inoltre l'Amministrazione a dare visibile adesione alle iniziative di solidarieta' in favore delle popolazioni colpite".

 

 

 

 

3.7 - NON ISOLIAMO SAMUEL RUIZ !

 

Il 4 novembre scorso il gruppo paramilitare priista "Pace e Giustizia" ha attentato a Tila (Chiapas), con un'imboscata, la comitiva comprendente i vescovi Samuel Ruiz Garcia (presidente pure della Commissione Nazionale di Intermediazione- CONAI) e Raul Vera Lopez, nella quale sono risultati feriti da arma da fuoco i contadini Jos‚ Pedro Perez P., Jos‚ Vazquez P., e Manuel Perez P. Due giorni dopo la signora Maria de la Luz Ruiz Garcia, sorella del vescovo Samuel Ruiz, e' stata accoltellata durante una seconda imboscata, dentro la sua casa. Questi attentati rappresentano l'ennesima intimidazione nei confronti di chi e' vicino alla lotta che gli indios zapatisti stanno conducendo. Dal canto nostro questi attentati ci fanno ritornare alla mente la morte annunciata di Monsignor Oscar Romero in Salvador, il quale, come suo fratello Ruiz, aveva scelto di stare dalla parte di coloro a cui vengono negati la dignita', la liberta' e la giustizia. Il primo passo di questa strategia consiste proprio nell'isolare, perseguitare, delegittimare l'opera della diocesi di San Cristobal a favore delle comunita' indigene, solo questo rende possibile perpetrare agguati di questo genere. La stessa Chiesa messicana, nelle sue gerarchie, sta contribuendo a questo isolamento. Se e' questa la risposta che il governo messicano ha dato alla recente e impetuosa marcia dei 1.111 zapatisti (uno per ciascuna comunita' esistente) e alle sue coscienti richieste (smilitarizzazione del paese rispetto degli accordi siglati dal governo e dall'E.Z.L.N. il 16 febbraio 1996 !!! ) noi dobbiamo oggi ribadire a Monsignor Samuel Ruiz e a tutti coloro che stanno appoggiando le richieste di negoziazione e di riconoscimento dell'E.Z.L.N. tutta la nostra solidarieta', ricordando l'impegno e l'opera che svolge sia come mediatore del conflitto che come fratello degli zapatisti proprio il candidato al Nobel per la Pace Monsignor Samuel Ruiz.

 

Associazione Ya Basta

per la dignita' dei popoli contro il neoliberismo

02-6705185

 

Coordinamento milanese di appoggio alla lotta zapatista

02-48700405

 

Forum delle associazioni contro il neoliberismo.

04-58315437

 

 

3.8 - LETTERA DI DENUNCIA - PEDRO CASALDALIGA

 

Pedro Casaldaliga

 

Lettera di solidarieta' e denuncia

alle sorelle e ai fratelli della Chiesa

chiapaneca di San Cristobal de las Casas

 

Alle sorelle e fratelli della Diocesi Di San Cristobal de Las Casas

A tutto il gruppo fraterno "Las Abejas"

A tutto il popolo amico del Chiapas, del Messico

 

 

Abbiamo ricevuto la tragica notizia del massacro in ACTEAL, Chenalho.

 

Tutta la nostra indignazione e tutta la nostra solidarieta' sono poco per dire cio' che proviamo in quest'ora davanti ad un avvenimento tanto sacrilegamente contrario al mistero del Natale che stiamo celebrando in questi giorni.

 

Voi sapete, sorelle e fratelli, come condividiamo con voi la sofferenza, la ricerca della pace con dignita', il doloroso cammino di una vera liberazione per tutti. Poiche' le parole valgono molto poco in quest'ora, vogliamo ripetervi la sincerita' della nostra comunione fraterna.

 

Frattanto, sentiamo il sacro dovere di denunciare l'omissione e la complicita' delle autorita' dello Stato del Chiapas e delle autorita' del paese davanti a questa sistematica violenza organizzata che esplode in massacri, violenze, minacce, incendi di case, calunnie e perfino nell'intenzione di attentare alla vita dei degnissimi pastori di questa Chiesa del Chiapas, testimoni e profeti in questa ora cruciale.

 

L'opinione pubblica mondiale sta acquisendo una coscienza sempre piu' chiara del fatto che quei gruppi paramilitari o squadroni della morte sono vere forze sussidiarie al servizio della repressione nazionale, della violenza dell'esercito e della cupidigia insaziabile del latifondo.

 

Qualsiasi attenuante o qualsiasi parola di scusa da parte delle autorita' suona oggi nel mondo come complice cinismo.

 

A Voi, sorelle e fratelli, rinnoviamo la nostra solidarieta' totale. Gesu' di Nazareth, figlio di Dio e figlio di Maria, che si e' fatto povero tra i poveri e che diede la sua vita per tutti, non manchera' di comunicarvi il suo spirito di fortezza e di pace in questa ora dolorosissima.

 

Stiamo sollecitando la solidarieta' della CNBB e degli organismi di Giustizia e Pace, Diritti Umani, CESEP, ecc.

 

Vi abbracciamo con immenso dolore e con infinita tenerezza.

 

In nome di tutta la Chiesa di Sao Felix do Araguaia, MT, Brasil

Pedro Casaldaliga Vescovo di Sao Felix do Araguaia 23 dicembre 1997

 

 

3.9 - IL CHIAPAS VISTO DA PEDRO CASALDALIGA

 

Vescovo di Sao Felix de Araguia, Brasil

 

"Comprendiamo il popolo disperato che decide di levarsi in armi"

Intervista a Rodrigo Vera su "Proceso".

 

Messico 31.1.'94

 

Sao Felix do Araguaia, Brasile. "Il conflitto chiapaneco e' un grande avvertimento alla Chiesa centralista latinoamericana e ai governi neoliberali della zona: e' l'irruzione della presenza indigena che abbiamo voluto negare", afferma Pedro Casaldaliga, vescovo di questa prelatura e uno dei massimi rappresentanti della Teologia della Liberazione. Nessuno e' meglio di questo missionario clarettiano di corpo affilato e occhi caffe' verdognolo per comprendere il conflitto in Chiapas. Al pari di Samuel Ruiz, vescovo di San Cristobal de las Casas, Casaldaliga ha sofferto la repressione, le minacce di morte, le accuse di guerrigliero e l'ostilita' del Vaticano per la sua difesa della causa dei poveri. In questa piccola comunita', situata ai margini del rio Araguia e all'inizio della selva amazzonica, Casalgaliga aggrega. "Quando il popolo prende la decisione di alzarsi in armi, noi rispettiamo e comprendiamo il suo gesto disperato. I popoli indigeni sanno soffrire in silenzio. Il movimento in Chiapas dimostra che la forza indigena del continente e' molto piu' grande di quanto si pensasse. Il Messico deve gloriarsi di essere indigeno". E assicura convinto: "Finche' ci saranno poveri ed emarginati e finche' esistera' il Vangelo, ci sara' la Teologia della Liberazione. Scomparira' solo il giorno in cui non restera' nessuno da liberare". - La Teologia della Liberazione si dava per morta con la caduta del socialismo nei paesi dell'Est europeo. Dimostra la sua validita' in Chiapas? - La Teologia della Liberazione sta appena nascendo. E' morta solo per i disinformati e gli ignoranti. Ha appena 20 anni di fondazione. Niente in confronto ai venti secoli della Chiesa Cattolica. Quel che succede e' che ci sono molti interessati ad affondarla in piena fase di gestazione. Aggiunge: "La Teologia della Liberazione e' stata presentata in maniera unilaterale come se fosse solo di carattere politico e non spirituale. Le dittature militari, e ora il pensiero neoliberale, la limitano solo al suo aspetto sociale. Al contrario, libera dal peccato a livello personale e di coscienza; libera dalla schiavitu' a livello delle strutture sociali e, finalmente, dalla morte, quest'ultima schiavitu' vinta dalla risurrezione. "Questa corrente teologica e' il pensiero cristiano su Dio, ma a partire dalle esigenze della liberazione. Si e' opposto contro le manifestazioni della schiavitu' e dell'ingiustizia. Ha dato enfasi al sociale. E' nato dai passi del medesimo popolo, dalle sue sofferenze e dal suo sangue, non dalle cattedre universitarie. I teologi sistematizzarono questo grido e questa violenza. "La teologia della liberazione apre alle rivendicazioni culturali del nostro popolo, opponendosi al militarismo e poi al neoliberismo. Lotta contro il centralismo ecclesiastico e all'etnocentrismo, che piu' esattamente e' eurocentrismo. E' una teologia con i piedi per terra, petto a petto con il popolo. Alla luce della fede vive il dramma dell'ingiustizia". - Le attribuiscono di approvare la violenza e il ricorso alle armi. - Mentono! Sono sempre stato contro la violenza. Prova di questo e' la nostra vocazione di martiri, non di guerrieri. Io sono per la pace. Non vorro' mai usare un arma. E di piu', non so come usarla. Casaldaliga mostra le finestre e le porte della sua casa, aperte sulla via, aperte al cortile ombreggiato da un enorme albero, sotto il quale c'e' una cappella scoperta, con una croce multicolore sull'altare. Suole pregare li' tutte le mattine. L'aria soffia libera attraverso la piccola casa di mattoni e tegole. Fuori, con i pantaloni corti, i paesani circolano in bicicletta. Piu' in la', alcuni remano o si tuffano nelle acque del largo Araguia. "Guarda - dice - mi possono ammazzare quando vogliono. La mia casa e' aperta a tutto il mondo. Mi hanno offerto guardaspalle e li ho sempre rifiutati. Il combattente sociale Chico Mendez lo proteggevano guardaspalle e hai potuto vedere come lo uccisero. Io mi sono imposto un pacifismo totale. "Tuttavia non posso dire ad un padre di famiglia che se incroci le braccia mentre vede come crivellano la sua sposa e i suoi figli. Quelli che ci censurano dimenticano che la prima violenza e' quella istituzionalizzata. Questo fu quello che denuncio' Samuel Ruiz, denuncio' l'oppressione culturale ed etnica. Non gli fecero caso ed ora sono fermi intrappolati nella bocca del vulcano.

 

Al governo scoppio' il Chiapas

 

Casaldaliga vede il Chiapas come la prolungazione centroamericana della repressione, dell'emarginazione, del militarismo e della rivolta indigena: "E' uno stato molto combattivo, molto centroamericano. Dal 1986 sono stato a visitare gli accampamenti dei rifugiati guatemaltechi in Chiapas. Ogni anno viaggio in Centramerica e non incontro nessuna differenza col Chiapas. Mi sorprende che i governanti del Messico, prodotto di una dittatura partitica che dura gia' da molti anni, non vedano che fu questo neoliberismo concordato con gli Stati Uniti a rendere questo popolo povero. La radice dell'esplosione sta qui. In una riforma agraria che e' rimasta solo sulla carta; in migliaia di bambini chiapanechi morti per malattie curabili, nella decapitazione delle posizioni regionali, in tante e tante detenzioni arbitrarie. "Il Messico desidera misurare la sua democrazia basandosi in gran parte sul controllo dell'inflazione. Oggi e' arrivata l'ora di darsi una democrazia fino in fondo: economica, politica, culturale. Lo schiacciamento militare e la repressione non saranno la soluzione. Nemmeno le mere promesse della politica sporca e corrotta. Questi germogli armati cambieranno tutto". - Un settore del governo accusa Samuel Ruiz di aver conosciuto la preparazione del movimento e, tuttavia, non averlo denunciato. Forse l'esercito non lo sapeva meglio di don Samuel? Questo, quanto meno, denuncio' le cause e ora rimprovera i metodi dell'esercito zapatista. La lettera che consegno' al Papa fu profetica. Quando era proibito gridare, Samuel Ruiz si fece voce delle sue comunita' indigene, ha stimolato le loro speranze. Da 500 anni la situazione in san Cristobal de las Casas si mantiene uguale. Le stesse denuncie di Fray Bartolome' de las Casas le riprende Samuel Ruiz. Degnamente eredito' la stessa sede episcopale.

 

Con Tomas Balduino, vescovo di Goias e per molti anni presidente del Consejo Indigenista Misionero (CIMI), del Brasile, ed il benedettino Heriberto Hermes, vescovo di Cristalandia, Casaldaliga andra' in Messico ad offrire personalmente il suo appoggio al vescovo Samuel Ruiz. Partecipera', inoltre, alla riunione del Segretariato Internazionale Cristiano di Solidarieta' con l'America Latina (SICSAL), che si effettuera' a Citta' del Messico, dal 4 all'8 di febbraio. Attualmente Samuel Ruiz e Casaldaliga occupano, rispettivamente la presidenza e la vicepresidenza del SICSAL, fondato dal vescovo Sergio Mendez Arceo nel 1980. Di 66 anni, oriundo di Barcellona, Spagna, e autore di piu' di 30 libri di teologia, spiritualita', cronache di viaggi e poesie, Pedro Casaldaliga, si distingue tra i vescovi brasiliani difensori della Teologia della Liberazione, tra i quali si trova il cardinale Pablo Evaristo Ams, arcivescovo di San Paolo, Alofsio Lorscheider, cardinale e vescovo di Fortaleza; Jose' Maria Pires, de Joao Pesoa, Paraiba; Antonio Fragoso, de Crateus, nello stato di Ceara, e lo stesso Tomas Balduino.

 

 

3.10 - GIUDIZIO CRISTIANO SUL NEOLIBERISMO

 

Pedro Casaldaliga

Vescovo de Sao Felix do Araguiaia, Brasil

 

La grande sfida per qualunque coscienza umana, e evidentemente per tutta l'azione pastorale, e', senza dubbio, il neoliberismo, quel sistema, ora unico e signore, e che si crede definitivo, il "non oltre" della storia umana. Non sono specialista ne' in politica ne' in economia ne' in sociologia, pero' voglio condividere, umanamente e cristianamente, con voi questa sfida mondiale. Per uscire da qualsiasi ingenuita', e' bene ricordare che il neoliberismo e' capitalismo puro; anche piu', e' il capitalismo elevato alle ultime conseguenze. Non e' solo il capitale sul lavoro, bensi' il capitale contro il lavoro; lavoro che sarebbe un diritto di tutti e che sta' diventando proibito ad una maggioranza crescente, per colpa della disoccupazione. Il lucro per il lucro, che nel capitalismo neoliberale si costituisce nel mercato totale e onnipotente, facendo della stessa umanita' una compravendita. La proprieta' privata e' ogni volta piu' privatista e privatizzatrice, il neoliberismo e' il capitalismo dell'esclusione decretata per l'immensa maggioranza dell'umanita'. Da sempre il capitalismo ha impedito a molti di "avere", alla maggioranza; oggi il neoliberismo impedisce di "essere" ad una immensa maggioranza. Parliamo di terzo o quarto mondo. Per il sistema neoliberale il mondo si divide perfettamente in due: quelli che hanno e contano e possono vivere bene, e quelli che non hanno e non sono e, percio', sono di troppo. Il capitalismo che possiamo chiamare piu' tradizionale si impossessava degli stati e capitalizzava su di essi. Il capitalismo neoliberale propugna e impone la struttura dello stato minimo. Con il quale, di fatto, si viene negando la stessa societa'. Un mondo, con i suoi paesi, senza uno stato autenticamente rappresentativo e garante dello spazio, delle opportunita' e dell'armonia della convivenza per le citta' e i cittadini, cioe' un mondo senza societa'. E pure senza futuro. Il neoliberismo e' tanto omicida quanto suicida. Nei paesi di questo altro mondo, il terzo, il coprifuoco, la disoccupazione, la fame, la violenza. Una violenza che e' reazione molto spiegabile dall'essere strutturalmente violentati. Nei nostri paesi poveri l'economia informale (dell'arrangiarsi N.d.R.) e' ormai approssimativamente il 70% dell'intera economia. Oggi giorno la violenza e' passata ad essere una nuova economia di sussistenza. Anche per il primo mondo tuttavia c'e' la disoccupazione e la drammatica prospettiva della mancanza di senso. E per entrambi i mondi la marea incontrollabile della migrazione. Ora, le analisi piu' sensate del futuro prossimo, hanno definito il secolo XXI come il secolo delle migrazioni. "I nuovi barbari" invaderanno il nuovo impero. O si da' spazio all'umanita' o l'umanita' se lo prende... E questa totale iniquita' del neoliberismo, che finisce le alternative, le utopie, la socializzazione umanizzante, conferisce all'iniquita' un'impunita' totale. A nessuno deve rendere conto. Teorici e teologi, di questa religione idolatra hanno avuto il coraggio di accettare che un 15% dell'umanita' avra' di fatto il diritto di vivere e di vivere bene. Il resto dell'umanita' sopravvivera'... Il Dio della vita, Padremadre di tutta l'umanita', calcolo' male, si impegno' ingenuamente e dovra' cedere presto il posto a questi altri Dei della minoranza e ... della morte. Per noi, il neoliberismo e' essenzialmente iniquo, e' peccato, peccato mortale, perche' ammazza. Un giudizio semplicemente umano e a maggior ragione se e' cristiano, puo' solo condannare il neoliberismo, nella filosofia e nella pratica. Non neghiamo evidentemente il diritto e perfino la necessita' del mercato. Sempre, a suo modo, l'umanita' l'ha esercitato, Neghiamo, questo si, il primato e la totalita' del mercato. L'essere umano non e' solo comprare e vendere. Il lucro a tutti i costi e senza altre considerazioni e il consumismo sfrenato uccidono fisicamente quelli che non vi hanno accesso, e uccide moralmente i supposti beneficiari. Inoltre poi distrugge l'ambiente umano. E' antiecologico per definizione. Per la fede religiosa, l'umanita' e' di stirpe divina. E' destinata alla vita. E per la fede religiosa l'universo, con le sue potenzialita' e' una casa comune: la casa di tutti i figli e le figlie dell'unico Dio Padremadre. Aver fede nel Dio della vita e nel suo progetto per l'umanita', esige necessariamente una ribellione totale di fronte ad un sistema esclusivo, omicida ed ecocida. Io vengo propugnando il Macroecumenismo, anche cosciente di certe suscettibilita', e non precisamente per prescindere dalla mia identita' cristiana e cattolica. Credo nel Macroecumenismo perche' credo nel Dio unico, Presente, Invocato e Incontrato in tutte le religioni. A partire da un Macroecumenismo vissuto con lucidita' e sincerita', e' evidente che le grandi cause dell'umanita' torneranno ad essere le nostre cause. Perche' sono le cause di Dio. I diritti umani sono diritti divini. Cristianamente parlando: la grande causa di Gesu': il regno, che e' il progetto di Dio per l'umanita'. La Teologia della Liberazione, prevenendo i tempi, ando' incontro al neoliberismo proclamando l'opzione per i poveri e le loro cause come opzioni della Chiesa, e il criterio etico per la societa'. Si e' ripetuto molto l'affermazione di Giovanni Paolo II circa la teologia della liberazione (= "la teologia della liberazione e' finita" N.d.R.). E' bene ricordare che la teologia della liberazione non fu comunista; che il muro di Berlino mai fu la cattedra della teologia della liberazione, e che il neoliberismo si e' il maggior muro che l'umanita' abbia elevato tra una minoranza di privilegiati e una maggioranza di esclusi. Circa la vicenda dell'opzione per i poveri e della Teologia della Liberazione basta riconoscere che questi poveri sono ogni volta piu' numerosi e piu' poveri; confessare anche il Dio dei poveri e suo Figlio, che li proclamo' benedetti; e pensare alla relazione che esiste tra questi poveri e questo Dio, tra i poveri e il Vangelo. Che restera' dell'opzione per i poveri? Che restera' della Teologia della Liberazione? Sono due domande che si vanno imponendo. La risposta e' semplicissima: finche' esistera' il Dio dei poveri, e ci saranno poveri nel mondo e ci saranno cristiani e cristiane che opteranno per questo Dio e per questi poveri, e ci saranno teste cristiane che penseranno la relazione che esiste tra i poveri e il Dio del Vangelo ci sara' il Dio dei poveri e la Teologia della Liberazione. L'opzione per i poveri non e', per la Chiesa di Gesu', una opzione facoltativa, o un di piu': e' l'opzione storicosociale della Chiesa, la versione politico-economica del comandamento dell'amore. Ricordavo in questi giorni le tre definizioni di Dio: - "Io sono colui che ti ha fatto uscire dall'Egitto", dice il Signore nel libro dell'Esodo (20,1). Io sono il Dio della liberazione - "Io sono colui che saro'" (Es 3,14). io sono il vostro futuro, sono l'utopia dell'umanita'. - "Dio e' amore" o traducendo piu' esattamente, "Dio consiste nell'amare" (1 Gv 4,16). Dio e' la solidarieta'. Queste tre definizioni divine sono simultaneamente la piu' radicale condanna del neoliberismo, della schiavitu' del mercato, della fine delle utopie, e della non-solidarieta'; e al medesimo tempo sono la suprema garanzia della speranza dei poveri, in questa notte oscura che gli vuol negare anche lo spazio della sopravvivenza; e' la conferma rivelata della Teologia della Liberazione e della politica alternativa della solidarieta', la partecipazione e l'uguaglianza fraterna. Parlo della Chiesa di Gesu', delle chiese cristiane, e c'e' da credere che sara' probabilmente la prima sfida: l'esistenza e l'espressione nel mondo attuale di un ecumenismo reale. L'unita' dei cristiani non e' solo una specie di condizione riconosciuta dallo stesso Gesu' ... "che tutti siano uno perche' il mondo creda", ma anche una condizione sacramentale perche' il mondo viva. Se la Chiesa ha una missione in questo mondo, senza alcun dubbio, e' di annunciare e praticare la filiazione divina e la fraternita' e la sorellanza umana. Nella storia molte volte la Chiesa di Gesu' non ha saputo vivere la diaconia (servizio N.d.R.) che Gesu' sognava: essere prossima, vicina agli emarginati della societa'; annunciare la Buona Notizia ai poveri e liberare i prigionieri; dare da mangiare, vestire, umanizzare... La terribile controtestimonianza delle differenti guerre cristiane e le molte crociate di conquista, cosi come l'ansia di potere, il lusso e l'insensibilita' di fronte alle ingiustizie istituzionalizzate, hanno recato alla Chiesa un "debito estero" la cui cancellazione sara' il passo previo per la sua credibilita' e per una evangelizzazione veramente nuova ed efficace. Si puo' temere, giustamente, che la storia futura condannera' la Chiesa di oggi per non manifestare con coraggio contro il neoliberismo, come ora si condanna la Chiesa di ieri per non essersi pronunciata deliberatamente contro i colonialismi in America Latina, in Africa o nel continente asiatico, e, piu' precisamente, contro la schiavitu' del popolo nero. Penso che come Chiesa soffriamo una multisecolare schizofrenia, la dicotomia tra fede e politica, tra carita' ed economia, tra escatologia e storia. In fondo non crediamo veramente nell'incarnazione di Dio, in questa unita' dell'umano e del divino nella figura di Gesu' di Nazareth. Il paradigma programmatico piu' attuale e sempre piu' evangelico per la Chiesa di questo Gesu' dovrebbe essere l'evangelizzazione liberatrice, comunitaria e inculturata. Nel nostro continente per grazia di Dio, per il sangue dei nostri martiri la Chiesa dell'America Latina ha saputo, in teoria per lo meno, proclamare questa evangelizzazione integrale. A partire dal Concilio Vaticano II, e situando nel nostro tempo e nel nostro posto i segni dei luoghi e dei tempi, i tre grandi concili continentali di Medellin, Puebla e Santo Domingo, assunsero, rispettivamente, l'opzione per i poveri, la comunita' come "comunione e partecipazione" e l'inculturazione. Nella versione piu' lucida e pratica, la Chiesa del Brasile in concreto, e non solamente lei, sta traducendo questo programma rinnovatore nelle comunita' ecclesiali di base, nelle pastorali specifiche, nella moltiplicazione e diversificazione dei ministeri e nei programmi nazionali di risposta a situazioni di emergenza o a rivendicazioni popolari. La "campagna di fraternita'" che la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile organizza dal 1964, ha avuto come tema nel 1996 "fraternita' e politica", ed il motto fu la bella utopia del salmo 85: "La giustizia e la pace si abbracceranno". Basta leggere i temi e i motti di queste trentatre' campagne annuali per percepire la volonta' di incarnare la fede e di rendere sociale l'amore. A seguito della famosa affermazione del papa, durante il volo mentre veniva in Centramerica, circa la teologia della liberazione, mi chiamo' un giornalista del Messico per chiedermi se ora fosse morta davvero questa teologia. Io tenevo in mano, precisamente, il testo base della campagna della fraternita' brasiliana: tutto cio' e' pura teologia della liberazione, nei suoi contenuti e persino nella metodologia del vedere, giudicare e attuare. E' certo che, il medesimo papa, in un altro volo verso l'America Latina, provocato dai giornalisti, rispose categoricamente: "anch'io sono un teologo della liberazione". E, in quella carta storica che sempre il papa invio' all'episcopato brasiliano in uno slancio di alta emotivita', Giovanni Paolo II affermava che "la teologia della liberazione non e' solo opportuna ma addirittura necessaria". Il Concilio Vaticano II chiede l'aggiornamento, la rinnovazione moderna della Chiesa semper renovanda (che deve sempre rinnovarsi). Disgraziatamente per alcuni, il Vaticano II fu un importuno soffio dello Spirito, e adesso sarebbe passato anche di attualita'. Il grande teologo Rahner pensava, al contrario, che noi impiegheremo un secolo per recepire questo concilio pentecostale. Meglio, questa costante rinnovazione, la rinnovazione piu' grande della Chiesa, si sara' solamente nella misura in cui ella si andra' convertendo al Dio della vita e della storia rivelato in Gesu' Cristo, e agli esclusi della storia e della vita, crocefissi con Lui; nella misura in cui ella sapra' di essere nel mondo non per condannarlo ma per salvarlo. Con una salvezza integrale, che e' liberazione totale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4 - COSA SI PUO' FARE ?

 

4.1 - PER SOSTENERE I POPOLI DEL CHIAPAS

 

1) Diffondi, stampa, fotocopia, distribuisci questo documento. Tutti i testi sono utilizzabili liberamente citandone gli autori.

 

2) Contatta gruppi di volontariato della tua citta' per appoggiare iniziative a favore degli indigeni.

 

3) Aiuti economici alle popolazioni in Chiapas sfollate dalle loro comunita' si possono inviare al conto dell'Enlace Civil che e' l'ONG (Organizzazione Non Governativa) che e' direttamente impegnata nel portare aiuti, anche medicinali e materiali.

 

Enlace Civil A.C., conto bancario in dollari:

Bancomer, Plaza 437, Sucursal 100

conto numero:4555454100001577

a nome di Mercedes Osuna.

causale: ayuda a desplazados

San Cristobal de las Casas, Chiapas, Mexico

 

E' richiesto l'invio per fax della ricevuta del versamento in cui siano ben

segnalate il giorno e l'ora dell'invio al fax:

0052-967-82104

 

ENLACE CIVIL

calle Ignacio Allende 4

San Cristo'bal de Las Casas 29200

Chiapas-MEXICO

Tel y fax: ++52-967-82104

http://www.laneta.apc.org/enlacecivil

email: enlacecivil@laneta.apc.org

 

In italia il CIPAX (Centro Interconfessionale per la Pace) sta promuovendo

una raccolta di fondi che saranno consegnati direttamente alla diocesi di

San Cristobal de Las Casas.

 

Per informazioni e versamenti:

 

C/C POSTALE 56702004

Intestato a:

CIPAX - VIA OSTIENSE 152 00154 ROMA

causale: CHIAPAS

 

Il Subcomandante Marcos, inoltre, ha dato in una intervista altri suggerimenti per l'azione concreta, per la controinformazione, per scrivere la storia con la voce dei popoli. Riportiamo qui di seguito il testo di questo intervento.

 

4.2 - SALVIAMO LA STORIA DEI POPOLI CON I MEDIA INDIPENDENTI

Subcomandante Marcos

 

Testo tratto da un videointervento del SUBCOMANDANTE MARCOS per il Freeing the Media 31 Genn./1 Febb.1997,NYC. organizzato da the Learning Alliance, Paper Tiger TV, e FAIR in cooperazione con the Media & Democracy Congress.

 

(...) sta prendendo piede una scomposizione globale, l'abbiamo chiamata Quarta Guerra Mondiale-neoliberalismo: il processo economico atto a eliminare la moltitudine delle persone non utili ai potenti gruppi chiamati "minoranze" nella matematica del potere, ma che rappresentano la maggior parte della popolazione del mondo. Ci troviamo in un sistema di globalizzazione che e' disposto a sacrificare milioni di esseri umani.

I giganti della comunicazione: i grandi mostri dell'industria televisiva, delle comunicazioni satellitari, delle riviste, e dei giornali sembrano determinati a presentarci un mondo virtuale creato ad immagine e somiglianza di quello che il processo di globalizzazione richiede.

 

In questo senso, il mondo dei media contemporanei e' un mondo che esiste per i VIP - very important people. La loro vita quotidiana e' quello che deve importare: se si sposano, se divorziano, se mangiano, che vestiti indossano e quali vestiti si levano - questo per le star del cinema o i grossi politici. Ma la gente comune appare solo per un momento - quando uccide qualcuno, o quando muore. Per i giganti della comunicazione e per il potere neoliberale, gli altri, gli esclusi, esistono solo quando sono morti o quando sono in carcere o sotto processo. Questo non puo' piu' continuare. Prima o poi questo mondo virtuale si scontra con il mondo reale. Ed e' quello che sta succedendo attualmente: questo produce come risultato guerra e ribellione in tutto il mondo...

 

Noi abbiamo una scelta: possiamo adottare un atteggiamento cinico verso i media, dire che nulla puo' essere fatto contro il potere del dollaro che si ricrea in immagini, parole, comunicazione digitale, e sistemi di computer che ci invadono non con una invasione di forza, ma con un modo di vedere il mondo, come loro pensano che il mondo debba essere visto. Possiamo dire, bene, e' cosi' e non possiamo farci niente. O possiamo semplicemente assumere un atteggiamento di incredulita': possiamo dire che ogni comunicazione fornita da questo monopolio dei media e' una totale menzogna. Possiamo ignorarli, dire che non ci interessa e continuare la nostra vita domestica. Ma c'e' una terza possibilita' che non e' ne il conformarsi ne lo scetticismo e nemmeno il diffidare: ed e' quella di costruire un senso differente - mostrare il mondo quale realmente e' - per avere una visione del mondo critica e far si' che ci si interessi della verita', di cio' che realmente succede alla gente in ogni angolo del pianeta.

 

Il lavoro dei media indipendenti e' quello di fare la storia delle lotte sociali del mondo, e qui in Nord America - gli Stati Uniti, il Canada ed il Messico, i media indipendenti sono stati capaci in alcune occasioni di aprire spazi anche all'interno del monopolio dei mass media: forzandoli a far conoscere notizie di e sulle posizioni di altri movimenti sociali.

 

Il problema non e' solo far sapere cosa sta succedendo nel mondo, ma capirne il perche' e riceverne una lezione - come se stessimo studiando la storia - una storia non del passato, ma la storia di tutto quello che sta accadendo in ogni momento, in ogni parte del mondo. Questo e' il modo con il quale possiamo imparare chi siamo, cos'e' che vogliamo e cosa possiamo essere e cosa possiamo fare o non fare.

 

(...) i media indipendenti devono fare un lavoro vitale, un progetto politico ed un fine: far si che la realta' sia conosciuta. Questo e' sempre piu' importante nel processo di globalizzazione. Questa verita' diventa un forte nodo di resistenza contro la menzogna. E' la nostra unica possibilita', salvare la verita', tenerla viva e distribuirla, poco a poco (...)

 

Nello stesso modo, i media indipendenti provano a salvare la storia. La storia presente - salvandola e provando a ridistribuirla, cosicche' non sparira', ma verra' distribuita in altri posti e cosi questa storia non si limitera' ad essere conosciuta in un paese, in una regione, in una citta', o in un determinato gruppo sociale. Questo e' necessario non solo per le voci indipendenti per scambiarsi informazioni ed irrobustire i canali, ma per resistere allo spargimento di menzogne fatto dai monopoli. La verita' che stiamo costruendo nei nostri gruppi, nelle nostre citta', nelle nostre regioni e nei nostri paesi sara' ancora piu' potente se sapremo mescolarla ad altre verita' e se realizzeremo che quello che sta succedendo in altre parti del mondo fa anch'esso parte della storia dell' umanita'. Nell' Agosto 1996, abbiamo richiesto la creazione di una rete di media indipendenti, un network di informazione. Significa una rete per resistere al potere della menzogna che ci vende questa guerra che abbiamo chiamato Quarta Guerra Mondiale. Abbiamo bisogno di questo network, non solo come cosa utile al nostro movimento, ma per le nostre vite: questo e' un progetto di vita, di umanita', umanita' che ha diritto ad un informazione critica e pienamente corrispondente alla verita'.

 

 

5 - IL CHIAPAS SU INTERNET - agenda telematica

 

Per aggiungere nuovi indirizzi telematici a questa lista, scrivete un

messaggio di posta elettronica a:

 

gubi@metro.it (Carlo Gubitosa – Staff Rete PeaceLink)

 

Ogni segnalazione sara' molto utile e gradita.

 

Per cercare risorse nella rete sulla lotta Zapatista ti consigliamo di

cercare in questa guida fatta di descrizioni dei contenuti dei siti ed

aggiornata frequentemente:

 

ZAPATISTAS IN CYBERSPACE, A Guide to Analysis & Information

http://www.eco.utexas.edu/faculty/Cleaver/zapsincyber.html

 

Centro de Derechos Humanos Fray Bartolome' de las Casas

 

Il Centro per i Diritti Umani "Fray Bartolome' de Las Casas" (CDHFBC) e' una organizzazione non governativa che ha come obiettivo la promozione e la difesa dei diritti umani. E' una iniziativa della diocesi di San Cristobal de Las Casas, di cui e' vescovo Don Samuel Ruiz Garcia. Si occupa di tutti quei casi di violazione dei diritti umani di cui viene a conoscenza, senza distinzione di credo o di opinioni politiche, dando precedenza a quei casi in cui le vittime delle violazioni sono emarginate dalla societa' per la loro poverta'.

 

Il Centro ha pubblicato un dossier sul massacro del 22 gennaio, dal titolo "Camino a la Masacre. Informe Especial Sobre Chenalho'" (Cammino verso il massacro, rapporto speciale su Chenalho'". Questo testo in spagnolo e' disponibile su internet all'indirizzo:

 

http://www.laneta.apc.org/cdhbcasas/chenalho/informe/indice.htm

 

Ecco la struttura del testo:

 

Introduccio'n

Capitulo 1, Contexto General

Capitulo 2, Antecedentes Remotos al Conflicto

Capitulo 3, Conflictos Recientes

Capitulo 4, Del Banco de Arena a la Guerra.

Cro'nica desde mayo 1997 al presente.

Capitulo 5, El Dia'logo y las Puertas Falsas

Capitulo 6, Algunas Interpretaciones

Capitulo 7, Valoracio'n Juridica

Anexos de articulos y documentos

 

Per informazioni:

Centro de Derechos Humanos Fray Bartolome' de las Casas

Calle Francisco Leon No. 46, Barrio Santa Lucia.

C.P. 29250.San Cristobal de Las Casas, Chiapas, Mexico

Correspondencia: Apartado Postal 178, C.P. 29200,

San Cristobal de Las Casas, Chiapas, Mexico.

Telefono: ++52-967-83548, Fax= ++52-967-83551

 

Il centro e' presente su InterNet ai seguenti indirizzi:

 

email: cdhbcasas@laneta.apc.org

http://www.laneta.apc.org/cdhbcasas/index.htm

ALTRE RISORSE INFORMATIVE

 

- Mexico

 

Encuentro Intercontinental

http://planet.com.mx/~chiapas/

 

Libertad para los presos politicos acusados de pertenecer al EZLN!

http://spin.com.mx/~hvelarde/Mexico/presos/

 

La Jornada en Internet

http://www.sccs.swarthmore.edu/~justin/jornada/index.html

 

- USA

 

Ya Basta! The EZLN solidarity page

http://www.ezln.org/

 

ACCION ZAPATISTA

http://www.utexas.edu/ftp/student/nave

 

- Canada

 

Mexico Solidarity Network

http://www.physics.mcgill.ca/~oscarh/RSM/

 

- Europa

 

Solidariteitskomitee Mexico (Holland) http://www.dds.nl/~noticias/prensa/zapata/

 

Ya Basta! - Initiatives against Neoliberalism

http://www.icf.de/Yabasta/

 

SITI IN LINGUA ITALIANA:

 

Coordinamento Zapatista per l'Italia

http://www.ecn.org/ezln-it/

 

Tactical Media Crew

http://vivaldi.nexus.it/commerce/tmcrew/chiapas/chiapas.htm

 

Kollettivo "Estrella Roja"

http://www.ecn.org/estroja/

 

SITI IN LINGUA SPAGNOLA

 

Il quotidiano LA JORNADA

http://serpiente.dgsca.unam.mx/jornada/index.html

 

LIBERTA' per i prigionieri politici

http://spin.com.mx/~hvelarde/Mexico/presos/

 

LIBERTA' per i prigionieri zapatisti

http://www-leland.stanford.edu/~ordorika/libertad.html

 

SITI IN LINGUA INGLESE

 

CHIAPAS MENU

http://www.indians.org/welker/chiapas2.htm

 

Zapatista NET of Autonomy e Liberation

http://www.actlab.utexas.edu/~zapatistas/

 

SITI IN LINGUA FRANCESE

 

VIVA ZAPATA

http://www.anet.fr/~aris/zapata.html

 

Collectif Ya Basta! - Paris -

http://www-stud.enst.fr/~mvidal/

 

Si ringrazia TACTICAL MEDIA CREW per l'ottimo lavoro di traduzione, diffusione, controinformazione, documentazione che svolge in rete e che ha permesso la realizzazione di questo testo. Tactical Media Crew e' un progetto che nasce primariamente dall'esigenza di far accedere diverse realta' sociali di base, con un'attenzione particolare per quello che comunemente viene definito movimento antagonista, ad Internet.

 

http://vivaldi.nexus.it/commerce/tmcrew/welcome.htm

email: tmcrew@mail.nexus.it tactical@mail.nexus.it

 

Si ringrazia Francesca Ciarallo del CIPAX

(Centro Interconfessionale Per la Pace) di Roma

per i testi della CONAI e per la sua grande pazienza.

 

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dossier aggiornato al 20/1/1998

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