Il Kossovo visto dall'Italia In Italia l'opinione piu' diffusa tra le Organizzazioni Non Governative, le associazioni pacifiste e i volontari per la cooperazione internazionale e' che i mass-media non abbiano utilizzato tutti gli strumenti a loro disposizione per prevenire l'esplosione della violenza in Kossovo. Prima dei bombardamenti: scarsa attenzione verso il Kossovo Nel 1993 nasce in Italia la "Campagna Kossovo", una iniziativa per la prevenzione del conflitto tra serbi e albanesi. Nei primi anni del conflitto la "pulizia etnica" era ancora lontana, ma gia' da allora la popolazione albanese ha dovuto rinunciare alla sua lingua e alla sua identita' culturale, con soprusi da parte della polizia locale e una perdita progressiva dei diritti civili. Purtroppo questo genere di atti violenti non e' stato sufficiente per attirare l'attenzione dei media e dei governanti, e per molti anni i documenti, gli appelli e le denunce della "Campagna Kossovo" sono stati ignorati. Questo silenzio e questa mancanza di interesse hanno raggiunto il loro massimo livello l'8 dicembre 1998, quando a poche settimane dai bombardamenti una delegazione composta da diverse centinaia di volontari italiani si e' recata in Kossovo per attirare l'attenzione dei mass-media sul problema dei Balcani, con una marcia pacifica chiamata "I Care". Nessun organo di informazione ha commentato questa iniziativa, nonostante gli sforzi fatti dalle associazioni che organizzavano questo "viaggio di pace" per coinvolgere la stampa e la televisione. Il tutto si e' svolto quasi dietro le quinte, nel disinteresse piu' totale dei mezzi di informazione. E' triste che i riflettori dei mezzi di informazione si accendano su un territorio solo quando iniziano a parlare le armi. La pace purtroppo non fa notizia. I problemi piccoli e risolvibili vengono ignorati dai media, fino a quando non crescono abbastanza da meritare attenzione a livello mondiale. I conflitti interstatali vengono descritti solo quando sono abbastanza spettacolari, solo quando assumono le dimensioni della tragedia, del massacro, della deportazione di massa, dell'azione militare internazionale. In questo modo i media italiani, rincorrendo unicamente le notizie piu' sensazionali, hanno rinunciato in partenza al loro ruolo di prevenzione dei conflitti e al loro suolo di strumenti efficaci per la ricerca di una soluzione pacifica. Durante i bombardamenti: un atteggiamento acritico e superficiale In guerra l'informazione si chiama propaganda, soprattutto quando questa informazione proviene da una delle parti direttamente coinvolte nel conflitto. Durante i giorni dei bombardamenti sul Kossovo anche in Italia i mezzi di informazione si sono trasformati in strumenti di propaganda, che hanno affermato con forza una idea, presentandola come una verita' oggettiva: "l'unica soluzione possibile al conflitto tra i cittadini serbi e albanesi del Kossovo e' un intervento militare, in particolare un massiccio bombardamento aereo". Gli strumenti della propaganda Gli strumenti usati per rendere moralmente accettabili i bombardamenti sono stati numerosi: la scelta preferenziale di alcune fonti, l'utilizzo di immagini con un forte impatto emotivo (bambini, donne, profughi), l'omissione di alcune informazioni, e in particolare l'omissione di tutte le alternative possibili alla guerra, l'utilizzo strumentale di un linguaggio e di un vocabolario favorevoli all'utilizzo delle armi, la personificazione del conflitto (guerra CONTRO Milosevic e non PER il Kossovo), una informazione veloce che lascia poco spazio alla riflessione, al dubbio e all'approfondimento. Per quanto riguarda la scelta preferenziale delle fonti, va fatto notare il maggiore credito e la maggiore fiducia che si e' data alle informazioni provenienti dalla Nato rispetto a quelle provenienti dalla Repubblica Federale Jugoslava (RFJ). L'Italia e i giornalisti italiani hanno deciso sin dall'inizio di credere alla versione dei fatti fornita dai propri alleati, senza sforzarsi troppo per ricercare delle informazioni imparziali e al di sopra delle parti. In molte occasioni i dati forniti dalla Nato, o piu' correttamente dai vertici militari degli Stati Uniti, sono stati utilizzati dai giornali e dalle televisioni italiane senza neppure citarne la fonte, e spesso senza nessuna verifica, mentre i dati provenienti dalla Repubblica Federale Jugoslava (RFJ) sono stati sempre presentati come informazioni "di fonte serba". Un'altro esempio di informazione poco corretta lo ha dato il settimanale italiano "Panorama", che il 9 aprile 1999 ha pubblicato delle foto di un tragico massacro, immagini molto violente, in grado di esercitare un forte impatto emotivo sui lettori. Queste immagini sono state descritte come una operazione di pulizia etnica avvenuta 48 ore prima. In realta' quelle stesse foto erano gia' state pubblicate dal settimanale italiano "l'Espresso" il 19 marzo 1998. I giornalisti di "Panorama" si sono scusati con i loro lettori dicendo che l'importante era la sostanza dell'articolo, e che quelle immagini comunque "documentano perche' con Milosevic non si puo' e non si deve trattare". Una affermazione che non ha certamente favorito l'attivita' diplomatica, ma al contrario ha esasperato la contrapposizione tra le parti in guerra. Informazione a senso unico Per lunghe settimane quotidiani, riviste e televisioni hanno impiegato tutte le loro energie per dimostrare la brutalita' e la violenza criminale delle azioni di Milosevic, e questo ha reso piu' difficile l' analisi di tutte le possibili alternative all'azione armata della Nato. Inoltre la descrizione approfondita dei crimini commessi dai serbi ai danni degli albanesi non e' stata accompagnata da una descrizione altrettanto precisa della natura criminale dell'UCK, (Ushtria Clirimtare e Kosoves), l'"Esercito di Liberazione del Kossovo". Solo pochissimi quotidiani hanno segnalato i rapporti del Geopolitical Drug Watch, l'osservatorio europeo sulle droghe, e della DEA (Drug Enforcement Administration), l'organizzazione americana per la lotta al narcotraffico, rapporti in cui si denunciano le connessioni dell'Uck con la criminalita' organizzata, con il traffico della droga e con i mercanti di armi. L'alternativa Gli osservatori dell'Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) hanno piu' volte ripetuto che con un contingente piu' numeroso e con un maggiore appoggio da parte dei governi aderenti all'Osce il loro lavoro di interposizione e di monitoraggio avrebbe potuto essere molto piu' efficace, e addirittura determinante per il ripristino dei diritti umani in Kossovo, ma pochissimi quotidiani italiani hanno preso in considerazione le loro osservazioni, completamente ignorate dalla televisione. L'idea dominante che si e' sviluppata negli italiani e' che non avrebbe potuto esserci nessuna alternativa ai bombardamenti per riportare la giustizia in Kossovo, ma questo non e' vero. E' vero invece che i giornalisti italiani non hanno saputo descrivere in modo sufficiente le proposte alternative ai bombardamenti, e hanno scelto di dare voce solamente a diplomatici, politici ed esperti militari, persone che nella maggior parte dei casi non sono state in grado di proporre delle alternative all'azione militare, o non hanno avuto l'interesse di farlo. L'informazione semplificata e preinterpretata Un'altra caratteristica dell'informazione italiana in tempo di guerra e' quella di aver fornito soluzioni gia' pronte e definitive ad una situazione complessa come quella del Kossovo, interpretazioni che non hanno mai lasciato spazio al dubbio, pochi strumenti di analisi, molta sintesi e semplificazione. Questa sintesi e questa semplificazione hanno eliminato ogni sfumatura, ogni incertezza, ogni possibile dubbio e obiezione sull'"inevitabilita'" dell'intervento. L'immagine della guerra fornita dai mass-media e' stata una immagine piatta e in bianco e nero, l'immagine di una azione dei "buoni" contro i "cattivi", una lotta tra indiani e cow-boys. La mancanza di analisi e di approfondimento non ha permesso di capire che la pulizia etnica non e' nata solo dalla violenza del regime guidato da Slobodan Milosevic, ma e' anche frutto dell'indifferenza dei nostri governanti, che hanno deliberatamente ignorato il problema del Kossovo fino a quando la situazione non e' diventata insostenibile. Le responsabilita' della tragedia umana in Kossovo non cadono solamente sugli esecutori materiali delle azioni criminali di pulizia etnica, ma anche su tutti i Paesi e su tutti gli uomini politici che non hanno cercato di prevenire l'escalation della violenza e non hanno voluto utilizzare il loro potere economico e politico per cercare di fermare la pulizia etnica ancora prima del suo inizio. L'atteggiamento superficiale adottato da molti degli organi di informazione italiani durante il conflitto ha impedito un'analisi approfondita degli interessi economici e delle strategie geopolitiche che fino al 24 marzo 1999 hanno trasformato l'Europa in uno spettatore passivo e impotente di fronte alle violazioni sistematiche dei diritti umani in Kossovo. La Normalizzazione Dopo 78 giorni di guerra c'e' stato bisogno di tranquillizzare l'opinione pubblica, che iniziava ad interrogarsi sulla possibilita' di una estensione del conflitto con un coinvolgimento della Russia. Il "lieto fine" del rassicurante arrivo della "forza di pace" in Kossovo e' solo la facciata che i giornali e la televisione hanno dato a quello che e' stato solo l'inizio di una grande crisi che coinvolgera' tutti. E' un atto irresponsabile far finta che tutto sia andato a buon fine quando abbiamo scatenato una emergenza ambientale di cui pagheremo le conseguenze per decenni, quando abbiamo ricoperto i balcani di bombe a grappolo equiparate alle mine antiuomo (che sono state le prime a causare vittime all'interno della forza di pace), quando l'odio e la violenza che dividevano i serbi dagli albanesi sono stati esasperati anziche' risolti dal conflitto, quando un esercito finanziato dalla mafia e dai proventi della droga viene riconosciuto come la forza di polizia ufficiale a cui verra' consegnato il Kossovo. Il ruolo dei mezzi di informazione alternativi Forse questa e' la prima guerra della storia che si e' combattuta anche nel "Cyberspazio", con la creazione di un circuito alternativo di informazione attraverso l'internet. Accanto all'informazione "ufficiale" delle agenzie di stampa, dei giornali e della televisione, si e' sviluppata una informazione popolare, su iniziativa di cittadini e gruppi di volontari interessati ad approfondire i problemi del Kossovo con un atteggiamento critico, che hanno voluto assumere un ruolo attivo nel processo di creazione delle informazioni. Sull'internet hanno potuto essere diffuse informazioni troppo estese per i giornali o per la televisione, come ad esempio il testo integrale degli accordi di Rambouillet o i dossier scientifici sugli effetti dell'uranio impoverito contenuto nei proiettili anticarro, informazioni che hanno aiutato a capire i meccanismi con cui si e' arrivati allo scontro militare e le conseguenze dei bombardamenti. Grazie ad una maggiore disponibilita' di informazioni, c'e' stata anche una maggiore possibilita' di verificare le affermazioni e i dati forniti dalle due parti in conflitto. Per la prima volta nella storia, le popolazioni civili coinvolte in una guerra hanno potuto parlarsi direttamente, attraverso la posta elettronica, senza il controllo dei governi o dei vertici militari. Gli effetti dei bombardamenti sono stati raccontati in tempo reale, direttamente dalle persone che scrivevano messaggi di posta elettronica mentre ascoltavano le sirene dei bombardamenti o il rumore dei vetri che esplodevano per l'onda d'urto provocata dalle bombe. Le due testimonianze piu' efficaci sono state i "diari di guerra" scritti sull'internet da Sasa Zograf, disegnatore di fumetti che vive e lavora a Pancevo, e da Djordje Vidanovic, professore di linguistica dell'Universita' di Nis, che in uno dei suoi messaggi ha dato la sua testimonianza diretta dei fatti avvenuti al mercato di Nis il 7 maggio 1999, quando le bombe a grappolo della Nato, che avrebbero dovuto colpire l'aeroporto situato a 6 chilometri di distanza, hanno causato decine di vittime civili. L'utilizzo della posta elettronica ha permesso anche una azione piu' coordinata e piu' efficace di tutte le associazioni e i movimenti per la pace, che hanno potuto condividere le loro informazioni e organizzarsi a distanza con costi bassissimi. L'efficace utilizzo dell'internet come strumento per contrastare la propaganda di guerra ha dimostrato che nella societa' dell'informazione la guerra non puo' piu' esistere da sola, ma ha bisogno dell'appoggio dei mass-media per essere legittimata e sostenuta da ragioni umanitarie con l'aiuto dei mezzi di informazione, che forniscono un motivo accettabile e morale per le azioni militari. In una societa' dove i mass-media giocano un ruolo sempre piu' determinante, il potere non risiede piu' solo nel controllo dei mezzi di produzione, ma anche nel controllo dei mezzi di informazione, e per le guerre del nuovo millennio il sostegno acritico e fedele dei mezzi di informazione sara' indispensabile tanto quanto il sostegno dell'industria delle armi. Carlo Gubitosa Sabrina Fusari Associazione PeaceLink - Telematica per la Pace http://www.peacelink.it info@peacelink.it P.O. Box 2009 - 74100 Taranto - Italy Tel: ++39-099-7303686 Fax: ++39-06-57290945 _________________________________________________________ PeaceLink è un'associazione di volontariato dell'informazione che utilizza gli strumenti della telematica per promuovere la pace, la nonviolenza, i diritti umani, la liberazione dei popoli oppressi, il rispetto dell'ambiente e la libertà di espressione. Dal 1992 PeaceLink opera in rete e fuori da essa per dare voce a chi non ha voce.