ALLEGATO
N.3
Comunicato di
PeaceLink del 4/6/2000
TARANTO E IL RISCHIO ATOMICO
NOI
CITTADINI ABBIAMO IL DIRITTO DIRITTO DI CONOSCERE IL PIANO DI EMERGENZA
NUCLEARE
Prima
che il governo D'Alema si dimettesse e' stata ottenuta un'importante serie di
informazioni sul rischio atomico a Taranto, rischio che e' connesso al transito
e alla sosta di navi e sottomarini a propulsione nucleare. Il governo ha
infatti risposto in commissione difesa all'interrogazione presentata
dall'onorevole Vittorio Angelici. Nella risposta del Ministero della Difesa si
apprende che "gli accordi esistenti tra l'Italia e i Paesi dell'Alleanza
Atlantica prevedono la possibilita' di sosta delle unita' militari a
propulsione nucleare in alcuni porti nazionali" e che "nel porto di
Taranto l'ultima occasione di attracco di unita' navali a propulsione nucleare
risale al settembre del 1994".
La
risposta all'interrogazione dell'onorevole Angelici giunge dopo l'iniziativa
promossa dalla rete telematica PeaceLink finalizzata all'informazione e
sensibilizzazione sul rischio atomico a Taranto.
PeaceLink
aveva diffuso su Internet e sulla stampa informazioni circa l'esistenza a
Taranto di un piano riservato sul rischio atomico, fornendo anche indiscrezioni
relative all'esercitazione navale Nato "Dog Fish" recentemente
effettuata nello Jonio e che ha coinvolto unita' militari a propulsione
nucleare. Tutto cio' ha trovato puntuale conferma nella risposta ottenuta
dall'onorevole Angelici. Il Ministero dell Difesa conferma infatti l'esistenza
di un "Piano di emergenza per la sosta in porto di navi a propulsione
nucleare" e specifica: "Il piano, contrassegnato da una prudente
riservatezza adeguata alle notizie trattate, e' diffuso in tutti gli ambienti
militari e civili interessati a conoscere
per
le loro funzioni e responsabilita'". La conferma giunge anche in merito
all'esercitazione navale Dog Fish; il Ministero delle Difesa ha infatti
confermato: "Per quanto attiene invece all'esercitazione Nato, denominata
"Dog Fish", svoltasi in acque internazionali, alla stessa hanno
partecipato due unita' a propulsione nucleare: il sottomarino statunitense
"Jacksonville" e l'omologo francese "Casa Bianca". Le
unita' non hanno, nell'occasione, attraccato nel porto di Taranto".
Continua
intanto l'"operazione trasparenza" sul rischio nucleare a Taranto,
promossa da PeaceLink. PeaceLink ha infatti richiesto alla Prefettura di
Taranto di poter ottenere una copia del piano di emergenza nucleare per i
civili. La Prefettura ha risposto che il piano esiste dal 1982 ma che non
e'
possibile divulgarlo. Il dott.Sessa, responsabile della Prefettura per la
Protezione Civile, ha gentilmente fornito alcune delucidazioni verbali in cui
ha specificato che il piano di emergenza atomico prevede solo la sosta in rada
delle unita' militari a propulsione nucleare e non il loro
attracco.
Tuttavia il Ministero della Difesa ha risposto all'onorevole Angelici parlando
di "attracco" e non solo di "sosta in rada".
Alla
luce di questo dato e di altri aspetti (il piano escluderebbe pericoli di ogni
sorta per la popolazione civile in caso di incidente nucleare), sara' il caso
di chiedere la riformulazione del piano di emergenza come previsto dal decreto
legislativo n.230 del 17/3/95 che impone una revisione del piano quando mutino
le circostanze e la valutazione del rischio.
Sempre
sulla base del decreto legislativo citato la popolazione ha diritto di
conoscere il piano di emergenza che coinvolge i civili perche' i cittadini
possano essere consapevoli del rischio e preparati all'attuazione del piano di
emergenza stesso. Pertanto PeaceLink intende portare a termine questa
"operazione trasparenza" sul rischio nucleare a Taranto, nel rispetto
di tutte le norme vigenti.
In
particolare l'eventualita' di attracco di unita' a propulsione nucleare
costituisce un innalzamento della soglia di rischio, specie se in avaria.
PeaceLink
chiedera' di poter conoscere se sono previsti attracchi nell'Arsenale di
Taranto per unita' militari a propulsione nucleare in avaria.
Il
Ministero della Difesa ha rassicurato: "Tenuto conto che unita' a
propulsione nucleare operano anche nel Mediterraneo da moltissimi anni senza
che risultino essersi verificati - almeno per quanto concerne le unita'
militari alleate - incidenti significativi o situazioni di particolare
emergenza appare oggettivo e legittimo constatare come questa tipologia di
mezzi disponga di sistemi propulsivi con spinte caratteristiche di protezione e
sicurezza".
Dei
220 incidenti conosciuti che hanno coinvolto unita' a propulsione nucleare dal
1954 al 1988, alcuni sono avvenuti nel Mediterraneo, ma il Ministero della
Difesa non sembra darvi peso, ne' darne informazione ai parlamentari. Ad
esempio:
-
il 9 gennaio 1965 il sottomarino a propulsione nucleare statunitense USS Ethan
Allen (SSBN-608) si scontra con la fregata norvegese Octavian nel Mediterraneo
orientale;
-
il 15 aprile 1968 il sottomarino nucleare statunitense USS Scorpion (SSN-589)
viene coinvolto in una bufera nel porto di Napoli; la poppa dello Scorpion
entra in collisione con una chiatta posta a separarlo da un'altra unita'
navale; la chiatta cola a picco; il 20 aprile a Napoli alcuni palombari sono
impegnati a fare dei controlli all'elica del sottomarino. Alcuni giorni dopo lo
Scorpion esplode nell'Atlantico e cola a picco con il propulsore nucleare e due
bombe atomiche a bordo. Il caso vuole che l'incidente non avvenga a Taranto
(dove era passato il 10 aprile) o a Napoli, ma al largo delle Azzorre, il 27
maggio 1968. Ventuno sono le ipotesi dell'incidente che rimane ancora
misterioso; alcune analisi hanno evidenziato la grave carenza nella
manutenzione, ben al di sotto di quanto il programma di sicurezza nucleare
richiedeva. Poiche' pochi giorni prima lo Scorpion era stato a Taranto, e'
legittimo chiedersi cosa prevederebbe oggi il piano di emergenza della
Prefettura e se l'Arsenale Militare verrebbe coinvolto nella riparazione di
emerenza di unita' navali soggette a incidenti nucleari nelle vicinanze;
-
l'8 settembre 1968 il sottomarino nucleare statunitense Von Steuben (SSBN-632)
entra in collisione con la nave commerciale Sealady 40 miglia a sud delle coste
spagnole;
-
nel 1971 un sottomarino americano a propulsione nucleare nel Mediterraneo
lancia un allarme segnalando di essere stato affondato da un'azione nemica,
generando un allertamento massiccio delle forze militari americane; il
Pentagono dichiarera' poi di essersi trattato di un falso allarme dovuto ad un
errore;
-
il 6 giugno 1973 Il sottomarino americano a propulsione nucleare USS Skipjack
(SSN-585) sbatte contro una montagna marina non segnalata nelle carte del
Mediterraneo; andra' a Creta per un'ispezione;
-
il 13 dicembre 1974 il sottomarino nucleare statunitense USS Kamehameha
(SSBN-642) collide - durante un'esercitazione nel Mediterraneo centrale - con
cavi per la pesca e riporta danni allo scafo e all'elica, dovendo ritornare
indietro per riparazioni;
-
il 22 luglio 1977 un incidente simile infortuna l'USS Henry L.Stimson
(SSBN-655) al largo della Spagna;
-
il 16 luglio 1978 una rottura ad un meccanismo di propulsione del sottomarino a
propulsione nucleare americano USS Tullibee (SSN-597) provoca un inizio di
allagamento della macchina motori e una perdita di potenza mentre era in
immersione nel Mediterraneo; soccorso da altre unita' navali statunitensi,
viene rimorchiato in Spagna nella base di Rota per riparazioni;
-
il 4 giugno 1979 il sottomarino a propulsione nucleare USS George Washington (SSBN-656) incappa
nelle reti di una nave da pesca spagnola;
-
il 23 gennaio 1981 il sottomarino a propulsione nucleare USS Birmingham
(SSSN-695) operante nel Mediterraneo deve fare scalo a Gibilterra per riparare
il sistema sonar;
-
31 dicembre 1985, durante la festa di fine anno in attracco a Palma di Majorca,
il comandante del sottomarino a propulsione nuclerare USS Narwhal (SSN-671) non
si accorge che si e' rotto il cavo; per diverse ore il sottomarino viene
portato via trascinato dalle correnti marine;
-
il 29 aprile 1986, durante il transito nello stretto di Gibilterra, si teme la
perdita di radioattivita' per un "foro" profondo al sottomarino
nucleare USS Atlanta (SSN-712) e deve fare scalo a Gibilterra per essere
riparato;
Come
si puo' notare da questo elenco di infortuni accaduti nel Mediterraneo (e le
cui informazioni sono state ottenute ufficialmente da Greenpeace grazie al
"Freedon of Information Act") in caso di collisioni (o di incidenti
in generale) la presunta affidabilita' della tecnologia nucleare - vantata
dalle risposte piu' volte fornite dal Ministero delle Difesa alle interrogazioni
parlamentari in merito - non ha alcuna
influenza: la propulsione nucleare in
caso di incidente non garantisce sicurezza ma comporta solo un ulteriore
rischio.
Per
comprendere meglio il rischio atomico e' bene conoscere le caratteristiche
tecniche di base di un propulsore nucleare.
Il
propulsore nucleare di un sottomarino e' un reattore di minore potenza che
ricalca la struttura del classico reattore di una centrale nucleare. In esso
avviene una reazione atomica a catena per produrre calore e muovere una
turbina. L'elica del sottomarino nucleare trae in tal modo energia. La
"reazione
a catena" e' una "fissione controllata", in cui il calore viene
sprigionato con sufficiente lentezza da poter essere sfruttato senza sfuggire
al controllo.
Ma
come e' strutturato internamente un reattore nucleare?
Il
reattore contiene sbarre di uranio, racchiuse in appositi contenitori
metallici. Fra una sbarra di uranio e l'altra vi sono delle "sbarre di
controllo" di un materiale che ha la proprieta' di assorbire i neutroni.
Le sbarre di controllo possono essere alzate o abbassate. Quando sono del tutto
abbassate, esse assorbono tutti (o quasi) i neutroni, i quali sono i
"proiettili" che vanno a colpire i nuclei di uranio scindendoli in
una reazione a catena che, una volta iniziata, sarebbe capace di alimentarsi da
sola
fino a portare all'esplosione tipica della bomba atomica. Ma il reattore ha lo
scopo proprio rallentare questo processo e di controllarlo, graduando la
produzione di energia. Man mano che le sbarre di controllo vengono sollevate,
un numero crescente di neutroni riesce a raggiungere e a
colpire
i nucleari di uranio determinandone la scissione. In tal modo la reazione
nucleare procedera' piu' rapidamente. Quindi per regolare la potenza del
reattore nucleare occorre alzare e abbassare le sbarre di controllo. Le sbarre
di uranio e quelle di controllo sono immerse nel "moderatore",
costituito da particolari sostanze la cui funzione e' quella di rallentare il
moto dei neutroni generati dalla scissione dei nuclei di uranio. Il reattore di
una centrale nucleare di terra e' racchiuso dentro
uno
schermo di piombo e da una spessa guaina di cemento, che impedisce alle
radiazioni di sfuggire dal reattore mettendo in pericolo le persone addette. In
un reattore nucleare collocato su un sottomarino, invece, manca la spessa
guaina di cemento per ragioni di peso e di manovrabilita' del
natante. Pertanto in caso di incidenti (collisioni,
incendi, esplosioni, perdita di controllo sul sistema, ecc.) il reattore
nucleare di un sommergibile atomico e' molto piu' vulnerabile rispetto ad una
normale centrale nucleare.
Ovviamente
il movimento stesso del sommergibile - al di la' della sicurezza instrinseca
del reattore - costituisce una variabile esogena che aumenta i rischi di
incidente. Cosa avverrebbe infatti se si rompesse il reattore nucleare di un
sommergibile atomico? Ci sarebbe la dispersione nell'ambiente della
radioattivita' delle sbarre di uranio di cui parlavamo prima.
Due
dati dovrebbero far riflettere:
-
l'uranio contenuto in un reattore nucleare dimezza la propria radioattivita' in
4,5 miliardi di anni;
-
la data di nascita della Terra risale a 4,6 miliardi di anni fa.
Quindi
in caso di fuoriuscita di uranio avremmo una contaminazione radioattiva
praticamente perpetua dell'ambiente marino, con conseguenze dirette e indirette
sulla popolazione che vi entra a contatto. Taranto, citta' di mare, subirebbe
conseguenze catastrofiche e il mare, da fonte di vita diventerebbe fonte di
morte, con un'impennata "alla Cernobyl" del gia' alto tasso di tumori
esistente. La bonifica e il recupero del materiale radioattivo che si potrebbe
disperdere con un'esplosione del reattore nucleare porrebbe a rischio di vita
gli operatori che venissero coinvolti nelle operazioni stesse di bonifica. Per
di piu' la radioattivita' entra in circolazione mediante la catena alimentare.
E' documentato che la radioattivita' si concentra nei pesci e nei mitili in
proporzione superiore
rispetto
all'ambiente marino in quanto essi sono degli accumulatori nella nocivita'
nucleare nel circuito vitale dell'ecosistema. Pertanto - dopo un incidente
atomico in mare - avviene un processo di accumulazione nel tempo degli effetti
dannosi della radioattivita' che porta ad un graduale aumento della
concentrazione della radiottivita' stessa fino a giungere pericolosamente
all'uomo tramite la catena alimentare.
Se
le rassicurazioni del Ministero della Difesa fossero solide e se i mezzi a
propulsione nucleare fossero cosi' sicuri perche' allora le compagnie di
assicurazione rifiutano ad una qualsiasi persona di stipulare contratti
assicurativi di risarcimento in caso di incidente nucleare?
Attendiamo che il
Ministero della Difesa indichi una sola compagnia di assicurazione che
risarcisca il cittadino dei danni derivanti da incidente nucleare.
Se le portaerei o i sommergibili a propulsione nucleare fossero cosi' sicuri
perche' io non riesco a trovare nessuna assicurazione che - pur risarcendomi in
caso di infortunio o di morte - mi risarcisca in caso di incidentI derivanti da
natanti a propulsione nucleare? Un incidente nucleare e' a priori non risarcito
dalle compagnie di assicurazione (si leggano bene le clausole di un qualsiasi
contratto). Perche' allora i governi continuano a dare rassicurazioni, garanzie
e certezze per rischi atomici che le compagnie di assicurazione per contratto
si guardano bene dal risarcire?
Se
l'Italia ha messo al bando le centrali nucleari in quanto pericolose, perche'
continua a tollerare che un rischio di simile natura debba continuare a
persistere nelle acque del nostro mare?
Sono
domande legittime che noi di PeaceLink vogliamo continuare a porre perche'
riteniamo fondate e stringenti.
Riteniamo
che le tematiche che affrontiamo stiano andando al cuore della questione
atomica in Italia, delle procedure di segretezza in nome delle quali si esclude
la popolazione (e gli stessi parlamentari) dal controllo democratico. Abbiamo
pertanto deciso di mettere sul sito di
PeaceLink
la normativa con cui - in ogni porto italiano - ogni cittadino puo' richiedere
le informazioni del piano di emergenza nucleare; le parti piu' importanti del
decreto legislativo 230/95 sono ora consultabili alla pagina web:
http://www.peacelink.it/webgate/armamenti/msg00205.html
Viviamo
una strana contraddizione. Il decreto legislativo 230/95 non solo permette
l'accesso alle informazioni del piano di emergenza nucleare ma ne impone la
pubblicita', pena le sanzioni previste nella stessa normativa. Dall'altra parte
pero' il piano di emergenza e' segreto per volere della
Marina
Militare e la Prefettura per ora non puo' fornirlo a PeaceLink. La situazione
e' paradossale: un vincolo di segretezza imposto nel 1982 (quando non era
ancora in vigore il decreto legislativo 230/95) blocca l'attuazione di tutta la
parte del decreto del 1995 relativa al diritto all'informazione per i cittadini
circa il piano di emergenza nucleare.
Pertanto
saremo costretti - mediante istanza formale di un avvocato - a rivendicare il
rispetto della legge che non tollera piu' segreti militari ma unicamente la pubblicizzazione
del piano stesso.
Tenere all'oscuro la
popolazione sui rischi nucleari costituisce un'offesa al buon senso oltre che
alla democrazia e pertanto - apprezzando la disponibilita' al dialogo della
Prefettura di Taranto - daremo corso all'istanza per costringere i poteri
militari a ritirare il proprio vincolo da un bene che in ogni societa' va
difeso: il diritto all'informazione.