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Genova, sabato 21, verso le 16.
Eravamo in sei, partiti prestoper partecipare alla manifestazione. Siamo
arrivato fino a Nervi per le strade dell'Appennino, evitando l'autostrada.
Eravamo, credo, a metà del corteo. Fermi sotto il sole, dai palazzi i
genovesi ci buttavano acqua per rinfrescarci, a un certo punto, lungo il
cammino, una chiesa ha suonato le campane a festa, era ricoperta di cartelli
anti-global. Si avanza, piano ma si avanza. Da amici, via telefono, abbiamo
notizia di scontri, non so se alla fine o all'inizio del corteo.
Siamo in corso Italia, il corteo è pacifico. A sinistra il mare, a destra
muri e strade laterali che danno sul corso; ogni due o tre, a cinquanta
metri dall'innesto su corso Italia, maree di poliziotti in assetto
antisommossa che attendono. Finché a un certo punto il corteo si ferma, a
destra, da una strada laterale, un po' indietro rispetto a noi, i poliziotti
stanno arrivando di corsa verso il viale, davanti sta succedendo qualcosa,
voci dicono che il corteo è stato spezzato, c'è una battaglia in corso,
adesso vediamo benissimo le parabole dei lacrimogeni, poi guardiamo a
destra, e su in alto a trenta metri, a monte, su uno spiazzo a terrazza che
dà su corso Italia , un gruppo di poliziotti che aspetta. Guardiamo dietro
di noi, anche indietro il corteo è spezzato, i manifestanti hanno visto la
polizia e si sono fermati. Siamo tesi, nervosi. Perché è chiaro che siamo in
trappola, davanti la polizia, dietro la polizia, a destra le case, a
sinistra, più in alto rispetto alla strada di una decina di metri, qualche
villetta, protetta da muri a secco, che dall'altra parte guarda giù verso il
mare. Qualcuno va a parlamentare con i poliziotti, inutile, non parlano,
stanno muti, nel loro equipaggiamento da robcop, o da zombi, parte qualche
provocazione, qualche sasso, 'fermi, fermi!' grida qualcuno, poi il
finimondo. Un attacco bestiale da davanti e da dietro, sulla folla piovono
lacrimogeni, da quel piazzale di destra alto sulla strada, dagli elicotteri
che si abbassano a 50 metri, dalla polizia che carica sparando candelotti ad
altezza d'uomo. Lì non c'è scelta, o scappi o te ne esci con la testa rotta,
ma il corteo è immenso, e il rischio di schiacciarsi a vicenda, presi dal
panico, maledettamente reale. Chi indugia, chi accenna a una qualche difesa
viene preso a manganellate sulla testa, sulla schiena, in faccia, sulle
braccia, con una violenza che io, a 52 anni, con un passato di decine e
decine di manifestazioni, non ho mai visto prima. S., S. e S.
chissà dove, R., M. e io schiacciati da una massa di persone che
cerca di fuggire dalle cariche e dal fumo dei lacrimogeni, irritanti come
non ne ho mai sentiti nel passato, ti lasciano intontito, con i polmoni a
pezzi, gli occhi bruciati che non ci vedi più, la pelle irritata, non c'è
limone che tenga, ti fa male, non ce la fai a respirare. Storditi dal fumo,
alcuni di noi si arrampicano frenetici sul muretto a secco, ce la fanno ad
aprire un varco tra i fili della recinzione della villetta, in un centinaio
o forse più corriamo verso il cortile della casa, il proprietario apre le
porte e ci fa entrare tutti. Che sia benedetto, ci ha soccorsi, ci ha dato
da bere, ci ha salvati. R., M. e io ci sediamo, siamo tutti e tre più
o meno interi.
Un'ora dopo un avvocato del Genoa Social Forum ci dice che possiamo
scendere, a mani alzate, non ci faranno niente. Andate verso destra, dice,
verso Nervi, tornate indietro, il corteo, ormai spezzato in tronconi, è
stato disperso.
Invece non è finita per niente. Mentre camminiamo, sentiamo dietro di noi le
camionette della polizia e un battaglione di poliziotti che battono i
bastoni sullo scudo. Ci giriamo, improvvisamente li vediamo correre, dove
cazzo corrono, ci vogliono massacrare? corrono verso un gruppo in fondo,
davanti a noi, sparano altri lacrimogeni, tra poco ci verranno addosso, un
elicottero si abbassa in modo da spingere, con il moto delle pale, i
fumogeni lontani dai poliziotti e contro di noi. E' micidiale il rumore
sempre più forte del rotore delle pale, dietro le spalle sento venirmi
addosso un vento acre e caldo, fumo, carte, bottiglie di plastica vuote,
oggetti che si sollevano. Mi metto a correre. A destra potrei scendere al
mare, ma c'è lo sbarco degli incursori con i gommoni, fanno prima sbarcare
l'ufficiale medico della croce rossa, poi col megafono intimano lo sgombero
dei bagni sul lungomare. Non c'è niente da fare, sento il passo picchiato
con forza sull'asfalto dei poliziotti dietro di me, sento colpi secchi, una
coppia isolata che stava correndo viene aggredita a manganellate e a calci,
anch'io sono isolato, terrorizzato, mi fermo, alzo le mani, 'sono disarmato'
urlo, un poliziotto mi passa di fianco urlando anche lui qualcosa, batte
violentemente il manganello su un palo di ferro, poi, forse vedendo i miei
capelli bianchi, passa via.
S.B.
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