Torna alla homepage Raccolta testimonianze sulle violenze compiute a Genova dalla Polizia e dai gruppi violenti di estremisti.
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Come segretario del Circolo 'Che' Guevara di Ponsacco (e membro del coordinamento 'non-globalizzati') esprimo tutta la mia preoccupazione nel veder sparire quell'ultimo filo sottile di democrazia che ancora rimaneva nel nostro paese. Il colpo più duro alla democrazia è stato dato nei giorni appena passati a Genova, durante le tre giornate di manifestazione. Voglio ricordare che il Circolo 'Che' Guevara, era rappresentato dal Direttivo, i Consiglieri Comunali per Rifondazione, iscritti e simpatizzanti (in tutto una quindicina di persone) partita con la voglia e la determinazione di arricchire un bagaglio comune, fatto di esperienze, scambi di idee con altri gruppi, associazioni e movimenti. Speravamo di tornare rafforzati da una esperienza nella quale una moltitudine di realtà si sarebbero incrociate per dire insieme NO allo sfruttamento selvaggio della Terra e delle sue popolazioni povere. La nostra intenzione era di partecipare alla manifestazione insieme ad 'Attac', centri sociali, movimenti in difesa dell'ambiente e degli animali in un'amalgama unica, straordinaria cantando e urlando slogan.

Il nostro obiettivo, come quello di tanti altri movimenti nel corteo, era quello di rivendicare, pacificamente e a mani alzate, il fatto che nessuno può appropriarsi di città e luoghi che appartengono a tutti e con questo spirito abbiamo sfilato alla volta della 'zona rossa'. E' stato un attimo, vedere macchine e vetrine distrutte lasciate qualche ora prima dai 'black block' senza che le forze dell'ordine intervenissero ed essere invece noi attaccati con una violenza pari a quella delle dittature sudamericane; abbiamo visto persone cadere con la testa fracassata chiedere aiuto, ragazze, ragazzi e persone meno giovani urlare di dolore manganellati da cellerini presi a calci e pugni e, ribadisco, erano persone che avevano le mani alzate e che gridavano 'siamo pacifisti'; ma loro, le forze dell'ordine, come bestie inferocite, si avventavano su chiunque per poi guardarsi tra loro dicendo 'comunisti di merda vi ammazziamo tutti'.

Personalmente ho vissuto, in particolare, una situazione da rimanere scioccati e terrorizzati insieme ad altri compagni del Circolo e del Coordinamento; in cinque ci siamo diretti verso una Bar, trovato aperto tra una marea di saracinesche chiuse; ci siamo accomodati ad un tavolino per respirare un attimo e mangiare qualcosa quando, improvvisamente, abbiamo sentito bruciare gli occhi; mi sono affacciato sulla strada e ho visto persone scappare e cellerini dietro che tiravano lacrimogeni ad altezza uomo; sono rientrato dicendo agli altri di fare in fretta e andare via di lì perché la situazione stava degenerando. Non ho fatto in tempo a finire questa frase che sette o otto cellerini sono entrati dentro il bar in tenuta antisommossa e ripeto, dentro un bar, e hanno iniziato a strattonare la gente per portarla fuori gridandoci 'ora facciamo i conti, bastardi venite fuori vi ammazziamo tutti!'; ci manganellavano e usavano gas irritanti spruzzati negli occhi da dieci-quindici centimetri mentre noi urlavamo che eravamo lì solo per mangiare; il barista e la moglie gridavano 'che cosa hanno fatto questi ragazzi? Lasciateli stare' rischiando loro stessi di prendere qualche manganellata; a quel punto hanno iniziato a trascinarci fuori ma noi ci aggrappavamo l'uno all'altro per non uscire mentre eravamo ancora accecati dai gas fino a quando hanno preso due di noi e una ragazza che era seduta vicino e li hanno portati fuori a calci e pugni; sentivamo gli urli, i colpi dei manganelli e dei tonfi sulla saracinesca che solo dopo abbiamo capito cosa erano: i cellerini stavano picchiando la testa dei ragazzi contro di esse. Sono rientrati dentro per prendere anche noi ma siamo riusciti a divincolarci sulla soglia della porta solo perché, per nostra 'fortuna', due persone dentro il bar tirando fuori i cartellini di giornalisti gridavano che avrebbero documentato tutto. A quel punto ci siamo rinchiusi dentro tirando giù le saracinesche, nascondendoci in una piccola stanza e lì abbiamo intravisto altri ragazzi che piangevano e si abbracciavano proprio come facevamo noi.

C'era angoscia per i ragazzi che avevano sequestrato con la violenza, non sapevamo che fine avessero fatto, così abbiamo cercato di metterci in contatto con alcuni avvocati per denunciare il fatto ma era impossibile visto che i telefoni erano schermati; noi stessi non sapevamo come uscire da quell'incubo e solo dopo circa mezz'ora, assicurandoci che non ci fosse più nessuno, abbiamo trovato il coraggio per uscire. Ci siamo guardati con gli altri ragazzi che erano lì e siamo usciti tutti insieme fino a ricompattarci con il corteo, o meglio frammentazioni di corteo, che stava arretrando fino al Carlini dove alloggiavamo.

L'unica cosa bella è stata ritrovare lì i nostri due amici che,se pur acciaccati dalle botte, erano riusciti a scappare dalla violenza delle forze dell'ordine. Invece l'altra ragazza non l'abbiamo più vista e lì al Carlini ci hanno confermato che era nella lista delle persone disperse. Nel frattempo ci stavano anche arrivando notizie di un morto, un ragazzo dicevano, forse spagnolo, forse italiano, ma di sicuro gli avevano sparato le 'forze del DISordine'. Quando la notizia è stata confermata è sceso il gelo sulle settemila persone che erano all'interno dello stadio: facce sconvolte, gente in ginocchio che piangeva, uniti tutti nel dolore e nella disperazione. Carlo Giuliani 23 anni, la mia età. Dopo trenta anni un'altra vittima delle piazze. Assassinato dallo Stato. Da un Governo fascista. Campanello d'allarme? NO una conferma, ed è stato un ragazzo a pagarne le conseguenze.

A differenza dei dittatori che ci governano noi, il movimento di moltitudini, non vogliamo ammazzare nessuno ma vogliamo sensibilizzare chiunque sui temi principali della globalizzazione; vogliamo portare ora soprattutto le nostre testimonianze di violenza subite raccogliendo informazioni da chiunque si trovasse lì in quei giorni; vogliamo anche tornare a Genova per parlare con quelle centinaia di cittadini che si affacciavano dalle finestre e ci applaudivano gridandoci SIAMO CON VOI PERCHE' NON SIETE VOI I VIOLENTI; ci portavano bottiglie di acqua per farci bere, la loro solidarietà è stata fondamentale per continuare.

Noi, i trecentomila pacifisti, che sabato avevano come unica arma comune un ideale, ma un ideale che accomuna milioni di persone, ribadiamo più forte che mai che un mondo diverso è ancora possibile. Le armi lasciamole a loro.





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