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Sono una madre di 44 anni, di professione infermiera, che crede che un
altro mondo e' possibile. Per questo ho deciso di andare anch'io a
manifestare a Genova, l'ho sentito forte dentro me, come un imperativo di
coscienza. Cosi' venerdi' notte 20 luglio sono partita da Roma Tiburtina
con i treni speciali di Rifondazione.Siamo arrivati a Genova Quarto la
mattina alle 7 del 21 luglio, sabato. Genova era blindata.Abbiamo raggiunto
a piedi lo Stadio Carlini dove avevano dormito nei loro igloo colorati i
ragazzi delle 'tute bianche'. Abbiamo riposato un po' seduti sulle
gradinate all'ombra, in attesa che si formasse il corteo che avrebbe dovuto
partire versi le 13. Guardavo quei ragazzi cosi' multietnici, giovani, e in
particolare un ragazzo che dormiva in un angolo col suo cane nero che, era
cosi' evidente, gli voleva tanto bene. Pensavo ai miei figli che non erano
venuti con me. Ma se io ero li' era anche per liberare i miei figli da una
societa' cosi' edonista, materialista, che li ha quasi rubati a me,
distolti cosi' dalle realta' vere del nostro pianeta condannato a morte.
Il corteo e' partito verso le 12,30. Verdi, ARCI, Rete Lilliput, Umanisti,
Rifondazione...Una marea di umanita' totalmente pacifista, colorata, che
prendeva corpo in un grande corteo.Genova assolata, caldissima, e noi con
gli zaini appesantiti dalle scorte d'acqua portata da casa, perche' a
Genova non una fontanella, pochissimi bar aperti presi d'assalto, non un
bagno. Ho visto gente anziana con il 'troller' anziche' lo zaino, persone
portatrici di handicap, studenti giovanissimi, ragazzine gracili ma allegre
e colorate; gente sfilare con il proprio cane, persone insomma di ogni
genere ed eta', ma tutte con lo stesso ideale e totalmente pacifiste.
Ricordo pero' di aver visto, lungo il percorso, 3 ragazzi tentare di
rompere un bancomat, e nessuno ha tentato di fermarli, nonostante ci fosse
polizia armata a ogni incrocio e un paio di elicotteri volassero in moto
perpetuo circolare sulle nostre teste.Il corteo iniziava a rallentare
troppo spesso, e il sole era molto cocente. Per fortuna che molti genovesi
ci hanno rinfrescato con l'acqua dalle finestre e alcuni ci hanno lanciato
bottigliette con l'acqua da bere. Passando davanti a una chiesa, questa
suonava le campane e su un camioncino 'drop the debt' un ragazzo e una
ragazza improvvisavano una danza. Tutti noi applaudivamo, salutavamo. La
chiesa aveva esposto sul sagrato e sul marciapiede limitrofo molto
materiale 'drop the debt'. Ma il corteo nel suo lentissimo progredire si
era andando intrappolando per il lungomare. A sinistra, il mare blindato di
gommoni pieni di poliziotti armati . A destra, un alto muraglione. Ho
guardato in alto e in cima al muraglione, dietro una fitta vegetazione, ho
visto dei militari armati. Ho iniziato ad avere paura. La tensione
nell'aria si tagliava col coltello. Non si poteva andare indietro, perche'
il corteo fittissimo impediva di farlo. Non si poteva avanzare, non si
poteva andare lateralmente perche' le traverse se non erano transennate
erano piene di blindati della polizia con poliziotti schierati con casco,
scudo e manganelli. Il marito della mia amica mi ha detto: e' meglio che
andiamo via. Ma non ci era possibile. Era evidente che stavamo in una
trappola.Infatti dopo qualche minuto uno dei due elicotteri ha volato
bassissimo su di noi, in senso contrario al corteo, in maniera cosi'
improvvisa e cosi' rasente alle persone da seminare il panico.Io ho avuto
un attacco di tachicardia per la paura. Per fortuna mi e' passato dopo un
paio di minuti, perche' l'elicottero si era allontanato.Ma subito dopo e'
ricomparso. Ci siamo seduti tutti per terra, con le palme verso il cielo,
in segno di non violenza. L'elicottero e' ripassato, altre due volte,
credo. Ma ci siamo alzati in piedi, con le palme sempre rivolte verso
l'alto e la braccia ben tese come girasoli verso il volo dell'elicottero,
nell'assurda paura di non essere abbastanza visibili nel nostro messaggio
silenzioso :non attaccateci!
Ma abbiamo visto i primi lacrimogeni a circa 100 metri piu' avanti, laddove
il corteo rientrava dal lungomare verso il centro. Solo pochi secondi erano
passati prima che su di noi tutti, che gia' istintivamente avevamo tutti
invertito la direzione di marcia del corteo, piovesse una quantita'
imprecisata di lacrimogeni e fumogeni urticanti. Ho visto gente cadere in
mezzo al fumo, gente chiamare 'un dottore!', ma io, pur essendo
un'infermiera, non potevo fermarmi, perche' sono un'asmatica e i polmoni mi
bruciavano nonostante la maglia premuta sul viso e il respiro ridotto al
minimo. Siamo riusciti a trovare scampo in una traversa laterale, nel
terrore di prendere anche le manganellate. Ma sono stata fortunata, non mi
sono imbattuta in pattuglie di militari in assetto di guerra. Siamo passati
proprio in via De Gasperi, sotto alla caserma, dove erano schierati uomini
in divisa con i caschi, e insieme a loro ho personalmente visto gente in
borghese vestita da 'black block'.Nel camminare sotto a quello schieramento
ho usato un passo ne' veloce, ne' lento, e un'aria stupidamente tranquilla,
indifferente. Avevo davvero paura. Ho pensato, forse presa troppo dalla
paura, che se avessero voluto avrebbero potuto benissimo fare un tiro a
segno e dire, che so, che era partito inavvertitamente un colpo. Ma assorta
nei miei pensieri , camminando,via De Gasperi era passata. E passavano
ambulanze, tante, in continuazione. Abbiamo raggiunto a piedi Quarto, per
riprendere uno dei primi treni speciali che ci riportasse a Roma. I
telefonini cellulari non prendevano finche' non ci siamo allontanati dalla
zona centrale: ho pensato che i campi magnetici fossero stati occultati, e
ho pensato anche che potessero captare i nostri messaggi.Giunti quasi a
Quarto, ci siamo sdraiati , sfiniti, su una piccola, sporca spiaggia
ciottolosa, aspettando le 19 per andare alla stazione. Saremo state 50,
forse 100 persone sfinite , sdraiate su quella spiaggetta. Un elicottero
della polizia ha preso a volare in circolo su di noi, tanto basso da poter
distinguere qualcosa -un'arma? un teleobiettivo?- che sbucava fuori dal
portellone.
Sono ripartita da Genova Quarto alle 21. Sono giunta a Roma Tiburtina alle
3 di notte del 22 luglio, domenica. Alle 14 ero in sevizio regolarmente nel
mio ospedale.
Questa e' la mia testimonianza relativa ai fatti di Genova. E sono ancora
convinta che un altro mondo, si puo'.
Con la preghiera di non pubblicare il mio nominativo, per motivi di sicurezza.
J.K.[NOTA: PER RAGIONI DI PRIVACY TUTTE LE SEGNALAZIONI INVIATE ALL'ASSOCIAZIONE PEACELINK VENGONO RIPORTATE IN FORMA ANONIMA, MA CHI CI SCRIVE LO FA INDICANDO PER ESTESO IL SUO NOME, COGNOME, INDIRIZZO E NUMERO DI DOCUMENTO D'IDENTITA']
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