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Quello che ho visto e sentito: è ben poco ma ho bisogno di raccontarlo.
Vi giuro, parlo con la pancia, lo stomaco, il cuore. Poco con la testa.
C’ero, a Genova, c’ero e ho visto. Ringrazio M., che mi ha convinta,
lo ringrazio perché posso raccontare, parlare, tenere negli occhi ciò
che ho visto e soprattutto sentito. Ho visto il fumo, dall’alto, perché
c’è presa paura quando, sul lungo mare, abbiamo visto che iniziavano i
casini. Abbiamo risalito delle scale e vedevamo che tutti
fotografavano. Non dimenticherò mai il baluginio dei caschi dei
poliziotti, mai. Subito mi sembravano flash, ma non lo erano. Era il
sole che si rifletteva. Non avevo visto i blindati, c’era fumo. Ad un
certo punto si è alzato un po’ di vento e il fumo nero della plastica
bruciata e quello bianco dei lacrimogeni si è ritratto e ha lasciato
vedere. I blindati, i poliziotti in file strettissime, il fuoco delle
auto bruciate, l’enorme spazio ma brevissimo tra la polizia e i
dimostranti, un vuoto così pieno di paura che paralizzava. Poi vedevo
figure che correvano, che buttavano qualcosa e fumo dei lacrimogeni. Mi
pizzicava la gola, il vento trasportava qualcosa nell’aria. Noi tre ci
eravamo staccati dal gruppo, eravamo andati avanti da soli, a caccia di
ciò che c’era dopo, a caccia di quelli che sfilavano con un po’ più di
lena: che caldo!
Siamo stati lì a guardare per un bel po’: non so quante volte mi abbia
telefonato mia mamma sconvolta: vi stanno per caricare, dove siete,
dove siete. Non eravamo lì, eravamo al sicuro, vai a farglielo capire.
Il rumore degli elicotteri è stato infernale, tutto il giorno, tutto il
giorno a ronzare sulla testa. Ci avvicinavamo a chi ci sembrava più
sicuro: lì il gruppo compatto dell’Arci, lì Rifondazione: loro sono ben
abituati a fare servizio d’ordine, no? Ma anche lì c’era paura.
Ad un certo punto ci siamo trovati per una strada stretta, fianco a
fianco con 'loro'. Bardati come alla guerra: con i caschi, i
passamontagna, le mazze, i bastoni, giovanissimi, ma proprio giovani.
Alcuni non erano mica maggiorenni, ve lo assicuro. E poi, tra loro, dei
maturi, capelli bianchi, fisici allenati, asciutti. Spero con tutto il
cuore che fossero veri manifestanti. Idioti, invasati, pazzi, ma
manifestanti veri, vi prego.
Non c’era spazio ed eravamo tutti schiacciati, a fianco di quelli di
Brescia, Bergamo e dei Trentini. Due ragazzi avevano perso il gruppo e
ci hanno chiesto se eravamo di Trento. No, di Torino. Se voi non siete
mai stati a Torino non potete capire il desiderio dei nostri corsi
spaziosissimi, delle nostre strade perfettamente perpendicolari, del
parallelismo, della geometria nota delle nostre strade che ti permette
di spostarti più in là, di correre via, di andare a prendere aria. Dio,
Torino, dove sei.
Erano aggressivi, ci consideravano dei cretini: andate coi padroni, ci
gridavano. Ma perché? Perché non picchiavamo, perché non cercavamo la
polizia (inesistente per tutto il tragitto) come un cane cerca la
preda? Cosa fai, col bastone, vuoi picchiare me? ha gridato M.
incazzato Se vuoi? gli ha risposto il mascherato. Marco vieni via,
ti prego, questi ci picchiano. Ma siamo qui per lo stesso motivo,
buffoni!!!!!! gridava M. Con un nodo in gola.
Forse no, però. Loro erano lì alla ricerca del sangue, della polizia,
volevano il contatto fisico e noi, tanti, allegri, spaventati,
imbarazzati inconsapevoli, vocianti, davamo fastidio.
Al ritorno, aspettando il pullman, vedevamo sfilare un sacco di gente,
un po’ rotta, chi il naso, chi le ginocchia e le sirene delle
ambulanze. Basta, basta, un ululato continuo: gli autisti sembravano
impazziti: ma quanti, quanti siete! Basta ragazzi, venite via. I
racconti erano agghiaccianti: la polizia inseguiva le persone rimaste
isolate e le picchiava, faceva uscire il sangue, voleva vederlo. Hanno
sparato un lacrimogeno ad altezza uomo e una ragazza della Croce Rossa
è stata colpita: è svenuta e qualcuno l’ha soccorsa, ma come non hanno
visto la croce, ma come…?
E adesso che ci penso sto ancora peggio: cosa c’è venuto in mente di
andarcene per le strade da soli: ma volevamo tornare al pullman,
rivedere gli altri, il telefono non bastava. Nessuno rideva, sfilavano
con lo sguardo vitreo, occhi che chissà cosa avevano visto. Mamma sto
bene, smettila. E poi la conta e i due dei quali non si sapeva nulla
sono poi arrivati. Erano scappati, schiacciati dalla polizia
imbufalita, ma intatti. Che paura i poliziotti, che paura.
Che paura.
A.A.
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