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I FATTI DI GENOVA:
UN VIOLENTO ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA
UNA DURA PROVA PER IL MOVIMENTO PACIFISTA
La prima impressione che ho avuto arrivando a GE martedì è stata quella di
essere a Berlino prima dell'abbattimento del muro. C'era una città divisa
in due: da una parte la vita normale, anche se parziale a causa della
chiusura di molti negozi, con le persone che continuavano la loro esistenza
quotidiana pur rendendosi conto di vivere una situazione anomala e con la
sensazione che qualcosa di grave stesse per succedere; dall'altro lato del
muro una città perfetta e pulita, ma deserta, con le persone che potevano
passare solo se avevano il lasciapassare che funzionava regolarmente.
Dov'erano finiti tutti gli immigrati, gli spacciatori, le prostitute, la
gente chiassosa che di solito popolava i 'carugi' di questa città di solito
così pulsante e brulicante di vita?
Tutto era in ordine, tutto risplendeva sotto una luce falsa che illuminava
ogni angolo, tutto era inquietante, in particolare i mitra, i fucili, i
caschi, gli scudi, i mezzi blindati della polizia che
riempivano quei posti solitamente pieni di donne, bambini, uomini di tanti
colori, con tanti rumori. Dov'erano Marinella, Barbara, il Miché, Bocca di
Rosa, Piero, Sally e le miriadi di personaggi che De André ci aveva fatto
conoscere, insieme ai loro vicoli, alle loro miserie e ai loro vizi, che ci
avevano fatto amare una città così brulicante di vita e di culture diverse?
Spariti! Forse erano sul transatlantico a far divertire e sollazzare gli
otto uomini più 'piccoli' del mondo? No, non credo che potessero abbassarsi
a tanto! Erano semplicemente dei 'desaparecidos', insieme ad una cultura
popolare scomparsa velocemente come quella di tanti popoli schiacciati
dalla globalizzazione e dal potere finanziario, o come ci saremmo sentiti
noi alla fine di queste giornate, quando avremmo contato i dispersi e i
feriti, oltre ad un morto!
C'era anche la zona gialla, quasi un cuscinetto tra la normalità e la zona
off-limits, dov'era in ogni caso difficile entrare e camminare
tranquillamente, perché ti sentivi comunque sempre controllato e osservato;
tutta questa zona era circondata da enormi containers accatastati che ti
davano un senso di campo di concentramento da cui difficilmente potevi
scappare.
Per fortuna c'era il Genoa Social Forum, con degli incontri veramente
interessanti e con persone di alto livello che hanno parlato di
globalizzazione, lavoro, sapere, democrazia, diritti, commercio equo e
solidale, WTO, pace e guerra, ecologia, debito dei paesi poveri, Nord e Sud
del mondo, diritti e cittadinanza. C'era inoltre lo spazio enorme allestito
in Piazzale Kennedy con gli stand delle associazioni, i punti ristoro, i
concerti, i punti di informazione e altro, che funzionava perfettamente
nonostante le migliaia di persone che vi transitavano ogni giorno. Solo
all'interno di questo spazio ti sentivi a casa tua, ti sentivi sicuro,
sentivi di essere fratello di tanti altri fratelli, tutti diversi da te ma
uguali.
La prima manifestazione, quella dei migranti, il 19 luglio, risentiva di
questo clima. Da una parte 25.000 persone con tanti colori, slogan, modi di
manifestare e di esprimere pacificamente il proprio dissenso ad un summit
antidemocratico, ingiusto e inutile. Tante persone che, con la loro
diversità, hanno trasformato la marcia in una festa itinerante e giocosa.
Dall'altra, tante facce scure e torve, pronte a difendersi da un attacco
improbabile e impossibile (nessuno di noi aveva alcun oggetto contundente,
tranne la voce, il corpo, gli striscioni, i palloncini, le bandiere, delle
carrette, dei pulmini, tanta musica, una vacca e molti cani), dotati di
armi e di ogni mezzo militare possibile, in grado di sedare la rivolta di
un esercito nemico. Tutto questo per difendere l'incolumità, la calma, il
decoro, il 'lavoro' di otto imbecilli che si permettevano di decidere del
futuro del mondo, sulla testa di sette miliardi di persone, la cui voce era
rappresentata solo dai nostri slogan urlati con tutta la forza che avevamo
in gola. Ma, a parte questo, la manifestazione è stata bellissima e si è
svolta in un clima pacifico e disteso, perlomeno dal nostro punto di vista,
perché dall'altro lato forse non si aspettava altro che scoppiasse
un'insurrezione da schiacciare; forse è stato proprio questo che li ha
fatti imbestialire e reagire come hanno fatto nei giorni successivi.
Sì, perché nei giorni successivi è stata veramente l'apocalisse e la fine
della democrazia in Italia. Il giorno successivo sembrava già di essere in
Piazza Venceslao a Praga, in Piazza Tien-an-men a Pechino, di fronte alla
Casa Rosada di Santiago, in Italia ai tempi del fascismo. Nei giorni
successivi abbiamo potuto toccare con mano il fascismo vero, quello che
pensavamo fosse stato definitivamente scacciato dalla nostra democrazia
dalla forza della Resistenza.
La mattina del 20 è passata con i preparativi delle diverse forme di
'attacco' non violento della zona rossa. Le indicazioni del Genoa Social
Forum (GSF) sono state chiarissime: usate solo il vostro corpo, non portate
nessun tipo di oggetto che possa essere definito 'arma impropria',
proteggete il vostro corpo e la vostra incolumità con caschi, maschere
antigas, scudi, protezioni in gommapiuma; non fate alcuna azione violenta
nei confronti della polizia; la regola era quella della 'non violenza
passiva'. Addirittura i compagni del 'Carlini' sono stati perquisiti per
essere sicuri che non avessero trasgredito a tali direttive. Ogni gruppo,
associazione, ecc., aveva il compito di 'attaccare' un diverso punto tra i
vari accessi alla zona rossa, in diversi orari e con diverse strategie;
ogni gruppo si sarebbe mosso con diversi cortei da vari punti della città.
E così è stato. Eravamo stati informati del rischio di infiltrati violenti
all'interno delle varie manifestazioni e che, quindi, dovevamo tenere gli
occhi aperti per impedire che tali persone potessero mandare all'aria tutto
il nostro progetto. Ma pochi di noi, tranne la polizia che era stata ben
informata, sapeva della presenza di un nutrito gruppo del 'Black Block'
(personalmente è la prima volta che l'ho sentito nominare); ancor meno
potevamo sapere che c'erano dei collegamenti tra la polizia e questi gruppi
di esaltati (come poi è stato documentato!). Pensavamo a dei gruppi
anarchici inglesi che erano arrivati in treno, ma mai e poi mai avremmo
potuto immaginare che questi gruppi avrebbero adottato una tecnica di
guerriglia urbana sistematicamente progettata e così ben coordinata da
poter trasformare un normale corteo in una vera azione di guerra. Poi è
stato chiaro che tutto ciò era stato progettato con il lucido fine di
screditare tutto il movimento (cosa che poi si è verificata puntualmente,
sia con i giudizi degli osservatori esterni delle vicende, sia con
l'uccisione di Carlo Giuliani, sia con l'epilogo finale della mattanza
svoltasi domenica notte all'interno della Scuola 'Diaz' - tutto torna con
una logica diabolicamente perfetta).
Quello che comunque mi è successo personalmente è semplice e allucinante al
tempo stesso. Io mi sono trovato all'improvviso in mezzo a un lancio di
lacrimogeni, irritanti, moltov, sassi, e tutto ciò che può essere lanciato,
senza sapere esattamente la ragione, né chi avesse scatenato tale inferno.
Ero con mia figlia e il mio cane, lungo Corso Sardegna; arrivati al
sottopassaggio vicino a Brignole ci siamo resi conto che qualcosa di grave
stava succedendo oltre il sottopassaggio; in effetti, c'erano già
contenitori dei rifiuti in fiamme, sassi e candelotti lacrimogeni per
terra, oltre ad un enorme fumo che impediva di respirare, vedere e
muoversi; abbiamo continuato a camminare insieme ad altri compagni, per
arrivare a Piazzale Kennedy, ma la situazione diventava sempre più violenta
e pericolosa. C'erano persone che correvano dappertutto, candelotti che ti
arrivavano addosso, impossibilità di respirare, difficoltà di orientarsi;
inoltre, a tratti, le cariche improvvise e violentissime della polizia, che
arrivava correndo o con camionette, mezzi blindati, cellulari. Qualsiasi
persona poteva essere travolta, colpita, intossicata, solo per la semplice
ragione di trovarsi là. Per me la situazione era ancora più angosciante
poiché mia figlia ha difficoltà motorie e non riesce a correre normalmente,
quindi rischiava in ogni momento di essere travolta dalla folla impaurita
che correva, dalla polizia, dai mezzi blindati, o colpita da qualcosa. La
domanda che potrebbe pormi a questo momento qualcuno (per esempio mia
madre) è la seguente: 'Perché non te ne sei subito andato via e ti sei
rinchiuso da qualche parte al sicuro con tua figlia?'. La risposta è
semplice: primo perché non c'era alcun posto sicuro, secondo non capivo
perché qualcuno volesse impedirmi di poter esprimere il mio dissenso su
qualcosa che non condivido e mai condividerò, motivo per il quale anche mia
figlia aveva deciso di venire a Genova e della cui scelta ero veramente
felice e fiero!
Siamo comunque riusciti a scampare all'inferno e ad arrivare abbastanza
traumatizzati a Piazzale Kennedy. Da qui, assieme ad un altro gruppo di
manifestanti, ci siamo trasferiti in Piazza Dante, divisa in due dal
terribile muro della zona rossa (sarebbe anche molto interessante sapere
quanto siano costate agli italiani la sua costruzione e installazione!).
Anche qui la situazione non era molto tranquilla, ma si limitava al lancio
di bottiglie di plastica, di acqua, slogan, ed altro, oltre il muro, da
dove la polizia ci guardava con odio. Ad un certo punto anche qui la
situazione è precipitata: dopo averci attaccati con delle sostanze molto
irritanti e con lacrimogeni, la polizia è uscita e ci ha caricati
pesantemente; nel fuggifuggi generale alla ricerca di un riparo, ho perso
mia figlia ed ho avuto veramente paura per la sua incolumità; per fortuna
una compagna portoghese che teneva un palloncino rosso a forma di cuore è
stata il nostro punto di riferimento per ritrovarci e riabbracciarci, con
l'angoscia nel cuore.
A partire da questo momento le indicazioni del GSF erano di rientrare a
Piazzale Kennedy, per garantire la nostra incolumità. Ma quando ci siamo
trovati tutti nel piazzale è arrivata la terribile notizia che c'erano
stati due morti (un ragazzo ed una ragazza), poi corretta: un morto ed una
ragazza in coma (a proposito della quale non si è mai più saputo nulla!). É
chiaro che a causa di questa notizia la rabbia e l'angoscia sono aumentate,
trasformandosi in urla e slogan contro la polizia 'assassina', ma
mantenendosi sempre nei limiti della non violenza scelta come metodo di
azione; non altrettanto è successo da parte della polizia che, dopo aver
lasciato liberi i rappresentanti del 'Black Block' di continuare a
saccheggiare la città, ha cominciato ad esprimere la propria violenza anche
contro di noi, con cariche e manganellate gratuite e indiscriminate,
caroselli di mezzi blindati a tutta velocità, lancio di lacrimogeni,
insulti verbali, irruzione nello spazio del forum alla ricerca assurda di
terroristi e di armi, insomma una sarabanda scatenata di violenza fascista
contro dei pacifici manifestanti che sapeva di tregenda satanica.
Sembravano tutti impazziti o drogati, nessuno poteva più fermarli in questa
pazzia decisa da qualcuno che li comandava a distanza.
In questa fase la cosa più terribile che ho visto con i miei occhi è stata
quando, di fronte ad una ventina di ragazzi in piedi e con le mani alzate
di fronte ad un cingolato, il conducente del mezzo è partito a tutta
velocità, incurante del fatto che avrebbe potuto fare una strage. Per
fortuna i ragazzi hanno avuto la prontezza di gettarsi per terra
lateralmente, altrimenti sarebbero stati tutti schiacciati miseramente e
sicuramente sarebbero tutti morti. Come può un ragazzo di vent'anni
spingere l'acceleratore di un mezzo cingolato, che dovrebbe garantire
l'ordine pubblico, contro un gruppo di ragazzi con le mani alzate che
chiede solo giustizia e rispetto delle leggi democratiche? O non c'è più
alcun valore alla base del suo comportamento, o ha ricevuto precisi ordini
da un 'responsabile dell'ordine pubblico' chiaramente nazista!!
Una cosa è stata chiara per me in quel momento: la mia concezione non
violenta della vita ha subito un grosso colpo! É chiaro che la violenza
genera solo altra violenza e che occorre una forte dose di ragione e di
autocontrollo per non cadere nella trappola. Ma è anche innegabile che
quando la violenza è sopraffazione gratuita dei diritti e brutale
bestialità 'ribellarsi è giusto'. Credo in effetti che questi momenti
abbiano spinto diverse persone a ribellarsi e a reagire in modo più deciso
alle sopraffazioni.
Ma la giornata di terrore non era ancora finita! La sera, mentre eravamo
riuniti a piccoli gruppi a discutere dei fatti, a commentare gli
avvenimenti terribili successi, a medicarsi le ferite più psicologiche e
politiche che non fisiche, la polizia continuava ancora a controllarci e a
terrorizzarci, dall'alto con un elicottero e il suo maledetto fascio di
luce accecante, dal mare, con le pattuglie marine che solcavano il mare
alla ricerca di terroristi subacquei, fuori dal piazzale, dove era
pericoloso avventurarsi da soli o in piccoli gruppi, con il rischio di
essere picchiati, caricati su un cellulare e portati chissà dove.
Giustamente i compagni provenienti dall'America Latina hanno paragonato
questi momenti a quelli vissuti nei loro paesi nei vari golpe fascisti che
hanno preso il potere con la violenza, spazzando via in un attimo ogni
forma di democrazia.
Non ci restava che sperare nella manifestazione del giorno dopo che,
secondo il parere di tutti, sarebbe stata più sicura e forse tranquilla,
data l'enorme partecipazione che si annunciava e il fatto che vi
partecipavano anche alcuni rappresentanti delle istituzioni pubbliche, dei
sindacati, dei partiti, di associazioni provenienti da mezzo mondo. Nessuno
si sarebbe aspettato una partecipazione così massiccia com'è stata (300.000
presenze), ma nessuno si aspettava che ad altrettante persone, se non di
più, sarebbe stata negata la possibilità di arrivare anche nei pressi di
Genova: navi bloccate, stazioni chiuse, posti di blocco durissimi, autobus
requisiti, cittadini stranieri respinti, abolizione del trattato di
Schengen, pullman bloccati a molti chilometri da Genova, azioni varie di
dissuasione nei confronti di chi voleva esserci.
Comunque le persone erano così tante che non si riusciva nemmeno a partire
con il corteo. Quando ce l'abbiamo fatta, a metà strada, è scattata
l'operazione finale decisa dalla polizia e dai fascisti infiltrati nel
'Black Block' per far saltare completamente la manifestazione,
criminalizzare il movimento e far capire palesemente che, a partire da quel
momento, ogni forma di protesta sarebbe stata eliminata ferocemente e
definitivamente con la violenza: il messaggio è stato chiarissimo per
tutti. Lo è stato per chi, nella prima parte del corteo, ha dovuto
raggiungere di corsa la piazza degli interventi finali, per non essere
schiacciata dagli ennesimi scontri tra polizia e fascisti camuffati da
anarchici, poliziotti camuffati da manifestanti, poliziotti fascisti e
quanto altro si possa immaginare. La seconda parte del corteo, dimezzato
violentemente in due tronconi, è stata assalita da una pioggia incredibile
di lacrimogeni tirati indiscriminatamente dalla polizia su tutti quelli che
si trovavano a passare per Corso Italia. Nessuno è scampato a questo
bombardamento: solo la fuga lungo la spiaggia o attraverso boschetti e
giardini privati, abitazioni che hanno offerto generosamente riparo agli
sventurati, ha permesso di non essere di nuovo picchiati, feriti e portati
in galera. Tra di loro c'erano anche persone in carrozzella, bambini,
anziani; tra l'altro, una mia amica in attesa di un bambino, alla quale
avevo detto che poteva venire per questa manifestazione che pensavamo
tranquilla, ha avuto una paura mortale di perdere il bambino sia per la
corsa precipitosa dietro il recinto di un giardino, sia per i lacrimogeni
che l'hanno fatta stare male.
Quello che è poi successo all'interno della Scuola 'Diaz' non lo posso
raccontare perché non l'ho vissuto (ero ospite di parenti), ma è stato
chiaro per tutti: è bastato vedere le immagini ed ascoltare il racconto di
chi è uscito indenne. Quello che è certo è che l'offensiva è scattata nel
momento in cui il GSF ha diffuso la notizia che aveva in mano le prove
della complicità tra Black Block e polizia e che il Prefetto sapeva
benissimo chi erano, quanti erano e, se voleva, come fermarli. Tutto è
stato distrutto, cancellato, ogni prova bruciata; non è rimasto niente,
solo le tracce del sangue delle teste spaccate e delle braccia troncate.
Gli ultimi attimi di vita di Radio Gap, raccontati in diretta, fanno paura
solo ad ascoltarli, perché fanno tornare alla mente momenti terribili della
storia della democrazia che speravamo fossero definitivamente cancellati
nel nostro paese, una delle otto democrazie più ricche ed evolute del mondo!
Penso che i fatti (i pochi di cui sono stato testimone) commentino da soli
il piano terribile che sta dietro al tutto e dimostrino chiaramente le
responsabilità e le scelte dei responsabili delle varie forze
'dell'ordine', della prefettura, del ministro degli interni, del governo.
Ancora una volta il messaggio è chiaro: il dissenso non è ammesso! Noi
garantiamo l'ordine e la democrazia, secondo il nostro concetto di ordine e
garanzia, che sono gli unici giusti; gli altri vanno eliminati, con le
buone o le cattive poco importa!
F.F. 27.07.01
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