Torna alla homepage Raccolta testimonianze sulle violenze compiute a Genova dalla Polizia e dai gruppi violenti di estremisti.
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GENOVA, 21 LUGLIO 2001

Siamo un gruppo di ragazzi di Firenze tra i 21 e i 28 anni che sabato 21
Luglio 2001 si trovava a Genova per la grande manifestazione pacifica di
protesta contro il G8 e la globalizzazione. Vogliamo testimoniare con una
cronaca abbastanza dettagliata i fatti che abbiamo vissuto personalmente
mentre sfilavamo per la città, visto che ci siamo trovati proprio nel punto
del corteo in cui la polizia ha spezzato in due tronconi l’intero gruppo
dei manifestanti, all’altezza di Corso Italia e via Casaregis. Noi siamo
partiti con il pullman del COSPE (Cooperazione per lo Sviluppo dei Paesi
Emergenti) da Firenze verso le ore 9.00 di sabato mattina e siamo arrivati
a Genova intorno alle ore 13.15.

Approssimativamente intorno alle ore 14.20 ci siamo uniti col nostro
gruppo del Cospe, formato da una quarantina di persone, al corpo centrale
del corteo che sfilava sul lungo mare. L’ora successiva l’abbiamo passata
risalendo il corteo, passando attraverso gruppi di manifestanti più
disparati, dai pastori sardi al wwf, passando anche attraverso i gruppi di
autonomi e anarchici che erano comunque tenuti sotto controllo da un gruppo
di servizio d’ordine interno di altre associazioni. Quando ci siamo immessi
su Corso Italia ci trovavamo all’incirca a metà corteo, in un punto
estremamente affollato con persone che ballavano, cantavano e urlavano i
propri slogan. La manifestazione ha avanzato in maniera estremamente
pacifica superando anche una caserma dei carabinieri verso la quale si sono
alzati solamente fischi, applausi denigratori e cori che gridavano
“assassini” (nessun oggetto è stato lanciato mentre eravamo presenti),
mentre i poliziotti ridevano e sbeffeggiavano la folla. A quel punto, verso
le ore 15.00, il corteo si è fermato per diversi minuti e le voci che
arrivavano sia dai manifestanti sia dalle persone che chiamavano da casa
guardando il telegiornale erano che si stavano sviluppando grandi scontri
in cima al corteo e in piazza Kennedy. Quando siamo arrivati poco prima
della piazza vedevamo il fumo nero dei cassonetti incendiati ma, mentre
varie persone correvano lì intorno, due squadre di poliziotti erano fermi
sul lato destro della piazza. All’altezza di via Casaregis un cordone di
manifestanti ci ha fatto riunire e correre in direzione della strada
dicendo che stavano bloccando le tute nere e dovevamo scappare veloci.
Appena girato l’angolo abbiamo visto il fumo dei lacrimogeni sempre più
vicino a noi, che venivano sparati di continuo e sempre più bassi in
direzione della folla da parte di un cordone di poliziotti che uscito da
una strada laterale aveva bloccato il percorso del corteo pacifico e
avanzava nella nostra direzione in tenuta antisommossa. La gente davanti a
noi, la maggior parte della quale aveva semplicemente bandiere arcobaleno
con la scritta PACE, si è fermata e ha iniziato a indietreggiare
spingendoci sempre più contro il muro, mentre la polizia avanzava. Nello
stesso tempo ci siamo resi conto che da dietro, uscito da piazza Kennedy,
un altro cordone di polizia ci aveva chiuso la strada e ci spingeva in
avanti contro gli altri agenti, sparando lacrimogeni e iniziando a
manganellare a casaccio. In quel momento di terrore abbiamo visto che lungo
il muro era stata aperta una porta in vetro e metallo di un edifico, non
sappiamo se era stata sfondata o aperta dall’interno, e ci siamo rifugiati
in gran numero correndo nell’atrio e su per le scale. Tra le urla della
gente e persone che si sentivano male per i lacrimogeni è stata richiusa
la porta per non fare entrare il fumo. Non sappiamo esattamente quanti
eravamo ad esserci rifugiati dentro il palazzo, ma all’incirca dovevamo
essere un centinaio. Dall’esterno sentivamo urla e rumore di lacrimogeni
sparati. Il fumo era tale da non permettere la visibilità a più di uno o
due metri dall’ingresso. Abbiamo passato lì dentro circa una mezzora,
cercando di riprenderci dallo shock e dai lacrimogeni che avevano causato
bruciori, forti conati e difficoltà respiratoria a quasi tutti i presenti
(una signora del palazzo, ci ha dato acqua, limoni e bicarbonato per
alleviare gli effetti del gas). Quando il gas si è diradato, circa 20
minuti dopo, c’erano dei giornalisti con telecamere e macchine
fotografiche lungo la strada, tre di loro, di varie nazionalità, sono
entrati e le persone che erano nell’androne hanno chiesto loro di farci
uscire e di aiutarci. Uno dei giornalisti sembra si sia diretto verso la
polizia con le mani in alto e dopo aver parlato un po’ con degli agenti è
tornato indietro dicendoci di stare calmi. Subito dopo è uscito nuovamente
e i poliziotti hanno cominciato ad entrare, dopo aver allontanato anche
tutti gli altri giornalisti che erano per strada. Gli agenti si sono
disposti in due file lungo le pareti dell’androne e ci hanno fatto scendere
con le mani alzate. Via via che le persone passavano venivano prese a male
parole, perquisite e percosse con i manganelli o prese a calci. Solo per
il fatto di avere una maglietta rossa, uno stemmino di Che Guevara, una
maglietta di Greenpeace o anche senza alcun motivo siamo stati aggrediti
moralmente e fisicamente, trattati come delinquenti per aver esercitato il
nostro diritto di manifestare pacificamente. Abbiamo visto con i nostri
occhi una ragazza di 16 o17 anni insultata con appellativi come “troia” e
“puttana” e spintonata; una donna di una cinquantina d’anni offesa e
umiliata; noi personalmente abbiamo rimediato calci negli stinchi e
manganellate nel costato o sulle braccia. Ci teniamo a specificare che nel
tempo in cui siamo stati nel palazzo abbiamo potuto accertare, mentre ci
soccorrevamo a vicenda, che tra i presenti non vi erano elementi violenti,
rissosi o pericolosi, TUTTI ERAVAMO DISARMATI e PACIFICI. Mentre uscivamo
a piccoli gruppi dalla casa, i poliziotti all’entrata ci spingevano fuori
urlando di abbassare le mani. Nella strada abbiamo visto segni di pestaggi
e chiazze di sangue, anche molto grosse. Ci siamo quindi diretti verso il
lato destro del portone, su per via Casaregis. Circa alle ore 16.10 il
nostro gruppo del Cospe e altre persone si erano riuniti all’angolo di una
strada, cercando di capire cosa era successo e di superare lo shock. Dopo
pochi minuti abbiamo visto che dall’inizio della strada, vicino alla
palazzina dove ci eravamo rifugiati, stavano avanzando nuovamente i
poliziotti con i cellulari e gli uomini a piedi. A quel punto ci siamo
diretti, per paura di un’altra carica, lungo la stradina alla nostra destra
e poi su per una scalinata che portava ad una strada più in alto. Da questo
momento in poi abbiamo incontrato diverse persone informandoci su quali
fossero le zone più “calde” e quali le più tranquille. Dopo diverso tempo
ci siamo incamminati lungo la strada per ritornare verso la zona di Nervi,
dove ci aspettava il pullman. Eravamo noi del gruppo del Cospe più alcuni
manifestanti dispersi dai propri gruppi. Abbiamo superato a mani in alto un
blocco della Guardia di Finanza (anche loro in tenuta antisommossa) e ci
siamo diretti lungo le varie strade, fino ad arrivare a corso Europa, e a
rientrare finalmente a Nervi, senza, fortunatamente, incontrare altri corpi
di polizia.
Nell’attesa della partenza, mentre aspettavamo membri del nostro gruppo che
non erano ancora rientrati, sono passati davanti alla folla e ai pullman
diverse camionette della polizia con uomini che dal tetto ci puntavano i
lacrimogeni, mentre altri agenti, dentro i mezzi ci sbeffeggiavano, alcuni
alzando il braccio destro facendo il saluto romano.
Così è finita la nostra giornata a Genova, siamo rientrati a Firenze tutti
profondamente traumatizzati ma felici di essere stati lì e di essere in
grado di testimoniare cosa abbiamo visto e vissuto, anche perché
nell’informazione pubblica ci sembra che non sia stata fatta una giusta
analisi degli attacchi della polizia e dei loro metodi violenti nei
confronti di manifestanti pacifici, anche in occasioni in cui dei Black
Blocs non vi era nemmeno l’ombra.
Questa lettera vuole essere una semplice testimonianza, speriamo di poter
così portare un racconto
dei fatti che noi abbiamo vissuto in prima persona all’attenzione
dell’opinione pubblica.

In fede

G.M.
G.M.
I.B.
L.A.
C.N.

[NOTA: PER RAGIONI DI PRIVACY TUTTE LE SEGNALAZIONI INVIATE ALL'ASSOCIAZIONE PEACELINK VENGONO RIPORTATE IN FORMA ANONIMA, MA CHI CI SCRIVE LO FA INDICANDO PER ESTESO IL SUO NOME, COGNOME, INDIRIZZO E NUMERO DI DOCUMENTO D'IDENTITA']


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