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Cari amici,
assieme ai figli M. e S., a nome dell’ONG
“Incontro fra i Popoli” e dell’associazione “Stella del Sud”, abbiamo
partecipato alle manifestazioni conclusive contro il G8 a Genova.
Siamo tornati contenti per esserci sentiti immersi in una folla di persone
di tutto il mondo, serene, composte, ‘nonviolente’ e motivate. Alcune certo
avezze a manifestazioni di piazza, altre alla loro prima esperienza. Tutte
comunque convinte, come noi, del grande significato del piccolo apporto di
presenza fisica, per un cambiamento del mondo, verso orizzonti di maggiore
giustizia e pace.
Non sarebbe stato male qualche perfezionamento nell’organizzazione della
grande manifestazione di sabato 21 luglio e qualche ricalibratura dei
contenuti della conferenza stampa di domenica 22, sia da parte del Genoa
Social Forum, che della Rete Lilliput. Ma ci teniamo, come associazioni, a
partecipare ancora a questo movimento, che coltiva ideali ed impegno di
condivisione con chi è emarginato dalla globalizzazione e di difesa del
creato, e che è pronto a modificare le sue strategie di intervento, per
raggiungere meglio il fine proposto.
Ma soprattutto siamo tornati rattristati per l’umiliazione subita, prima
dalla polizia e poi da Berlusconi e dai suoi parlamentari.
C’è un fatto che ci ha pesato e del quale siamo stati praticamente gli
unici testimoni. Lo riportiamo sotto, come testimonianza.
Ma ci è pure stato pesante:
Vederci sparare addosso il gas urticante, mentre camminavamo sul
marciapiede, sabato mattina.
Aver visto miriadi di poliziotti armati e i loro mezzi di trasporto, ben
nascosti nelle viuzze adiacenti il viale del corteo di sabato pomeriggio, e
trovarci poi da soli, durante il corteo stesso, a difenderci dai black
bloc, che continuamente si intromettevano, col volto coperto e a volte
muniti di pietre o bastoni, oppure semplicemente vestiti come noi, nel
nostro gruppo Lilluput. Il tutto mentre dall’alto ci scrutava minaccioso
l’elicottero dei carabinieri.
Dover scappare per ben tre volte, per sfuggire ai lacrimogeni, l’ultima
volta sparatici alle spalle, proprio quando, assieme a molti altri, stavano
percorrendo a piedi i vari chilometri per raggiungere il bus di ritorno.
Essere tenuti svegli nella notte tra sabato e domenica da un elicottero
che, a più riprese si è tenuto sopra il nostro campeggio (Parchi di Nervi),
senza che nessuno delle forze dell’ordine ci fosse vicino per proteggerci
dai vari gruppi di giovani vestiti di nero, rientrati molto tardi e che
armeggiavano sostanze probabilmente non molto pulite.
Aver appreso che in quella stessa notte la polizia assaltava la scuola di
Via Battisti, ora intrisa del sangue dei manifestanti nelle pareti, nei
pavimenti, nelle porte. Anche se fossero stati tutti dei black bloc, è
previsto che siano picchiati a sangue, prima di essere arrestati? È
previsto che sia impedito ai giornalisti, agli avvocati e ai parlamentari
di essere testimoni?
Aver visto delle testimonianze (foto e filmati) in cui fra i black bloc
c’erano dei poliziotti travestiti.
Sentire, per radio, tornando dal nostro soggiorno a Genova, Berlusconi,
Scaiola e simili, trattarci da conniventi con i delinquenti, se non
addirittura accomunarci ad essi.
Sapere che le decisioni dei G8 sono una grande bolla di sapone, specie per
quanto riguarda il “Terzo Mondo” (se un paese povero aveva 10 $ tra debito
contratto con i paesi ricchi + interesse maturato, ora dovrà renderne solo
7,5 $).
Sentire che c’è perfetta sintonia di intenti, di idee e di programmi fra il
nostro paese e gli Stati Uniti, fra Berlusconi e Bush, come un lacchè al
suo signore.
Vedere smontare, lunedì 23 luglio, la fastosità della pomposa messa in
scena su Palazzo Ducale. Era il vestito usato da Berlusconi per la sua
strumentalizzazione del G8, della polizia e di tutti noi ‘cattivi’ (perché,
a quanto pare, essere di idee diverse significa ormai essere demonizzati),
per indorare il suo trono di piccolo grande imperatore dittatore di
quella che potrebbe aggiungersi alle sue già numerose proprietà, la
Repubblica Italiana e il suo popolo.
Un cordiale saluto a tutti ed arrivederci il 10 dicembre a Roma, magari
ancor più numerosi
A CHE (CHI) E’ SERVITA LA POLIZIA A GENOVA?
Siamo arrivati a Genova venerdì 20 luglio alle ore 15.00. Siamo arrivati
con il nostro piccolo camper, noi due con i nostri due figli. Superata
senza nessun controllo la barriera di entrata, ci siamo ritrovati tutti
soli dentro la zona gialla: strade vuote, case deserte. Percorrendo Corso
Italia, stavamo per arrivare al centro accoglienza del Genoa Social Forum,
quando ci siamo imbattuti in una manifestazione che avanzava in senso
contrario: un po’ meno di un centinaio di persone, immerse in una leggera
nuvola di polvere. Intuito che non era un gruppo ‘normale’, sfiorando i
primi manifestanti, abbiamo dirottato su una laterale a destra, per
riprendere, due traverse più avanti, di nuovo Corso Italia, decisi a
raggiungere la nostra meta. Impensabile. Corso Italia, che prima
percorrevamo veloci godendoci la veduta sul mare, non era più lui. Le
vetrine erano sfondate, c’erano fotocopiatrici rotte in mezzo alla strada e
perfino calcinacci. Avanzammo ancora due - trecento metri, facendo lo
slalom fra i cassonetti rovesciati e i vetri per terra, finché ci trovammo
la strada sbarrata da una cinquantina di poliziotti in assetto di guerra. A
questo punto abbiamo dovuto procedere a piedi. Mia moglie e mia figlia
passarono la barriera dei poliziotti senza difficoltà. Io e mio figlio
chiedemmo di passare con il camper, per parcheggiarlo su un posto più
tranquillo. Ci fu negato il permesso sia di spostare il camper, sia anche,
seppure per un po’, di passare a piedi. Superata finalmente la barriera dei
poliziotti, sbrigate le nostre pratiche al centro di accoglienza e saputo
che il posto per dormire per noi era nella zona Nervi, risuperammo, questa
volta facilmente, il blocco dei poliziotti, ora intenti a mangiarsi un
panino, e riprendemmo a ritroso, con il camper, il Corso Italia.
Nel frattempo (circa mezz’ora) cosa aveva fatto l’orda dei barbari? Aveva
semplicemente percorso, in tutta tranquillità, Corso Italia, devastando
tutto quello che incontrava. Tutta la strada percorsa con serenità prima,
era ora un caos di vetri, cassonetti, auto infrante.
Tre chilometri dopo, all’altezza dell’incrocio con Via Pisa, siamo stati
di nuovo bloccati: a sirene spiegate, arrivarono i poliziotti dei panini.
Era finalmente scoccata l’ora prevista di fermare i vandali?
L. R. e M. N.
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