Torna alla homepage Raccolta testimonianze sulle violenze compiute a Genova dalla Polizia e dai gruppi violenti di estremisti.
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Gruppo di specializzazione dei giornalisti dell'informazione visiva
-Associazione lombarda dei giornalisti-

COMUNICATO STAMPA
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IL 'PREZZO' PAGATO A GENOVA
DAI GIORNALISTI
DELL'INFORMAZIONE VISIVA
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E' molto alto il 'prezzo' che i giornalisti dell'informazione visiva
hanno dovuto pagare per assicurare a lettori e telespettatori le immagini
di quanto accaduto al G8 di Genova.
Notizie e testimonianze confermano una situazione gravissima.
Fotogiornalisti e operatori tv sono stati picchiati, feriti, aggrediti,
minacciati , ostacolati e molto spesso le loro attrezzature (pellicole e
filmati compresi) sono state distrutte, rubate e requisite in modo da
eliminare possibili testimonianze su quanto stava accadendo.
I casi più gravi, censiti sino ad ora, sono quelli di :

1- Eligio Paoni, fotoreporter dell'agenzia Contrasto , brutalmente pestato e
ferito gravemente alla testa ( più la frattura di una mano) dai carabinieri
mentre riprendeva la scena della morte di Carlo Giuliani. I militari gli
hanno anche distrutto una macchina fotografica e lo hanno costretto a
consegnare la pellicola di un'altra fotocamera che era riuscito a tenere al
riparo dalle manganellate e dai calci delle forze dell'ordine.
2- JJ. de Heer, giornalista-cameraman freelance olandese, selvaggiamente
picchiato e ferito dalla polizia che gli ha anche distrutto la videocamera
. Il fatto è avvenuto, sabato 21 in Piazza Manin, mentre il collega stava
documentando una carica della polizia contro un gruppo di manifestanti
pacifici. Il collega ha tentato di qualificarsi esibendo il pass ufficiale
del G8 e la sua tessera professionale, ma i poliziotti lo hanno egualmente
aggredito e malmenato. JJ.de Heer è stato colpito, oltre che in più parti
del corpo, anche in pieno viso. Gli agenti gli hanno anche fracassato l'
orologio che portava al polso. L'episodio è stato denunciato dal Sindacato
olandese dei giornalisti.

3- Sonia Fedi, cameraman di Mediaset, assalita, venerdì 20, da alcuni
dimostranti che, con una 'sprangata', le hanno spezzato una gamba.

4- Timothy Fadek ,dell'agenzia francese Gamma, gettato a terra e
ripetutamente picchiato dalle forze dell'ordine.

5- Tito Mangiante, cameraman freelance genovese, finito con una gamba
fratturata ( prognosi 60 giorni) dopo essere stato aggredito da un gruppo di
Black Blocs nella mattinata di venerdì 20.

6- Jérome Delay, fotoreporter dell'Associated Press con base a Parigi, preso
a colpi di spranga metallica ( due costole rotte) da dei dimostranti mentre,
venerdì pomeriggio, fotografava nei pressi del luogo dell'uccisione di
Carlo Giuliani.

7- Pigi Cipelli, fotogiornalista freelance, ferito gravemente alla testa
(cinque punti di sutura) dalla manganellata di un agente di polizia mentre
,venerdì 20 luglio, alle 13.20 in via Torino, stava fotografando una carica
degli agenti. Accanto a lui un anonimo giovane munito di telecamera era
stato duramente picchiato qualche attimo prima. Cipelli, a mani alzate,
aveva avvertito i poliziotti di essere un giornalista. Dieci minuti prima
del suo ferimento, il collega era riuscito a sottrarsi ad un assalto di
dimostranti che avevano invece cercato di strappargli le macchine
fotografiche.

8- Yannis Kontos, fotogiornalista greco dell'agenzia francese Gamma, preso a
colpi di manganello dalla polizia ( venerdì pomeriggio) che gli ha anche
sequestrato venti pellicole.

9- Roberto Bobbio, fotoreporter del Secolo XIX di Genova, picchiato da
agenti della polizia nel pomeriggio di venerdì : prognosi 10 giorni.

10- Jonas Santiago Neches Nuoevos, dell'Aragon Press spagnola, malmenato ,
con parallelo sequestro della fotocamera, mentre venerdì pomeriggio
riprendeva alcuni agenti di polizia che pestavano un ragazzo.

11- Un cameraman, probabilmente di una televisione locale, aggredito,
picchiato e ferito dalla polizia mentre, venerdì pomeriggio prima delle 17,
era intento ad effettuare delle riprese in una traversa di Corso Sardegna.
Gli agenti, oltre alle botte, gli hanno anche sfasciato la telecamera.L'
episodio - come ci ha raccontato un collega - ha avuto come testimoni
numerosi giornalisti che hanno immediatamente reagito con proteste,
profondamente stupiti anche perché in quel momento non erano in atto né
scontri, né scaramucce.

12- Guido Benvenuto, cameraman dell'emittente televisiva T3, aggredito,
venerdì mattina, dalle 'tute nere' e fatto cadere dalla moto sulla quale
viaggiava . Ferite varie più danni alla telecamera.

13- Mimmo Frassinetti dell'agenzia AGF, 'sprangato' e derubato
dell'attrezzatura ( sabato pomeriggio) da un gruppo di 'tute nere'. Le forze
dell'ordine erano a pochi metri, hanno visto ma non si sono mosse.

14- Una troupe della televisione giapponese JTV , aggredita sabato
pomeriggio da un gruppo di manifestanti che hanno anche distrutto una
telecamera.

15- Due fotogiornalisti francofoni, 'accecati' intenzionalmente dalla
polizia, con l'apposito spray in dotazione alle forze dell'ordine, mentre,
nel pomeriggio di venerdì 20, stavano fotografando una scaramuccia nei
pressi di Corso Buenos Aires.

16- La troupe di Independent Media Switzerland pestata dalla polizia, con
distruzione del 'girato', durante il blitz notturno al Centro stampa dei
manifestanti.


17- Luciano del Castillo, fotoreporter dell'Ansa, gettato a terra e
'accecato', sabato mattina, dall'acido spruzzatogli negli occhi da un
poliziotto



18- La troupe di una televisione tedesca, attaccata e malmenata , sabato
21,da un gruppo di estremisti.

19- Sam Cole, della The Associated Press Television News - come ha
denunciato dagli Usa il Committee to Protect Journalists (CPJ) - ferito alla
testa dalle manganellate della polizia.

20- Secondo numerose testimonianze le forze dell'ordine hanno sequestrato,
in differenti situazioni, macchine fotografiche, attrezzature di ripresa e
pellicole ed hanno spesso impedito di svolgere il proprio lavoro a
fotogiornalisti e cameramen , anche usando la forza , pesanti minacce e
insulti.

21- Da più fonti è poi stata confermata la notizia della presenza di falsi
fotogiornalisti muniti di pettorine gialle 'press' simili a quelle che
Ordine e Sindacato della Liguria avevano distribuito ai colleghi accreditati
per renderli immediatamente riconoscibili da parte delle forze di polizia.
E' stato confermato anche il fatto che, in alcune circostanze, questi
falsi giornalisti sono stati visti girare armati come se appartenessero alle
forze dell'ordine. Per questo, valutata la situazione, molti colleghi hanno
dovuto rinunciare all'uso delle pettorine 'press' per evitare di essere
scambiati per degli infiltrati, esponendosi così ad ancora più pesanti
rischi durante le cariche e i pestaggi delle varie forze di polizia.

Tutti questi fatti sono emersi, o hanno trovato conferma, nelle
numerosissime testimonianze che stanno pervenendo ai vari organismi
nazionali ed internazionali di categoria impegnati a raccogliere materiale
sulle gravissime violenze subite dai giornalisti nei giorni del G8 di
Genova.
Dopo la Federazione nazionale della stampa italiana, anche i principali
organismi sindacali internazionali hanno infatti accolto l'appello di Ordine
e Sindacato dei giornalisti della Liguria, per venire in possesso di foto,
filmati e testimonianze a supporto anche di iniziative giudiziarie nei
confronti dei responsabili di violenze ed abusi. All'iniziativa hanno
aderito la Federazione internazionale e la Federazione Europea dei
giornalisti e, parallelamente, un appello analogo è stata lanciato anche
dall'associazione internazionale Reporters Sans Frontières e dal Committee
to Protect Journalists (CPJ).
Per quanto riguarda specificatamente l'informazione visiva, l'iniziativa
di Ordine e Sindacato della Liguria è stata subito rilanciata dal Gruppo di
specializzazione dei giornalisti dell'informazione visiva dell'Associazione
lombarda dei giornalisti, coadiuvato dall'associazione
Fotografia&Informazione.
Le informazioni raccolte non lasciano spazio ad equivoci sulle gravissime
responsabilità delle forze dell'ordine : aggressioni, pestaggi, distruzione
e sequestro di attrezzature, filmati e pellicole hanno quasi sempre avuto
come obiettivo quello di cancellare brutalmente possibili testimonianze
sulle azioni in atto.
Esemplare il racconto fatto a 'Reporters Sans Frontières' dal collega
fotogiornalista Eligio Paoni, pestato a sangue dai carabinieri per
strappargli le foto che aveva scattato sul luogo dell'uccisione di Carlo
Giuliani.
'Stavo fotografando - ha raccontato Paoni - in primo piano il corpo del
ragazzo ucciso e sullo sfondo le forze dell'ordine , quando ho visto che i
carabinieri si stavano riorganizzando. Immediatamente ho alzato il pass
ufficiale e ho urlato 'sono un giornalista'. Mi sono saltati addosso
egualmente ed hanno iniziato a colpirmi in testa e su tutto il corpo.
Istintivamente mi sono aggrappato ad uno dei carabinieri che mi stavano
picchiando. Se fossi caduto a terra probabilmente mi avrebbero massacrato.
Manganellate e calci ovunque. Si sono accaniti contro la mia mano che teneva
stretta una delle due macchine fotografiche che avevo: una Nikon. Sono
riusciti a strapparmela, ma non era quella delle mie ultime foto. Infatti
avevo una Leica infilata sotto un braccio ed era lì che c'erano gli ultimi
scatti al ragazzo morto. Non l'avevano vista. E' servito a poco. L'ho
scoperto dopo che il carabiniere al quale mi ero aggrappato, ad un certo
punto mi ha tirato fuori dalla mattanza e mi ha portato sugli scalini della
chiesa di piazza Alimonda. Pensavo che fosse finita. E invece no. Qualcuno
si era accorto della Leica e dopo un chiarissimo ed urlato 'Tira fuori quel
rullino o te la facciamo vedere' mi è stata sfilata la pellicola dalla
macchina. Quando mi hanno lasciato, mi sono diretto , barcollando, verso il
centro della piazza dove avevo visto un'ambulanza. Devo ringraziare il
collega Yannis Kontos, fotografo dell'agenzia Gamma, che mi ha soccorso'.
Eligio Paoni ha poi raccontato che una volta sull'ambulanza, mentre il
mezzo dei soccorritori era in sosta in attesa di un varco per poter partire
verso l'ospedale, si è rifatto vivo il carabiniere al quale si era
aggrappato. 'Qualcuno ha aperto le porte - ha raccontato il collega - e ho
riconosciuto il carabiniere. E' entrato a volto scoperto, mi ha chiesto
scusa e cosa potesse fare per me. Gli ho detto che avrei voluto riavere la
macchina che mi era stata strappata nel pestaggio. Il carabiniere è uscito
ed è tornato poco dopo con ciò che restava della mia Nikon: pochi rottami'.
'Da dodici anni - ha poi aggiunto il collega - lavoro per Contrasto, sono
stato in Bosnia durante la guerra, mi hanno puntato un fucile alla testa in
Somalia, sono stato rapito da Hamas e non ho mai provato un senso di terrore
e intimidazione così forte. Oggi non ho paura di andare a fotografare
qualche conflitto in un Paese sperduto: il rischio è calcolato. Oggi ho
paura di tornare a fotografare quelle che succede nelle piazze e nelle
strade del mio Paese'. 'Fate qualche cosa - ha concluso Paoni - non lasciate
che quanto è accaduto cada nel dimenticatoio'.
E non lasciamo, soprattutto, che si possa ripetere.

Amedeo Vergani, presidente dei giornalisti dell'informazione visiva dell'Alg
gsgiv@amedeovergani.it

Milano, 4 agosto 2001

[NOTA: PER RAGIONI DI PRIVACY TUTTE LE SEGNALAZIONI INVIATE ALL'ASSOCIAZIONE PEACELINK VENGONO RIPORTATE IN FORMA ANONIMA, MA CHI CI SCRIVE LO FA INDICANDO PER ESTESO IL SUO NOME, COGNOME, INDIRIZZO E NUMERO DI DOCUMENTO D'IDENTITA']


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