Un deserto chiamato "pace"


5 giugno. La guerra pare volgere alla fine, anche se non sappiamo
ancora quando finirà la prolungata aggressione terroristica della
NATO, autoproclamatasi "comunità internazionale", contro la
popolazione jugoslava, le case, le fabbriche, gli ospedali, i ponti,
le centrali elettriche, le infrastrutture necessarie alla vita civile. 
Migliaia le vittime, un paese distrutto, molta parte degli abitanti
senza lavoro e senzatetto, incalcolabili i danni ambientali lasciati
in eredità alle generazioni future, impossibile il "rientro" dei
profughi nel territorio inquinato o nelle case distrutte di un Kosovo
ridotto a protettorato militare dell'Occidente. Questo il volto della
ancora eventuale "pace": oggi in Jugoslavia come nel 1991 in Iraq. 
Con questa terrificante prova di forza si è voluto imporre il
predominio NATO/USA nei Balcani (e in Europa), scopo vero di una
guerra che con il proseguimento dei raid anche dopo l'intesa raggiunta
mira a ridurre ancora più l'esiguo spazio lasciato alla Russia e
all'ONU e che appanna, agli occhi dei settori più oltranzisti, la
"vittoria".   

Di questa vittoria e di questa "pace"  si vanta artefice la cosiddetta
sinistra europea cioè, in Italia, non solo i dirigenti DS ma la loro
sinistra, i Comunisti italiani e i Verdi, che lanciano proclami contro
il "degrado ambientale" e seminano uranio dal Kosovo all'Adriatico. 
Responsabile di questo scempio infatti, come non ci stanchiamo di
ripetere, è tutto il governo e la sua maggioranza, compresi gli
ex-pacifisti Calzolaio, Serri, Bianchi, Ronchi, Diliberto, Manconi,
Cossutta e i tanti falchi travestiti da "colombe". Proprio questi
signori, con la loro ipocrita doppiezza, hanno fatto da copertura a
D'Alema permettendogli prima di vendere Ocalan ai turchi e di
infliggere una sanguinosa sconfitta alla causa del popolo kurdo, poi
di coinvolgere l'Italia nelle stragi della NATO. 

Riteniamo quindi sbagliato - da parte di larghi settori pacifisti e
dello stesso "manifesto" (pur così importante nell'informazione e
nella mobilitazione) - aver dato credito e spazio a questi "pacifisti
da bombardamento". Se si fosse denunciato senza ambiguità il loro
ruolo di copertura del governo, anziché assecondarlo, si sarebbe
rafforzata la protesta di base e non si sarebbe invischiato il
movimento in ambigue richieste di "tregua", quando si doveva
pretendere subito l'uscita dell'Italia dalla guerra e il rifiuto delle
basi.
Ancora più sbagliato è pensare che la fine (sperabile) della guerra
significhi, come troppi auspicano, il ritorno a quella "unità delle
sinistre" (cioè coi DS e i loro fiancheggiatori), che la guerra
dovrebbe aver sepolto per sempre sotto le bombe. 
La lotta contro il governo D'Alema e contro la sua politica
bellicistica resta l'impegno centrale di un movimento che voglia
trarre lezione dai tragici avvenimenti di questi mesi e diventare un
credibile soggetto politico.

Comitato Golfo