URANIO NEI PROIETTILI: Risposta all'interrogazione parlamentare dei Verdi
Fonte: Mailing list dei Giovani Verdi
04-05-99
Uso di proiettili all'uranio esaurito
nelle operazioni militari della NATO nei Balcani
La risposta all'interpellanza dei Verdi
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L'onorevole Paissan ha facoltà di illustrarla.
MAURO PAISSAN. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo,
onorevoli colleghi, non riprenderò qui nel dettaglio gli argomenti
tecnici esposti ampiamente nell'interpellanza presentata a firma mia e
di tutti i deputati verdi (identica interpellanza è stata presentata al
Senato dal senatore Semenzato), ma mi limiterò ad esporre gli argomenti
essenziali ed a porre alcune domande fondamentali.
Nella guerra in Jugoslavia, signor rappresentante del Governo, i
militari della NATO, e più precisamente degli Stati Uniti, usano o meno
proiettili con corazza costituita da uranio cosiddetto "impoverito"? Le
nostre informazioni dicono di sì e nel testo della nostra interpellanza
vengono dettagliatamente indicati i tipi di aerei, di cannoni e di
ogive missilistiche che usano questo genere di proiettili.
Vi è poi un altro interrogativo: qualora, come noi pensiamo, queste
armi siano utilizzate, quali impegni il Governo italiano intende
assumere perché si proceda all'eliminazione di tali armi e quali passi
intende compiere presso gli alleati per ottenerne l'eliminazione?
Queste sono, in sintesi, le domande che poniamo al Governo: non sto
chiedendo a lei, signor rappresentante del Governo, quali siano i
rischi associati all'uso di siffatte armi; non chiedo questo al
Governo, perché per rispondere a tali interrogativi ci sono i tecnici,
le università, i libri, i laboratori di ricerca (queste, infatti, sono
le nostre fonti: scientifiche, non politico-propagandistiche). Non
vorrei allora sentir ripetere qui qualche affrettata risposta
tranquillizzante che nei giorni scorsi qualche esponente di
amministrazioni dello Stato ha imprudentemente - e forse anche
impudentemente - redatto utilizzando, spero in buona fede, o forse per
ignoranza, l'aggettivo "impoverito" accostato al termine "uranio", come
un termine non preoccupante.
Non ritengo necessario fare qui lunghe citazioni di organizzazioni
scientifiche che in questi anni, dopo l'uso di tali proiettili nella
guerra contro l'Iraq, hanno descritto gli aspetti di rischio insiti
nell'uso di questi armamenti, né ritengo necessario riportare l'elenco
delle vittime. Non c'è bisogno di tutto questo, perché i dati
elementari che sono alla base dell'interpellanza sono contenuti in
qualsiasi testo di fisica nucleare: non nei rapporti segreti, ma nei
libri che usano gli studenti di chimica, di fisica e di ingegneria (ed
il gruppo dei verdi della Camera ha la fortuna di avere tra i suoi
rappresentanti due docenti universitari di fisica).
Si tratta di proiettili con corazza di uranio, il metallo più pesante,
che rende il proiettile più penetrante. Riporterò alcune informazioni
tecniche estremamente sintetiche. La natura fornisce l'uranio in
miscele di vari tipi: in particolare, lo 0,7 per cento è di uranio-235,
mentre oltre il 99 per cento è del tipo uranio-238. L'uranio-235 è del
tipo fissile, quello che serve a fare le bombe atomiche, non i
proiettili di cui ci stiamo occupando, e a far funzionare le centrali
nucleari. Nella miscela naturale ce ne è troppo poco, dunque essa viene
arricchita fino al 3 per cento per le centrali nuclerari e molto di più
per le bombe atomiche. "Uranio impoverito", in inglese depleted
uranium, è invece quello che ha perso la concentrazione ottimale di
uranio-235, ma resta comunque uranio, ed ambedue i tipi sono radioattivi.
È questo l'unico aspetto tecnico su cui mi sono voluto dilungare per
sottolineare la truffa di informazione contenuta nell'aggettivo
"impoverito".
Quindi, l'effetto del proiettile non finisce con il suo uso balistico:
le sue parti rimangono dove hanno colpito e sono veri e propri rifiuti
radioattivi. Per quanto tempo resteranno in quei luoghi, dopo il loro
uso? Sino a quando qualcuno non bonificherà la zona. Ma quale zona? Il
già disgraziatissimo Kosovo oppure l'intera Jugoslavia. Noi sappiamo -
lo ricordiamo nell'interpellanza - che questi proiettili vengono
classificati, con un trucchetto, come armi convenzionali, mentre, in
realtà, sono armi chimiche.
Lo diciamo chiaramente nella nostra interpellanza: gli Stati Uniti
definiscono "scorie nucleari" l'uranio impoverito, prima di essere
usato per i proiettili e per le corazze dei carri armati, dopodiché
questi oggetti vengono ridefiniti come armamento convenzionale.
Inoltre, l'opinione internazionale è che queste siano, a tutti gli
effetti, armi chimiche, se non addirittura nucleari. La difficoltà di
classificazione, dovuta anche al doppio uso (proiettili e isolamento di
carri armati) rende difficile capire se e quale specifica convenzione
internazionale violino. Alcune organizzazioni non governative ritengono
necessario un trattato apposito che proibisca il riutilizzo dell'uranio
impoverito.
Ebbene, dopo il loro uso questi materiali continueranno ad emettere la
loro radioattività per anni. Potranno polverizzarsi con l'esplosione ed
essere inalati; la fisica ci dice che, con gli anni, questi materiali,
emettendo radioattività, si trasformeranno, con tempi maggiori o minori
secondo le leggi di probabilità, in altri materiali radioattivi,
continuando ad aggredire chi li manipolerà.
So da me che si tratta di una debole radioattività - spero che lei,
signor sottosegretario, non basi la sua risposta su questo concetto
elementare -, ma ormai abbiamo imparato, seguendo la querelle nucleare,
che il vero rischio nasce proprio dalle micro dosi di radiazione,
perché quest'ultime non uccidono la cellula, ma innescano i processi di
mutagenesi che portano fatalmente al tumore. Fintanto che quei residui
resteranno, costituiranno un rischio per chi ci si avvicinerà.
Signor rappresentante del Governo, le chiedo se tutto ciò sia giusto. È
giusto aggiungere alle vittime di oggi, le vittime cioè della nostra
incapacità di risolvere le controversie con la trattativa, altre
vittime per un domani che avrà una durata enorme? Come è possibile che
un fatto del genere possa lasciarci indifferenti? Come è possibile che
chi sa non senta un moto di ribellione e di rifiuto netto?
Battiamoci, ovviamente, per i profughi kosovari; battiamoci per
distruggere il criminale Milosevic; battetevi, perché noi non siamo
d'accordo, se lo ritenete opportuno, con le armi: noi cercheremo di
impedirvelo, ma almeno non fatelo con questo tipo di armi che provocano
conseguenze terribili. Non vi sorge il dubbio che la scelta morale
dell'ingerenza umanitaria, già discutibile per il modo in cui è stata
gestita, in quest'occasione, dalla NATO, ne risulti nettamente ed
ulteriormente squalificata?
Per i deputati del gruppo dei verdi tale questione è discriminante.
Dalla risposta che avremo dal Governo a quest'interpellanza, nonché
alle proposte che abbiamo avanzato in ordine al conflitto ed al destino
dei profughi, dipenderà la futura collocazione politico-parlamentare
dei verdi.
Le ricordo che anche per protestare contro l'uso di simili, micidiali
armamenti, parecchi militanti verdi, compresi numerosi parlamentari e
alcuni membri del Governo, da alcuni giorni stanno facendo lo sciopero
della fame.
Per concludere, signor sottosegretario, le ripropongo i miei
interrogativi esposti nell'interpellanza, in modo che la risposta possa
essere puntuale oltre che politicamente - me lo auguro - accettabile.
Noi chiediamo se non si ritenga in netto contrasto con ogni principio
umanitario l'uso di tali armi, in particolare sul territorio di un
popolo a protezione del quale si dichiara di fare i bombardamenti; se
risulti alle autorità italiane che nella dotazione della NATO vi siano
proiettili all'uranio impoverito; se risulti che anche nelle operazioni
militari che la NATO sta conducendo in Kosovo si utilizzino armi di
questo tipo; se non si ritenga opportuno verificare se tali dotazioni
vengano stoccate anche all'interno delle basi NATO presenti sul nostro
territorio; se non si ritenga opportuno, visto anche l'impegno
dell'Italia per la definitiva messa al bando delle mine anti persona,
attivare tutti i canali affinché si arrivi ad una moratoria
sull'utilizzo di questo tipo di armi; ed infine se nell'armamento in
dotazione alle nostre Forze armate - e spero proprio di no - vi siano
anche mezzi corazzati o proiettili contenenti questi tipo di uranio.
Insomma noi chiediamo al Governo italiano quali passi intenda compiere
per far mettere al bando questo tipo di proiettili.
Colleghi, signor rappresentante del Governo, questa guerra è per noi un
tragico, terribile errore, con aspetti di vero e proprio orrore.
Milosevic fa fin troppo bene la sua parte: massacra, stupra, deruba,
umilia, caccia i kosovari; la NATO sta creando altre distruzioni, altri
morti, altre sofferenze, altre vittime come quelle causate dai
cosiddetti errori degli aerei alleati. Ancora ieri un autobus è stato
attaccato e colpito e vi sono stati molti morti.
Non rendiamo tutto ciò ancora più odioso, coinvolgendo come vittime di
inquinamento radioattivo anche le generazioni future (Applausi).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa ha facoltà di
rispondere.
MASSIMO BRUTTI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor
Presidente, onorevoli colleghi, l'interpellanza alla quale mi accingo a
rispondere pone alcune questioni relative all'impiego del cosiddetto
uranio impoverito nel campo degli armamenti.
Cosa risulta - domandano gli interpellanti - circa la sua utilizzazione
da parte dei paesi della NATO nell'ambito di operazioni militari in
corso nell'area balcanica? Di quali notizie disponiamo riguardo agli
effetti che su questo materiale possono avere incidenti distruttivi o
impieghi bellici? Quali sono le valutazioni e gli orientamenti del
Governo italiano in questa materia?
Occorre anzitutto ricordare che l'uranio impoverito o uranio depleto è
un sottoprodotto del processo di arricchimento dell'uranio necessario
per l'industria nucleare; le sue caratteristiche fisiche più evidenti
sono la resistenza e l'alta densità. Si tratta di un materiale
ampiamente disponibile e a basso costo, con una serie di impieghi
civili, ad esempio nella costruzione di schermature radiologiche per
contenitori idonei al trasporto di sorgenti radioattive.
Nel campo militare l'uranio impoverito trova anzitutto applicazione
come componente nella blindatura di mezzi corazzati e, in secondo
luogo, come materiale per munizionamento progettato soprattutto per
l'impiego anticarro. I procedimenti seguiti per la blindatura dei mezzi
corazzati sono volti ad isolare l'uranio impoverito da ogni contatto
con l'atmosfera e contemporaneamente a sfruttarne la compattezza e la
resistenza; caratteristiche, queste, che sono proprie anche dei
proiettili per i quali lo stesso materiale viene utilizzato.
Per entrambe le applicazioni, tutte le attività di fabbricazione e
manutenzione si svolgono secondo specifiche procedure di sicurezza.
I colleghi interpellanti hanno chiesto di conoscere se le nostre Forze
armate abbiano in dotazione mezzi corazzati o proiettili contenenti il
cosiddetto uranio impoverito. La risposta è "no". Le Forze armate
italiane non dispongono di armamenti né di munizioni di alcun genere
che utilizzino questo materiale, né hanno acquisito tali armamenti o
munizioni. Non li hanno, dunque, impiegati a nessun titolo, né li
impiegano attualmente.
A quanto è dato di conoscere sulla base di notizie già diffuse, gli
Stati Uniti, la Francia, presumibilmente la Gran Bretagna, così come
alcuni paesi dell'ex Patto di Varsavia, sarebbero in possesso di
munizionamento contenente uranio impoverito.
Vi è un limite necessario alla risposta che posso fornire. Per quel che
riguarda l'Alleanza atlantica, il Governo fa presente, infatti, che le
informazioni relative al tipo di armi di cui i paesi membri dispongono,
sono di stretta ed esclusiva pertinenza anzitutto delle autorità
politiche di ciascun paese e, in secondo luogo, degli organi collegiali
dell'Alleanza, che agiscono in base a decisioni direttive unanimi dei
paesi membri. Il Governo italiano non può, con una scelta unilaterale,
fornire pubblicamente informazioni sugli equipaggiamenti e sui mezzi
delle Forze armate di altri paesi, così come essi non possono farlo per
le nostre. Ciascun paese risponde individualmente del rispetto dei
trattati e delle convenzioni relative alla limitazione e alle modalità
di impiego degli armamenti. Ma sulla questione che stiamo esaminando,
non esistono oggi disposizioni restrittive. Occorre, infatti,
sottolineare che, al momento attuale, né i carri né i proiettili per i
quali si utilizza l'uranio impoverito, risultano previsti o segnalati
in alcuna delle convenzioni internazionali esistenti in materia di
limitazioni degli armamenti o che prevedono l'esclusione di determinate
tipologie di armi.
L'impiego di questo materiale non è, dunque, vietato né sottoposto a
particolari controlli o limiti rilevanti per il diritto internazionale.
Esiste, tuttavia, una discussione seria di portata internazionale circa
i rischi derivanti dall'uso dell'uranio impoverito nel campo militare.
La distruzione delle blindature o l'impiego bellico di proiettili
determinerebbero - secondo alcune valutazioni formulate in base
all'esperienza del conflitto iracheno - contaminazione dell'ambiente e
danni di lungo periodo. Esistono, insomma, motivi di preoccupazione che
si fondano su analisi scientifiche e che il Governo italiano non
intende sottovalutare. Anzi, un danno indiscriminato che si protrae nel
tempo ha le caratteristiche di inaccettabilità che, in altri casi,
hanno condotto a movimenti di opinione internazionale e alla stipula di
convenzioni e di trattati che introducono restrizioni e limitazioni
negli armamenti.
Del resto il dibattito in corso coinvolge organizzazioni non
governative, ma ad esso anche organismi del luogo hanno prestato
particolare attenzione.
Il Governo - vorrei assicurare all'onorevole Paissan - terrà nella
massima considerazione quanto segnalato nella sua interpellanza.
Finora non abbiamo conclusioni sicure ed inequivoche sulla portata dei
rischi. Vorrei ricordare in proposito i risultati di due indagini
riguardanti l'uso di munizioni contenenti uranio impoverito nel
territorio iracheno durante la guerra del Golfo. Si tratta di indagini
che non hanno individuato il verificarsi di specifici danni derivanti
da contaminazione all'ambiente e alla salute. La prima indagine è di
fonte americana (servizio stampa delle Forze armate Usa, 4 agosto 1998)
e può essere considerata di parte. L'accertamento condotto a cura del
Veterans affairs department su 33 soldati, colpiti da frammento di
uranio impoverito, ha escluso che essi abbiano riportato danni durevoli
da contaminazione.
La seconda indagine proviene da una fonte più imparziale e si deve a
William M. Arkin, direttore della ricerca in campo militare per
Greenpeace International. Nel febbraio 1993, Arkin ha trascorso un mese
in Iraq, per raccogliere elementi sugli effetti dell'uso bellico di
uranio impoverito. Sia da autorità irachene in campo sanitario, sia dal
dipartimento di fisica dell'università di Bassora non venivano
informazioni tali da suscitare allarme, né sull'incremento di malattie
riconducibili ad avvelenamento da metalli pesanti, né sui livelli di
radiazioni accertati dopo la fine della guerra nel sud dell'Iraq.
Queste valutazioni hanno certamente un rilievo, ma non bastano a
risolvere il problema. Troppo ristretta è l'area degli accertamenti
compiuti nei due casi, perché ci si possa fermare ad essi ed acquisirli
come una risposta esauriente. Occorre invece promuovere nuove e più
accurate indagini, che del resto sono già in corso, per assumere un
orientamento definitivo. A questo proposito, va ricordato che in ambito
ONU si sono venuti rafforzando i timori e le preoccupazioni.
Il Governo italiano si impegna a favorire tutti gli accertamenti che
sono in corso, con il massimo di speditezza. Essi sono necessari perché
la comunità internazionale possa trarne al più presto criteri di
regolamentazione. Ed è essenziale che gli accertamenti diano garanzie
di imparzialità.
Noi, per parte nostra, non usiamo questo materiale. È una scelta già
compiuta.
Possiamo operare efficacemente perché neanche gli altri ne facciano
impiego, nella misura in cui la persuasione del rischio diventa più
certa e viene condivisa da più paesi e dall'insieme della comunità
internazionale. In questo senso noi opereremo.
In questi anni ci siamo adoperati ricercando costantemente l'intesa con
i paesi dell'Unione europea e della NATO per definire regole e
convenzioni internazionali che impedissero e limitassero l'uso di armi
inumane. Continueremo a farlo, puntando ad una interpretazione
estensiva del concetto di armi inumane, anche in considerazione del
problema sollevato dall'onorevole Paissan.
Più di altri paesi abbiamo sostenuto che dovessero essere del tutto
eliminate le mine antipersona (l'interpellanza richiama questo impegno
italiano) ed in questo campo abbiamo ottenuto un risultato
significativo. Ebbene, in coerenza con quella scelta, noi opereremo
perché la comunità internazionale metta al bando anche altre "armi
convenzionali che possano ritenersi eccessivamente dannose o che
abbiano effetti indiscriminati", formulazione questa contenuta nel
preambolo della convenzione di Ottawa. Si tratta di introdurre norme
restrittive in tutti i casi (come quello segnalato dagli onorevoli
interroganti) nei quali esiste la credibile persuasione che possono
verificarsi danni eccessivi, prolungati nel tempo, diretti a colpire un
numero indefinito di persone e tali da determinare effetti
indiscriminati.
Dunque, nel quadro di un accertamento imparziale, che sia tale da
confermare i motivi di preoccupazione, l'Italia si impegna a
raggiungere il più ampio consenso possibile su scala internazionale per
limitare l'impiego dell'uranio impoverito, introducendo le garanzie
necessarie ad impedire danni indiscriminati ed a tutelare l'ambiente.
PRESIDENTE. L'onorevole Paissan ha facoltà di replicare.
MAURO PAISSAN. Signor Presidente, mi è difficile dichiararmi
soddisfatto. Ho ascoltato i giudizi e le dichiarazioni del
sottosegretario Brutti e prendo atto con soddisfazione innanzitutto
della conferma della notizia che il tipo di armi in questione non viene
utilizzato dalle Forze armate italiane. La nostra richiesta
fondamentale, però, riguardava un atteggiamento politico del Governo,
ossia se il Governo italiano intenda adoperarsi attivamente,
nell'ambito dell'alleanza della NATO, presso i paesi alleati almeno per
bloccare l'uso di questi armamenti.
Signor sottosegretario, a un certo punto lei ha pronunciato una frase
significativa, dicendo che, se la persuasione del rischio diventasse
più certa, voi potreste operare in una certa direzione.
MASSIMO BRUTTI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Noi lavoriamo
anche per renderla più certa.
MAURO PAISSAN. Non si tratta della persuasione del rischio, perché sul
rischio, sulla possibilità che tali armamenti producano effetti
deleteri, la persuasione esiste; vi è semmai un dubbio, secondo alcune
ricerche, sul carattere devastante, dal punto di vista sanitario, degli
effetti prodotti da questi materiali. Insisto, secondo la maggior parte
del mondo scientifico tale dubbio non esiste, ma secondo alcune
ricerche può esservi un'area di opinabilità.
Ci troviamo di fronte ad un rischio accertato: molti scienziati e molte
organizzazioni non governative lo affermano, pare esistano rapporti
riservati negli stessi ambienti militari a confermarlo; il rischio è
reale, esiste, è diffuso, è sostenuto ed è fondato su argomentazioni
scientifiche. Le posso concedere che, secondo alcune fonti, ma non
secondo noi, manca la certezza matematica della effettività delle
conseguenze negative sulla salute umana. Secondo noi, però, già
l'affermazione così fondata dell'esistenza di un rischio è più che
sufficiente perlomeno per bloccare l'utilizzo di tali armamenti; noi
chiediamo al Governo di operare a livello internazionale, nell'ambito
dell'alleanza, presso i paesi alleati, affinché queste armi per ora
vengano bloccate.
Lei, signor sottosegretario, ha poi affermato che il Governo non ha il
diritto di intervenire sugli altri Stati per impedire l'utilizzo di un
certo tipo di armamenti. Noi - insisto - non le chiedevamo informazioni
segrete, nella disponibilità esclusiva dei governi nazionali; noi le
chiediamo e torniamo a chiedere a lei e al Governo un giudizio,
un'azione ed una iniziativa politica per impedire che una guerra, che
già consideriamo ingiusta, abbia effetti addirittura sulle generazioni
future.
Signor sottosegretario, anche alcuni dati che lei ha citato, non
positivi ma prudenti, riguardo agli effetti di tali armamenti non
tengono conto del periodo di latenza che, in questo caso, va
considerato e che può essere anche molto lungo. Stiamo parlando di
materiali che possono produrre le loro conseguenze devastanti a
distanza di decenni, forse addirittura di secoli, dalla loro
dispersione sul territorio.
Di fronte a tali dubbi - lo ripeto -, un Governo come quello italiano,
che anche politicamente si caratterizza come un Governo di
centrosinistra, sensibile alle istanze di tipo ambientale, dovrebbe
adoperarsi sul piano internazionale.
Lei ha citato due ricerche; io ho fatto una rapidissima indagine via
Internet e le assicuro che lì potrebbe trovare molte altre ricerche
che, con maggior nettezza e con certezza scientifica, affermano
l'esistenza di effetti negativi prodotti da tali armamenti. Signor
sottosegretario, le chiedo pertanto di dare seguito alla sua risposta
in modo assai più netto e deciso e che il Governo traduca alcuni
giudizi che lei ha espresso in quest'aula, pure condivisibili, in
iniziativa politica presso gli Stati Uniti, che stanno usando questo
tipo di armamenti, e presso i paesi della NATO che, come lei ci ha
informato, ne dispongono; non so, poi, se in questi giorni e in queste
ore li stiano usando nelle azioni in Kosovo e nella ex Jugoslavia.
In conclusione, signor Presidente e signor rappresentante del Governo,
vorrei ricordare l'atteggiamento che i verdi hanno assunto in questi
giorni e ore. Noi abbiamo sottoposto all'attenzione del Governo alcune
questioni che determineranno la collocazione dei verdi rispetto alla
maggioranza e al Governo. Come il sottosegretario sa, noi siamo in
aperto e dichiarato dissenso rispetto alla scelta effettuata dal
Governo di aderire all'azione di bombardamento decisa dalla NATO contro
la Serbia e siamo a favore di una decisa azione politica a tutela dei
profughi kosovari e dei cittadini serbi.
La questione dell'iniziativa del Governo sui cosiddetti armamenti ad
uranio impoverito era uno dei punti di una nostra sorta di piattaforma
politica. Vorrei ricordare anche gli altri punti.
Vi è la fondamentale richiesta di una sospensione dei bombardamenti per
verificare la possibilità di percorrere la via diplomatica (le ultime
dichiarazioni del Presidente degli Stati Uniti di ieri sera farebbero
pensare ad una possibilità di inoltrarci sulla via della sospensione
dei bombardamenti parallelamente all'inizio del ritiro, da parte del
governo serbo, dell'esercito dal Kosovo) e quindi la possibilità di una
trattativa politica per una soluzione diplomatica di quel tremendo
conflitto. Troppo flebile, se non inesistente, è stata la voce del
Governo italiano nel richiedere questa iniziativa!
Perché deve essere Clinton a parlare esplicitamente, formalmente,
pubblicamente, di sospensione dei bombardamenti e non il nostro
Governo? Perché non è il Presidente del Consiglio D'Alema a farsi
portatore di questa richiesta, senza violare alcun patto di alleanza e
di solidarietà tra i paesi dell'alleanza atlantica?
Un'altra richiesta che abbiamo avanzato al Governo è stata quella della
concessione della cittadinanza italiana a Rugova, come riconoscimento
della via non violenta di opposizione al regime di Milosevic e di
tutela della etnia albanese nel Kosovo.
Anche su questo punto ci aspettiamo dal Governo italiano una risposta.
Qui si è parlato solo dei proiettili ad uranio impoverito, ma occorre
considerare, tra i vari problemi, i bombardamenti degli impianti
chimici e dei laboratori nucleari che sono in grado di determinare
alcune conseguenze devastanti per quelle popolazioni per l'immediato e
per il futuro.
Infine, abbiamo posto al Governo il problema dell'accoglienza sul
territorio italiano dei profughi kosovari e dei disertori serbi. Noi
dobbiamo favorire la diserzione da parte dei militari serbi per minare
quel regime militare.
Abbiamo anche individuato, come possibile soluzione concreta,
l'utilizzo della base di Comiso come struttura in grado di accogliere
alcune migliaia di profughi kosovari che non riusciamo più ad assistere
in Albania e nel Montenegro.
Sono queste le richieste che abbiamo avanzato al Governo.
La prima risposta che ci è pervenuta oggi non può soddisfarci anche se
prendiamo atto di alcune valutazioni positive in merito alle quali il
sottosegretario Brutti ci ha riferito. Insisto però affinché da questi
giudizi e valutazioni si tragga come conseguenza la necessità di una
iniziativa più forte presso gli alleati e la NATO.
Stiamo dunque attendendo risposte positive a queste nostre richieste
poiché da esse dipenderà se continueremo a collocarci all'interno della
maggioranza e del Governo (Applausi dei deputati del gruppo
misto-verdi-l'Ulivo).