Fonte: il manifesto 9 giugno 1999

Non smobilitate. Ora c'è molto da fare

di IVAN DELLA MEA

Circolo Arci Corvetto, Milano.
Domenica 23 maggio, ore 10.
Sessanta bambini circa, piccoli, piccolissimi, grandicelli, seduti. Io li guardo, scruto i loro volti: attenti, pronti a cogliere la magia del fantastico e la sua poesia. Burattini per loro e per celebrare il ventesimo anniversario della occupazione-fondazione del Circolo.

Penso al sorriso grande e a volte dolcissimo di Primo Moroni e a quando mi disse essere l'Arci Corvetto di Milano una delle ultime Taz (Temporary autonomous zone: zona a gestione temporaneamente - mica tanto temporaneamente - autonoma).

Anche Otello Sarzi, grande burattinaio di fama internazionale, scruta i volti dei bimbi mentre il suo collega-allievo Carlos Herrero dà vita alla perigliosissima historia di un bruco allegro e saggio che sa difendersi dagli infiniti attentati con efficienza e con ironia, e trovare l'amore alla fine, e con quello le grandi ali, fantastiche, della farfalla.
E io penso: questa è cultura della pace.

Poi, Otello con le sole mani alte sulla testa bianca come la sua barba racconta del sole e degli astri e dello stupore d'incommensurabili grandezze che dovrebbero indurre nell'uomo un senso più giusto del proprio essere: e anche questo è cultura della pace. E Chiara Pellizzi, nove anni, gli occhi fondi seri e dolci, giorni appresso mi scrive: "Ciao Ivan! Ecco, ti mando la poesia del burattinaio".

Le mani del burattinaio
"Ballano,
si contorcono
nell'aria
in un ballo
calmo,
lento,
dolce,
sconosciuto
come quello di una nuvola
E i loro movimenti,
come farfalle,
mi entreranno nel pensiero
come dono ai miei occhi"

Anche questa è cultura della pace. Raccogliamo questi fiori, queste magie, e facciamole girare per quanto possibile: e non soltanto tra i bimbi, fanno bene anche i grandi, anche di più. Non ho voglia di lanciare appelli. Vado piatto. In Serbia, nel Kosovo si sta costruendo una pace di guerra: la stessa pace che fu costruita in Bosnia e in Croazia. Una pace che azzera, che uccide il principio di autodeterminazione dei popoli, per sostituirlo con la pratica dell'autodeterminazione delle etnie: il che serve soltanto a garantire agli Usa e alla Nato la funzione di poliziotti del mondo.

Per di più, ben pochi tra i profughi potranno tornare alle loro case distrutte e ai loro terreni e alle loro acque e alla loro natura mortalmente inquinata: queste paci sanno di guerra. E allora?

Allora il popolo dei fax e degli e-mail e della solidarietà praticata non deve smobilitare, anzi; ora, e in tutti i sensi, c'è molto da fare, di più e di meglio: costruire la pace, magari anche con i burattini di Otello Sarzi e di Carlos Herrero e, certamente, con le poesie di Chiara: è un augurio.