Circolo Arci Corvetto, Milano.
Domenica 23 maggio, ore 10.
Sessanta bambini circa, piccoli, piccolissimi, grandicelli, seduti. Io li guardo, scruto i loro volti: attenti, pronti a cogliere la magia del fantastico e la sua poesia. Burattini per loro e per celebrare il ventesimo anniversario della occupazione-fondazione del Circolo.
Penso al sorriso grande e a volte dolcissimo di Primo Moroni e a quando mi disse essere l'Arci Corvetto di Milano una delle ultime Taz (Temporary autonomous zone: zona a gestione temporaneamente - mica tanto temporaneamente - autonoma).
Anche Otello Sarzi, grande burattinaio di fama internazionale, scruta i volti dei bimbi mentre il suo collega-allievo Carlos Herrero dà vita alla perigliosissima historia di un bruco allegro e saggio che sa difendersi dagli infiniti attentati con efficienza e con ironia, e trovare l'amore alla fine, e con quello le grandi ali, fantastiche, della farfalla.
E io penso: questa è cultura della pace.
Poi, Otello con le sole mani alte sulla testa bianca come la sua barba racconta del sole e degli astri e dello stupore d'incommensurabili grandezze che dovrebbero indurre nell'uomo un senso più giusto del proprio essere: e anche questo è cultura della pace. E Chiara Pellizzi, nove anni, gli occhi fondi seri e dolci, giorni appresso mi scrive: "Ciao Ivan! Ecco, ti mando la poesia del burattinaio".
Le mani del burattinaio
"Ballano,
si contorcono
nell'aria
in un ballo
calmo,
lento,
dolce,
sconosciuto
come quello di una nuvola
E i loro movimenti,
come farfalle,
mi entreranno nel pensiero
come dono ai miei occhi"
Anche questa è cultura della pace. Raccogliamo questi fiori, queste magie, e facciamole girare per quanto possibile: e non soltanto tra i bimbi, fanno bene anche i grandi, anche di più. Non ho voglia di lanciare appelli. Vado piatto. In Serbia, nel Kosovo si sta costruendo una pace di guerra: la stessa pace che fu costruita in Bosnia e in Croazia. Una pace che azzera, che uccide il principio di autodeterminazione dei popoli, per sostituirlo con la pratica dell'autodeterminazione delle etnie: il che serve soltanto a garantire agli Usa e alla Nato la funzione di poliziotti del mondo.
Per di più, ben pochi tra i profughi potranno tornare alle loro case distrutte e ai loro terreni e alle loro acque e alla loro natura mortalmente inquinata: queste paci sanno di guerra. E allora?
Allora il popolo dei fax e degli e-mail e della solidarietà praticata non deve smobilitare, anzi; ora, e in tutti i sensi, c'è molto da fare, di più e di meglio: costruire la pace, magari anche con i burattini di Otello Sarzi e di Carlos Herrero e, certamente, con le poesie di Chiara: è un augurio.