Aviano, the day after
Ciao a tutti.
Nei giorni scorsi ho diffuso un comunicato del Direttivo BCP in cui ci
dissociavamo dalla manifestazione in programma ad Aviano per il 6 giugno.
Questa nostra presa di posizione ha sconcertato molta gente e in tanti, di
persona o per email, ci hanno chiesto spiegazioni su quel gesto. Provo un
po' a farlo io, anche se mischiero' le mie opinioni personali a quelle
emerse dal dibattito all'interno del nostro Direttivo.
Premessa # 1: non scrivo per difendere 'a spada tratta' la decisione da
noi presa. Anzi, questa mi interessa solo fino ad un certo punto: quel che
mi interessa e' che, a partire dalla nostra 'provocazione' emerga un
dibattito che ci porti a riflettere a fondo sulle modalita' delle nostre
manifestazioni.
Premessa # 2: Sono contento e sollevato per come e' andata l'iniziativa, e
ringrazio tutti coloro che si sono dati da fare per la sua riuscita. Dico
questo per mettere le mani avanti fin da subito, visto che, per il resto,
cerchero' di analizzare le zone d'ombra, anziche' magnificare gli aspetti
positivi. Non voglio negare questi ultimi, ma penso abbiamo piu' da
imparare ragionando su quel che non e' andato.
Io sono stato tra i firmatari iniziali dell'appello che ha convocato
l'iniziativa del 6 giugno, anche se non ho partecipato direttamente alla
sua stesura. Ho deciso di sottoscriverlo perche' mi interessava molto
partecipare al percorso unitario che ci stava dietro, perche' ritenevo
importante che una simile iniziativa avesse un punto d'appoggio locale,
qui ad Aviano, e non fosse una manifestazione calata dall'alto.
L'Associazione BCP ha anch'essa aderito fin dai primi giorni. Poi, pero',
sono immediatamente cominciati a venir fuori una serie di 'problemi':
alcune dichiarazioni poco felici di Luca Casarini, portavoce dei Centri
Sociali del Nord-Est, che parlavano di 'morti davanti i cancelli della
Base' ed altre amenita' del genere, hanno prestato il fianco ad una
campagna stampa da 'invasione dei barbari'; l'omicidio D'Antona, con
l'equazione pacifismo=terrorismo, ha buttato altro olio sul fuoco; il
culmine si e' avuto quando il Gazzettino, nell'edizione locale, se ne e'
uscito con questa locandina (testuale): 'Attacco pacifista alla Base: la
polizia pronta a sparare'.
Bene, mentre noi cercavamo di calmare la situazione, il Casarini
continuava ad alternare dichiarazioni concilianti e 'pacifiche' con inviti
all'azione diretta e all'intransigenza. Con il risultato che le prime, se
uscivano, restavano relegate in un angolino, le altre finivano
regolarmente in prima pagina. Si e' cosi' creato, almeno qui da noi, un
clima molto pesante, che ha fortemente inciso sulla partecipazione
popolare.
Di questo, la stampa ha grossissime responsabilita', ma la sua fetta di
'colpa' ce l'ha pure Casarini. E metto 'colpa' tra virgolette, perche' non
voglio criminalizzare nessuno. Casarini ha tutto il diritto di dire quelle
cose, e posso anche capire che lui abbia la 'necessità' di farlo, perche'
il suo target sociale di riferimento questo linguaggio si aspetta da lui.
Casarini ieri ha detto che si e' sentito offeso perche' e' stato accusato
dai 'Beati' di essere violento e bellicoso: non e' vero, non e' questo che
gli abbiamo imputato. La questione che abbiamo voluto porre e' che, per
far posto alla voglia di protagonismo (anche elettorale) di qualcuno, si
e' finito per escludere molta altra gente.
Qualche giorno prima di ritirare l'adesione, avevamo scritto una lettera
agli altri promotori dell'ìniziativa: avevamo chiesto che, proprio per
garantire la massima accoglienza a tutti coloro che sono stufi di questa
guerra, venissero lasciate a casa le bandiere di partito e di
associazione, che ci fossero solo le bandiere della pace, e poi
striscioni, cartelloni e quant'altro.
Lo so che era una richiesta pesante (ed infatti l'avevamo posta come
invito e non come ultimatum): lo so che chiedere ad un militante di
Rifondazione di rinunciare alla sua bandiera e' quasi peggio che chiedere
a Linus di separarsi dalla sua coperta. Ma resto convinto che sarebbe
stato un segno importante se fossimo riusciti a metterlo in pratica:
avremmo potuto dimostrare che la pace e' un valore che ci accomuna tutti e
non un ulteriore motivo di contrapposizione; avremmo lasciato spazio anche
ai tanti che sono contro la guerra tanto quanto noi, ma che non per questo
si sentono comunisti e che ancora provano disagio a camminare in un mare
di bandiere rosse e di stelle a cinque punte.
Soprattutto, avremmo potuto quanto meno tentare di scongiurare quello che
poi e' regolarmente avvenuto: che la manifestazione venisse presentata da
quasi tutti i mass-media come la manifestazione di Centri Sociali e
Rifondazione. E siccome si sa gia' in partenza che costoro sono contro la
guerra, la cosa neanche fa notizia: i ventimila di Aviano, ieri, hanno
avuto meno spazio della visita di D'Alema al campo profughi di Bari...
E allora, proviamo un po' a chiederci perche' le facciamo, manifestazioni
come quella di ieri: per sentirci piu' bravi, per prenderci la
soddisfazione, una volta ogni tanto, di vederci in tanti tutti insieme? Va
benissimo, tutto questo, ma se ci accontentiamo di cosi' poco, vuol dire
che siamo proprio miseri.
L'obiettivo delle nostre iniziative dev'essere quello di riuscire ad
incidere, se non direttamente sui decisori ultimi (o penultimi), quanto
meno sull'opinione pubblica, affinche' sempre piu' gente dica il suo no
alla guerra. Ok, se siamo d'accordo su questo, proviamo un po' a pensare
se cortei come quello di ieri sono l'arma migliore per ottenere il
risultato che ci prefiggiamo.
Ieri, tutto sommato, ci e' andata bene: la polizia ha mantenuto i nervi
saldi; il servizio d'ordine ha bloccato immediatamente i pochi scalmanati.
I giornalisti in cerca di sangue se ne sono tornati a casa con le pive nel
sacco e la notizia, sui giornali di stamane, era che la manifestazione
pacifista si e' svolta pacificamente. Abbiamo dimostrato che in Italia si
puo' ancora manifestare, forse abbiamo anche stoppato la marea montante da
'caccia alle streghe' che si stava sviluppando. Ed e' un risultato ne'
scontato, ne' da poco.
Ma appena ve ne siete tornati tutti a casa, gli aerei hanno ricominciato a
volare e anche se domani dovessero smettere, la Base di Aviano, noi
continueremo ad avercela fuori della porta. E allora, veramente, dobbiamo
trovare qualche modo nuovo di agire, che riesca a coinvolgere tutti gli
assenti di ieri, perche' abbiamo bisogno anche di loro per fermare la
follia della guerra. Se la bella giornata di ieri ci dara' la carica per
continuare a lavorare, in maniera creativa, per la pace, allora avra'
avuto un senso farla. Se invece, semplicemente, ce ne torneremo a casa
soddisfatti e pasciuti di tanta soddisfazione, forse sarebbe stato meglio
non venire nemmeno da queste parti.
Infine, lasciate che qui, tra di noi, alcune cose ce le diciamo. Ieri sono
andato avanti e indietro lungo il corteo, e poi la sera sono ripassato sul
luogo del delitto: immondizie dappertutto, scritte sui muri, sui cartelli
e financo sulle vetture della polizia... C'e' qualcuno in grado di
spiegarmi quale contributo alla causa della pace viene dallo scrivere sui
muri della caserma frasi tipo 'D'Alema boia' oppure 'Clinton e Solana,
figli di puttana'?
Non voglio fare il moralista, so bene la differenza che c'e' tra sganciare
una bomba sui civili e scarabocchiare un muro. Pero' credo veramente che
il movimento per la pace non si possa permettere simili ambiguita': non
credo che potremo costruire ne' la pace, ne' un mondo migliore se non
attraverso la nonviolenza e comportamenti piu' corretti. Credo che questo
sia vero sia sul piano culturale e della crescita personale, sia su quello
politico, del confronto con chi questa guerra la vuole e la fomenta.
Io, e credo in questo di essere in compagnia di molta altra gente, non ho
nessuna intenzione di restare schiacciato nell'alternativa tra il ragazzo
che tira sassi e lancia insulti in nome della pace e D'Alema che carezza
il bimbo profugo mentre benedice la guerra che lo ha fatto fuggire.
Tiziano Tissino
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