VITERBO CONTRO LA GUERRA





Notiziario pacifista a cura del Centro di ricerca per la pace di Viterbo

(18 giugno 1999) Materiali per il movimento pacifista Dodici sguardi sulla nonviolenza Una nota preliminare Riproduciamo qui, con minimi adattamenti, alcuni materiali che abbiamo già diffuso, cui aggiungiamo dei materiali che pubblichiamo ora per la prima volta. Lo scopo di questa breve nota è di promuovere la consapevolezza della necessità di una conoscenza non stereotipata e non mistificata della nonviolenza. Ovviamente saremo grati a chi vorrà utilizzare e far circolare ulteriormente questo materiale di discussione, ed a chi vorrà discuterlo anche con noi. 1. Rompere la complicità Alla base della nonviolenza vi è la consapevolezza che il potere ingiusto ed oppressivo si regge anche sulla complicità delle vittime e degli indifferenti: la nonviolenza è in primo luogo un appello a rompere la complicità con l'ingiustizia, a toglierle il consenso, ad uscire dalla passività, a prendersi la propria responsabilità, a lottare per la verità e la giustizia. 2. La nonviolenza è lotta E' lotta. E' lotta contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro la menzogna. E' lotta perché ogni essere umano sia riconosciuto nella sua dignità; è lotta contro ogni forma di sopraffazione; è lotta di liberazione per l'uguaglianza di tutti nel rispetto e nella valorizzazione della diversità di ognuno. E' la forma di lotta più profonda, quella che va più alla radice delle questioni che affronta. E' lotta contro il potere violento, cui si oppone nel modo più completo, rifiutando la sua violenza e rifiutando di riprodurre violenza. Afferma la coerenza tra i mezzi ed i fini, tra i metodi e gli obiettivi. Tra la lotta e il suo risultato c'è lo stesso rapporto che c'è tra il seme e la pianta. Chi lotta per la liberazione di tutti, deve usare metodi coerenti. Chi lotta per l'uguaglianza deve usare metodi che tutti possano usare. Chi lotta per la verità e la giustizia deve lottare nel rispetto della verità e della giustizia. E' lotta contro il male, non contro le persone. E' lotta per difendere e liberare, per salvare e per convincere, e non per umiliare o annientare altre persone. E' lotta fatta da esseri umani che non dimenticano di essere tali. Che non si abbrutiscono, che non vogliono fare del male, bensì contrastare il male. E' lotta per l'umanità. La nonviolenza è il contrario della viltà. E' il rifiuto di subire l'ingiustizia; è il rifiuto di ogni ingiustizia, sia di quella contro di me, sia di quelle contro altri. La nonviolenza è lotta. E' lotta per la verità, è lotta per la giustizia, è lotta di liberazione e di solidarietà, è lotta contro ogni oppressione. 3. Otto brevi caratterizzazioni della nonviolenza La nonviolenza è forte: può opporsi efficacemente alla forza delle armi; può sfidare coerentemente i più grandi poteri del mondo. La nonviolenza è umile: non richiede attitudini eccezionali, pose monumentali, proclami retorici; non richiede ingenti risorse fisiche o finanziarie; richiede limpidezza di condotta ed assunzione di responsabilità. La nonviolenza è concreta: interviene realmente nel conflitto; porta la pace e la giustizia nel suo stesso porsi; si oppone ugualmente alla vigliaccheria ed alla violenza; educa alla dignità umana. La nonviolenza è coerente: è l'unico modo coerente di lottare contro la violenza; è l'unico modo coerente di affermare la dignità di ogni essere umano; è l'unico modo coerente per ridurre l'ingiustizia e il dolore nel mondo. La nonviolenza è il potere di tutti: poiché tutti possono lottare con la nonviolenza, poiché la nonviolenza fa appello a tutti, poiché la nonviolenza rispetta la dignità di tutti e di ciascuno. La nonviolenza è adesione alla verità, è forza della verità: da Gandhi a Capitini gli amici della nonviolenza sanno che essa è incompatibile con la menzogna, con i sotterfugi, con gli intrighi e le doppiezze: la nonviolenza è l'amore per la verità che irrompe nell'agire politico e sociale, è il principio responsabilità (il rispondere al volto dell'altro che muto e sofferente ti interroga -Lévinas-, il farsi carico del mondo e dell'umanità -Jonas-) che si rende operare autentico; è la critica della ragion pratica che si fa movimento di solidarietà e di liberazione. La nonviolenza è lotta come amore: lotta integrale contro l'ingiustizia e la menzogna, lotta integrale per la comunicazione e la dignità, lotta integrale contro la violenza; lotta integrale per i diritti umani, lotta integrale per un'umanità di eguali, liberi e fraterni. La nonviolenza è utopia concreta, principio speranza, ortopedia del camminare eretti: abbiamo usato queste tre formule del filosofo Ernst Bloch per significare che la nonviolenza è concreta azione e concreto progetto politico e sociale di dignità umana e difesa della biosfera; che la nonviolenza è inveramento della speranza in una lotta coerente e che nel suo stesso farsi è liberante; che la nonviolenza è affermazione ed istituzione del diritto e dei diritti, legalità e democrazia in cammino. 4. Quattro regole di condotta per l'azione diretta nonviolenta I. A un'iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza. II. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con tranquillità, con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno. III. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso, fini, modalità e conseguenze dell'azione diretta nonviolenta; devono averne piena conoscenza, e devono esserne completamente convinti, in particolare sottolineiamo la necessità di essere pienamente informati consapevoli delle conseguenze cui ogni singolo partecipante può andare incontro, conseguenze che vanno accettate pacificamente e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di sottrarsi. IV. Tutti devono rispettare i seguenti princìpi della nonviolenza: - non fare del male a nessuno (se una sola persona dice o fa delle stupidaggini, o una sola persona si fa male, l'azione diretta nonviolenta è irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere immediatamente sospesa); - spiegare a tutti (amici, autorità, interlocutori, interpositori, eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta nonviolenta non è rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza; - dire sempre e solo la verità; - fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed annunciate pubblicamente (cioè a tutti note e da tutti condivise); nessuno deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede lealtà e disciplina; - assumersi la responsabilità delle proprie azioni e quindi subire anche le conseguenze che ne derivano; - mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza altrui. Chi non accetta queste regole non può partecipare all'azione diretta nonviolenta, poiché sarebbe di pericolo per sé, per gli altri e per la riuscita dell'iniziativa che deve essere, appunto, rigorosamente nonviolenta. Per poter partecipare ad un'azione diretta nonviolenta è necessario aver partecipato prima alla discussione ed all'organizzazione che ha portato alla sua decisione e realizzazione, ed è altresì assolutamente indispensabile aver partecipato ad un training di addestramento alla nonviolenza. 5. Una definizione fondamentale: la "carta" del Movimento Nonviolento Una definizione breve e precisa degli obiettivi e dei metodi di chi si impegna con e per la nonviolenza è nella carta ideologico-programmatica del Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini: "Il movimento nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunità mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: I. l'opposizione integrale alla guerra; II. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; III. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; IV. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della libertà di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli". 6. Necessità dell'addestramento alla nonviolenza La nonviolenza non è né un atteggiamento spontaneo, né un banale "volersi bene"; bensì: a) una meditata scelta etico-politica di trasformazione delle relazioni personali e sociali, b) un insieme di tecniche di lotta rigorose ed assai elaborate, c) una strategia di lotta profondamente caratterizzata, d) un progetto di relazioni umane e politiche radicalmente alternativo a quelle dominanti. Quindi la nonviolenza non è affatto "spontanea", va conosciuta e coltivata. Nessuno si sorprende se un soldato deve addestrarsi, nessuno si sorprende se un medico deve studiare: ebbene, la nonviolenza richiede un addestramento e uno studio non inferiori ma superiori a quelli richiesti al soldato ed al medico. Senza studio non è possibile comprendere la nonviolenza; senza addestramento non è possibile condurre l'azione nonviolenta. Proprio perché la nonviolenza è una proposta politica di lotta di liberazione che nel suo stesso farsi inveri la dignità umana di ognuno e di tutti, essa richiede un impegno di conoscenza, di preparazione, di discussione, di consapevolezza e di capacità critica e autocritica assolutamente superiore a quello richiesto in altre forme di organizzazione, in altri ambiti di studio, in altre proposte di azione. 7. I diritti umani, presi sul serio Scegliamo la nonviolenza perché essa è l'unica teoria-prassi dell'azione politica e sociale collettiva che si prefigge nel suo stesso svolgersi il rispetto dei diritti umani di tutti, non solo di coloro che partecipano all'azione, ma anche di coloro che la subiscono. La nonviolenza non rinvia la realizzazione dei diritti umani ad un futuro successivo alla conclusione della lotta, essa realizza i diritti umani nel corso stesso della lotta. La nonviolenza non nega umanità agli avversari con cui lotta, essa riconosce l'umanità deagli avversari con cui lotta. La nonviolenza è lotta intransigente per affermare la dignità umana di tutti e per affermarla subito. Essa è nei suoi metodi e nel suo svolgersi coerente con i suoi fini: poiché il fine è la dignità umana e la liberazione dall'oppressione, la lotta nonviolenta nel suo stesso svolgimento deve realizzare la dignità di tutti e prefigurare la liberazione di tutti. Per questo diciamo che la nonviolenza è lotta come amore. 8. La liberazione umana, subito Inoltre scegliamo la nonviolenza perché essa è l'unica teoria-prassi dell'azione politica e sociale collettiva che realizza nel suo stesso farsi una forma autentica di democrazia diretta, rapporti egualitari e non gerarchici, che prefigura già nella sua organizzazione relazioni umane e sociali liberate e liberanti; perché consente la partecipazione di tutti ed abolisce rapporti di potere e di oppressione. Per questo essa adotta il metodo del consenso, per questo essa non è solo una forma di lotta ma anche una occasione di costruzione di rapporti umani solidali; per questo nella nonviolenza si richiede una piena limpidezza di comportamenti e una forte lealtà nei confronti di tutti, di sottoporre tutto alla discussione comune, e di scegliere sempre e solo gli obiettivi e le forme di lotta che tutti i partecipanti condividono. 9. La nonviolenza è gestione del conflitto La nonviolenza è gestione del conflitto, la cui esistenza essa riconosce e valorizza. La nonviolenza non è una visioni idilliaca ed illusoria, quindi narcotizzante, dei rapporti sociali; ma la consapevolezza della conflittualità degli ideali e degli interessi, delle situazioni esistenziali e delle relazioni sociali, dei rapporti economici e politici, degli assetti culturali e ideologici. Essa si propone di intervenire nel conflitto e di farlo umanizzando il conflitto, valorizzandone la dimensione morale e conoscitiva, gestendolo in modo da renderlo fecondo di rapporti umani più giusti, lottando incessantemente contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro l'inganno. Si può essere nonviolenti solo nel conflitto, si può essere nonviolenti solo se si lotta per la giustizia. Gli indifferenti, coloro che chiudono gli occhi, chi se ne sta chiuso in casa sua, non è nonviolento. La nonviolenza è lotta integrale e intransigente contro l'ingiustizia. La nonviolenza è il contrario della viltà, il contrario dell'egoismo, il contrario della passività, il contrario del motto fascista "me ne frego". La nonviolenza è quella specifica forma di gestione del conflitto che ripudia la violenza e si propone come fine precipuo di combatterla e di abolirla. 10. La nonviolenza è ripudio assoluto della violenza La nonviolenza è opposizione assoluta alla violenza: non ammette complicità, meschinità o sotterfugi. La nonviolenza smaschera e ripudia i sofismi sulla "violenza buona", sulla "guerra giusta", e simili infamie: la nonviolenza si oppone sempre e comunque alla guerra e alla violenza. Ovviamente gli amici della nonviolenza riconoscono agli oppressi il diritto di legittima difesa; ovviamente gli amici della nonviolenza hanno la capacità di ricostruire i rapporti di causa ed effetto che producono l'oppressione e la violenza, e si battono in primo luogo contro le cause e le condizioni strutturali che producono ingiustizia, sopraffazione, sofferenza, violenza. Lo stesso Gandhi era esplicito nel dichiarare che di fronte alla violenza la cosa peggiore è la viltà, e che se non si ha la forza di resistere con la nonviolenza, gli oppressi hanno il dovere di resistere comunque; ma aggiungeva che la nonviolenza è incomparabilmente più forte e migliore della resistenza violenta, e che occorre avere la forza di scegliere sempre e comunque la nonviolenza. Noi riteniamo che vi siano argomentazioni ineludibili che ci convincono a ripudiare la violenza come metodo di lotta; argomenti che ci persuadono quindi ad ammettere solo la nonviolenza come metodo di lotta. 11. Per la critica della violenza Elenchiamo alcune ragioni essenziali per cui occorre essere rigidamente contro la violenza. Citiamo da Giuliano Pontara, voce Nonviolenza, in AA.VV., Dizionario di politica, Tea, Torino 1992: I. il primo argomento "mette in risalto il processo di escalation storica della violenza. Secondo questo argomento, l'uso della violenza (...) ha sempre portato a nuove e più vaste forme di violenza in una spirale che ha condotto alle due ultime guerre mondiali e che rischia oggi di finire nella distruzione dell'intero genere umano"; II. il secondo argomento "mette in risalto le tendenze disumanizzanti e brutalizzanti connesse con la violenza" per cui chi ne fa uso diventa progressivamente sempre più insensibile alle sofferenze ed al sacrificio di vite che provoca; III. il terzo argomento "concerne il depauperamento del fine cui l'impiego di essa può condurre (...). I mezzi violenti corrompono il fine, anche quello più buono"; IV. il quarto argomento "sottolinea come la violenza organizzata favorisca l'emergere e l'insediamento in posti sempre più importanti della società, di individui e gruppi autoritari (...). L'impiego della violenza organizzata conduce prima o poi sempre al militarismo"; V. il quinto argomento "mette in evidenza il processo per cui le istituzioni necessariamente chiuse, gerarchiche, autoritarie, connesse con l'uso organizzato della violenza, tendono a diventare componenti stabili e integrali del movimento o della società che ricorre ad essa (...). "La scienza della guerra porta alla dittatura" (Gandhi)". A questi argomenti da parte nostra ne vorremmo aggiungere altri due: VI. un argomento, per così dire, di tipo epistemologico: siamo contro la violenza perché siamo fallibili, possiamo sbagliarci nei nostri giudizi e nelle nostre decisioni, e quindi è preferibile non esercitare violenza per imporre fini che potremmo successivamente scoprire essere sbagliati; VII. soprattutto siamo contro la violenza perché il male fatto è irreversibile (al riguardo Primo Levi ha scritto pagine indimenticabili soprattutto nel suo ultimo libro I sommersi e i salvati). Agli argomenti contro la violenza Pontara aggiunge opportunamente un ultimo decisivo ragionamento: "I fautori della dottrina nonviolenta sono coscienti che ogni condanna della violenza come strumento di lotta politica rischia di diventare un esercizio di sterile moralismo se non è accompagnata da una seria proposta di istituzioni e mezzi di lotta alternativi. Di qui la loro proposta dell'alternativa satyagraha o della lotta nonviolenta positiva, in base alla duplice tesi a) della sua praticabilità anche a livello di massa e in situazioni conflittuali acute, e b) della sua efficacia come strumento di lotta" per la realizzazione di una società fondata sulla dignità della persona, il benessere di tutti, la salvaguardia dell'ambiente. 12. Perché ci diciamo "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti" Ci diciamo "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti" perché, come spiegava Aldo Capitini, dobbiamo essere modesti e realistici: la nonviolenza è un ideale cui tendere, un ideale assai impegnativo, una pratica da verificare giorno per giorno nella vita quotidiana, nei rapporti interpersonali come nelle grandi lotte necessarie; e solo nella verifica quotidiana per un verso, e nel momento più aspro della lotta, per l'altro, si evidenzia la nostra capacità di attenerci ad essa, di esserne creativamente gli artefici; quindi evitiamo di sembrare sbruffoni, e consideriamoci per quello che siamo: donne e uomini in ricerca, per un'umanità di liberi ed eguali, appunto: amici della nonviolenza. Una postilla per approfondire Ci limitiamo qui a rinviare al nostro opuscolo Guida pratica per l'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace, Viterbo 1999, di cui abbiamo qui ripreso e adattato alcuni brani, che contiene al punto 9 (La nonviolenza contro la guerra: istruzioni per l'uso) un'ampia sintesi orientativa; ed al punto 14 (Una bibliografia essenziale) una lunga serie di riferimenti utili. Rinviamo anche alla nostra serie di schede biobibliografiche Uomini di pace, Viterbo 1999, per ulteriori riferimenti. Questi materiali possono essere richiesti gratuitamente scrivendo o telefonando al nostro recapito. Indichiamo comunque qui di seguito alcuni testi fondamentali: - Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino: curata da Giuliano Pontara è la migliore antologia gandhiana disponibile in Italia; - Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977: un'ottima antologia degli scritti di Capitini con approfonditi saggi introduttivi sui vari aspetti della sua figura, del suo pensiero e della sua azione; - Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, EGA, Torino 1985-1997: in tre volumi, costituisce un repertorio indispensabile. - Alberto L'Abate, Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino 1985: un'ottima "introduzione teorico-pratica ai metodi"; - Charles C. Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1982: è un libriccino benemerito, la cui lettura consigliamo a tutti gli attivisti impegnati nei movimenti di lotta contro le ingiustizie. "Centro di ricerca per la pace" strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax 0761/353532 Viterbo, 18 giugno 1999