VITERBO CONTRO LA GUERRA
Notiziario pacifista
a cura del Centro di ricerca per la pace di Viterbo
(19 giugno 1999)
Materiali per il movimento pacifista
Alcune proposte di riflessione: le tre verità di Hiroshima di Ernesto
Balducci, dieci ipotesi per la nonviolenza di Giulio Girardi, un ritratto di
Aldo Capitini di Walter Binni
Premessa
Nell'intento di mettere a disposizione del movimento pacifista materiali e
riferimenti utili affinché le persone impegnate per la pace conoscano la
nonviolenza e ne discutano e ne facciano propri i valori e le tecniche,
proponiamo ai nostri interlocutori la lettura di tre brevi testi:
a) uno stralcio di un intervento di Ernesto Balducci, pronunciato nel 1981,
che in tre formule sintetiche lumeggia la situazione presente e la necessità
di un impegno intransigente e coerente contro la guerra;
b) un sunto di un articolato ragionamento di Giulio Girardi sulla nonviolenza
come alternativa;
c) il discorso tenuto da Walter Binni alle esequie di Aldo Capitini: ci è
sembrato utile proporre questo testo per presentare la figura del più grande
promotore della nonviolenza in Italia.
Abbiamo ovviamente aggiunto una postilla bibliografica per un primo
approfondimento.
1. Le tre verità di Hiroshima di Ernesto Balducci
Nel 1981 aprendo un celebre convegno di "Testimonianze" sul tema Se vuoi la
pace, prepara la pace, Ernesto Balducci (uno dei più lucidi e limpidi
costruttori di pace di questo secolo) pronunciò un forte discorso. Esso fu
pubblicato in "Testimonianze" 241-243 (gennaio-marzo 1982), volume
monografico contenente gli atti del convegno; e ripreso come introduzione del
bel libro di Ernesto Balducci e Lodovico Grassi, La pace. Realismo di
un'utopia, Principato, Milano 1983. Riproduciamo qui il passaggio sulle "tre
verità di Hiroshima".
"La prima verità contenuta in quel messaggio è che il genere umano ha un
destino unico di vita o di morte. Sul momento fu una verità intuitiva, di
natura etica, ma poi, crollata l'immagine eurocentrica della storia, essa si
è dispiegata in evidenze di tipo induttivo la cui esposizione più recente e
più organica è quella del Rapporto Brandt. L'unità del genere umano è ormai
una verità economica. Le interdipendenze che stringono il Nord e il Sud del
pianeta, attentamente esaminate, svelano che non è il Sud a dipendere dal
Nord ma è il Nord che dipende dal Sud. Innanzitutto per il fatto che la sua
economia dello spreco è resa possibile dalla metodica rapina a cui il Sud è
sottoposto e poi, più specificamente, perché esiste un nesso causale tra la
politica degli armamenti e il persistere, anzi l'aggravarsi, della
spaventosa piaga della fame. Pesano ancora nella nostra memoria i 50 milioni
di morti dell'ultima guerra, ma cominciano anche a pesarci i morti che la
fame sta facendo: 50 milioni, per l'appunto, nel solo anno 1979. E più
comincia a pesare il fatto, sempre meglio conosciuto, che la morte per fame
non è un prodotto fatale dell'avarizia della natura o dell'ignavia degli
uomini, ma il prodotto della struttura economica internazionale che riversa
un'immensa quota dei profitti nell'industria delle armi: 450 miliardi di
dollari nel suddetto anno 1979 e cioè 10 volte di più del necessario per
eliminare la fame nel mondo. Questo ora si sa. Adamo ed Eva ora sanno di
essere nudi. Gli uomini e le donne che, fosse pure soltanto come elettori,
tengono in piedi questa struttura di violenza, non hanno più la coscienza
tranquilla.
La seconda verità di Hiroshima è che ormai l'imperativo morale della pace,
ritenuta da sempre come un ideale necessario anche se irrealizzabile, è
arrivato a coincidere con l'istinto di conservazione, il medesimo istinto che
veniva indicato come radice inestirpabile dell'aggressività distruttiva. Fino
ad oggi è stato un punto fermo che la sfera della morale e quella
dell'istinto erano tra loro separate, conciliabili solo mediante un'ardua
disciplina e solo entro certi limiti: fuori di quei limiti accadeva la
guerra, che la coscienza morale si limitava a deprecare come un malum
necessarium. Ma le prospettive attuali della guerra tecnologica sono tali che
la voce dell'istinto di conservazione (di cui la paura è un sintomo non
ignobile) e la voce della coscienza sono diventate una sola voce. Non era mai
capitato. Anche per questi nuovi rapporti fra etica e biologia, la storia sta
cambiando di qualità.
La terza verità di Hiroshima è che la guerra è uscita per sempre dalla sfera
della razionalità. Non che la guerra sia mai stata considerata, salvo in rari
casi di sadismo culturale, un fatto secondo ragione, ma sempre le culture
dominanti l'hanno ritenuta quanto meno come una extrema ratio, e cioè come
uno strumento limite della ragione. E difatti, nelle nostre ricostruzioni
storiografiche, il progresso dei popoli si avvera attraverso le guerre. Per
una specie di eterogenesi dei fini -per usare il linguaggio di Benedetto
Croce- l'"accadimento" funesto generava l'"avvenimento" fausto. Ma ora,
nell'ipotesi atomica, l'accadimento non genererebbe nessun avvenimento. O
meglio, l'avvenimento morirebbe per olocausto nel grembo materno
dell'accadimento".
2. Dieci ipotesi per la nonviolenza di Giulio Girardi
In un intervento a un convegno tenutosi a Molfetta nel 1988, Giulio Girardi
(teologo e filosofo della liberazione, impegnato da decenni nella
solidarietà, per la liberazione dei popoli e i diritti umani) formula ed
analizza dieci ipotesi, seguite da una conclusione (citiamo da Giulio
Girardi, La nonviolenza è un'alternativa?, in AA.VV., Un nome che cambia: la
nonviolenza nella società civile, La Meridiana, Molfetta 1989, alle pp.
9-20).Riproduciamo qui le dieci ipotesi.
Prima ipotesi. L'antitesi violenza-nonviolenza non oppone soltanto due
impostazioni metodologiche e strategiche, ma due prospettive globali, due
progetti fondamentali di società.
Seconda ipotesi. Il conflitto violenza-nonviolenza, diritto della forza-forza
del diritto, è il conflitto fondamentale della storia, quello nel quale essa
definisce il suo senso.
Terza ipotesi. La violenza più micidiale del mondo contemporaneo è quella
cristallizzata nelle strutture economiche e politiche della società e del
mondo: sia quelle del capitalismo sia quelle del socialismo realizzato.
Quarta ipotesi. L'antagonismo tra i popoli oppressi del Terzo Mondo e gli
imperi che li dominano è oggi la forma fondamentale del conflitto
violenza-nonviolenza nel mondo occidentale.
Quinta ipotesi. L'alternativa nonviolenta, così intesa, è radicalmente
rivoluzionaria.
Sesta ipotesi. La cultura della nonviolenza e della pace non dev'essere
sviluppata in antitesi alla cultura della liberazione, ma deve stabilire con
questa un intreccio dialettico e critico.
Settima ipotesi. L'aspetto più radicale del dominio della violenza nel mondo
è la sua penetrazione occulta nella coscienza e nell'inconscio collettivo. La
violenza rimarrà invincibile fino a quando non sarà sconfitta nelle
coscienze, e prima di tutto nelle coscienze del mondo ricco.
Ottava ipotesi. Uno dei fronti decisivi sui quali la violenza ha conseguito
la sua vittoria nel mondo è quello religioso.
Nona ipotesi. Il perno di una strategia rivoluzionaria nonviolenta è la
formazione dei nuovi soggetti del cambiamento: che passa attraverso la
trasformazione della coscienza degli oppressi di tutto il mondo ed esige un
vasto movimento di educazione popolare liberatrice.
Decima ipotesi. L'educazione popolare liberatrice è oggi, per i credenti, un
itinerario privilegiato per riscoprire l'ispirazione originaria sovversiva e
nonviolenta del messaggio di Gesù, per reinvestire la forza del Vangelo e
della tradizione popolare cristiana dalla parte degli oppressi, cioè dalla
parte dell'alternativa nonviolenta, della giustizia, della solidarietà, e
dell'amore universale.
Nella conclusione Girardi sottolinea che "il messaggio nonviolento non si
propone solo come un'alternativa nella storia dell'umanità, ma anche nella
vicenda di ognuno".
3. Un ritratto di Aldo Capitini di Walter Binni
Quelle che seguono sono le parole di commiato pronunciate da Walter Binni
(antifascista, costituente, studioso tra i massimi della nostra letteratura,
uno dei nostri maestri) al funerale di Aldo Capitini, a Perugia, il 21
ottobre 1968. Il testo, già apparso nel fascicolo speciale di "Azione
Nonviolenta" del novembre-dicembre 1968, lo riprendiamo da Il messaggio di
Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977, dove si trova con il titolo Un vero
rivoluzionario alle pagine 497-500.
"Queste inadeguate parole che io pronuncio a nome degli amici più antichi e
più recenti che Aldo Capitini ebbe ed ha, per la sua eccezionale disposizione
verso gli altri, vorrebbero più che essere un saluto estremo e un motivato
omaggio alla sua presenza nella nostra storia privata e generale, costituire
solo un appoggio, per quanto esile e sproporzionato, ad una tensione di
concentrazione di tutti quanti lo conobbero e lo amarono: tutti qui
materialmente o idealmente raccolti in un intimo silenzio profondo che queste
parole vorrebbero non spezzare ma accentuare, portandoci tutti a unirci a
lui, nella nostra stessa intera unione con lui e in lui, unione cui egli ci
ha sollecitato e ci sollecita con la sua vita, con le sue opere, con le sue
possenti e geniali intuizioni.
Certo in questo "nobile e virile silenzio" suggerito, come egli diceva, dalla
morte di ogni essere umano, come potremmo facilmente bruciare il momento
struggente del dolore, della lacerazione profonda provocata in noi dalla sua
scomparsa? In noi che appassionatamente sentiamo e soffriamo la assenza di
quella irripetibile vitale presenza, con i suoi connotati concreti per sempre
sottratti al nostro sguardo affettuoso, al nostro abbraccio fraterno, al
nostro incontro, fonte per noi e per lui di ineffabile gioia, di
accrescimento continuo del nostro meglio e dei nostri affetti più alti. Quel
volto scavato, energico, supremamente cordiale, quella fronte alta ed
augusta, quelle mani pronte alla stretta leale e confortatrice, quegli occhi
profondi, severi, capaci di sondare fulminei l'intimo dei nostri cuori ed
intuire le nostre pene e le nostre inquietudini, quel sorriso fraterno e
luminoso, quel gestire sobrio e composto, ma così carico di intima forza di
persuasione, quella voce dal timbro chiaro e denso, scandito e posseduto fino
alle sue minime vibrazioni.
Tutto ciò che era suo, inconfondibilmente e sensibilmente suo, ora ci attrae
e ci turba quanto più sappiamo che è per sempre scomparso con il suo corpo
morto ed inanime, che non si offrirà mai più ai nostri incontri, al nostro
affetto, nella sua casa, o in questi luoghi da lui e da noi tanto amati, su
questi colli perugini, malinconici e sereni, in cui infinite volte lo
incontrammo e che ora ci sembrano improvvisamente privati della loro bellezza
intensa se da loro è cancellata per sempre la luce umana della sua figura e
della sua parola.
Ed ognuno di noi, certo, in questo momento, è come sopraffatto dall'onda dei
ricordi più minuti e perciò struggenti, quanto più remoti risorgono dalla
nostra memoria commossa in quei particolari fuggevoli e minimi, che proprio
dalla poesia del caduco, del sensibile, dell'irripetibile, traggono la loro
forza emotiva più sconvolgente e ci spingerebbero a rievocare, a recuperare
quel particolare luogo di incontro, quella stanzetta della torre campanaria
in cui un giorno -quel giorno lontano- parlammo per la prima volta con lui, o
quella piazzetta cittadina -quella piazzetta- in cui improvvisamente ci venne
incontro con la gioia dell'incontro inatteso, o quel colle coronato di pini
in cui insieme ci recammo con altri amici.
E ognuno di noi ripensa certo ora alla propria vicenda o al segno profondo
lasciato dall'incontro con Capitini, fino a dover riconoscere -il caso di
quanti furono giovani in anni lontani- che essa sarebbe per noi
incomprensibile e non ricostruibile come essa si è svolta, senza l'intervento
di lui, senza la sua parola illuminante, senza i problemi che lui ci aiutò ad
impostare e a chiarire, spesso contribuendo a decisive svolte nella nostra
formazione e nella nostra vita intellettuale, morale, politica.
Ma appunto proprio da questo, dalla considerazione dell'immenso debito
contratto con lui, dalla nostra gratitudine e riconoscenza per quanto, con
generosità e disponibilità inesauribile, egli ci ha dato, veniamo riportati
-al di là del nostro dolore che sappiamo inesauribile e pronto a risorgere
ogni volta che ci colpirà un'immagine, un'eco, una labile traccia della sua
per sempre scomparsa consistenza concreta- a quel momento ulteriore della
nostra unione con lui, in occasione della sua morte, che soprattutto dalle
sue parole e dalle sue opere abbiamo appreso a considerare come l'apertura
del "muro del pianto", della buia barriera della morte.
Perché qualunque siano attualmente le nostre diverse prospettive ideologiche,
esistenziali, religiose o non religiose (e così, coerentemente, pratiche e
politiche), una cosa abbiamo tutti, credo, da lui imparata: la scontentezza
profonda della realtà a tutti i suoi livelli, la certezza dei suoi limiti e
dei suoi errori profondi, la volontà di trasformarla, di aprirla, di
liberarla.
E' qui che il ricordo e il dolore si tramutano in una tensione che ci unisce
con Aldo nella sua più vera presenza attuale, nella sua non caduca presenza
in noi e nella storia, e ci riempie di un sentimento e di una volontà quale
egli ci chiede e ci domanda con tutta la sua vita e la sua opera più persuasa
di combattente per una verità non immobile e ferma, ma profonda ed attiva,
concretata in quella prassi conseguente di cui egli sosteneva proprio in
questi ultimi giorni, parlando con me, l'assoluto primato. Il morto, il
crocifisso nella realtà, come egli diceva, suggerisce infatti insieme e il
senso della nostra limitatezza individuale in una realtà di per sé ostile e
crudele (quante volte abbiamo insieme ripetuto i versi di Montale con il loro
circuito chiuso: la vita è più vana che crudele, più crudele che vana!) e la
nostra possibilità o almeno il nostro dovere di tentare di spezzare, di
aprire quella limitatezza, di trasformare la realtà, dalla società ingiusta e
feroce alla natura indifferente alla sorte dei singoli e al loro dolore. Lì è
il punto in cui convergono tutte le folte componenti del pensiero
originalissimo di Capitini: il tu e il tu-tutti, il potere dal basso e di
tutti, la nonviolenza, l'apertura e l'aggiunta religiosa. Lì convergono in
una profonda spinta rinnovatrice le idee, le intuizioni (tese da una forza
espressiva che tocca spesso la poesia), gli atteggiamenti pratici di
Capitini.
Non accettare nessuna ingiustizia e nessuna sopraffazione politica e sociale,
non accettare la legge egoistica del puro utile, non accettare la realtà
naturale grezza e sorda, e opporre a tutto ciò una volontà persuasa del
valore dell'uomo e delle sue forze solidali e arricchite dalla "compresenza"
attiva dei vivi e dei morti, tutte immesse a forzare ed aprire i limiti della
realtà verso una società e una realtà resa liberata e fraterna anzitutto
dall'amore e dalla rinuncia alla soppressione fisica dell'avversario e del
dissenziente, sempre persuadibile e recuperabile nel suo meglio, mai
cancellabile con la violenza.
Di fronte a questo sforzo consapevole ed ai modi stessi della sua attuazione
e della sua configurazione precisa alcuni di noi possono essere anche
dissenzienti o diversamente disposti e operanti, ma nessuno che abbia
compreso l'enorme portata della lezione di Capitini può sfuggire a questo
nodo centrale del suo pensiero, nessuno può esimersi di dare ad esso adesione
o risposta, tanto esso è stringente, perentorio, come perentoria è insieme la
lezione di intransigenza morale e intellettuale di Capitini, la sua netta
distinzione di valore e disvalore, la severità del suo stesso amore, pur così
illimitatamente aperto e persuaso del valore implicito in ogni essere umano.
Proprio per questo amore aperto e severo, questa nostra unione in lui e con
lui -in presenza della sua morte- non può lasciarci così come siamo di fronte
alle cose e di fronte a noi stessi, non può non tradursi in un impegno di
suprema lealtà, sincerità, volontà di trasformazione.
Capitini fu un vero rivoluzionario nel senso più profondo di questa grande
parola: lo fu, sin dalla sua strenua opposizione al fascismo, di fronte ad
ogni negazione della libertà e della democrazia (e ad ogni inganno esercitato
nel nome formale ed astratto di queste parole), lo fu di fronte ad ogni
violenza sopraffattrice, in sede politica e religiosa, così come di fronte ad
ogni tipo di ordine e autorità dogmatica ed ingiusta (qualunque essa sia), lo
fu persino, ripeto, di fronte alla stessa realtà e al suo ordine di violenza
e di crudeltà. Questo non dobbiamo dimenticare, facendo di lui un sognatore
ingenuo ed innocuo, e sfuggendo così alle nostre stesse responsabilità più
intere e rifugiandoci nel nostro cerchio individualistico o nelle nostre
abitudini e convenzioni non soggette ad una continua critica e volontà
rinnovatrice.
Forse non a tutti noi si aprirà il regno luminoso della realtà liberata e
fraterna nei modi precisi in cui Capitini la concepiva e la promuoveva, ma ad
esso dobbiamo pur tendere con appassionata energia.
Solo così il nostro compianto per la tua scomparsa, carissimo, fraterno,
indimenticabile amico, diviene concreto ringraziamento e la risposta alla tua
voce più profonda: solo così non ti lasceremo ombra fra le ombre o spoglia
inerte e consumata negli oscuri silenzi della tomba, e proseguiremo insieme,
severamente rasserenati -come tu ci hai voluto- nel nostro colloquio con te,
con il tuo tu-tutti, attuandolo nel nostro faticoso e fraterno impegno di
uomini fra gli uomini, come tu ci hai chiesto e come tu ci hai indicato con
il tuo altissimo esempio".
Postilla. Alcune indicazioni per approfondire
ERNESTO BALDUCCI - Profilo biografico: Ernesto Balducci è nato a Santa Fiora
(in provincia di Grosseto) nel 1922, ed è deceduto a seguito di un incidente
stradale nel 1992. Sacerdote, insegnante, scrittore, organizzatore culturale,
promotore di numerose iniziative di pace e di solidarietà. Fondatore della
rivista "Testimonianze" nel 1958 e delle Edizioni Cultura della Pace (ECP)
nel 1986. Oltre che infaticabile attivista per la pace e i diritti, è stato
un pensatore di grande vigore ed originalità, le cui riflessioni ed analisi
sono decisive per un'etica della mondialità all'altezza dei drammatici
problemi dell'ora presente. Opere di Ernesto Balducci: segnaliamo
particolarmente alcuni libri dell'ultimo periodo: Il terzo millennio
(Bompiani); La pace. Realismo di un'utopia (Principato), in collaborazione
con Lodovico Grassi; Pensieri di pace (Cittadella); L'uomo planetario
(Camunia, poi ECP); La terra del tramonto (ECP); Montezuma scopre l'Europa
(ECP). Si vedano anche l'intervista autobiografica Il cerchio che si chiude
(Marietti); la raccolta postuma di scritti autobiografici Il sogno di una
cosa (ECP); il manuale di storia della filosofia, Storia del pensiero umano
(Cremonese), ed il corso di educazione civica Cittadini del mondo
(Principato), in collaborazione con Pierluigi Onorato. Opere su Ernesto
Balducci: cfr. i due fondamentali volumi monografici di "Testimonianze" a lui
dedicati: Ernesto Balducci, "Testimonianze" nn. 347-349, 1992; ed Ernesto
Balducci e la lunga marcia dei diritti umani, "Testimonianze" nn. 373-374,
1995. Un'ottima rassegna bibliografica preceduta da una precisa introduzione
biografica è il libro di Andrea Cecconi, Ernesto Balducci: cinquant'anni di
attività, Libreria Chiari, Firenze 1996. Indirizzi utili: Fondazione Ernesto
Balducci, via Badia dei Roccettini 11, S. Domenico di Fiesole (FI).
WALTER BINNI - Profilo biografico: Walter Binni è nato a Perugia nel 1913, ha
studiato alla Normale di Pisa, antifascista, impegnato nella Resistenza, poi
deputato alla Costituente. Docente universitario, tra i massimi studiosi
della letteratura italiana. E' scomparso sul finire del novembre 1997. Opere
di Walter Binni: nella sua vastissima produzione, tutta di grande valore,
segnaliamo particolarmente gli studi leopardiani: fondamentali La nuova
poetica leopardiana, e La protesta di Leopardi, editi da Sansoni; ed il
giustamente celebre saggio metodologico Poetica, critica e storia letteraria,
edito da Laterza. Come è noto sono classici i suoi studi sulla poetica del
decadentismo, il preromanticismo italiano, Ariosto, Michelangelo scrittore,
Metastasio, Parini, Goldoni, Alfieri, Monti, Foscolo, Carducci, De Sanctis.
ALDO CAPITINI - Profilo biografico: Aldo Capitini è nato a Perugia nel 1899,
antifascista e perseguitato, docente universitario, infaticabile promotore di
iniziative per la nonviolenza e la pace. E' morto a Perugia nel 1968. È'
stato il più grande pensatore ed operatore della nonviolenza in Italia. Opere
di Aldo Capitini: la miglior antologia degli scritti è (a cura di Giovanni
Cacioppo e vari collaboratori), Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita,
Manduria 1977; recentemente è stato ripubblicato il saggio Le tecniche della
nonviolenza, Linea d'ombra, Milano 1989; una raccolta di scritti
autobiografici, Opposizione e liberazione, Linea d'ombra, Milano 1991; e gli
scritti sul Liberalsocialismo, Edizioni e/o, Roma 1996. Presso la redazione
di "Azione nonviolenta" sono disponibili e possono essere richiesti vari
volumi ed opuscoli di Capitini non più reperibili in libreria (tra cui i
fondamentali Elementi di un'esperienza religiosa, 1937, e Il potere di tutti,
1969). Opere su Aldo Capitini: oltre alle introduzioni alle singole sezioni
del sopra citato Il messaggio di Aldo Capitini, tra le pubblicazioni recenti
si veda: Giacomo Zanga, Aldo Capitini, Bresci, Torino 1988; Fabrizio Truini,
Aldo Capitini, ECP, S. Domenico di Fiesole 1989; Tiziana Pironi, La pedagogia
del nuovo di Aldo Capitini. Tra religione ed etica laica, Clueb, Bologna
1991. E' utile anche la lettura dei due libri seguenti: AA. VV., Marxismo e
nonviolenza, Lanterna, Genova 1977, e AA. VV., Nonviolenza e marxismo,
Libreria Feltrinelli, Milano 1981. Indirizzi utili: la rivista mensile del
Movimento Nonviolento è "Azione Nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona.
DANILO DOLCI - Profilo biografico: Danilo Dolci è nato a Sesana (Trieste) nel
1924, arrestato a Genova nel '43 dai nazifascisti riesce a fuggire; nel '50
partecipa all'esperienza di Nomadelfia a Fossoli; dal '52 si trasferisce
nella Sicilia occidentale (Trappeto, Partinico) in cui promuove
indimenticabili lotte nonviolente contro la mafia e il sottosviluppo, per i
diritti, il lavoro e la dignità. Subisce persecuzioni e processi. Sociologo,
educatore, è tra le figure di massimo rilievo della nonviolenza nel mondo. E'
scomparso sul finire del 1997. Opere di Danilo Dolci: una antologia degli
scritti di intervento e di analisi è Esperienze e riflessioni, Laterza, Bari
1974; tra i libri di poesia: Creatura di creature, Feltrinelli, Milano 1979;
tra i libri di riflessione più recenti: Dal trasmettere al comunicare, Sonda,
Torino 1988; La struttura maieutica e l'evolverci, La Nuova Italia, Firenze
1966. Opere su Danilo Dolci: Giuseppe Fontanelli, Dolci, La Nuova Italia,
Firenze 1984; Antonino Mangano, Danilo Dolci educatore, ECP, S. Domenico di
Fiesole 1992. Indirizzi utili: Centro Studi e Iniziative, largo Scalia 5,
90047 Partinico (PA).
MOHANDAS GANDHI - Profilo biografico: è il fondatore della nonviolenza. Nato
a Portbandar in India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in
Sud Africa, qui divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli
immigrati indiani ed elaborò le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 tornò in
India e divenne uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per
la liberazione dal colonialismo britannico. Guidò grandi lotte politiche e
sociali affinando sempre più la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando
precise proposte di organizzazione economica e sociale in direzione solidale
ed egualitaria. Fu assassinato nel 1948. Sono tanti i meriti ed è tale la
grandezza di quest'uomo che una volta di più occorre ricordare che non va
mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni
aspetti negativi -che pure vi sono- della sua figura, della sua riflessione,
della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un organizzatore, un
giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre che una natura
profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere contestualizzati
per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in continuo
sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo Storia
dei miei esperimenti con la verità. In italiano l'antologia migliore è Teoria
e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: Villaggio e autonomia,
LEF; l'autobiografia tradotta col titolo La mia vita per la libertà, Newton
Compton; Civiltà occidentale e rinascita dell'India, Movimento Nonviolento;
La cura della natura, LEF. Altri volumi sono stati pubblicati da Comunità: la
nota e discutibile raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da
Sellerio: Tempio di verità; da Newton Compton: Il mio credo, il mio pensiero,
e La voce della verità. Altri volumi ancora sono stati pubblicati dagli
stessi e da altri editori. I materiali della drammatica polemica tra Gandhi,
Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati pubblicati sotto il titolo
complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in "Micromega" n. 2 del 1991.
Opere su Gandhi: tra le biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma,
Mondadori; e il recente accurato lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il
Mulino. Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele;
Icilio Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi
di Gianni Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier
Cesare Bori); Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Una
importante testimonianza è quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro,
Paoline. Per la bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma
Gandhi; materiali esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna.
Altri libri utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto,
William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica
Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione è quella di Ernesto
Balducci, Gandhi, ECP.
GIULIO GIRARDI- Profilo biografico: nato al Cairo nel 1926, filosofo e
teologo della liberazione, durante il Concilio partecipò alla stesura dello
schema XIII; membro del Tribunale permanente dei popoli, particolarmente
impegnato nella solidarietà con i popoli dell'America Latina. Opere di Giulio
Girardi: presso la Cittadella sono usciti: Marxismo e cristianesimo, Credenti
e non credenti per un mondo nuovo, Cristianesimo, liberazione umana, lotta di
classe, Educare: per quale società?, Il capitalismo contro la speranza,
Cristiani per il socialismo: perché?; presso Borla sono usciti: Sandinismo,
marxismo, cristianesimo: la confluenza, (a cura di) Le rose non sono
borghesi, La tunica lacerata, Fede cristiana e materialismo storico, Dalla
dipendenza alla pratica della libertà, Il popolo prende la parola (con J. M.
Vigil), La Conquista dell'America, Gli esclusi costruiranno la nuova storia?,
Cuba dopo il crollo del comunismo; presso le Edizioni Associate: Rivoluzione
popolare e occupazione del tempio; presso le ECP: Il tempio condanna il
vangelo. Opere su Giulio Girardi: non conosciamo monografie in volume su
Giulio Girardi, ma la sua riflessione è da decenni un punto di riferimento
nell'ambito della teologia della liberazione e dei movimenti cristiani di
base.
JEAN-MARIE MULLER - Profilo biografico: è nato nel 1939 a Vesoul in Francia,
docente, ricercatore, è tra i più importanti studiosi del pacifismo e delle
alternative nonviolente, oltre che attivo militante nonviolento e fondatore
del MAN (Mouvement pour une Alternative Non-violente). Opere di Jean-Marie
Muller: Strategia della nonviolenza, Marsilio, Venezia 1975; Il vangelo della
nonviolenza, Lanterna, Genova 1977; Significato della nonviolenza, Movimento
Nonviolento, Torino 1980; Metodi e momenti dell'azione nonviolenta, Movimento
Nonviolento, Perugia 1981; Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza,
Edizioni Gruppo Abele, Torino 1994. Opere su Jean-Marie Muller: non
conosciamo monografie italiane su Muller, ovviamente di lui si parla nei
libri concernenti la nonviolenza. Si veda inoltre il volume del MAN
(Mouvement pour une Alternative Non-violente), Una nonviolenza politica,
Movimento Nonviolento, Perugia 1977.
GIULIANO PONTARA - Profilo biografico: nato a Cles (Trento) nel 1932, vive e
lavora in Svezia dal 1953, docente di filosofia all'Università di Stoccolma,
è impegnato nella peace research e nei movimenti nonviolenti. Opere di
Giuliano Pontara: Se il fine giustifichi i mezzi, Il Mulino, Bologna 1974; Il
satyagraha, Movimento Nonviolento, Perugia 1983; Filosofia pratica, Il
Saggiatore, Milano 1988; Antigone o Creonte. Etica e politica nell'era
atomica, Editori Riuniti, Roma 1990; Etica e generazioni future, Laterza,
Roma-Bari 1995; La personalità nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1996; Guerre, disobbedienza civile, nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1996; Breviario per un'etica quotdiana, Pratiche, Milano 1998. Ha
curato (premettendovi un importante saggio introduttivo) l'antologia di
scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino (nel
1996 ne è apparsa una nuova edizione in una collana economica). Opere su
Giuliano Pontara: non conosciamo monografie in volume su Pontara; si vedano
però i volumi che raccolgono gli atti di incontri e dibattiti cui anche
Pontara ha preso parte: AA. VV., Marxismo e nonviolenza, Lanterna, Genova
1977; AA. VV., Nonviolenza e marxismo, Libreria Feltrinelli, Varese 1981.
Indirizzi utili: "Azione Nonviolenta", via Spagna 8, 37123 Verona; Edizioni
Gruppo Abele, via Giolitti 21, 20123 Torino; UNIP, Università per la pace,
via Tartarotti 9, 38068 Rovereto (TN), tel. 0464/424288, fax 0464/424299,
e-mail: iupip@inf.unitn.it
GENE SHARP - Profilo biografico: è nato nell'Ohio (USA) nel 1928. Ha
insegnato in diverse università e dirige istituti e programmi di ricerca per
le alternative nonviolente nei conflitti e nella difesa. Opere di Gene Sharp:
Politica dell'azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1997;
quest'opera in tre volumi è un testo di riferimento fondamentale per chiunque
operi in situazioni di conflitto e intenda adottare le tecniche della
nonviolenza o promuovere la teoria-prassi nonviolenta. Di Sharp in italiano è
disponibile anche Verso un'Europa inconquistabile, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1989. Opere su Gene Sharp: non conosciamo monografie in volume; alla
sua opera principale fanno riferimento molti autori che si occupano di peace
research.
[Le schede che precedono sono tratte dalla serie di schede biobibliografiche
Uomini di pace, Viterbo 1999].
"Centro di ricerca per la pace"
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. e fax 0761/353532
Viterbo, 19 giugno 1999