Chi si ricorda dei Kurdi?


Fonte: il manifesto 27-05-99

AFFARI TURCHI LORIS CAMPETTI 

S abato ad Ankara si festeggia: finalmente dalle basi turche della
Nato partiranno i bombardieri diretti su Pristina e Belgrado.
Direttamente fino a un certo punto, visto che la Grecia ha chiuso i
suoi spazi aerei e i castigatori umanitari con la mezza luna sull'ala
dovranno fare un lungo giro prima di arrivare sui bersagli. Un grande
paese come la Turchia non poteva limitarsi a bombardare con i suoi
aerei ospitati nelle basi italiane, doveva agire in proprio. Lunedì,
forse, i festeggiamenti del regime turco si ripeteranno: salvo rinvii
dell'ultima ora, inizierà il processo al "terrorista Ocalan", che
l'accusa e una parte dell'opinione pubblica hanno già condannato a
morte.

I due fatti si tengono. I bombardieri partono dalle stesse basi
disseminate in tutta la Turchia per colpire ora il nemico interno - i
kurdi - ora quello esterno - i serbi per scelta e i kosovari per
effetti collaterali. Qualcuno obietta che l'ingerenza umanitaria dei
paesi democratici è a senso unico: perché la pulizia etnica dei serbi
contro gli albanesi del Kosovo viene bombardata, mentre quella dei
turchi contro i kurdi è benedetta? Che stupidaggine, perché la Turchia
è un paese Nato, e dunque democratico: è dei nostri. Oltre tutto, la
Turchia è un ottimo acquirente di armi americane, tedesche, francesi,
italiane. Con i tempi che corrono, bisogna pur difendere il mercato,
la produzione, l'occupazione.

I giornalisti italiani non potranno sbarcare nell'isola-prigione di
Imrali e dunque non potranno guardare in faccia Ocalan rinchiuso in
una scatola di vetro insonorizzata: il governo turco non ci vuole. E
dire che abbiamo fatto ben poco per evitare che Apo finisse
all'inferno. Ma ai turchi non basta, il solo richiamo ai diritti umani
o contro la pena di morte di autorevoli esponenti del nostro paese
indigna Ankara, che come sempre minaccia e fa ritorsioni. Ma siccome
con Ankara facciamo un sacco di affari, le proteste del governo
italiano si fanno sempre più flebili. Subalterni agli Usa, si può
anche capire. Ma alla Turchia?

Forse Ocalan sarà condannato alla pena capitale, con la benedizione di
Clark e di Clinton che ad ammazzare i reprobi in guerra e in pace sono
abituati, e con il fastidio disapprovante di D'Alema e magari di
Fassino, che comunque diranno: noi abbiamo fatto tutto il possibile
per evitare tale esito. Non è vero, l'eventuale assassisinio di un
uomo che cercava di chiudere una stagione di guerra e a cui non
abbiamo concesso neppure l'asilo, non potrebbe non turbare i sonni di
tanti.

La Turchia sta vincendo la sua guerra interna contro i kurdi nel
silenzio mondiale. E in più, sta rimettendo le mani e i piedi nei
Balcani. E noi la stiamo aiutando. 

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Fonte: La Repubblica 27-05-99

Turchia, nuovo schiaffo a Roma 

Processo a Ocalan vietato ai giornalisti italiani 
"Quei media non sono rappresentativi". E in Italia la Stampa estera
ammette il corrispondente turco contestato 

di MARCO ANSALDO 


ROMA - A cinque giorni dall'apertura del processo ad Abdullah Ocalan
la Turchia nega l'accesso a tutti i giornalisti italiani per assistere
al dibattimento, e la tensione fra Roma e Ankara torna a salire. La
Corte per la sicurezza dello Stato ha infatti reso note le testate che
saranno ammesse nell'isola di Imrali, dove il leader curdo è
imprigionato, escludendo palesemente dall'elenco gli inviati italiani.
"È una punizione nei vostri confronti dopo il caso Ocalan", ammettono
i giornalisti turchi. "Una decisione inaccettabile", replica la
Federazione della stampa italiana, mentre la Farnesina annuncia un
passo e il segretario generale Umberto Vattani ha protestato con l'
ambasciatore turco in Italia, Necati Utkan. Ad Ankara il
rappresentante diplomatico italiano Massimiliano Bandini ha avuto
discussioni piuttosto animate con il ministero degli Esteri turco.
Le autorità di Ankara sostengono che il criterio di selezione usato
riguardava la "circolazione" e "l' efficacia" delle testate, tra cui
figurano quotidiani, televisioni e agenzie di stampa della maggior
parte dei paesi europei e internazionali. Ma nella lista sono presenti
media che paragonati a quelli italiani non possono oggettivamente
rientrare fra i criteri citati.
La vicenda ha però un risvolto a monte, che risiede in quella che
alcuni osservatori ad Ankara concordano nel giudicare una ritorsione
per l'atteggiamento dell'Italia nel caso Ocalan, a cui si è anche
sommata la richiesta del Consiglio della stampa turca di rappresaglie
contro l'Ansa e gli inviati italiani per il ritardato accreditamento
del corrispondente dell'agenzia ufficiale Anadolu alla Stampa estera a
Roma. 
Nei mesi scorsi l'Associazione stampa estera, nella persona dell'
allora presidente Erich Kusch venne minacciata dal consigliere dell'
ambasciata turca in Italia, Sadik Toprak, con l'avvertimento che il
nuovo corrispondente avrebbe dovuto essere ammesso al suo interno.
Kusch aveva subito avvisato la Farnesina, che a sua volta si era
energicamente mossa nei confronti dell'ambasciatore Utkan facendo
presente che il giornalista era già stato accreditato al ministero,
poteva lavorare liberamente, e che la Stampa estera è un'associazione
privata. Non contento, tuttavia, lo stesso corrispondente, Senhan
Bollelli, si rivolgeva a un'impiegata della Stampa estera con la
frase: "Se voi non mi fate entrare, cacceremo l'Ansa da Ankara".
Detto fatto. Puntualmente, la scorsa settimana, giungeva la richiesta
del Consiglio della stampa turca, operata attraverso il quotidiano
nazional-popolare Hurriyet, di avviare la rappresaglia nei confronti
dei giornalisti italiani. Martedì l'ultimo atto, con la decisione di
escludere gli inviati dal processo.
Lo stesso giorno, con un tempismo singolarmente infelice, la Stampa
estera, sotto la guida del nuovo presidente Marcelle Padovani, ha
ceduto ammettendo tra le sue file Bollelli. Il Consiglio della stampa
turca esulta per la decisione del governo di escludere tutti i
giornalisti italiani dal processo, che si apre lunedì. Ma molti
malumori si colgono intanto fra i giornalisti stranieri in Italia, che
solo tardivamente si sono accorti del passo falso compiuto. Eric
Jozsef, corrispondente di Liberation, ha scritto ieri una dura lettera
al Consiglio direttivo della Stampa estera in cui esprime il
"rammarico per il fatto che i soci sono stati tenuti all'oscuro per
tanto tempo da tutta la vicenda, con il risultato di far soggiacere
l'Associazione ai ricatti dell'organismo di stampa turco". La
richiesta, appoggiata da una nutrita pattuglia di corrispondenti
esteri, è di far rientrare - come prevede lo statuto, entro 15 giorni
- l'ammissione di Bollelli. 
In Turchia si preparano intanto imponenti misure di sicurezza in vista
del dibattimento. Blindatissima l'aula di Imrali: Ocalan sarà protetto
da cristalli resistenti ai proiettili e alle granate. Ma ieri il
premier Ecevit ha parlato di un possibile rinvio del processo in
attesa di una riforma dei tribunali speciali.