Nei giorni 9 e 10 Dicembre sono stato (con altre 220 persone provenienti da tutta Italia) a Pristina per partecipare alla lodevole iniziativa "I CARE", organizzata da "Pax Christi", "Beati i Costruttori di Pace" e dalla Associazione "Papa Giovanni XXIII" in concomitanza con i 50 anni dalla dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. L'iniziativa si proponeva di chiedere il rispetto dei diritti umani in Kosovo senza prendere posizione per una delle due parti in causa, e a tal fine si sono organizzati diversi incontri con esponenti politici serbi, esponenti del parlamento albanese, istituzioni parallele albanesi, istituzioni pubbliche jugoslave, associazioni di volotariato locali e quotidiani in lingua serba e albanese. Unica e significativa assenza la terza forza in campo nel conflitto kosovaro, ovvero l'opposizione albanese al presidente Rugova. "Radovan Karadzic", "Remember this is Serbia", "UCK is just a dream", se non fosse per queste scritte Pristina sembrerebbe una normale citta'' dell'Est europeo tranquilla e ordinata (anche grazie alla discreta ma ben evidente presenza di centinaia di poliziotti in borghese), ma dobbiamo ricordare anche un'altra cosa: tutti i nostri interlocutori ci hanno fatto presente che a marzo riprendera' la guerra.Martedi' pomeriggio c'e' stato l'incontro con Fehmi Agani capo della delegazione kosovara (che non include i partiti che hanno boicottato le recenti elezioni e il portavoce dell'UCK Adem Demaqi) per i negoziati con la Federazione di Jugoslavia ed esponente di primo piano dell'LDK. Questi ci ha illustrato la composizione, lo scopo e come e' stata istituita la commissione da lui presieduta. Ha aggiunto che la linea politica dell'attuale parlamento kosovaro e' tesa all'immediata indipendenza, ma all'interno della Federazione Jugoslava e per un periodo ad interim al cui termine i kosovari dovranno decidere con un referendum se continuare a stare all'interno della federazione o meno. Alla domanda su quale sara' la condizione dei serbi all'interno di un eventuale Kosovo indipendente ha risposto: "Noi vediamo il futuro del Kosovo non solo come popolo albanese, certo di solito tutti gli stati dichiarano cio' e poi vengono meno, ma noi siamo disposti a garantire questo accordo costituzionalmente". Infine ho avuto modo di chiedergli un commento alle dichiarazioni dell'ambasciatore USA alla NATO Vershbow , che ha dichiarato che Washington non appoggia l'indipendenza del Kosovo perche' si creerebbe una pericolosa destabilizzazione in tutti i Balcani. La risposta e' stata franca: "Purtroppo e' vero, questa e' la posizione degli USA; ma la Macedonia ha 2.000.000 di abitanti, il Montenegro ne ha 600.000 e sono due stati indipendenti, perche' cio' che vale per loro deve essere negato al Kosovo ?". Durante la stessa giornata particolarmente interessante e' stata la visita, fortemente osteggiata dalla polizia, ad un gruppo di profughi serbi della Krajina (ce ne sono circa 16.000 in tutto il Kosovo) che da circa tre anni risiedono, in condizioni drammatiche di prostrazione e abbandono, all'interno del centro pulifunzionale "Boro i Ramiz", in attesa di ricevere un alloggio che si possa definire tale. Questi, nonostante la presenza di numerosi poliziotti in borghese che ci seguivano passo passo, ci hanno detto di non avere nulla contro l'etnia albanese e che anzi la responsabilita' della situazione attuale e' da attribuire al governo di Belgrado, che tra le altre cose non tutela neanche i cittadini serbi dai soprusi dei loro connazionali che godono di libero arbitrio ed ogni privilegio nella societa' kosovara. Ci sono stati anche incontri con esponenti delle comunita' ortodossa, musulmana e cattolica. Un docente della scuola islamica della capitale kosovara ha affermato che esistono ottimi rapporti con i rappresentanti della chiesa cattolica; che l'UCK e' uno strumento di autodifesa degli albanesi e che per risolvere il conflitto si deve giungere all'indipendenza del Kosovo, in cui dovranno convivere pacificamente e con pari diritti serbi ed albanesi. Il presidente della Associazione Madre Teresa (che compie un notevole lavoro nel settore assistenziale-sanitario) ci ha raccontato un episodio di sudafricana memoria: Spesso la polizia blocca un autobus di linea, intima ai cristiani di scendere e picchia brutalmente i musulmani rimasti a bordo. Ben diverso e' stato l'atteggiamento del rappresentante della chiesa ortodossa serba (che gia' nel 1994 si era espressa a favore della pulizia etnica per risolvere la "questione" kosovo). L'arcivescovo ortodosso di Pristina ha affermato che gli albanesi "sono tutti ladri e selvaggi" adducendo discutibili argomentazioni storico-antropologiche, poi ha ribadito che il Kosovo e' parte integrante della Serbia e che la convivenza con gli albanesi e' impossibile; non appena gli sono state poste delle domande si e' allontanato dicendo che aveva un impegno. Le esperienze piu' belle, interessanti e coinvolgenti emotivamente sono state quelle nelle scuole, che costituiscono il nerbo delle istituzioni parallele create dagli albanesi, totalmente autogestite ed autofinanziate anche grazie al contributo dei tanti immigrati kosovari all'estero. Dardania e' una scuola primaria dalla storia significativa: quattro anni fa al ritorno dalle vacanze estive i ragazzi hanno trovato un muro eretto dalle autorita' serbe per dividere gli studenti delle due etnie. Oggi i 2300 studenti albanesi sono costretti a fare quattro turni al giorno, in classi di oltre trenta alunni, con sedie e banchi donati dagli istituti di Tirana (!). La scuola superiore successivamente visitata e' in verita' una casa privata. Durante la chiacchierata con i ragazzi e' emerso che la loro forte volonta' di proseguire gli studi, nonostante le oggettive difficolta' (ad esempio il diploma non e' riconosciuto legalmente), e' anche motivata dalla volonta' di rispondere a quei serbi che li definiscono stupidi ed ignoranti. Alla fine dell'incontro chiediamo ai ragazzi cosa possiamo fare per aiutarli, la risposta e' decisa:1- Impegnarci per il riconoscimento dell' indipendenza del Kosovo.2- Pubblicizzare in Italia la loro situazione scolastica. Infine, all'universita' albanese gli studenti ci si gettavano letteralmente addosso per parlare e farci comprendere le ragioni per cui vogliono l'indipendenza. Molti di questi ragazzi vengono da dei villaggi ed hanno vicende umane tristemente simili: angherie quotidiane; case distrutte dall'esercito per il solo "crimine" di essere albanesi e infine gli studi a Pristina, possibili solo grazie alla solidarieta' di parenti o del Sindacato Indipendente degli Studenti. Per molti di loro l'UCK e' un autentico mito e diversi si sono detti pronti ad arruolarsi nelle sue fila questa estate quando, ne sono certi, riprenderanno le ostilita'. Sostanzialmente in tutte le visite da noi effettuate, durante i due giorni di permanenza, si e' verificato il medesimo schema: da una parte i serbi erano infastiditi dalla nostra presenza vissuta come ingerenza in questioni interne, e dall' altra gli albanesi felicissimi di incontrarci e desiderosi di illustrarci le ragioni della loro lotta. Il pacifismo italiano ha giustamente preso atto (cosa che colpevolmente ancora non e' stata fatta da ampi settori della sinistra) dell'oppressione vissuta dagli albanesi del Kosovo, ma si ostinano ad esortarli ad una lotta unicamente pacifica e nonviolenta. Come ha detto qualcuno "...se un uomo parla il linguaggio della forza bruta, non potete presentarvi da lui in pace. Altrimenti, buona notte: vi spezzera' in due..."; questo non significa essere violenti o incitare alla violenza e neanche mitizzare un movimento armato di cui si hanno notizie frammentarie e spesso contraddittorie. E' chiaro che le questioni di natura politica vanno risolti politicamente, ma e' criminale condannare o peggio negare ad un popolo oppresso il diritto all'autodifesa. Non e' un caso che molti kosovari rimproverano al loro presidente il fatto di non aver costituito strumenti atti all'autodifesa parallelamente all'attuazione della disobbedienza civile ed e' proprio da questa lacuna che nasce l'UCK. La politica attuata da Rugova ha sicuramente evitato per 10 anni lutti al suo popolo e ha creato una mirabile societa' parallela ma si e' rivelata fallimentare (anche grazie ai paesi come l'Italia, che a parole condannano il governo di Belgrado ma poi trovano conveniente farci affari) sul lungo periodo, difatti non solo non ha portato all'indipendenza ma in piu' non e' riuscita neanche ad impedire l'instaurazione di una apartheid applicata scientificamente.