PRIMA DELLA GUERRA: DIARIO DAL KOSSOVO


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Pristina, 10 dicembre 1998

Una testimonianza dal Kosovo di Davide Volante


Nei giorni 9 e 10 Dicembre sono stato (con altre 220 persone
provenienti da tutta Italia) a Pristina per partecipare alla lodevole
iniziativa "I CARE", organizzata da "Pax Christi", "Beati i
Costruttori di Pace" e dalla Associazione "Papa Giovanni XXIII" in
concomitanza con i 50 anni dalla dichiarazione universale dei diritti
dell'uomo. L'iniziativa si proponeva di chiedere il rispetto dei
diritti umani in Kosovo senza prendere posizione per una delle due
parti in causa, e a tal fine si sono organizzati diversi incontri con
esponenti politici serbi, esponenti del parlamento albanese,
istituzioni parallele albanesi, istituzioni pubbliche jugoslave,
associazioni di volotariato locali e quotidiani in lingua serba e
albanese. Unica e significativa assenza la terza forza in campo nel
conflitto kosovaro, ovvero l'opposizione albanese al presidente
Rugova.

"Radovan Karadzic", "Remember this is Serbia", "UCK is just a dream",
se non fosse per queste scritte Pristina sembrerebbe una normale
citta'' dell'Est europeo tranquilla e ordinata (anche grazie alla
discreta ma ben evidente presenza di centinaia di poliziotti in
borghese), ma dobbiamo ricordare anche un'altra cosa: tutti i nostri
interlocutori ci hanno fatto presente che a marzo riprendera' la
guerra.Martedi' pomeriggio c'e' stato l'incontro con Fehmi Agani capo
della delegazione kosovara (che non include i partiti che hanno
boicottato le recenti elezioni e il portavoce dell'UCK Adem Demaqi)
per i negoziati con la Federazione di Jugoslavia ed esponente di primo
piano dell'LDK. Questi ci ha illustrato la composizione, lo scopo e
come e' stata istituita la commissione da lui presieduta. Ha aggiunto
che la linea politica dell'attuale parlamento kosovaro e' tesa
all'immediata indipendenza, ma all'interno della Federazione Jugoslava
e per un periodo ad interim al cui termine i kosovari dovranno
decidere con un referendum se continuare a stare all'interno della
federazione o meno. Alla domanda su quale sara' la condizione dei
serbi all'interno di un eventuale Kosovo indipendente ha risposto:
"Noi vediamo il futuro del Kosovo non solo come popolo albanese, certo
di solito tutti gli stati dichiarano cio' e poi vengono meno, ma noi
siamo disposti a garantire questo accordo costituzionalmente". Infine
ho avuto modo di chiedergli un commento alle dichiarazioni
dell'ambasciatore USA alla NATO Vershbow , che ha dichiarato che
Washington non appoggia l'indipendenza del Kosovo perche' si creerebbe
una pericolosa destabilizzazione in tutti i Balcani. La risposta e'
stata franca: "Purtroppo e' vero, questa e' la posizione degli USA; ma
la Macedonia ha 2.000.000 di abitanti, il Montenegro ne ha 600.000 e
sono due stati indipendenti, perche' cio' che vale per loro deve
essere negato al Kosovo ?". Durante la stessa giornata particolarmente
interessante e' stata la visita, fortemente osteggiata dalla polizia,
ad un gruppo di profughi serbi della Krajina (ce ne sono circa 16.000
in tutto il Kosovo) che da circa tre anni risiedono, in condizioni
drammatiche di prostrazione e abbandono, all'interno del centro
pulifunzionale "Boro i Ramiz", in attesa di ricevere un alloggio che
si possa definire tale. Questi, nonostante la presenza di numerosi
poliziotti in borghese che ci seguivano passo passo, ci hanno detto di
non avere nulla contro l'etnia albanese e che anzi la responsabilita'
della situazione attuale e' da attribuire al governo di Belgrado, che
tra le altre cose non tutela neanche i cittadini serbi dai soprusi dei
loro connazionali che godono di libero arbitrio ed ogni privilegio
nella societa' kosovara.

Ci sono stati anche incontri con esponenti delle comunita' ortodossa,
musulmana e cattolica. Un docente della scuola islamica della capitale
kosovara ha affermato che esistono ottimi rapporti con i
rappresentanti della chiesa cattolica; che l'UCK e' uno strumento di
autodifesa degli albanesi e che per risolvere il conflitto si deve
giungere all'indipendenza del Kosovo, in cui dovranno convivere
pacificamente e con pari diritti serbi ed albanesi. Il presidente
della Associazione Madre Teresa (che compie un notevole lavoro nel
settore assistenziale-sanitario) ci ha raccontato un episodio di
sudafricana memoria: Spesso la polizia blocca un autobus di linea,
intima ai cristiani di scendere e picchia brutalmente i musulmani
rimasti a bordo.

Ben diverso e' stato l'atteggiamento del rappresentante della chiesa
ortodossa serba (che gia' nel 1994 si era espressa a favore della
pulizia etnica per risolvere la "questione" kosovo). L'arcivescovo
ortodosso di Pristina ha affermato che gli albanesi "sono tutti ladri
e selvaggi" adducendo discutibili argomentazioni
storico-antropologiche, poi ha ribadito che il Kosovo e' parte
integrante della Serbia e che la convivenza con gli albanesi e'
impossibile; non appena gli sono state poste delle domande si e'
allontanato dicendo che aveva un impegno. Le esperienze piu' belle,
interessanti e coinvolgenti emotivamente sono state quelle nelle
scuole, che costituiscono il nerbo delle istituzioni parallele create
dagli albanesi, totalmente autogestite ed autofinanziate anche grazie
al contributo dei tanti immigrati kosovari all'estero. Dardania e' una
scuola primaria dalla storia significativa: quattro anni fa al ritorno
dalle vacanze estive i ragazzi hanno trovato un muro eretto dalle
autorita' serbe per dividere gli studenti delle due etnie. Oggi i 2300
studenti albanesi sono costretti a fare quattro turni al giorno, in
classi di oltre trenta alunni, con sedie e banchi donati dagli
istituti di Tirana (!).

La scuola superiore successivamente visitata e' in verita' una casa
privata. Durante la chiacchierata con i ragazzi e' emerso che la loro
forte volonta' di proseguire gli studi, nonostante le oggettive
difficolta' (ad esempio il diploma non e' riconosciuto legalmente), e'
anche motivata dalla volonta' di rispondere a quei serbi che li
definiscono stupidi ed ignoranti. Alla fine dell'incontro chiediamo ai
ragazzi cosa possiamo fare per aiutarli, la risposta e' decisa:1-
Impegnarci per il riconoscimento dell' indipendenza del Kosovo.2-
Pubblicizzare in Italia la loro situazione scolastica.

Infine, all'universita' albanese gli studenti ci si gettavano
letteralmente addosso per parlare e farci comprendere le ragioni per
cui vogliono l'indipendenza. Molti di questi ragazzi vengono da dei
villaggi ed hanno vicende umane tristemente simili: angherie
quotidiane; case distrutte dall'esercito per il solo "crimine" di
essere albanesi e infine gli studi a Pristina, possibili solo grazie
alla solidarieta' di parenti o del Sindacato Indipendente degli
Studenti. Per molti di loro l'UCK e' un autentico mito e diversi si
sono detti pronti ad arruolarsi nelle sue fila questa estate quando,
ne sono certi, riprenderanno le ostilita'.

Sostanzialmente in tutte le visite da noi effettuate, durante i due
giorni di permanenza, si e' verificato il medesimo schema: da una
parte i serbi erano infastiditi dalla nostra presenza vissuta come
ingerenza in questioni interne, e dall' altra gli albanesi felicissimi
di incontrarci e desiderosi di illustrarci le ragioni della loro
lotta. Il pacifismo italiano ha giustamente preso atto (cosa che
colpevolmente ancora non e' stata fatta da ampi settori della
sinistra) dell'oppressione vissuta dagli albanesi del Kosovo, ma si
ostinano ad esortarli ad una lotta unicamente pacifica e nonviolenta.
Come ha detto qualcuno "...se un uomo parla il linguaggio della forza
bruta, non potete presentarvi da lui in pace. Altrimenti, buona notte:
vi spezzera' in due..."; questo non significa essere violenti o
incitare alla violenza e neanche mitizzare un movimento armato di cui
si hanno notizie frammentarie e spesso contraddittorie. E' chiaro che
le questioni di natura politica vanno risolti politicamente, ma e'
criminale condannare o peggio negare ad un popolo oppresso il diritto
all'autodifesa. Non e' un caso che molti kosovari rimproverano al loro
presidente il fatto di non aver costituito strumenti atti
all'autodifesa parallelamente all'attuazione della disobbedienza
civile ed e' proprio da questa lacuna che nasce l'UCK. La politica
attuata da Rugova ha sicuramente evitato per 10 anni lutti al suo
popolo e ha creato una mirabile societa' parallela ma si e' rivelata
fallimentare (anche grazie ai paesi come l'Italia, che a parole
condannano il governo di Belgrado ma poi trovano conveniente farci
affari) sul lungo periodo, difatti non solo non ha portato
all'indipendenza ma in piu' non e' riuscita neanche ad impedire
l'instaurazione di una apartheid applicata scientificamente.