Lunedi' 17 e Martedi' 18 Agosto 1998 i volontari della Associazione Papa Giovanni XXIII hanno preso contatto con le realta' dei rifugiati provenienti dalle aree di conflitto ed hanno partecipato ad un convoglio umanitario nella zona di guerra. Le citta' di Pristina, Mitrovica, Prizren, Peja continuano a raccogliere migliaia di sfollati, costretti a vivere fino a 20 in una sola stanza in condizioni igeniche e sanitarie precarie. Spesso le case mancano delle essenziali strutture e le famiglie ospitanti sono esse stesse in difficolta'. Nelle citta' comincia a presentarsi il problema di dare all'infanzia rifugiata la possibilita' di frequentare le scuole albanesi clandestine/parallele, gia' in gravi condizioni di emergenza. Emerge il dramma di una infanzia sradicata e traumatizzata. In base ai dati del Centro Madre Teresa, fondazione umanitaria locale aperta a tutti i bisognosi, i profughi sono ormai oltre 300.000 nel solo territorio del Kossovo. Nelle zone di guerra i convogli umanitari sono essenziali ma ancora insufficenti. Inoltre la loro mobilita' e l'accesso alle vittime sono ostacolati dalle forze paramilitari e militari serbe. Gli sfollati continuano a vagare tra boschi e villaggi, rendendo difficile la loro individuazione da parte degli organismi umanitari, numericamente ancora inadeguati ma molto attivi. Le famiglie ed i bambini sfollati vivono in condizioni disperate, manca il cibo per i piu' piccoli in evidente stato di malnutrizione. Le donne incinte, in assenza di medici, muoiono o abortiscono per gli stenti. I bambini in stato di shock e muti per la paura sono molti. L'autunno e l'inverno incombenti, potrebbero fare strage e le organizzazioni locali ed internazionali manifestano forte preoccupazione. La gente vorrebbe tornare ai villaggi. Non vogliono vivere da sfollati, ma chi e' tornato ha subito violenze da parte delle milizie e della polizia. I villaggi sono in larga parte bruciati, distrutti e saccheggiati. Manca ogni sicurezza e garanzia. Ci hanno chiesto aiuto per ricostruire ma soprattutto per accompagnare il loro ritorno, come garanti della loro incolumita'. Alla societa' civile nazionale ed internazionale giriamo questa domanda. Anche al Santo Padre Giovanni Paolo II si sono levate voci di supplica e richiesta di aiuto. Continuiamo il nostro cammino per capire come aiutare il difficile cammino della pace della salvaguardia della vita umana. Ribadiamo che l'azione umanitaria non puo' sostituirsi alla necessita' di dialogo ed ad una presa di responsabilita' da parte dei paesi europei e dell'Italia in primo luogo. Una responsabilita' politica pesante anche per i forti interessi economici che hanno in questa area. Quanto interessa la vita della gente del Kossovo? Dov'e' la cultura europea dei diritti umani e della liberta'? Samuele, Daniele, Eva, Rita