Parte il 19 Giugno la seconda missione dell' Operazione Colomba in Kossovo, dove il conflitto tra le forze speciali della polizia serba e "l'esercito di liberazione del Kossovo" (UCK) , formato da indipendentisti albanesi, sta infuriando gia' da diverse settimane in un crescendo continuo di morti e distruzione. Alberto Capannini, Alberto Salvadori, Gianpiero Cofano e Andrea Pagliarani partiranno per Pristina, dove incontreranno alcuni esponenti della Chiese e vari organismi presenti in Kossovo. La Comunita' internazionale si sta muovendo per cercare di porre fine alla violenza, ma come sempre lo fa con notevole ritardo (gia' da anni si prevedeva l'esplosione del conflitto), e l'unica soluzione proposta e' quella dell' intervento armato. Non e' escluso che una massiccia azione militare della NATO possa in qualche modo "convincere" Milosevic ad intraprendere la via del dialogo con gli albanesi in maniera seria e porre fine alla repressione, anche se la Serbia ha pero' dichiarato l'intenzione di difendersi da qualsiasi aggressione ai propri confini. Non e' quindi neppure esclusa l'eventualita' di un inasprirsi della situazione, sia all'interno della Serbia, sia della stessa con il resto del mondo. Gli sforzi diplomatici fatti da America ed Europa sono stati tardivi e poco incisivi, fino all'ultimo numerosi stati -tra cui l'Italia- hanno cercato di difendere i propri interessi (economici) legati agli accordi con la Federazione Jugoslava. Rimane cosi' la sfiducia in questo genere di politica internazionale, che non sembra interessata ad agire tempestivamente per alleviare le sofferenze di intere popolazioni, quanto al mantenimento del proprio prestigio e dei propri privilegi, e che non esita a sfoderare l'imponente macchina da guerra quando questi vengono toccati. Queste azioni di forza portano poi a trattati di pace, come in Bosnia, con scarsa adesione della popolazione e molto simili a tregue provvisorie. In questo viaggio cercheremo di venire a conoscenza delle realta' piu' povere e piu' colpite dal conflitto, e verificare la possibilita' di andare a vivere assieme alla gente. Questo per non imporre soluzioni dall'alto e da chi non vive direttamente il conflitto, ma pensare ad una soluzione partendo dalla condivisione e dalla sofferenza degli ultimi.