Continuano ad essere migliaia le persone che in Kosovo hanno perso la casa e sono costrette a vivere in mezzo ai boschi ed al fango per paura della polizia : la loro situazione e' disastrosa, anche a causa delle piogge e del freddo che avanza, gia' ci sono casi di bambini che muoiono di freddo e malattie. Un gruppo di volontari della Operazione Colomba, il corpo civile di pace dell’Associazione Papa Giovanni XXIII° presenti in Kosovo da alcuni mesi riferisce che, a fonte della speranza di tutti di rientrare a casa, le poche famiglie che hanno provato a ritornare nelle proprie case sono state minacciate o picchiate, i giornali locali in lingua albanese riferiscono la notizia, documentata anche con fotografie, che una famiglia composta dalla madre e da tre figli stata sterminata ed il figlio di due anni ucciso con un colpo di pistola in bocca. Nella zona di Komorane, a Kishnareka a circa 30 km a Sud Ovest di Pristina, sono 3000 le persone che vivono ammassate nei boschi con la sola protezione di teloni di nylon: la maggior parte delle famiglie passa tutto il giorno in mezzo al fango, ai topi ed al freddo intensissimo. Si aggiunge alla paura della polizia anche il rischio concreto della neve e della morte per assideramento. I bambini, visibilmente segnati dal freddo di interminabili notti all’aperto, vengono avvolti nelle poche coperte disponibili, gli adulti aspettano senza scarpe e cappotti una speranza di ritornare a case che tarda da piu' di sei mesi. L’ultima ondata di profughi risale ad una settimana fa, proveniente da Trpeza, nei pressi di Malishevo. L’esercito serbo, riferiscono i volontari, si sta muovendo, alcuni carri armati lasciano il Kosovo, altri mezzi, tra cui un trasporto di missili contraerei, si dirige nelle zone in conflitto e la gente riferisce con certezza di udire continui spari notturni ed e' convinta che ci siano postazioni militari nascoste nei boschi. Ma e' importante che anche le armi leggere lascino il paese, visto che in tutti i villaggi sono presenti poliziotti armati che continuano a minacciare la popolazione. Gia' da questi giorni i volontari dell’Operazione Colomba vivono nella "naylopoli" in mezzo ai boschi di Komorane: lo ha chiesto loro la gente che si sente minacciata e che trova nella presenza di persone pronte a condividere la loro situazione una forte speranza : non sono soli di fonte al freddo, alla possibilita' di morire congelati, di subire attacchi. Ma non basta, occorre che l’attenzione internazionale, al di la' degli accordi tra i governi di Stati Uniti e Serbia, mantenga gli occhi ed il cuore puntati sulla gente del Kosovo: continuiamo a raccogliere disponibilita' di ogni genere per l’intervento civile in zona di conflitto a fianco dei profughi e continua la preparazione e l’organizzazione della Marcia internazionale di pace che raggiungera' Pristina il 10 dicembre.