PRIMA DELLA GUERRA: DIARIO DAL KOSSOVO


<<< Torna al sommario

3 Luglio 1998




Noi speriamo nella guerra. - ci dice Baskim, nostro amico di Pristina.
Da quando ci ha conosciuto siamo "obbligati" a mangiare nella sua
trattoria : quando un albanese ti fa un regalo, non si puo' rifiutare.
Quando gli chiediamo chi sono i guerriglieri dell' UCK, l' esercito di
liberazione del Kossovo, ride e indica gli altri avventori: tutti
siamo l' UCK, tutti siamo pronti ad arruolarci .

Questa e' l'aria che si respira a Pristina , citta' principale del
Kossovo, provincia della Serbia, a maggioranza albanese; dal febbraio
scorso l'esercito federale jugoslavo ha attaccato alcuni villaggi al
confine con l'Albania, massacrando la popolazione civile accusandoli
di essere terroristi, da allora l' UCK, l' esercito di liberazione del
Kossovo, e' uscito allo scoperto, arruolando volontari tra tutti
coloro, e sono molti, che credono che non si possa piu' vivere sotto i
serbi. Oggi il paese, grande come una regione italiana, e' in guerra.

Con l'Operazione Colomba siamo qui, a Pristina per non lasciare da
sole queste persone e per vedere se dalla condivisione puo' nascete
una strada inaspettata di pace.

Viviamo in una famiglia albanese, ospiti insieme ad una decina di
studenti : tutte le sere, insieme a loro e a qualche centinaio di
giovani della citta', ci ritroviamo nel parco in cima alla collina di
Dragodan, sembra di partecipare ad un concerto, ma non c'e' musica ,
c'e' il desiderio di ritrovarsi per questo che e' il popolo piu'
giovane d'Europa, i ragazzi giocano, scherzano, cantano, con la guerra
vicina. Da questa collina si vedono le zone gia' in mano all'UCK,
comprese le centrali elettriche che forniscono energia a tutta la
Serbia ed a Belgrado.

Fino al 1990 il Kossovo aveva una sua autonomia, all'interno della
federazione: con l'avvento al potere di Milosevic il processo di
"serbizzazione" e' stato violentissimo, licenziati tutti gli albanesi,
chiuse tutte le scuole in lingua albanese, intimidazioni e violenze
sui civili per convincerli ad andarsene; dopo la guerra in Bosnia e
Croazia Belgrado ha completato l'opera obbligando i profughi serbi a
stabilirsi qui : cosi' si preparano le guerre, pare che la chiamino
"ingegneria etnica".

In questi 8 anni, ci racconta Femi Agani, numero due del principale
partito (clandestino) albanese, noi abbiamo creato una societa'
parallela, scuole in albanese nei garage e nei sottoscala, elezioni e
partiti clandestini ed una strategia che ha fatto del dialogo e della
riconciliazione un obiettivo. Almeno fino ad oggi.

Otto anni di dialogo non hanno portato a niente- sostiene Eroina, 16
anni- forse e' una idea sua, forse l'ha sentito dalla agguerritissima
televisione satellitare del Kossovo: due ore di trasmissione al
giorno, tutta la citta', o meglio la parte albanese, si ferma dalle 18
alle 20 ed accende la TV : reportage dal fronte, canti patriottici,
poesie e filmati sulla storia degli albanesi del Kossovo. Eroina

In citta' vivono anche alcune migliaia di profughi serbi scappati
dalla Croazia : ci raccontano che al momento della fuga il governo di
Belgrado ha chiesto loro di scegliere tra combattere in Bosnia o
finire profughi in Kossovo, ora vivono qui da due anni nelle baracche
e lavorano nelle miniere di carbone al posto degli albanesi
licenziati. Tutti ci chiedono che cosa pensa "il mondo" di loro: non
pensa niente, neanche sa che esistete..

Abbiamo incontrato il vescovo cattolico e quello ortodosso, chiedendo
loro quale fosse l'impegno delle loro chiese rispetto al conflitto:
entrambi sono concordi sul fatto che si puo' solo aspettare che la
guerra finisca, abitano a 200 metri l'uno dall'altro, ma non si sono
mai ne' incontrati ne' cercati: in Bosnia e Croazia, dice Artemjie, il
vescovo ortodosso, ci sono state mille dichiarazioni congiunte delle
diverse chiese contro la guerra, ma la guerra c'e' stata comunque,
quindi...

Da parte nostra pensiamo ad una presenza qui tra le persone che
aspettano la guerra ed ad una campagna di pressione sul governo
italiano che sta allegramente commerciando con la Serbia di Milosevic:
la gente di qui racconta che la campagna di repressione in Kossovo e'
stata finanziata con i soldi dell'accordo Telecom, con pagamento
preteso ed ottenuto da Milosevic in contante. Quando si dice che una
telefonata allunga la vita...
i scontri che oramai lambiscono Pristina.