Noi speriamo nella guerra. - ci dice Baskim, nostro amico di Pristina. Da quando ci ha conosciuto siamo "obbligati" a mangiare nella sua trattoria : quando un albanese ti fa un regalo, non si puo' rifiutare. Quando gli chiediamo chi sono i guerriglieri dell' UCK, l' esercito di liberazione del Kossovo, ride e indica gli altri avventori: tutti siamo l' UCK, tutti siamo pronti ad arruolarci . Questa e' l'aria che si respira a Pristina , citta' principale del Kossovo, provincia della Serbia, a maggioranza albanese; dal febbraio scorso l'esercito federale jugoslavo ha attaccato alcuni villaggi al confine con l'Albania, massacrando la popolazione civile accusandoli di essere terroristi, da allora l' UCK, l' esercito di liberazione del Kossovo, e' uscito allo scoperto, arruolando volontari tra tutti coloro, e sono molti, che credono che non si possa piu' vivere sotto i serbi. Oggi il paese, grande come una regione italiana, e' in guerra. Con l'Operazione Colomba siamo qui, a Pristina per non lasciare da sole queste persone e per vedere se dalla condivisione puo' nascete una strada inaspettata di pace. Viviamo in una famiglia albanese, ospiti insieme ad una decina di studenti : tutte le sere, insieme a loro e a qualche centinaio di giovani della citta', ci ritroviamo nel parco in cima alla collina di Dragodan, sembra di partecipare ad un concerto, ma non c'e' musica , c'e' il desiderio di ritrovarsi per questo che e' il popolo piu' giovane d'Europa, i ragazzi giocano, scherzano, cantano, con la guerra vicina. Da questa collina si vedono le zone gia' in mano all'UCK, comprese le centrali elettriche che forniscono energia a tutta la Serbia ed a Belgrado. Fino al 1990 il Kossovo aveva una sua autonomia, all'interno della federazione: con l'avvento al potere di Milosevic il processo di "serbizzazione" e' stato violentissimo, licenziati tutti gli albanesi, chiuse tutte le scuole in lingua albanese, intimidazioni e violenze sui civili per convincerli ad andarsene; dopo la guerra in Bosnia e Croazia Belgrado ha completato l'opera obbligando i profughi serbi a stabilirsi qui : cosi' si preparano le guerre, pare che la chiamino "ingegneria etnica". In questi 8 anni, ci racconta Femi Agani, numero due del principale partito (clandestino) albanese, noi abbiamo creato una societa' parallela, scuole in albanese nei garage e nei sottoscala, elezioni e partiti clandestini ed una strategia che ha fatto del dialogo e della riconciliazione un obiettivo. Almeno fino ad oggi. Otto anni di dialogo non hanno portato a niente- sostiene Eroina, 16 anni- forse e' una idea sua, forse l'ha sentito dalla agguerritissima televisione satellitare del Kossovo: due ore di trasmissione al giorno, tutta la citta', o meglio la parte albanese, si ferma dalle 18 alle 20 ed accende la TV : reportage dal fronte, canti patriottici, poesie e filmati sulla storia degli albanesi del Kossovo. Eroina In citta' vivono anche alcune migliaia di profughi serbi scappati dalla Croazia : ci raccontano che al momento della fuga il governo di Belgrado ha chiesto loro di scegliere tra combattere in Bosnia o finire profughi in Kossovo, ora vivono qui da due anni nelle baracche e lavorano nelle miniere di carbone al posto degli albanesi licenziati. Tutti ci chiedono che cosa pensa "il mondo" di loro: non pensa niente, neanche sa che esistete.. Abbiamo incontrato il vescovo cattolico e quello ortodosso, chiedendo loro quale fosse l'impegno delle loro chiese rispetto al conflitto: entrambi sono concordi sul fatto che si puo' solo aspettare che la guerra finisca, abitano a 200 metri l'uno dall'altro, ma non si sono mai ne' incontrati ne' cercati: in Bosnia e Croazia, dice Artemjie, il vescovo ortodosso, ci sono state mille dichiarazioni congiunte delle diverse chiese contro la guerra, ma la guerra c'e' stata comunque, quindi... Da parte nostra pensiamo ad una presenza qui tra le persone che aspettano la guerra ed ad una campagna di pressione sul governo italiano che sta allegramente commerciando con la Serbia di Milosevic: la gente di qui racconta che la campagna di repressione in Kossovo e' stata finanziata con i soldi dell'accordo Telecom, con pagamento preteso ed ottenuto da Milosevic in contante. Quando si dice che una telefonata allunga la vita... i scontri che oramai lambiscono Pristina.