Lettera a Ciampi (e altri...) per fermare la guerra. (Lavoratori Comune di Brescia)


Vi invio una lettera spedita al Presidente della Repubblica, al Presidente
del Consiglio e ad altre figure istituzionali da alcuni lavoratori e
lavoratrici del Comune di Brescia in massima parte operanti nel Settore
Servizi Sociali dell'Amministrazione.
La lettera ha già raccolto in pochi giorni poco meno di cento adesioni e
sarà discussa nella riunione della RSU dell'ente lunedi pomeriggio 24
maggio.

Per l'occasione la riunione sarà aperta a tutti gli altri lavoratori per
discutere evntuali altre iniziative per fermare la guerra.
Vi ringrazio per l'attenzione chiedendovi la possibilità di pubblicazione e
divulgazione.

Buon lavoro


Brescia 14 maggio 1999

AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Carlo Azeglio Ciampi

 AL PRESIDENTE del CONSIGLIO DEI MINISTRI
On. Massimo D'Alema

A1 SINDACO del
Comune di Brescia
Prof. Paolo Corsini

Al PRESIDENTE del
CONSIGLIO COMUNALE
Dr.ssa Laura Castelletti

A1 PRESIDENTE della
CONSULTA COMUNALE PER LA PACE
Sig, Mario Cherubini

A1 PRESIDENTE della
PROVINCIA di BRESCIA
Dott. Battista Lepidi

In questi giorni di guerra sono state pubblicate sulla stampa molte analisi
geopolitiche  storiche, economiche nel tentativo di spiegare 1'origine del
conflitto, e di convincere l'opinione pubblica della necessità di agire in
modo armato per la soluzione del conflitto stesso. Ciò che abbiamo letto e
sentito non ci convince affatto.

Come lavoratrici e lavoratori del "sociale" chiamati istituzionalmente a
vario titolo ad essere presenti ai confini interni della nostra società e
ad operare fra le macerie dei nostri Kosovo e Serbia interni, sappiamo che
questa guerra ha già prodotto danni difficilmente riparabili sin dal
momento in cui è stato abbandonato il terreno della
costruzione/ricostruzione di legami e del superamento di separazioni, odi,
attribuzione di colpe ad altri, al nemico odiato.

Conosciamo quelle separazioni e quelle sofferenze personali e collettive:
anche qui sono presenti per le persone che non hanno posto, che non Sono
"per bene", che sono oggetto e soggetto di isolamento, esclusione, attacchi
razzisti e xenofobi.

Riconosciamo nelle motivazioni esplicite dei governi e di coloro che
sostengono la guerra un delirio di onnipotenza, un giudizio moralistico sui
fatti, una semplificazione e razionalizzazione dei problemi che ci
spaventano profondamente e che rendono estremamente difficile ricollocare
qui 1a nostra azione tesa a fare " società".

I1 nostro tentativo di essere mediatori e di agire per mettere, in
comunicazione le differenze presenti. nella società viene attaccato dalla
logica della guerra.  Tale logica sta rivelando sempre più l'ipocrisia di
fondo presente nei linguaggi e nell'azione politica di chi all'interno  del
nostro paese dice di voler sostenere ed allargare 1a rete delle relazioni
sociali, mentre pratica nei confronti di altri popoli (che siano serbi,
albanesi, bosn1aci, kurdi .... non è importante) una politica che distrugge
ogni possibilità di riconciliazione.

L'azione chirurgica è il paradigma a cui si richiamano coloro che
sostengono l'intervento (estirpare il cancro, battere il male), ma ciò è i1
frutto di una visione semplificatrice ed interventista che ne1 corpo
sociale (non un unico corpo fisico) produce sempre danno ad altri.

Sappiamo quanto sia più semplice distribuire ricette e soluzioni
precostituite, piuttosto che suscitare i1 protagonismo vero di coloro che
stanno nelle macerie materiali ed esístenzia1i. Ci si aspetta, forse, di
essere eternamente ringraziati per il bene fatto? Quale bene, chi decide
cosa è bene per sé e per gli altri, quali sono le possibili soglie di
mediazione da raggiungere?

Ogni conflitto può essere superato solo con tempi lunghi e con un lavoro
costante che vanno al di 1à della vita di una generazione e che ci
obbligano a prendere atto del nostri limiti e dell'impossibilità di
costruire da soli o contro altri un mondo perfetto.

Se l'unico mondo che sappiamo costruire è a nostra immagine e
somiglianza quello attuale rimanda, come uno specchio, un volto deformato, 
una coscienza schizofrenica, un. agire ipocrita e perbenista. I1 mondo
democratico ed occidentale e così, e noi stessi siamo così; nessuna guerra
potrà distoglierci a lungo da questa realtà, salvarci o darci una nuova
identità meno deformata.

Possono sembrare ingenue le parole fin qui scritte, di fronte a una
complessità che paralizza, ma concretamente possiamo vedere come schegge di
ingenuità e di azzardo riescano a forare i muri costruiti con
l'indifferenza, il cinismo, 1a cura del proprio "particulare" a spese di
altri. E queste schegge non sono armi in mano a politici, affaristi e
trafficanti, ma sono alla portata di tutte le persone che vengono
coinvolte, anche dal nostro lavoro nel sociale, nella ''costruzione di una
società che contenga i diversi e che perciò e pacifica".

Interrompiamo il silenzio, la banale cura del quotidiano senza prospettive,
il processo di ripiegamento su noi stessi. Fermiamo la guerra, chiediamo
una tregua subito e non deleghiamo alle diplomazie degli stati e dei
governi la costruzione della Pace.

Un gruppo di lavoratrici/lavoratori
dei Servizi Sociali del Comune di Brescia