PRIMA DELLA GUERRA: DIARIO DAL KOSSOVO


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Aggiornamento del 25 Marzo

Notizie dalla missione in Kossovo, Jugoslavia


Un gruppo di tre persone dell'Op. Colomba e' partito martedi' 24 marzo
per il Kossovo, per incontrare rappresentanti serbi ed albanesi e per
proporre una nostra prsenza a fianco dei piu' poveri...

Aggiornamento del 2 Aprile

Notizie dalla missione in Kossovo, Jugoslavia


Il Kossovo, popolato da circa 2.000.000 di abitanti, e' composto per
il 90% da albanesi e per il restante 10% da serbi e montenegrini. Dal
1989 il Kossovo ha perso il suo status di regione autonoma all’interno
della federazione di Yugoslavia. Da allora tutti gli albanesi sono
stati espulsi dai posti di lavoro ed esclusi dall’insegnamento di ogni
grado. I giovani albanesi sono stati espulsi dalle scuole e dalle
universita'. Queste azioni hanno condotto ad un progressivo regime di
apartheid anti-albanese. Insieme a quest’emarginazione sociale ed
economica si e' sviluppata un’azione di violenza istituzionale che ha
avuto nella polizia e nei suoi corpi speciali (sotto diretto controllo
di Belgrado) i suoi strumenti principali. La violenza
istituzionalizzata ha assunto proporzioni e forza crescente. La
risposta del popolo albanese (dopo un lungo cammino di riconciliazione
tra albanesi per sanare le ferite delle faide decennali) ha seguito la
resistenza nonviolenta e la creazione di un sistema di assistenza
sociale, educativa, sanitaria ed alimentare sotterranea e parallela,
aperta anche alle fasce piu' deboli e disagiate della popolazione
serba.

La creazione di questo sistema ha consentito alla maggioranza albanese
di sopravvivere in questi anni. La popolazione albanese ha espresso in
numerose elezioni clandestine il proprio appoggio a Ibrahim Rugova
(Lega Democratica del Kossovo), presidente clandestino del Kossovo, e
la propria volonta' di avere una dignita' di popolo. Nell’azione di
resistenza nonviolenta la chiesa cattolica ha avuto un importante
ruolo con il Vescovo Prela e padre Giergij Liusch. Ruolo riconosciuto
anche dalla Comunita' Islamica che dimostra una notevole apertura e
volonta' di dialogo con i cattolici, oltre che la condivisione della
linea nonviolenta.

Negli ultimi anni si sono succedute le morti di numerosi albanesi in
circostanze misteriose e spesso sotto detenzione o interrogatorio. La
spirale di crescente violenza e negazione dei diritti individuali
degli albanesi ha avuto negli ultimi mesi una risposta armata di
alcuni isolati gruppi albanesi. Si sono verificati alcuni attentati a
poliziotti e collaboratori della polizia. La risposta delle autorita'
serbe non si e' fatta attendere ed e' partita da una crescente
militarizzazione del territorio tramite le forze speciali della
polizia. La crescente tensione ha portato nel Marzo al massacro della
zona di Drenica, popolata al 100% da albanesi mussulmani, ove le forze
speciali di polizia, dopo aver accerchiato la zona di Drenica, hanno
dato via ad un massacro che ha visto uccidere oltre 100 civili,
compresi donne, bambini e vecchi. Le foto diffuse dal Comitato per la
Difesa dei Diritti Umani di Pristina dimostrano come sui corpi siano
state esercitate torture, mutilazioni, bruciature e violenze di ogni
tipo. E’ stata segnalata anche la presenza in tale zona di miliziani
dei gruppi di Arkhan, noto criminale di guerra in Bosnia Erzegovina. Le
violenze hanno creato un esodo di oltre 25.000 persone rifugiatesi
presso altre famiglie in Kossovo, aggravando ulteriormente la
situazione umanitaria della popolazione albanese. Negli ultimi mesi
sono poi oltre 3000 le persone scappate dal Kossovo per paura dello
scoppio di un conflitto. Molte sono in Montenegro o in Croazia. In
quest’ultimo paese sono indirizzati nell’area delle ex-Kraijne,
aggravando ulteriormente il problema ancora aperto del ritorno dei
serbi di Croazia fuggiti, a loro volta, nel 1995.

Il popolo albanese del Kossovo, dopo il massacro di Drenica, ha votato
ed ha confermato il suo consenso all’LDK ed ad una soluzione negoziale
della questione. Ma il massacro di Drenica ha scavato un solco
profondo tra i due popoli e il rischio che la logica dell’odio e della
vendetta si affermi e' ogni giorno maggiore. La firma nelle scorse
settimane di un accordo tra albanesi e serbi sul rientro degli
studenti albanesi nelle scuole (patrocinato dalla Comunita' di
Sant’Egidio) resta un’opportunita' di attenuare le tensioni e dare
inizio ad un dialogo, ma il massacro pesa e le trattative ulteriori si
prefigurano improponibili per gli albanesi senza le garanzie di una
mediazione internazionale. Diviene difficile fidarsi di chi ha
massacrato donne e bambini. Inoltre il Presidente Yugoslavo Milosevic
intende ridurre il problema ad una questione interna alla Repubblica
Serba (una delle due componenti della nuova Federazione Yugoslava
insieme con il Montenegro) e non intende considerarla come un problema
per tutta la Federazione come gli albanesi del Kossovo chiedono.
Inoltre la delegazione inviata dalla Serbia per trattare e', ad
opinione di molti, priva di vera rappresentativita' e autorevolezza e
servirebbe solo a creare ulteriori occasioni di conflitto. A Pristina
(capitale del Kossovo) si susseguono le manifestazioni albanesi (piena
di dignita' quella delle donne con i fogli bianchi e poi con il pane
per le vittime della violenza) e quelle dei serbi contro ogni accordo
sulle scuole.

L’empasse di ogni trattativa, la violenza imperante, la stanchezza
della popolazione albanese rischiano di portare alla scelta armata.
Tale prospettiva e' terribile in quanto Drenica indica a cosa si
potrebbe andare incontro con potenziali coinvolgimenti di Stati vicini
come Macedonia, Albania, Bulgaria e Grecia. La popolazione albanese
attende segni di solidarieta' e persone pronte ad aiutare il dialogo
con il popolo ed il governo serbo. La chiusura del governo serbo e
l’unita' di tutte le forze politiche serbe su questa posizione non
aiutano il dialogo e la Chiesa ortodossa resta un interlocutore da
scoprire, che potrebbe giocare un importante ruolo nell’avvio di un
dialogo.

Le speranze di pace restano appese ad un filo e resta da capire come
evitare un nuovo conflitto e come trovare una soluzione di convivenza
altrimenti uno dei due popoli sara' sempre oppresso e prevarra' non la
giustizia ma una visione albanese o serba della giustizia.

Samuele Filippini, Giovanni Grandi, Andrea Pagliarani