L'Operazione Colomba ha trascorso il mese di Agosto nell'area del Kossovo, regione della Federazione Yugoslava a maggioranza albanese (90% della popolazione). Regione travagliata da dieci anni di occupazione militare e poliziesca e da Febbraio da un conflitto aperto. Oggi in Kossovo e' guerra, e' crisi umanitaria, crisi umana. Tutti si affannano nel salvare vite innocenti, ma manca a tutti la sicurezza di essere vivi il giorno dopo. Molti, troppi, ormai disperano. Non credono piu' a nulla se non alla logica della forza. Il sentimento e' quello di abbandono da parte di un mondo che ha ignorato per anni una resistenza nonviolenta e, per motivi strategici, ha scelto di non vedere e non sentire... "Oggi vi occupate di noi perche' spariamo!!"... questo e' il messaggio arrivato alla gente del Kossovo. Troppi dicono "meglio morire che vivere in questo modo per tutta la vita"... Per chi viene dall'esterno non e' immediato capire, capire l'oppressione e la precarieta' continua dei tuoi diritti e della tua incolumita', soggetta agli arbitri della polizia; e' difficile capire che ogni uomo e giovane, negli ultimi nove anni, ha avuto qualche rapporto con la polizia di tipo traumatico o violento o comunque ha subito piccoli soprusi: "La nostra vita dipende dai desideri del poliziotto che incontri per la strada". Si puo' essere arrestati e picchiati per rappresaglia o per un minimale sospetto... o solo per avere pacificamente chiesto di poter frequentare le stesse scuole dei serbi e non essere costretti a fare lezione in case private o clandestine. Alla protesta pacifica e nonviolenta per rompere il muro dell'odio e di questo nuovo aparthaid e' stata contrapposta la repressione. Tutti dicono che oggi organizzare manifestazioni pacifiche e' impossibile. L'umiliazione, la violenza sistematiche e continue hanno sfiancato i giovani. Mancano punti di riferimento forti ed alternativi alla proposta violenta dell'UCK - ELK (esercito di liberazione del Kossovo) e i politici appaiono litigiosi e lontani. Oltre un decimo della popolazione e' stato sradicato dalle proprie case e ha trovato rifugio nelle citta', ove vive in clandestinita', oppure nei boschi e nei villaggi montani non ancora colpiti. Bambini ammutoliti e gonfi per la malnutrizione ti aspettano con i "convogli umanitari" unica risposta di una comunita' internazionale assente e colpevole. La milizia e la polizia serba centellinano i convogli in modo "criminale" accampando scuse tipo "la sicurezza dei convogli stessi"; l'accesso alle vittime e' una sfida quotidiana. Ipocritamente le autorita' invitano le popolazioni a tornare nei villaggi, dove poi la violenza e i soprusi della polizia sono quotidiani e la distruzione riprende... il messaggio e' chiaro. Il mondo tace, colpevole... la sola Emma Bonino, Commissario Europeo per le questioni umanitarie, ha alzato la voce nel deserto. La risposta sono le pagliaccesche manovre della Nato in Albania, dispendioso ed inutile sfoggio di forza e dimostrazione di una idea di umanita' per cui la sola forza puo' portare alla ragione. L'UCK - ELK risponde ad una logica violenta simmetrica e proclama la lotta terroristica fino alla morte...ma chi ha scelto per tutti questa via? Chi ha scelto liberamente di pagare questo prezzo? Alla fine pagano i civili, inermi e soli. Cosa rispondere ai giovani studenti rimasti a Pristina ed isolati dalle proprie famiglie coinvolte nelle aree di conflitto? "Come non impazzire?" ci diceva B., giovane studente dell'area di Pec (Kossovo occidentale), che non sa nulla della fidanzata e del padre rimasti intorno all'area di Pec e Decani da settimane teatro di bombardamenti e di incendi dei villaggi, come abbiamo poi potuto osservare noi stessi. La disperazione alimenta la fiducia nella violenza, illusione che richiede tributo di vite. Ad ognuno di noi e' stato chiesto di condividere la sofferenza, l'oppressione, la precarieta', di costruire legami e fiducia, di dare la speranza, di cercare notizie di amici e parenti, di offrire protezione... compiere atti che rompano il muro della violenza. L'inverno si avvicina, si parla di imminente catastrofe umanitaria, ma con essa si rischia una catastrofe morale e politica di un popolo e di tutta l'Europa. Ci domandano "Dov'e' l'ONU? Dov'e' il Papa?". L'Operazione Colomba, attraverso la presenza di 6 volontari (Giovanni Grandi, Maddalena Truffelli, Daniele Tramonti, Eva Murtas, Rita Pastorino e Samuele Filippini) ha sviluppato una presenza permanente di un mese e da Settembre intende ripartire per restare vicina a tutta la gente del Kossovo. La tutela dei profughi, l'azione umanitaria concreta, la relazione con tutte le persone ed i profughi di ogni etnia, anche serbi, possono dare vita ad un cambiamento ed alla speranza. La speranza manca a tutti i profughi anche a quelli serbi fuggiti nel 1995 dalla Croazia e giunti o spinti qui; sono merce di scambio della storia e strumento di colonizzazione, disconosciuti dai serbi e considerati nemici dagli albanesi... si preparano ad un nuovo esodo verso l'Europa e gli USA. Tutto questo richiede una presenza nella quotidianita' ma anche una forte azione di informazione e di proposta politica nel nostro paese e nel continente europeo, tutti protesi a garantire interessi economici e la libera economia ma cosi' poco consapevoli della morte morale e fisica del Kossovo, morte che ci riguarda da vicino... e non solo per il "pericolo" di nuovi esodi verso le nostre coste. Pesa su ognuno la responsabilita' di fare qualcosa per dare forza alla speranza, alla vita ed al desiderio di pace della gente, serba ed albanese, che vive in Kossovo. L'Operazione Colomba e gli Obiettori di Coscienza sono disponibili a dare inizio a questo cammino.