PRIMA DELLA GUERRA: DIARIO DAL KOSSOVO


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"Kossovo: una domanda di pace...."

di Samuele Filippini

L'Operazione Colomba ha trascorso il mese di Agosto nell'area del
Kossovo, regione della Federazione Yugoslava a maggioranza albanese
(90% della popolazione). Regione travagliata da dieci anni di
occupazione militare e poliziesca e da Febbraio da un conflitto
aperto.

Oggi in Kossovo e' guerra, e' crisi umanitaria, crisi umana. Tutti si
affannano nel salvare vite innocenti, ma manca a tutti la sicurezza di
essere vivi il giorno dopo. Molti, troppi, ormai disperano. Non
credono piu' a nulla se non alla logica della forza. Il sentimento e'
quello di abbandono da parte di un mondo che ha ignorato per anni una
resistenza nonviolenta e, per motivi strategici, ha scelto di non
vedere e non sentire... "Oggi vi occupate di noi perche'
spariamo!!"... questo e' il messaggio arrivato alla gente del Kossovo.

Troppi dicono "meglio morire che vivere in questo modo per tutta la
vita"... Per chi viene dall'esterno non e' immediato capire, capire
l'oppressione e la precarieta' continua dei tuoi diritti e della tua
incolumita', soggetta agli arbitri della polizia; e' difficile capire
che ogni uomo e giovane, negli ultimi nove anni, ha avuto qualche
rapporto con la polizia di tipo traumatico o violento o comunque ha
subito piccoli soprusi: "La nostra vita dipende dai desideri del
poliziotto che incontri per la strada". Si puo' essere arrestati e
picchiati per rappresaglia o per un minimale sospetto... o solo per
avere pacificamente chiesto di poter frequentare le stesse scuole dei
serbi e non essere costretti a fare lezione in case private o
clandestine. Alla protesta pacifica e nonviolenta per rompere il muro
dell'odio e di questo nuovo aparthaid e' stata contrapposta la
repressione. Tutti dicono che oggi organizzare manifestazioni
pacifiche e' impossibile. L'umiliazione, la violenza sistematiche e
continue hanno sfiancato i giovani. Mancano punti di riferimento forti
ed alternativi alla proposta violenta dell'UCK - ELK (esercito di
liberazione del Kossovo) e i politici appaiono litigiosi e lontani.

Oltre un decimo della popolazione e' stato sradicato dalle proprie
case e ha trovato rifugio nelle citta', ove vive in clandestinita',
oppure nei boschi e nei villaggi montani non ancora colpiti. Bambini
ammutoliti e gonfi per la malnutrizione ti aspettano con i "convogli
umanitari" unica risposta di una comunita' internazionale assente e
colpevole. La milizia e la polizia serba centellinano i convogli in
modo "criminale" accampando scuse tipo "la sicurezza dei convogli
stessi"; l'accesso alle vittime e' una sfida quotidiana. Ipocritamente
le autorita' invitano le popolazioni a tornare nei villaggi, dove poi
la violenza e i soprusi della polizia sono quotidiani e la distruzione
riprende... il messaggio e' chiaro.

Il mondo tace, colpevole... la sola Emma Bonino, Commissario Europeo
per le questioni umanitarie, ha alzato la voce nel deserto. La
risposta sono le pagliaccesche manovre della Nato in Albania,
dispendioso ed inutile sfoggio di forza e dimostrazione di una idea di
umanita' per cui la sola forza puo' portare alla ragione.

L'UCK - ELK risponde ad una logica violenta simmetrica e proclama la
lotta terroristica fino alla morte...ma chi ha scelto per tutti questa
via? Chi ha scelto liberamente di pagare questo prezzo? Alla fine
pagano i civili, inermi e soli.

Cosa rispondere ai giovani studenti rimasti a Pristina ed isolati
dalle proprie famiglie coinvolte nelle aree di conflitto? "Come non
impazzire?" ci diceva B., giovane studente dell'area di Pec (Kossovo
occidentale), che non sa nulla della fidanzata e del padre rimasti
intorno all'area di Pec e Decani da settimane teatro di bombardamenti
e di incendi dei villaggi, come abbiamo poi potuto osservare noi
stessi. La disperazione alimenta la fiducia nella violenza, illusione
che richiede tributo di vite.

Ad ognuno di noi e' stato chiesto di condividere la sofferenza,
l'oppressione, la precarieta', di costruire legami e fiducia, di dare
la speranza, di cercare notizie di amici e parenti, di offrire
protezione... compiere atti che rompano il muro della violenza.

L'inverno si avvicina, si parla di imminente catastrofe umanitaria, ma
con essa si rischia una catastrofe morale e politica di un popolo e di
tutta l'Europa. Ci domandano "Dov'e' l'ONU? Dov'e' il Papa?".

L'Operazione Colomba, attraverso la presenza di 6 volontari (Giovanni
Grandi, Maddalena Truffelli, Daniele Tramonti, Eva Murtas, Rita
Pastorino e Samuele Filippini) ha sviluppato una presenza permanente
di un mese e da Settembre intende ripartire per restare vicina a tutta
la gente del Kossovo. La tutela dei profughi, l'azione umanitaria
concreta, la relazione con tutte le persone ed i profughi di ogni
etnia, anche serbi, possono dare vita ad un cambiamento ed alla
speranza. La speranza manca a tutti i profughi anche a quelli serbi
fuggiti nel 1995 dalla Croazia e giunti o spinti qui; sono merce di
scambio della storia e strumento di colonizzazione, disconosciuti dai
serbi e considerati nemici dagli albanesi... si preparano ad un nuovo
esodo verso l'Europa e gli USA.

Tutto questo richiede una presenza nella quotidianita' ma anche una
forte azione di informazione e di proposta politica nel nostro paese e
nel continente europeo, tutti protesi a garantire interessi economici
e la libera economia ma cosi' poco consapevoli della morte morale e
fisica del Kossovo, morte che ci riguarda da vicino... e non solo per il
"pericolo" di nuovi esodi verso le nostre coste.

Pesa su ognuno la responsabilita' di fare qualcosa per dare forza alla
speranza, alla vita ed al desiderio di pace della gente, serba ed
albanese, che vive in Kossovo. L'Operazione Colomba e gli Obiettori di
Coscienza sono disponibili a dare inizio a questo cammino.