[Precedente] [Date Next][Indice] TEMPO DI BILANCI ------------------------------------------------------------------------ * From: Associazione PeaceLink - Telematica per la Pace * Date: Fri, 11 Jun 1999 00:11:40 +0200 * Subject: TEMPO DI BILANCI ------------------------------------------------------------------------ PEACELINK NEWS - BOLLETTINO DI CONTROINFORMAZIONE PACIFISTA TESTI - ARTICOLI - COMUNICATI - INTERVENTI - TESTIMONIANZE - INDIRIZZI DA LEGGERE - STAMPARE - RIPRODURRE - FOTOCOPIARE - DIFFONDERE - DISCUTERE ################## # 10 GIUGNO 1999 # ################## TEMPO DI BILANCI Dopo un cessate il fuoco atteso da 77 giorni, e' necessario un momento di rilfessione, per sottrarsi ai festeggiamenti con i quali i mass media si apprestano a calare il sipario sulla tragedia dei balcani. Come strumenti di riflessione vi proponiamo il bilancio sulla guerra fatto dalla rivista Nigrizia e da Azione Nonviolenta, nella persona del direttore Mao Valpiana. Un saluto di Pace, Forza e Gioia. La Redazione di PeaceLink News. _______________________________________________________________________ Fonte: Nigrizia - giugno 1999 L'EDITORIALE Che vergogna Quella in atto nei Balcani - terra di conflitti in serie che non hanno mai portato a nulla - e' una guerra impresentabile: non ha piegato Milosevic, in compenso ha peggiorato la posizione del Kossovo, dato un poderoso calcio alla credibilita' dell'Onu, ridimensionato l'idea stessa di Europa a vantaggio di una visione tutta americana del mondo. Tra quelli che in Italia hanno reagito alle bombe (reazione consistente - vedi marcia Perugia-Assisi del 16 maggio - ma non sufficiente: la societa' dei consumi produce indifferenza non cittadinanza attiva) non risulta esserci la conferenza episcopale. Un silenzio che stupisce e fa sorgere non pochi interrogativi. Certo, da Amalfi a Verona tanti vescovi hanno pregato e fatto pregare, alzato la voce in cattedrale e dalle colonne del loro settimanale, hanno esortato all'aiuto umanitario. Degne di menzione le dichiarazioni di un paio di conferenze regionali (Piemonte e Basilicata). Qualcuno, dovremmo dire "i soliti" - un nome per tutti: Bettazzi -, si e' esposto personalmente. Ma la prima uscita pubblica della Cei e' arrivata a due mesi dalle prime bombe!... e solo per ridire, piu' flebilmente, quanto il papa va proclamando ogni giorno. (Ma se parlare prima significava dichiarare, come ha fatto il presidente della commissione giustizia e pace dell'episcopato francese dalla prima pagina di Le Monde il giorno di Pasqua, che siamo davanti al caso in cui "l'uso delle armi e' legittimo"... meglio tacere. E capiamo meglio il grido di dolore di Giovanni Paolo II a Bucarest: "Dove sono le nostre chiese!?..."). Forse i vescovi italiani non hanno una linea di "politica estera" o, se c'e' , e' sovrapponibile a quella del governo D'Alema? O forse questa guerra non e' di competenza dei pastori? Ma non e' contraddittorio promuovere iniziative di giustizia come quella per la riduzione del debito estero dei paesi poveri e, nello stesso tempo, non esprimersi sull'ingiustizia bellica? Ci uniamo all'accorato appello di Pax Christi - "Osiamo chiedere ai nostri vescovi di uscire allo scoperto. Pensiamo che nessuna neutralita' e' possibile in presenza di un'eredita' come quella di Gesu'" - e chiediamo anche noi di non lasciare orfani i cattolici che da piu' di due mesi attendono una "presa di posizione" forte e ferma (cosa del resto auspicata dalla nota pastorale Educare alla pace pubblicata dalla stessa Cei meno di un anno fa). Con altri temi come quello della scuola privata, la Cei non ha faticato a trovare i modi di farsi sentire e di pesare nel dibattito, anche direttamente politico. In compenso abbiamo sentito la voce del "vescovo castrense" durante il primo sinodo della "chiesa militare" tenutosi proprio in questi giorni di piombo, per non dire di uranio. Mons. Mani ha richiamato l'attenzione sul "dramma degli uomini che guidano i bombardieri e sanno che la loro azione, fatta per la pace, puo' uccidere vite umane... la guerra e' sempre ingiusta. Purtroppo, pero', a volte e' inevitabile". Davanti a questo pensiero unico dilagante, Pax Christi ha espresso "profondo sconcerto". Mentre dagli slum di Nairobi padre Alex lanciava il suo appello a mobilitarsi "per dire no": "Non posso accettare un'Europa che continua ad obbedire agli Stati Uniti e all'Impero del denaro, ne' posso accettare l'esistenza di una Nato. Mi ricordo che quando l'avevamo messa in discussione negli anni 1985-86 eravamo tacciati di essere comunisti perche' ci svendevamo al nemico. Che vergogna!". Se come chiesa non sappiamo prendere posizione davanti a una guerra che ci lascia i suoi souvenir fin dentro ai nostri mari e laghi, che cosa sara' mai la nostra "solidarieta'", la nostra "preghiera" per i popoli delle "guerre dimenticate" d'Africa e altrove, con saldi ancor piu' pesanti (ma la' non c' e' la tivu') in profughi e vite umane? Buon giubileo. _______________________________________________________________________ ACCORDO NATO-SERBIA Due guerre Quale pace? di Mao Valpiana - Direttore di "Azione Nonviolenta" L'accordo di pace e' stato firmato. Tutto bene, quindi? Ha vinto la fermezza americana? Il dittatore di Belgrado e' stato piegato? Avevamo torto a chiedere lo stop dei raid aerei? A bocce ferme, meglio fare qualche riflessione.. Anche i piu' ingenui filo-Nato, gli irriducibili anti-Milosevic, i sinceri assertori dei diritti kossovari, devono ammettere che nell'intervento degli Alleati contro la Federazione Jugoslava qualcosa non ha funzionato. I mezzi utilizzati (bombardamenti su obiettivi militari, poi via via estesi alle citta') non erano correlati al fine dichiarato (l'Argomento: "bloccare la pulizia etnica attuata dai serbi contro gli albanesi"): tant'e' che i profughi in fuga all'inizio del conflitto erano circa 200.000, alla fine superano il milione. Non parlero' degli "effetti collaterali" (strage di civili, bombe all'uranio, bombe nell'Adriatico e nel Garda, bombe sui profughi, le ambasciate, gli ospedali) che pur sono gravissimi e criminali, ma che tuttavia rispetto all'Argomento si potrebbero anche ritenere secondari. Ammesso e non concesso ... La strategia militare scelta non ha fatto cadere Milosevic, ne' ha impedito il progressivo spopolamento del Kossovo. Qualcuno tra i responsabili politici dei paesi dell'Alleanza ha ammesso che c'era la convinzione di concludere l'attacco in pochi giorni. Cosi' non e' stato, e c'e' da dubitare che gli strateghi militari Usa (il "meglio" in questo campo che ci dovrebbe essere sul pianeta) non sapessero cosa stavano facendo. Mettendoci nei panni dei comandi Nato, noi profani di cose belliche (ma un po' di storia l'abbiamo studiata!) immaginiamo che per fermare militarmente sul campo la milizia serba che compie stragi, stupri, brucia case e riempie fosse comuni, la strategia piu' efficace sarebbe stata quella di un intervento di terra, con artiglieria e copertura aerea, attuato da truppe specializzate per bloccare i serbi in azione e presidiare le zone dove ancora non erano giunti. I capi militari rispondono che il prezzo da pagare sarebbe stato troppo alto e che prima, comunque, bisognava indebolire l'intero sistema serbo. E qualcuno ha ammesso che l'obiettivo finale non era piu' solo la difesa dei civili del Kossovo, ma la capitolazione della Jugoslavia. In effetti sembra di capire che l'effetto finale sia stato proprio quello di mettere in ginocchio l'intera societa' serba, fino in fondo, creando le condizioni per occupare militarmente la zona. I profughi Kosovari erano sempre piu' delle comparse in questa guerra e ora sembrano destinati a passare l'inverno nelle tendopoli: quello che interessa e' la supremazia Nato in un'area geografica strategica. Questo dicono i fatti. A noi cosa resta da fare? Innanzitutto, come ci ha insegnato Gandhi, ricercare e dire la verita'. E sono tre le verita' che balzano subito agli occhi. · Abbiamo assistito a due diverse e distinte guerre: quella dei serbi contro i kossovari, e quella della Nato contro la Serbia. · La pulizia etnica in Kosovo esisteva e bisognava intervenire per fermarla con mezzi adeguati al fine (non farlo sarebbe stata un'imperdonabile omissione di soccorso). · L'intervento della Nato aveva altri obiettivi e non e' servito a salvare il Kosovo. In ogni caso sia benvenuto il "cessate il fuoco". La "pace" pero' e' un'altra cosa; un compito enorme per costruire l'Europa del 2000 (mentre i governi pensano gia' alla ricostruzione con il cemento…). Prima di tutto, pero', soccorriamo i profughi! _______________________________________________________________________ _____CREDITS______________________________________________________________ Se NON VUOI continuare a ricevere questo bollettino puoi mandare una email a info@peacelink.it e verrai rimosso dall'elenco dei destinatari. 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