Testo dell'appello "fermare la guerra"

 

Le adesioni

all'appello possono essere inviate a:

Pace e diritti

Via Acciaioli 7

00186 - Roma

tel. e fax 06-68.69.327

 

1. Non possiamo rassegnarci all'ipotesi di un intervento militare della NATO contro la Jugoslavia, che in questi giorni viene presentato come imminente, a seguito del rifiuto della Jugoslavia di firmare il piano di pace messo a punto a Parigi. Ne' possiamo considerare un siffatto intervento come un'azione ordinata al servizio della pace, e della giustizia.

 

2. Deve essere ben chiaro che, a differenza di quanto e' accaduto in Bosnia, con l'intervento della NATO nell’agosto-settembre 1995, dove l’intervento, a difesa delle "aree protette", fu richiesto dalle Nazioni Unite ed autorizzato da numerose risoluzioni del consiglio di Sicurezza, questa volta il ventilato intervento non costituisce attuazione di misure coercitive disposte dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite; non e' un'operazione di "polizia internazionale" delle Nazioni Unite; bensi' costituisce un

intervento unilaterale di un gruppo di potenze decise ad imporre con la forza il rispetto di un ultimatum;

 

3. Pertanto il previsto e minacciato bombardamento della Jugoslavia e' un atto di "ostilita'" puro e semplice, in altre parole e' un'aggressione militare, un atto di guerra che coinvolgerebbe anche il nostro paese, base di partenza degli attacchi della NATO;

 

4. Rimasti l'unica grande potenza mondiale gli Stati Uniti hanno ripreso confidenza con la guerra, non solo perche' in grado di deciderne quando vogliono l'inizio, ma anche perche' sicuri di poterne decidere a loro discrezione la fine. Ma l'Europa non e' la Somalia o il Medio Oriente. In Europa si sa quando la guerre cominciano, ma mai quando e come finiscono, guerre di 4, di 30 o di 100 anni. Riaprire dall'esterno dopo mezzo secolo una guerra in Europa e' un atto di suprema irresponsabilita' storica.

 

5. Tale intervento si prefigura, pertanto, come una avventura dagli sviluppi imprevedibili, in quanto, una volta affidata la parola alle armi, tutte le parti in conflitto saranno indotte a regolare i loro conti con la forza e le conseguenze sulle popolazioni civili sarebbero ancora piu' devastanti;

 

6. Un siffatto intervento si risolverebbe - in definitiva - in un atto di legittimazione del ricorso alla forza nelle relazioni internazionali, in aperta contraddizione con quel principio solennemente affermato dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla Costituzione italiana che, facendo tesoro delle tragedie di questo secolo, ha bandito il ricorso alla violenza bellica come strumento della politica;

 

7. Chiediamo che l’Italia, forte dei suoi valori e delle sue tradizioni costituzionali, si opponga a questa deriva pericolosa e destabilizzante per le relazioni internazionali e sostituisca alla politica dell’intervento, l'intervento della politica, congelando l’uso delle proprie basi e avviando immediatamente una iniziativa politica e diplomatica aggiuntiva che solo l'Italia - per l’autorevolezza che ha acquistato nella crisi dei balcani - puo' compiere. Questa iniziativa deve essere in primo luogo rivolta a rimettere la questione nelle mani dell'ONU, investendo direttamente i suoi organismi a cominciare dal Consiglio di Sicurezza.