Torna alla homepage

    
Cerca nel sito con FreeFind

Clicca per mandare un email Scrivi a PeaceLink

Homepage  |  Chi siamo  |  Come contattarci  |  Mappa del sito  |  Come navigare nel sito  |  Aiuta PeaceLink

Copertina

A cura di PeaceLink

Cronache da sotto le bombe

Le email dei serbi sotto
i bombardamenti NATO
Per non dimenticare che
non ci sono guerre buone

Lettere di Djordje Vidanovic, Sasa Zograf, Maja Zurovac

Pagg. 250
Formato 13x21
Lire 18000
Edizioni Multimage, I LIBRI DEI DIRITTI UMANI
ISBN 88-86762-23-2

Disegni di Sasa" Zograf
Con in appendice un dossier
di AMNESTY INTERNATIONAL

L'idea di questo libro è nata durante la Guerra in Kossovo del 1999 e l'intensa corrispondenza tra alcuni che vivevano sotto le bombe NATO e PeaceLink. Nel sito potete leggere la cronaca di quei giorni e le lettere di Djordje Vidanovic e Sasa Zograf

In questa pagina: le presentazioni di Alessandro Marescotti (presidente di PeaceLink), Djordgie Vidanovic (Professore all'Università di Nis)

Il 10% del prezzo di copertina del libro andrà a progetti di solidarità a favore dell'Università di Nis

Per diffondere questo libro (uscita prevista per la Marcia per la Pace Perugia-Assisi) stiamo mettendo in moto una campagna di prenotazioni ed una rete di diffusione militante; a tutti i gruppi e associazioni che prenotano più di 10 copie verrà praticato uno sconto del 50%; per ulteriori informazioni e per prenotazioni   scrivere a Olivier Turquet (turquet@dada.it) oppure usare la scheda sul sito Multimage

Il libro sarà comunque disponibile nelle migliori librerie; se non lo trovaste dite al vostro libraio di contattare la distribuzione Midinet


























Questo libro vale un ergastolo

Presentazione di Alessandro Marescotti

"Chiunque, in tempo di guerra, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possano destare pubblico allarme o deprimere lo spirito pubblico o altrimenti menomare la resistenza della nazione di fronte al nemico, o svolge comunque un'attività tale da recare nocumento agli interessi nazionali, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.

La pena non è inferiore a quindici anni:

  1. se il fatto è commesso con propaganda o comunicazioni dirette a militari;
  2. se il colpevole ha agito in seguito ad intelligenze con lo straniero.

La pena è dell'ergastolo se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze col nemico".

Avete appena letto l'articolo 265 del Codice penale. Il libro che state per leggere vale un ergastolo. Racconta infatti la storia di chi, contravvenendo agli "interessi nazionali", ha "fraternizzato" via Internet con il "nemico" per far cessare i bombardamenti contro la Repubblica Federale di Iugoslavia.

Nella guerra contro la Repubblica Federale di Iugoslavia l'informazione pacifista ha compiuto un balzo in avanti per quantità, qualità e rapidità. E' stata infatti la prima guerra combattuta anche su Internet. Il sito della rete telematica PeaceLink veniva aggiornato anche 20-30 volte al giorno e consultato da migliaia di persone perché conteneva la mappa completa della mobilitazione antiguerra. È stato un archivio di testimonianze e informazioni alternative. In tempo reale dalla rete sbucavano le voci dell'Italia che la TV censurava. Sul sito c'era molto più spazio di quanto ne potessero offrire quei (pochi) giornali di tendenza pacifista. Era così possibile tenere on line un dossier sempre aggiornato sul Kossovo e sulla guerra. Il dossier era prelevato ogni giorno dal sito e circolava in tante città, dove ognuno poteva stamparlo, fotocopiarlo e diffonderlo. Un simile servizio non lo poteva realizzare alcun giornale se non a costi proibitivi. I gruppi di base producevano le informazioni e le facevano circolare. Stampante e fotocopiatrice facevano da collegamento fra il modem e la piazza. Dal digitale, alla carta, alle persone.

Il villaggio globale antiguerra ha compiuto così la sua prima esercitazione pratica scrivendo in Italia una nuova pagina di esperienza nonviolenta collettiva col computer. "Dal basso", e mai come prima, le tecnologie info-telematiche hanno giocato un ruolo di rilievo nella mobilitazione nonviolenta così come fra i militari i sistemi di telecomunicazione hanno svolto il ruolo di "rete di coordinamento" del sistema bellico. In collegamento con le città di Nis e Belgrado, i pacifisti potevano comunicare con gli oppositori di Milosevic e da loro sapevano "in tempo reale" (dal vivo delle loro testimonianze) che venivano lanciate bombe a grappolo sui civili. Via Internet si potevano conoscere le distanze e apprendere che i quartieri residenziali bombardati erano lontani chilometri (e non metri) dalle caserme. La NATO mentiva. Diceva di voler bombardare i militari e invece terrorizzava i civili colpendo sempre più vicino le persone. La NATO parlava di errori involontari di alcuni metri. Ma tramite PeaceLink giungeva la voce libera di Djordje Vidanovic, oppositore di Milosevic, testimone dei bombardamenti. Ma più la NATO diceva bugie e - come il naso di Pinocchio - più si allungavano le comunicazioni Internet di Djordje Vidanovic, nostro corrispondente e vittima dall'inferno di Nis.

Ma la NATO è tenuta a rispettare le Convenzioni di Ginevra?
Un consulente legale dell'Alleanza Atlantica, Max Johnson, ha dichiarato ad Amnesty International che la NATO non ha sottoscritto le Convenzioni di Ginevra e che pertanto essa "non dovrebbe essere equiparata a uno Stato in termini di obblighi internazionali".

La dichiarazione di Max Johnson (1) risale al marzo '96. Ma è sufficiente per comprendere che, in ultima analisi, la NATO non considera vincolanti per sé stessa le norme contenute nelle Convenzioni di Ginevra. Seguendo il filo logico dell'argomentazione di Max Johnson, i piloti della NATO non potrebbero essere processati per violazioni di tali Convenzioni.

È quasi superfluo ricordare che le Convenzioni di Ginevra sono la massima espressione del diritto internazionale umanitario in guerra: vietano di uccidere i civili, di distruggere le loro case, di effettuare bombardamenti indiscriminati contro ospedali, scuole, di colpire la Croce Rossa, ecc.

Il Primo protocollo aggiuntivo del 1977 alle Convenzioni di Ginevra del 1949 specifica: "Le parti del conflitto dovranno sempre distinguere la popolazione civile dai combattenti e gli obiettivi civili da quelli militari e di conseguenza dirigeranno le loro operazioni solo contro gli obiettivi militari".

Il protocollo citato vieta in tempo di guerra qualsiasi provvedimento che abbia come effetto quello di privare la popolazione civile dei mezzi indispensabili alla sopravvivenza e all'articolo 70 impone addirittura operazioni di soccorso alle popolazioni civili "non adeguatamente fornite" di mezzi di sussistenza. E nell'articolo 18 del Secondo protocollo aggiuntivo si impone l'obbligo di soccorrere le popolazioni civili "in gravi difficoltà a causa della mancanza dei mezzi necessari alla sopravvivenza, come cibo e forniture mediche".

Il Primo protocollo aggiuntivo afferma esplicitamente che "le proprietà civili non devono essere bersaglio di attacchi o rappresaglie, e proprietà e installazioni che vengono comunemente utilizzate a uso civile devono essere considerate civili a meno che non sia appurato che non lo sono".

Gli Stati Uniti d'America, di fronte a tale chiarezza, si sono rifiutati di sottoscrivere questi protocolli aggiuntivi.

Questo libro racconta, dal vivo delle testimonianze, ciò che la NATO ha fatto, in violazione delle convenzioni citate, in una guerra che è stata definita "guerra umanitaria".

Per l'Italia questa guerra ha inoltre significato la violazione dell'articolo 11 della sua Costituzione: "L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali". Per la NATO è venuto poi meno il rispetto del suo trattato costitutivo firmato a Washington il 14 aprile 1949, che all'art.1 recita: "Le nazioni aderenti alla NATO si impegnano, come è stabilito nello Statuto dell'ONU, a comporre con mezzi pacifici qualsiasi controversia internazionale". Tale Trattato NATO autorizza guerre unicamente di autodifesa collettiva dei membri dell'Alleanza Atlantica e non è stato modificato - come erroneamente si crede - neppure dal nuovo "Concetto Strategico" firmato dai capi di stato della NATO il 24 aprile 1999 in quanto la modifica dei trattati internazionali comporta la ratifica dei parlamenti e non solo la firma dei governi. Il Trattato NATO è stato in quella sede "reinterpretato" per dare una parvenza di legittimità alla guerra del Kossovo, ma il testo originario firmato nel 1949 è rimasto immutato; in esso viene riconosciuta la preminenza dell'ONU sulla NATO.

L'intervento NATO in Kossovo, non è inutile ricordarlo, non ha ricevuto alcuna autorizzazione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU ed è quindi illegale dal punto di vista del diritto internazionale fondato sulla Carta delle Nazioni Unite.

L'illegalità di questa guerra si evidenzia giuridicamente con chiarezza inequivocabile.
Attenzione: non stiamo però cavillando sui dettagli formali per garantismo filo-Milosevic. Non si tratta di cavilli giuridici. Questo libro documenta infatti l'aspetto sostanziale della guerra, le emozioni e la vita di chi - pur opponendosi a Milosevic - ha vissuto nell'angoscia di essere ucciso dalle "bombe umanitarie" della NATO. In una parola questo libro è il racconto di una moderna barbarie. Così come barbarie è la pena di morte o la legge del taglione. Ma se i presidenti degli Stati Uniti d'America sono convinti assertori della pena di morte, molto più problematica è per la coscienza europea l'accettazione della morte inflitta per legge (o attraverso la guerra). Tuttavia a ben vedere troviamo un'anomalia rispetto a qualunque pena capitale o legge del taglione: con la guerra la punizione della morte è inflitta, oltre che senza processo, anche senza la certa individuazione del colpevole. Le bombe colpiscono tutti, buoni e cattivi. La guerra, che uccide quindi persone del tutto innocenti, costituisce - dal punto di vista della giustizia - un fatto inammissibile per qualunque ordinamento umano. Questa fu la ragione profonda per cui - dopo la tragedia della seconda guerra mondiale - fu bandita la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Le testimonianze raccolte nel libro sono documenti di una barbarie moderna a cui hanno partecipato non solo militari ma anche ministri e capi di stato, gente che oggi ha morti sulla coscienza e tanti consigli umanitari da dispensare agli altri.

L'allora presidente del consiglio italiano Massimo D'Alema aveva detto che la strategia NATO si sarebbe concentrata su "obiettivi di esclusiva rilevanza militare" (discorso alla Camera dei Deputati, 26 marzo 1999).
Ma sarebbe stato così?

Tramite la raccolta quotidiana delle testimonianze di fonte civile potevamo ogni giorno smentire quelle parole fornendo agli stessi giornali informazioni di prima mano. Le testimonianze raccolte direttamente dalla Iugoslavia tramite Internet (attendibili proprio perché provenienti da chi faceva opposizione al regime di Milosevic) sono state inviate a deputati e senatori italiani e sono divenute base per un'interrogazione parlamentare. Ci siamo accorti che avevamo in alcuni casi più informazioni dei giornalisti e dei parlamentari. Ma questo, si badi bene, non è avvenuto "grazie a Internet", ma grazie a una rete di persone che si è saputa organizzare, coordinando molteplici competenze e attività, dall'interpretazione delle lingue straniere alla creazione di pagine Internet. Solo grazie a questa "strategia lillipuziana" si è potuto fronteggiare il gigante Gulliver per legarlo (o farlo inciampare) con tanti esili fili. Durante la guerra in Kossovo la telematica per la pace si è caricata ancora una volta della funzione morale di dare voce a chi non aveva voce e viveva nella disperazione di poter morire innocente per colpe non commesse. Questo usare la tecnologia dell'informazione per "dar voce ai senza voce" richiama l'esempio del giornalista Webb Miller, inviato della United Press per dare informazioni sul movimento gandhiano. Miller, dopo aver assistito il 21 maggio 1931 al pestaggio a sangue dei nonviolenti nei pressi delle saline di Dharasana, usò tutta la potenza tecnologica di allora per informare il mondo. Il giorno dopo oltre mille giornali nel mondo pubblicavano la notizia e il gesto violento si ripercuoteva su chi l'aveva compiuto come una sonora sconfitta inflitta sul piano dell'opinione pubblica mondiale. Che possibilità di vittoria potrebbe avere la nonviolenza senza un forte sistema di diffusione dell'informazione? Nella memoria collettiva un fatto non esiste se non è conosciuto. La telematica diventa quindi una strategia e un mezzo per far giungere al mondo il grido della nonviolenza.

Ciò che leggerete in questo libro non sarebbe divenuto comunicazione, e quindi vita, e quindi azione, senza Sabrina Fusari, una ragazza che ha saputo mettere la sua conoscenza delle lingue al servizio della più alta causa che la vita ci possa dare l'occasione di perseguire.

Come si può globalizzare la pace e la difesa dei diritti umani senza conoscere l'inglese?
L'accoppiata inglese-Internet è la nuova rivoluzione pacifica e nonviolenta che occorrerebbe far esplodere nel mondo, parlo soprattutto del mondo delle informazioni e della menzogna che le manipola o le filtra. Abbiamo a portata di mano una "bomba" nonviolenta di cui tutti possiamo diventare gli artefici e gli... artificieri.

Questo libro ricorda il 1' anniversario della guerra in Kossovo. Il ricavato (che in passato per altri nostri libri è andato ai bambini di strada di Nairobi) avrà una finalità simbolica: acquistare un computer per la pace da mettere nell'università di Nis dove Djordje Vidanovic insegna. I proventi del "libro di guerra" verranno usati per acquistare uno o più computer da mettere nella sala computer dell'Università di Nis (bombardata), con la clausola che essi servano soprattutto agli studenti e per comunicare per la pace. E' un progetto finalizzato a sperimentare come l'inglese, la telematica, la cultura della pace e dei diritti umani possano realizzare il sogno (o la saggezza?) così espressa dall'antico filosofo cinese Meng-Tzu:

"Quanti non godono nell'uccidere gli uomini possono unificare il mondo"

Alessandro Marescotti presidente di PeaceLink a.marescotti@peacelink.it

(1) La dichiarazione di Max Johnson è riportata a pagina 235 di "Crimini di guerra", edito da Internazionale, un libro che si avvale della consulenza legale del generale britannico A.P.V.Rogers e che è recentemente uscito in Italia con il sostegno dell'associazione "Amani" (e-mail: amani@iol.it).

Introduzione

di Djordje Vidanovic

Il 24 marzo 1999, la mia vita è cambiata per sempre. Il mio Paese è stato bombardato da centinaia di aerei della NATO, e i sogni di un futuro migliore, all'improvviso, sono svaniti. Ciò che è rimasto, dopo il 24 marzo, erano incubi, corse ai rifugi in piena notte, e un devastante senso di insicurezza. Era la perdita del senso del tempo e dello spazio, un disorientamento totale.

Il mio "diario" su Internet iniziava circa tre settimane più tardi, con PeaceLink, mentre ero impegnato in un tentativo frenetico di negare la realtà, di lasciarmi trascinare in una rapida accettazione dell'incubo. Ma non era possibile.

Sono molte le cose, successe nei settantotto giorni dei bombardamenti, che non ho detto nel mio diario su PeaceLink (e sì, mi riferisco sempre a quello che è successo come ai "bombardamenti", perché di questo si è trattato. Non era una guerra, perché nessuna guerra era stata dichiarata e gli aerei martellavano obiettivi civili e popolazione civile, colpendo ogni tanto qualche carro armato, o una caserma). Non ho detto alcune cose perché ero talmente scosso da non poter descriverle, o forse perché c'erano altri orrori inesprimibili in agguato, e quindi ho deciso di tacere, per non provocarli, parlandone.

Naturalmente, faccio riferimento al mio stato mentale: nervi tesi, insonnia ed ansia costante. Ricordo di avere omesso un episodio sconvolgente degli orrori commessi dalla NATO. Un giorno, mi pare all'inizio di aprile, gli aerei della NATO hanno bombardato il Centro militare per l'addestramento dei cani. Le immagini dei cani mutilati sparsi ovunque, trasmesse da una televisione locale indipendente, mi tormenteranno per sempre. Sono sicuro che, se la NATO avesse voluto punire la popolazione civile del luogo per qualche gesto da essa compiuto, i cani non avrebbero dovuto essere coinvolti, perché non hanno nazionalità. O sì?

Gli orrori crescevano sempre più. Invece di aiutare la popolazione, i bombardamenti hanno menomato un Paese, la Serbia, intensificando la catastrofe umanitaria già in corso nei Balcani.

Come sempre, una cosa è certa: la violenza può solo istigare altra violenza e rendere la vita ancora più dura. Persone come quelle di PeaceLink, come Alessandro, Enrico, Carlo, Sabrina, Francesca e i loro collaboratori, hanno compreso questo semplice, ma potente imperativo e hanno cercato di immaginare un mondo migliore. Uniamoci a loro, in un tentativo di restituire la gioia e il sorriso alle popolazioni dei Balcani.

Grazie, PeaceLink!

Djordje Vidanovic

Ravenna, 4 agosto 1999