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Marcia Perugia Assisi 1999

Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri, Massimo D'Alema




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Egregio Signor Presidente,

in questi giorni stiamo seguendo con apprensione la tragedia del popolo del Timor est e auguriamo pieno successo all'iniziativa assunta dalle Nazioni Unite, a cui anche l'Italia ha dato il suo sostegno. Purtroppo, ancora una volta, la comunità internazionale non è riuscita a prevenire un'orrenda strage di innocenti. E ora tenta di porvi rimedio dovendo affrontare grandi rischi ed enormi responsabilità.

I nostri sentimenti di angoscia e di preoccupazione sono accresciuti dall'amara certezza che, se non ci saranno dei mutamenti sostanziali nelle relazioni internazionali, altri fiumi di sangue continueranno a scorrere impunitamente in tante parti del mondo.

Come Lei ben sa, una visione cinica della realtà lo considera "inevitabile" perchè la logica che domina le relazioni internazionali è ancora quella dei rapporti di forza, quella degli interessi economici e del cosidetto "interesse nazionale". Le chiediamo, allora: dobbiamo arrenderci "all'inevitabile"?

Glielo chiediamo, senza retorica, con la consapevolezza del ruolo e delle responsabilità che spettano innanzitutto al nostro paese. L'Italia occupa un posto importante nel mondo (nell'Unione Europea, nell'Onu, nel G7, nella Nato,...) e, come Lei ha sottolineato, in seguito al nostro coinvolgimento nella guerra del Kosovo, siamo anche saliti nella gerarchia internazionale. Servirà a cambiare questo nostro mondo che non va? Oppure anche il nostro paese continuerà ad assecondare questa pericolosa deriva della comunità internazionale? Difenderemo anche noi con ogni mezzo i nostri "egoismi e interessi nazionali" o ci impegneremo a costruire un mondo più libero, giusto e ospitale per tutti? Avremo anche noi un superesercito di professionisti della guerra o metteremo le nostre forze armate a disposizione delle Nazioni Unite per la costruzione di una forza permanente di polizia internazionale? Cercheremo di mantenere il nostro posto tra i "grandi" del mondo o, allo stesso tempo, ci batteremo per rafforzare e democratizzare le Nazioni Unite? Chiuderemo gli occhi di fronte al dilagare della povertà e della disperazione oppure promuoveremo una seria politica di cooperazione internazionale centrata sui bisogni delle persone? Abbandoneremo i curdi al loro destino o ci assumeremo la responsabilità promuovere un processo di pace che riconosca i loro fondamentali diritti? E nei Balcani, lasceremo trionfare i nazionalismi o lavoreremo affinchè prevalgano le ragioni della convivenza nel quadro di una sempre maggiore integrazione europea?

Le rivolgiamo queste domande a nome delle decine di migliaia di persone, associazioni e istituzioni locali che, dopo aver promosso la 3a Assemblea dell'Onu dei Popoli, domenica 26 settembre parteciperanno ad una nuova edizione della Marcia Perugia-Assisi per la pace e la giustizia insieme a centinaia di persone di ogni parte del mondo. Non "il popolo dei marciatori", che di tanto in tanto si ritrovano nel nome degli ideali di pace, ma quella parte della società civile che ha deciso di assumersi in prima persona la responsabilità di non ignorare i drammi del nostro tempo. Gente capace di non guardare solo ai propri interessi personali e di riconoscere agli altri la stessa dignità e gli stessi diritti rivendicati per se stessi. Gente che sceglie -spesso con grande sacrificio personale- di reagire all'ingiustizia, alla violenza, all'oppressione con iniziative, azioni quotidiane, comportamenti personali e progetti concreti. Un mondo di associazioni, gruppi e istituzioni locali che da tempo lavora per promuovere la pace, i diritti umani e la solidarietà internazionale dall'ex Jugoslavia al Medio Oriente, dall'Africa all'America Latina, all'Asia.

Durante la guerra del Kosovo, il Suo governo ha fatto appello alla generosità della società civile. E la società civile ha risposto, nonostante la palese contraddizione di chi usava il denaro pubblico per fare una guerra e contemporaneamente chiedeva aiuto per sostenere le vittime della stessa tragedia. Oggi Le chiediamo: è possibile continuare a ignorare la voce di questa società civile? le sue relazioni, le sue iniziative, le sue proposte? Come può pensare il Suo governo di promuovere i diritti umani e la pace nel mondo (o anche solo affrontare le gravi crisi che ci circondano) senza stabilire una nuova partnership, un dialogo effettivo, con questa realtà?

Il paradosso è che, mentre molti enti locali, Regioni e istituzioni internazionali (a cominciare dall'Onu) si aprono alla società civile, il Suo governo -come del resto quelli che l'hanno preceduto- assume atteggiamenti contraddittori. Anzi, se guardiamo alle più recenti vicende dell'Albania e del Kosovo o alla gestione del servizio civile, dobbiamo registrare una chiara sensazione di fastidio.

Noi Le proponiamo di cambiare strada. Può darsi che un Paese abbia ancora bisogno di un esercito per tenere alta la propria bandiera ma, nell'era della globalizzazione, nessun governo può pensare di fare una buona politica (interna o estera) senza la partecipazione diretta dei cittadini. Come potrebbe dirsi "per la pace" un governo che mostra scarsa considerazione per i suoi giovani volontari impegnati contro la guerra, la povertà e le violazioni dei diritti umani?

Il nostro è un appello alla collaborazione per cambiare questo mondo. E' l'invito a fare una politica estera in cui si possano riconoscere tutte le energie positive del nostro paese. Balcani, Mediterraneo, Medio Oriente, guerre, morte per fame, povertà, pulizia etnica, violazioni dei diritti umani e dei diritti dei popoli: intervenire è urgente e, per sperare di essere efficaci, bisogna farlo insieme, in modo concreto, progettuale. Non andiamo cercando riconoscimenti ma una sede permanente dove ci sia ascolto, dialogo e collaborazione.

Sabato prossimo venga all'Assemblea dell'Onu dei popoli e il giorno dopo alla Marcia Perugia-Assisi. Sarebbe un buon, nuovo, inizio.

p. Nicola Giandomenico
Flavio Lotti
Coordinatori Nazionali della Tavola della Pace*

(*) La "Tavola della Pace" è una nuova esperienza di coordinamento e di confronto tra chi lavora nel nostro paese per promuovere la pace, i diritti umani e la solidarietà. Vi aderiscono centinaia di associazioni, organismi laici e religiosi ed Enti Locali di tutte le regioni italiane. Tra queste ci sono i Francescani del Sacro Convento di Assisi, AGESCI, ARCI, Associazione per la Pace, ACLI, Pax Christi, Emmaus Italia, Lega per i Diritti e la Liberazione dei Popoli, Consorzio Italiano di Solidarietà, Banca Etica.