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Cristianesimo e nonviolenza religiosa

 

CRISTIANI E OBIEZIONE DI COSCIENZA

 

Il marxismo ha spesso cercato in Spartaco il "ribelle" a cui far riferimento in relazione alla teoria della lotta di classe; gli storici marxisti videro nella rivolta di Spartaco l'assenza di un'organizzazione e di un progetto rivoluzionario alternativo, in altri termini di un partito e di una teoria rivoluzionaria ("non vi e' rivoluzione senza teoria rivoluzionaria", affermava Lenin).

Secondo il filosofo nonviolento Aldo Capitini, invece, fu il cristianesimo, ben piu' di Spartaco, a scuotere le fondamenta dello stato romano. Si ha notizia di obiettori di coscienza al servizio militare fra i cristiani. Il piu' famoso obiettore cristiano e' san Massimiliano, che rifiuto' di indossare la divisa militare. Poi vi sono san Marcello, san Maurizio, san Basilide. San Vittore si rifiuto' di portare la bandiera militare. (HV)

Molti furono i martiri perche' si rifiutarono di uccidere. Il rifiuto di partecipare alle cerimonie ufficiali di celebrazione del potere dell'imperatore fu causa di persecuzioni. A tali persecuzioni i primi cristiani risposero in modo nonviolento. Il "porgere l'altra guancia" servi' ai primi cristiani a dimostrare varie cose:

- che erano cos forti e sicuri di se' da non temere la violenza e l'inasprirsi delle persecuzioni;

- che il loro dissenso non costituiva minaccia per l'"altro";

- che la violenza del potere non poteva essere in alcun modo giustificata in base ad una presunta pericolosita' o minaccia.

I primi cristiani seppero mettere in crisi il potere senza ricorrere alla violenza e senza offrire pretesti per repressioni che in tal modo risultarono totalmente gratuite ed immotivate da una reale "minaccia" violenta. I potere si senti' minacciato da una movimento che basava la sua forza non sulle classiche sorgenti della minaccia: le spade. La "spada" dei cristiani fu nonviolenta e percio' piu' temibile - secondo Capitini - della spada di Spartaco. I cristiani seppero organizzare una strategia che - nella terminologia nonviolenta - prende il nome di "ritiro del consenso". Ogni potere - specie quello piu' debole e per questo repressivo - ha bisogno di una certa manifestazione pubblica del consenso. I cristiani "ritirarono il consenso" e ottennero il favore dei settori sociali deboli oppressi dal potere dell'imperatore. Ogni potere ha bisogno di cooperazione pratica e i cristiani seppero organizzarsi per "non cooperare" con il potere. Non si sentivano - come i tribuni della plebe - "sulla stessa barca" di chi li comandava. "Non cooperare" (il che non significa ancora "disubbidire") per i primi cristiani significava far conto sulla "propria barca", essere non organici rispetto ad un potere a loro estraneo e a cui non tributavano consenso. In questo senso si comportavano piu' o meno come i primi plebei. L'"estraneita'" dei cristiani si riassume bene con il detto: "Siamo in questo mondo ma non di questo mondo".

La situazione divenne delicata quando alcuni cristiani passarono ad organizzare un livello superiore dell'azione nonviolenta, ossia la disobbedienza civile. Finche' si trattava di agire nella sfera del diritto individuale di applaudire o non applaudire, di aiutare o non aiutare il potere, i cristiani seppero mantenere una certa omogeneita', anche se emersero differenziazioni (coloro che intendevano non entrare in conflitto con il potere erano preoccupati se si faceva strada nella coscienza dei cristiani il senso della ribellione e della disobbedienza). Quando pero' alcuni cristiani sancirono - ad esempio con l'obiezione di coscienza al servizio militare - l'incompatibilita' fra le propria coscienza religiosa (nei suoi valori piu' profondi e irrinunciabili) e le leggi dell'imperatore e della societa' che negavano la morale cristiana, allora il conflitto raggiunse il livello di una disobbedienza civile che andava a toccare non solo il piano delle opinioni e dei comportamenti personali e di gruppo, ma gli stessi fondamenti di coesione istituzionale che sorreggevano il potere. Su questo punto "trasgressivo" la comunita' cristiana si sfrangio' e prevalse la linea moderata che mirava a non entrare in aperto conflitto con il potere. La prefigurazione di un potere alternativo - basato sulla priorita' dei valori della coscienza e delle scelte etiche dell'individuo - avrebbe generato dentro la Chiesa la tensione verso una societa' basata sulla coscienza individuale e non sulla gerarchia. Una Chiesa "alternativa" rispetto al potere temporale avrebbe avuto grosse difficolta' a sopravvivere. Avrebbe richiesto ai ministri del culto una fedelta' ai principi evangelici originari, come chiedevano i donatisti, sostenitori del principio che i sacramenti fossero validi solo se amministrati da sacerdoti degni. Sempre i donatisti sostenevano che la Chiesa dovesse essere indipendente dal potere temporale. Ma il radicalismo donatista duro' poco: Sant'Agostino chiese l'intervento armato contro questa "eresia" che venne cancellata con la spada.

Prevalse quindi un'idea del "regno cristiano" - con tutte le sue virtu' - da realizzarsi piu' nell'aldila' che non sulla vita terrena, considerata "valle di lacrime" intrisa di imperfezione e di peccato. E la tecnica nonviolenta del "ritiro del consenso" e della "non cooperazione"? Poiche' produceva una disobbedienza personale e di gruppo, essa costituiva nelle mani dei cristiani uno strumento troppo potente e pericoloso se gestito dalle comunita' di base. Si rischiavano pericolosi addestramenti della coscienza e della collettivita', dell'anima e del corpo sociale che - minacciando prima il potere dell'Impero - avrebbero potuto poi minacciare il potere e il carisma della gerarchia sacerdotale. Fin dall'inizio, percio', san Paolo si preoccupo' di raccomandare che i cristiani non fossero dei disobbedienti, che i servi cristiani obbedissero ai loro padroni e che le mogli obbedissero ai mariti. San Paolo faceva pero' salva la dichiarazione di principio dell'uguaglianza degli uomini di fronte a Dio.

Specie dopo l'accordo con l'imperatore Costantino (313 d.C.) l'obbedienza venne declamata come una virtu' cristiana e la stessa pace fu considerata una condizione legata al valore dell'obbedienza e dell'ordine.

La potente arma della non cooperazione e della disobbedienza civile fu uno strumento "legittimo" solo nelle mani del papa che la uso' - assieme ai mezzi violenti - come complemento nonviolento di indubbia efficacia: sobillare un intero popolo contro un re non e' cosa da poco, specie se il re era un mascalzone e per giunta... uno "scomunicato" dal papa.

Il papa uso' quindi la "scomunica" come una miscela di violenza e nonviolenza, come un mix di "sabotaggio" e "boicottaggio" quando sentiva traballare il suo potere o si sentiva direttamente minacciato (un esempio fu la non partecipazione - dopo Porta Pia - dei cattolici alla vita politica italiana).

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