RIBELLI AL POTERE FEUDALE
Accanto all' immagine del feudalesimo "rassegnato" va ricercata anche la dimensione "ribelle" del feudalesimo. "La fame diventa disperazione durante le carestie. Allora scoppiano le rivolte; di rado esse hanno un capo ed un programma; per lo piu' sono esplosioni di violenza indiscriminata contro la persona e i beni dei piu' ricchi. Sempre finiscono tragicamente: il signore ha la meglio e i ribelli vengono impiccati. (...) Che cosa potevano queste bande misere e disorganizzate contro i professionisti della guerra?" (CG1 p.30-1)
"E' una rivolta?", "No, e' una rivoluzione". Con questo scambio di vedute nella corte del re di Francia si prende atto invece del salto di qualita' della "ribellione" che si fa "alternativa" e quindi "rivoluzione" cosciente.
Ma dovranno passare molti secoli per passare da una ribellione a una rivoluzione. Anche perche' i ricchi sapevano fare particolarmente bene una cosa: combattere. Infatti l'arte principale del signore era quella della guerra, lo svago principale era la caccia (un rispecchiamento della guerra), i "tornei" militari erano lo sport nobiliare preferito, gli stessi scacchi rispecchiavano un gioco di guerra in miniatura. Un cavaliere medievale scrisse: "Di tre cose mi sono dilettato in massimo grado per tutta la durata della mia vita: di armi, di amore e di caccia."(CG1 p.20) Il bacio della dama al cavaliere vincitore del torneo stava a simboleggiare la totale compenetrazione fra esibizione della forza militare ed esibizione della virilita'. Ancora oggi chi non vuol combattere con le armi o non vuole partecipare a rischiose esercitazioni militari viene schernito; ne viene messa in dubbio la stessa virilita': "Chi non ha il coraggio non ha le palle!"
Il marxismo ha tentato di elaborare un'idea elementare: il popolo e' la maggioranza ed e' in condizioni militarmente favorevoli per vincere uno scontro armato. Al popolo sarebbero mancati solo un'organizzazione e una coscienza politica, ossia il senso di appartenenza ad una causa, la consapevolezza del proprio ruolo storico attivo. Una volta acquistata la compattezza e la coscienza di classe sarebbe stata conquistata anche la vittoria militare come conseguenza della maggioranza numerica delle persone e delle armi contrapponibili. Violenza rivoluzionaria contro violenza del potere.
Le rivoluzioni di lungo periodo - quindi nonviolente per essenza - sono invece state messe in secondo piano dal marxismo, elaborato da persone che avevano una certa fretta di cambiare le cose. E quindi il marxismo non si e' entusiasmato nell'analisi del medioevo e del feudalesimo, vedendovi piu' che altro l'attivismo della borghesia.
Vi e' tuttavia un'altra faccia del feudalesimo "ribelle": la resistenza nonviolenta del popolo. Essa non era passivita' (ossia rassegnazione) ma distacco dal potere, non collaborazione con esso. "Era la resistenza passiva: rifiuto di svolgere le corvees e di pagare i canoni, esecuzione negligente dei lavori. I padroni lamentano spesso "l'incuria, l'inutilita', la fiacchezza e la pigrizia" dei contadini. Uno di essi afferma sconsolatamente che e' del tutto inutile affrontare la notevole spesa per l'acquisto di un cavallo (la cui capacita' di lavoro e' molto superiore a quella del bue), dal momento che "la malizia degli aratori impedisce all'aratro trainato da un cavallo di andare piu' svelto di quello tirato dai buoi."" (CG1 p.31)
Gandhi affermo' il principio che, se tutti disobbedissero al tiranno, il tiranno cadrebbe. Una ricostruzione nonviolenta della storia dovrebbe mirare a rintracciare quei processi che "fanno il vuoto" - in termini di coscienza - intorno al "tiranno" fino a far venire meno il tradizionale gesto servile con il quale - interrompendo la falciatura - i contadini si inchinavano e si toglievano il cappello. La nonviolenza mira a rimuovere - in particolare - quell'"inchino interiore" con il quale si acquisisce l'abito mentale della sottomissione.
Non e' assurdo riscontrare nella "popolarita'" di Stalin - "tiranno buono" - una disponibilita' ad abbattere il vecchio potere senza abbattere l'idea del tiranno al quale affidarsi con obbediente o cieca sottomissione. La persistenza di una mentalita' militarista anche sul versante dell'opposizione rivoluzionaria ha ricreato i tiranni e le stesse logiche del potere che essa intendeva abbattere. Gareggiando con in tiranno sul piano dell'efficienza e dell'efficacia militare, la rivoluzione ha partorito nuovi tiranni.