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Prima guerra mondiale

 

IL PACIFISMO E LA "GRANDE GUERRA"

 

"Il movimento cerco' disperatamente di opporsi allo scoppio della I guerra mondiale trovando alleati soprattutto in alcune correnti della II Internazionale Socialista, che gia' in alcuni suoi congressi aveva lanciato la parola d'ordine "Guerra alla guerra!" (Basilea, 1912). Alla conclusione del conflitto, sulla scia della grande emozione popolare per le immani sofferenze subite e sulla base dei "14 punti" del presidente americano Th.W.Wilson, benne costituita la Societa' delle Nazioni, cui subentro' nel corso del 1945 l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) con lo scopo di "mantenere la pace e la sicurezza internazionale"."

(voce "Pacifismo", Grande Enciclopedia De Agostini)

 

 

PRIMA GUERRA MONDIALE: LO SCHELETRO NELL'ARMADIO

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"PUNTAVO IL MOSCHETTO CONTRO I MIEI SOLDATI"

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"Durante le oscurissime notti, quando scoppiano sulle trincee terribili granate, i soldati cercano uno scampo nel ritirarsi indietro, e allora io e gli altri ufficiali li ricacciamo, puntando il nostro moschetto carico, pronto ad agire ad ogni tentativo di fuga. Forse questi sono i momenti peggiori della guerra, quando noi, sotto il grave peso dell'enorme responsabilita', siamo costretti a ricorrere a qualunque mezzo, pur di obbedire anche noi agli ordini che ci vengono da fonte superiore." Cosi' scrive dal fronte il tenente Angelo Campodonico, in una lettera del 1915. L'Italia e' entrata in guerra. Il popolo italiano la subisce nelle trincee come una maledizione, come una sventura non voluta. Ma come viene deciso il massacro?

 

"VOGLIAMO LA GUERRA"

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"Noi vogliamo glorificare la guerra - sola igiene del mondo -, il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari, le belle idee per cui si muore, e il disprezzo della donna". E' il 1909 e il quotidiano francese "Figaro" pubblica queste frasi di Filippo Tommaso Marinetti, intellettuale futurista. Non sono le idee di un folle: un'intera schiera di intellettuali lo segue.

Hanno voglia di guerra Gabriele D'Annunzio, Thomas Mann, Rudyard Kipling, Henry Bergson e altri. "Hanno abdicato di fronte alla follia collettiva, la loro debolezza ha dimostrato assai bene che essi non avevano carattere", taglia corto Romain Rolland, una delle poche persone di cultura che si schierano attivamente contro la guerra. Giuseppe Ungaretti parte invece entusiasta per il fronte, come volontario: scrivera' poi struggenti poesie di pace. Intellettuali di grido puntano il dito accusatore contro il pacifismo, "nemico interno" di ogni nazione. Hermann Hesse, tedesco e nonviolento, arrivera' ad un'altra conclusione: "Il nostro compito quali esseri umani consiste nel compiere, all'interno della nostra propria, unica, personale esistenza, un passo in avanti sulla strada che dalla bestia porta all'uomo."

 

UNA SCINTILLA, UN PRETESTO

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La guerra e' in fase di preparazione, basta la scintilla, capitali enormi entrano gia' nelle tasche dei grandi industriali, le loro fabbriche costriscono armi a spron battuto. Occorre solo un pretesto per iniziare una guerra, consumare armi e munizioni, costruirne di nuove, distruggerle, costruirle nuovamente. Occorre una guerra per spartirsi meglio le colonie, conquistare nuovi mercati. Il pretesto del conflitto prende corpo il 28 giugno 1914 quando l'arciduca ereditario d'Austria viene assassinato a Sarajevo. Ma se la prima guerra mondiale inizia nel 1914, l'ingresso dell'Italia viene deciso un anno dopo. Interventisti e pacifisti si fronteggiano finche' una decisione segreta vincola l'Italia ad uno schieramento. La decisione dell'intervento italiano avviene scavalcando il parlamento di allora e con l'appoggio del re.

 

L'ITALIA IN GUERRA? TOP SECRET

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Il 26 aprile 1915, infatti, il governo italiano firma segretamente a Londra, all'insaputa del Parlamento, un patto in cui viene garantito l'ingresso in guerra. E chi lo dira' che i ragazzi italiani dovranno andare a morire sul Carso? Viene lanciata una martellante campagna propagandistica, giornali e intellettuali di regime reclamano la guerra, persino stimate personalita' di sinistra (come Salvemini) vi aderiscono. Strane similitudini con la Guerra del Golfo. Anche ottant'anni fa, infatti, la maggioranza della popolazione italiana e' contro la guerra, sinistra e cattolici vi si oppongono insieme ma la macchina della guerra riesce a funzionare meglio della macchina della pace. Ben oliata, ben organizzata e ben pagata, la propaganda pone al centro dell'attenzione pubblica la questione delle "terre irredente". Cesare Battisti diviene un esempio e, sebbene socialista, viene trasformato in un "martire irredentista" dai nazionalisti. Di fronte al montare di una campagna di pressione formidabile il parlamento di allora, in maggioranza favorevole alla pace, e' messo di fronte al fatto compiuto (il patto gia' firmato), viene blandito con la promessa di una guerra lampo (e di un finanziamento estero per pagarla), mentre i parlamentari riottosi vengono piegati da un'aggressiva campagna di linciaggio: D'Annunzio invita i dimostranti a picchiare Giolitti, espressosi contro la guerra. Non mancano le dimostrazioni pacifiste: il 17 maggio 1915 gli operai torinesi scendono in piazza e indicono uno sciopero generale.

Il successivo 26 maggio il governo italiano di Salandra, fino a pochi mesi prima alleato dell'Austria e della Germania, entra in guerra contro tali nazioni. Inizia cosi' una guerra che costera' all'Italia 680 mila morti e 1 milione di mutilati e feriti, una quantita' di vittime superiore agli abitanti delle citta' "da liberare", Trento e Trieste.

 

LENIN E GLI OBIETTORI DI COSCIENZA

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Ormai il fronte internazionale pacifista e' fiaccato. Diversi partiti socialisti europei tradiscono gli ideali internazionalisti e appoggiano l'ingresso in guerra dei rispettivi governi: naufraga la Seconda Internazionale di cui fanno parte. Contro la guerra si schierano i bolscevichi di Lenin, il quale vede nell'imperialismo e nella spartizione dei mercati mondiali la ragione ultima del conflitto.

A schierarsi contro la guerra c'e' una piccola ma significativa schiera di obiettori di coscienza. Nasce cosi' il Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR) nel 1914. Lo scoppio della guerra induce infatti alcuni cristiani inglesi e tedeschi ad una solenne promessa morale: non farsi la guerra sentendosi fratelli. Fra loro c'e' Max Josef Metzger. Per breve tempo fa il cappellano militare, poi si converte alla nonviolenza, diventa vegetariano, scrive "Pace sulla terra" nel 1917, partecipa a manifestazioni per la pace (immolera' la propria vita nel 1944 opponendosi a Hitler). I militanti del MIR offrono se stessi per la causa della pace, sono obiettori di coscienza, molte centinaia soffrono il carcere o donano la propria vita.

 

GLI "INTERVENTISTI DEMOCRATICI"

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Come la guerra del Golfo, anche la prima guerra mondiale ha una frangia di "estimatori" fra intellettuali "di sinistra". Gli "interventisti democratici" appaiono sui giornali e offrono la propria "firma pulita" a favore della "guerra giusta". Ernesto Teodoro Moneta, l'unico italiano ad aver ricevuto il Premio Nobel per la Pace nel 1907, e' una delusione: non leva la propria voce contro la guerra, lui che aveva raccolto 130 mila firme nel 1896 contro la missione militare italiana in Africa. Gli "interventisti democratici" parlano di "guerra necessaria", di Trento e Trieste, evocano il militarismo autoritario prussiano come "pericolo" per l'Europa (sorvolando sul fatto che la Francia e l'Inghilterra si erano alleate con un ingombrante dittatore come lo Zar della Russia), ma i generali pensano gia' a conquistare altre terre dove la lingua italiana e sconosciuta: e infatti verra' conquistato il Sud Tirolo (di lingua tedesca), ribattezzato Alto Adige. La "Patria", nei sogni militaristi, spazia su tutto il Mediterraneo, sulle terre conquistate dagli antichi romani. Ancora oggi si trovano monumenti "ai caduti che romanamente sognarono una Patria piu' grande". Tutto cio' che e' conquistabile viene battezzato come "Patria".

OTTENERE TRENTO E TRIESTE CON LA NEUTRALITA'

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Cio' che spesso non si dice e' che l'Italia avrebbe potuto egualmente ottenere Trento e Trieste mantenendosi neutrale.

Il liberale Giovanni Giolitti e' infatti convinto che l'Italia puo' ottenere Trento e Trieste senza combattere ma offrendo la propria neutralita' in cambio delle "terre irredente". Giolitti annota "l'enorme interesse dell'Austria di evitare la guerra con l'Italia e la piccola parte di italiani irredenti su un impero austro-ungarico di 52 milioni", intravedendo "maggiori probabilita' di giungere ad un accordo attraverso trattative ben condotte". Ma le trattative in corso con l'Austria e la Germania vengono lasciate cadere perche' il governo italiano vuole SUBITO Trento e Trieste dall'Austria. E' un ultimatum che l'Austria non accetta e l'Italia si rivolge all'altro schieramento. La Francia e l'Inghilterra che men che meno possono garantire la cessione "subito" di qualcosa che non e' nelle loro disponibilita': Trento e Trieste. Il prezzo da pagare per ottenerle e' la guerra, la condizione e' la vittoria. Quando la guerra finira' il nuovo imperatore austro-ungarico concedera' a tutte le nazionalita' l'autogoverno, come previsto da Giolitti.

ITALIA IN GUERRA, SOCIALISTI IN TRAPPOLA

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Ma la condotta diplomatica italiana e l'ingresso in guerra - al di la' della propaganda - non appaiono in realta' finalizzati alla "liberazione" di Trento e Trieste. Viene chiesto un ingrandimento dell'Italia nel Mediterraneo (Dalmazia, Albania), in una prospettiva "imperiale" piu' che "patriottica". Ma soprattutto appare evidente che la dichiarazione di guerra ha finalita' politiche: si impone la censura, vengono vietate le attivita' politiche di opposizione, un giro di vite autoritario appare il miglior modo di bloccare il dilagare dell'ideale socialista.

 

COSTRUIRE ARMI, UN AFFARE PER POCHI

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Ma un secondo motivo reale muove le classi dominanti ad appoggiare la guerra: le commesse di guerra appaiono una golosa occasione di arricchimento rapido nonche' duraturo, dato che il conflitto, dopo l'iniziale ottimismo di comodo, appare lungo e aspro. Si rafforzano i monopoli e gli intrecci fra politici, affaristi e comandanti militari. Gli industriali italiani legati alle commesse militari costituiscono una lobby potentissima: per loro e' indifferente che l'Italia si allei con l'Austria e rivendichi la restituzione della Gioconda al governo di Parigi piu' Nizza e la Savoia ("oppresse" sotto il tallone francese) o che si allei con la Francia e rivendichi Trento e Trieste ("oppresse" sotto il tallone austriaco).

 

 

IL NEMICO

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Chi si oppone alla guerra viene bollato come "amico degli austriaci". I nemici divengono coloro che accecano i bambini, li mutilano, crocefiggono i prigionieri, uccidono brutalmente suore e infermiere, veri antenati degli irakeni da sterminare settant'anni dopo. Lo dicono i giornali, lo dicono gli intellettuali, la guerra dunque e' "giusta". Si diffonde la stampa di massa e apparati di propaganda di dimensioni mai viste prima costruiscono l'immagine mostruosa, barbara e repellente del nemico da uccidere. Il tutto condito da fotografie, spesso fotomontaggi. Una parte dell'opinione pubblica finisce per credere nei "misfatti" dei "nemici". Giosue' Borsi, giovane scrittore conosciuto per la mitezza del carattere e la devozione religiosa, cosi' si esprime sui suoi "nemici" in una lettera alla madre: "Credi, mamma, che combattiamo contro la razzaccia piu' iniqua e barbara del mondo, e nessuna guerra potrebbe essere piu' santa di quella che abbiamo intrapreso per abbatterla per sempre e senza pieta'." Ad un amico scrive: "Ti spediro' alcune teste di austriaci come campione senza valore. Quanti austriaci si vedono volare per aria come fuscelli!"

 

 

FILO SPINATO: "TAGLIATELO CON I DENTI!"

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Fin dall'inizio i soldati italiani vengono mandati all'attacco, in salita e allo scoperto per un'impossibile conquista delle vette su cui sono asserragliati gli austriaci. Ad attenderli ci sono le mitragliatrici e il filo spinato. Spesso non hanno la tronchese per reciderlo. "Tagliatelo con i denti!", viene detto loro. Muoiono a migliaia, aggrappati con le mani insanguinate al filo spinato del "nemico" che non riescono a spezzare. I loro comandanti preferiscono le stragi all'immobilita' e ritengono un disonore non attaccare. I soldati che si rifiutano di assaltare la trincea nemica vengono fucilati per ammutinamento. Fra una morta "quasi sicura" correndo disperatamentre all'attacco e una sicura di fronte al plotone di esecuzione, i piu' scelgono l'assalto alla baionetta. Chi si ribella sa inoltre che verrebbero confiscati i beni dei loro familiari e murate le porte delle loro case, racconta Hemingway nel romanzo "Addio alle armi", che ha come sfondo la prima guerra mondiale e l'Italia.

 

IL GENERALE E LA MITRAGLIATRICE

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Le mitragliatrici mettono in atto, nelle tattiche militari, una rivoluzione che penalizza l'attacco e rende quasi invulnerabile la difesa: non occorre piu' mirare per colpire, un solo uomo alla mitragliatrice vale quanto centinaia di uomini all'attacco. Le scuole di guerra tradizionali, da cui provengono gli ufficiali italiani e generali come Cadorna, non avevano tenuto presente questa novita'. Il comandante italiano Luigi Cadorna ordina quattro offensive, nella zona dell'Isonzo e del Carso che provocano 250 mila morti e feriti nell'esercito italiano, composto di un milione di uomini.

Massacri simili si consumano anche sul fronte occidentale: "I nostri artiglieri non avevano mai avuto il compito cosi' facile, ne' mai l'avevano svolto con altrettanta efficacia. Falciarono senza sosta, da un capo all'altro, le file nemiche." (dal diario di guerra di un soldato tedesco). "Quando e' l'ora di marciare molti non sanno che il nemico marcia alla loro testa", scrivera' Bertolt Brecht. "Date denaro per la vittoria: la vittoria e' la pace", i manifesti del governo invitano a sottoscrivere un prestito.

 

"I RICCHI RIESCONO A METTERSI AL SICURO"

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D'Annunzio pontifica: "Tutta l'Italia aveva vent'anni per combattere, per vincere, per vivere, per morire. Non per morire. Abbattuto con una palla nella testa, il fante non credeva di morire: credeva di entrare in una vita piu' vasta." Ma la realta' e' ben altra. I fanti dal fronte scrivono a casa lettere gonfie di dolore e di rabbia: "Ditegli che la guerra per il popolo significa aumento stragrande di miseria, significa fame, significa morte, e null'altro". E' una delle tante lettere censurate (raccolte nel libro di E.Forcella e A.Monticone "Plotone di esecuzione", Laterza) scritta il 14 agosto 1917 da un soldato 21enne del 9' artiglieria da fortezza, condannato a 1 anno e 10 mesi di reclusione militare per insubordinazione e lettera denigratoria in cui spiega al padre che lo aspetta a Viterbo: "La guerra e' ingiusta, perche' e' voluta da una minoranza di uomini i quali, profittando della ignoranza della grande massa del popolo, si sono impadroniti di tutte le forze per poter soggiogare, comandare e massacrare; che chi fa la guerra e' il popolo, i lavoratori, loro che hanno le mani callose e che sono questi che muoiono, sono essi i sacrificati, mentre gli altri, i ricchi, riescono a mettersi al sicuro." I manifesti governativi parlano di pace: "Date denaro per la vittoria: la vittoria e' la pace", e cosi' invitano a sottoscrivere un prestito per finanziare la guerra.

 

DONNE: BARRICATE ANTIMILITARISTE

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"Chiunque non produca al massimo tradisce il fidanzato, il marito o il fratello che combattono." Manifesti per la strada. Milioni di uomini combattono al fronte, le donne li sostituiscono nelle fabbriche, negli uffici, nei campi. Nonostante la propaganda martellante nasce nelle donne la coscienza del proprio ruolo politico in chiave antimilitarista. Sono le donne di Torino, nella seconda meta' dell'agosto 1917, a dare vita a spontanee manifestazioni contro la guerra, al grido di "pane pane!". Una fulminea insurrezione coinvolge i quartieri popolari, operai e donne combattono per cinque giorni sulle barricate contro le forze dell'ordine e i militari. Una frazione socialista spinge per fare come in Russia: dichiarare subito l'uscita dell'Italia dalla guerra. L'insurrezione non riesce a superare i confini di Torino, la censura sui giornali e' ferrea non meno della repressione che fa piu' di cinquanta morti e alcune centinaia di feriti. Il 24 ottobre 1917 arriva la disfatta di Caporetto, l'esercito italiano batte in ritirata, da alcuni storici interpretata come un tentativo insurrezionale indotto dalla diffusione della notizia della rivoluzione sovietica.

 

 

CENTOMILA DISERTORI, MEZZO MILIONE DI RENITENTI

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Dalla Russia giunge infatti la notizia che i soldati, stanchi della guerra, fraternizzano con i nemici, puntano i fucili contro i loro comandanti e pongono fine alla guerra. Lenin "toglie ai ricchi per dare ai poveri" e per di piu' firma la pace. E' una "bomba pacifista" che produce diserzioni di massa, insubordinazioni e ammutinamenti. Gli ufficiali ordinano le decimazioni dei plotoni ribelli. Fucili italiani falciano i disertori italiani, nelle trincee si compie un massacro simile ad una guerra civile, episodi che trovano descrizione nel romanzo autobiografico "Un anno sull'altipiano" di Emilio Lussu. I Tribunali di guerra si ingolfano di lavoro, i magistrati esaminano 870 mila denunce per reati militari, oltre la meta' per renitenza alla leva. I casi di diserzione superano quota 100 mila, vengono comminate 25 mila condanne per indisciplina, 10 mila per autolesionismo, dato che vari soldati preferiscono ferirsi, anche gravemente, pur di non combattere. Interi reparti italiani, rimasti isolati, senza viveri, assiderati nella neve non sanno che fare. Per loro gli austriaci non sono nemici ma esseri umani a cui chieder aiuto. I comandi militari tricolori ordinano che e' un "dovere patriottico" far fuoco con l'artiglieria e le mitragliatrici contro i plotoni e le compagnie di soldati italiani che si arrendono o tentano di passare al nemico. "Se teniamo presente che durante la guerra furono mobilitati poco piu' di 5 milioni e mezzo di italiani, quasi un quinto subirono denunce per reati militari". In Italia il codice militare di guerra ha previsto fino a non molto tempo fa che "il militare che, durante il combattimento, abbandona il posto, e' punito con la morte mediante fucilazione nel petto" (recentemente la pena di morte e' stata abolita anche nella legislazione di guerra). Ma la repressione nelle trincee e le decimazioni nei plotoni italiani rischiano di accentuare la disfatta di Caporetto (500 mila uomini in meno fra morti, feriti, dispersi, prigionieri). Ecco allora che il governo italiano toglie il comando militare all'odiato Cadorna e promette ai combattenti, per lo piu' braccianti e contadini poveri, una riforma agraria e terre ai bisognosi. Gli "uffici P" (propaganda) lavorano in maniera capillare facendo presa fra i soldati e le famiglie. La "terra ai contadini" appare l'arma decisiva del conflitto. I soldati italiani resistono "eroicamente" sul Piave, vincono le successive battaglie, diventano "cavalieri di Vittorio Veneto", unico beneficio di guerra poiche' la promessa delle terre ai contadini non verra' mantenuta dal governo. Mica le poteva togliere ai latifondisti.

 

 

DA REDUCI A PICCHIATORI

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La guerra provoca una distorsione dell'economia la quale, alla fine del conflitto, stenta nel riconvertirsi verso produzioni civili e a trasformare i reduci in forza lavoro utile alla nazione. Diversi reduci sbandati si trasformano in picchiatori fascisti o in squadristi dei "frei korps" tedeschi. "Eroi di guerra" come Ernst Junger (scrittore tedesco sette volte ferito e pluridecorato) teorizzano la guerra come selezionatrice di una "razza nuova": l'"homo bellicus". I militaristi diventano fascisti e non esistano ad unirsi ai fanatici tedeschi: nemici nella prima guerra mondiale diventano poi alleati in nome degli stessi nefasti ideali abbracciati nelle opposte trincee. L'enorme deficit creato dalla guerra, le distruzioni e i disagi porteranno ad una crisi tale da favorire la nascita dello squadrismo. I manifesti di celebrazione del 24 maggio diventeranno una chiamata a raccolta dell'Italia peggiore: "Cittadini! Il 24 maggio 1915 l'Italia scrisse la piu' fulgida pagina della sua storia. Noi che la guerra allora volemmo e ci onoriamo di averla voluta e combattuta tutta, ancor oggi salutiamo riverenti il maggio radioso del 1915 che, disperdendo la putredine calcolatrice, seppe salvare un mondo! Il 24 maggio e' giorno sacro per tutti coloro che fecero dedizione di loro stessi ad un'unica causa: quella dell'Italia e dell'umanita'." Firmato: il Fascio di combattimento di Torino.

 

 

"MAESTRI SUPERFICIALI, PROFESSORI IMBROGLIONI"

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Don Milani rilegge la prima guerra mondiale con i suoi ragazzi e cento anni di guerre italiane. Arriva alla conclusione che e' l'"obbedienza non e' piu' una virtu' ma la piu' subdola delle tentazioni", scrive ai cappellani militari, viene messo sotto processo. Ecco un brano della sua autodifesa di fronte ai giudici.

""L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli."

Voi giuristi dite che le leggi si riferiscono solo al futuro, ma noi gente della strada diciamo che la parola RIPUDIA e' molto piu' ricca di significati, abbraccia il passato e il futuro.

E' un invito a buttare tutto all'aria: all'aria buona. La storia come la insegnavano a noi e il concetto di obbedienza militare assoluta come la insegnano ancora."

"Abbiamo preso i nostri libri di storia (...) e siamo riandati cento anni di storia italiana in cerca d'una "guerra giusta". D'una guerra cioe' che fosse in regola con l'articolo 11 della Costituzione. Non e' colpa nostra se non l'abbiamo trovata."

"Quando andavamo a scuola noi i nostri maestri, Dio li perdoni, ci avevano bassamente ingannati. Alcuni poverini ci credevano davvero: ci avevano ingannati perche' erano a loro volta ingannati. Altri sapevano di ingannarci, ma avevano paura. I piu' erano forse solo superficiali.

A sentir loro tutte le guerre erano "per la Patria".

I nostri maestri si dimenticavano di farci notare una cosa lapalissiana e cioe' che gli eserciti marciano agli ordini della classe dominante (...) Non posso non avvertire i miei ragazzi che i loro infelici babbi hanno sofferto e fatto soffrire in guerra per difendere gli interessi di una classe ristretta (di cui non facevano nemmeno parte!) non gli interessi della Patria (...) Alcuni mi accusano di aver mancato di rispetto ai caduti. Non e' vero. Ho rispetto per quelle infelici vittime. Proprio per questo mi parrebbe di offenderli se lodassi chi le ha mandate a morire e poi si e' messo in salvo. (...) Del resto il rispetto per i morti non puo' farmi dimenticare i miei figlioli vivi. Io non voglio che essi facciano quella tragica fine. Se un giorno sapranno offrire la loro vita in sacrificio ne saro' orgoglioso, ma che sia per la causa di Dio e dei poveri, non per il signor Savoia o il signor Krupp. (...) Ci sono ancora dei fascisti poveretti che mi scrivono lettere patetiche per dirmi che prima di pronunciare il nome santo di Battisti devo sciacquarmi la bocca (...) Se fosse stato vivo il 4 novembre quando gli italiani entrarono nel Sud Tirolo avrebbe obiettato (...) "Riterremmo stoltezza vantar diritti su Merano e Bolzano". ("Scritti politici" di Cesare Battisti, vol.II, pag.96-97) "Certi italiani confondono troppo facilmente il Tirolo con Trentino e con poca logica vogliono i confini d'Italia estesi fino al Brennero" (ivi) Sotto il fascismo la mistificazione fu scientificamente organizzata. E non solo sui libri, ma perfino sul paesaggio. L'Alto Adige, dove nessun soldato italiano era mai morto, ebbe tre cimiteri di guerra finti (Colle Isarco, Passo Resia, San Candido) con caduti veri disseppelliti a Caporetto.

Parlo di confini per chi crede ancora, come credeva Battisti, che i confini debbano tagliare preciso tra nazione e nazione (...) In quanto a me, io ai miei ragazzi insegno che le frontiere sono concetti superati.""

 

 

 

"GLI OCCHI DELLA PAZZIA"

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Il generale Leone ordina ad un caporale a sfidare il pericolo e ad affacciarsi sulla trincea: ""Bravo!", grido' il generale."Ora puoi scendere". Dalla trincea nemica parti' un colpo isolato. Il caporale si rovescio' indietro e cadde su di noi. Io mi curvai su di lui. La palla lo aveva colpito alla sommita' del petto. Il sangue gli usciva dalla bocca. Gli occhi chiusi, il respiro affannoso, mormorava: "Non e' niente, signor tenente". Anche il generale si curvo'. I soldati lo guardavano, con odio. "E' un eroe, commento' il generale. "Un vero eroe". Quando il generale si drizzo', i suoi occhi si incontrarono con i miei. Fu un attimo. In quell'istante , mi ricordai d'aver visto quegli stessi occhi, freddi e roteanti, al manicomio della mia citta', durante una visita che ci aveva fatto fare il nostro professore di medicina legale." (Emilio Lussu, "Un anno sull'altipiano")

Cio' che Emilio Lussu afferma non e' un'esagerazione soggettiva:

in migliaia impazziscono realmente durante la guerra e si deve ricorrere alla psichiatria. Si scopre che non basta una punizione molto severa per recuperare i ricoverati e resuscitare l'entusiasmo patriottico.

 

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"HO SCRITTO LETTERE PIENE D'AMORE"

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Ungaretti parte nutrito di entusiasmo patriottico per la guerra.

Arrivato al fronte lo attende una realta' diversa da quella descritta nella propaganda nazionalistica.

E scrive poesie di pace.

 

 

SAN MARTINO DEL CARSO

 

Di queste case

non e' rimasto

che qualche

brandello di muro

 

 

Di tanti

che mi corrispondevano

non e' rimasto

neppure tanto

 

Ma nel cuore

nesuna croce manca

 

E' il mio cuore

il paese piu' straziato.

 

 

 

SONO UNA CREATURA

 

Come questa pietra del S.Michele

cosi' fredda

cosi' dura

cosi' prosciugata

cosi' refrattaria

cosi' totalmente

disanimata

 

Come questa pietra

e' il mio pianto

che non si vede

 

La morte

si sconta

vivendo

 

 

 

VEGLIA

 

Un'intera nottata

buttato vicino

a un compagno

massacrato

con la sua bocca

digrignata

volta al plenilunio

con la congestione

delle sue mani

penetrata

nel mio silenzio

ho scritto

lettere piene d'amore

Non sono mai stato

tanto

attaccato alla vita

 

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"SVEGLIAMI TU, MAMMA"

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"Sentiva le esplosioni... Il dolore era cosi' forte che non poteva pensare ad altro... Poi tutto si calmo' all'improvviso... Prese a scalciare coi piedi per spostare la cosa che aveva sotto. Ma non aveva niente da scalciare perche' non aveva le gambe. Appena poco piu' sotto del bacino gli avevano amputato tutte e due le gambe... Non aveva aria in gola. I polmoni prendevano aria da qualche parte sotto la gola. Comincio' a tendere i nervi della faccia. A cercare di sentire il vuoto che c'era. Dove una volta aveva il naso e la bocca ora doveva esserci soltanto un buco coperto dalle bende... Il buco cominciava dalla base della gola proprio sotto dove avrebbe dovuto esserci la mascella e si allargava poi verso l'alto. Sentiva la pelle raggrinzirsi attorno al bordo. Il buco era sempre piu' largo. Si estendeva fino alla base delle orecchie che pur gli erano rimaste e poi si restringeva. Finiva un po' piu' sopra del posto dove avrebbe dovuto esserci il naso.

Il buco arrivava troppo in alto perche' gli occhi fossero rimasti intatti.

Era cieco...

Doveva essere un sogno... Ma non era un sogno. Poteva sperare che fosse un sogno finche' voleva ma non avrebbe cambiato la situazione...

No no no non puo' essere cosi'.

No no.

Mamma.

Mamma dove sei?...

Mamma te ne sei andata e ti sei dimenticata di me. Sono qui. Non riesco a svegliarmi mamma. Svegliami tu. Non posso muovermi. Tienimi stretto. Ho paura. Oh mamma mamma cantami qualcosa e strofinami e fammi il bagno e pettinami i capelli e lavami le orecchie e gioca con i miei alluci e fammi battere le manine e soffiami il naso e baciami sugli occhi e sulla bocca come ho visto che facevi con Elizabeth, come devi aver fatto con me. Allora mi svegliero' e non ti lascero' piu' altrimenti avro' paura e faro' brutti sogni...

Oh vi prego oh oh vi prego. No no no vi prego no.

Vi prego.

Non io..."

 

Tratto da D.Trumbo, "E Johnny prese il fucile", Bompiani.

Johnny e' travolto da una granata, ha da poco ripreso i sensi, e' la prima guerra mondiale.

 

 

 

FILM ANTIMILITARISTI CENSURATI

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Dal romanzo "Addio alle armi" viene tratto un film che nel 1932 mette in scena la sconfitta di Caporetto, il mito della prima guerra mondiale viene infranto da scene di cruda realta' e di insensata follia. Scatta la censura e gli italiani per vederlo in TV dovranno aspettare 50 anni. Oscuramento in Italia e Germania anche per il film "All'Ovest niente di nuovo", uscito nel 1930, vincitore di due Oscar ma troppo antimilitarista. Realizzare e far vedere film critici sulla prima guerra mondiale risulta difficile anche nel 1950: la narrazione della storia di un obiettore di coscienza ha un effetto cosi' dirompente che il "servizio segreto psicologico" dell'esercito francese ne impedisce la realizzazione. Il film viene ripreso dieci anni piu' tardi, cambia titolo (da "L'obiettore" diventa "Non uccidere") e il regista Autant-Lara e' costretto a realizzarlo in Jugoslavia, fra il 1961 e il 1963. Sono gli anni dell'Algeria, allora colonia francese, in lotta per l'indipendenza. Il film ha un impatto poderoso sull'opinione pubblica. Stesso effetto shock ha in Italia "Uomini contro" di Francesco Rosi. Il regista incontra resistenze tali in Italia da doverlo realizzare in Jugoslavia. Il film esce nel 1970 provocando uno strascico di polemiche e di proteste dei "benpensanti". Altri film che hanno rivisitato criticamente la prima mondiale sono "Charlot soldato" (uscito nel 1918), "La grande guerra" di Mario Monicelli, il tedesco "Westfront", "Orizzonti di gloria" di Kubrick e "La grande illusione", francese.

Raccontare la verita' della guerra, risvegliare le coscienze e' un impresa anche per chi non e' regista ma educatore di pace: padre Ernesto Balducci viene incarcerato e don Lorenzo Milani sottoposto a processo per aver sostenuto il diritto ad agire secondo coscienza di fronte a una guerra ingiusta. Appena trent'anni fa. La prima guerra mondiale, con i suoi falsi miti e le sue vere tragedie, e' rimasta un tabu', un'ingombrante scheletro nell'armadio della storia e dei governi.

 

 

Le vittime della Grande Guerra

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Germania 2.000.000

Russia 1.750.000

Austia 1.550.000

Inghilterra 900.000

Italia 680.000

Turchia 420.000

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Globalmente nella Prima Guerra Mondiale persero la vita 10 milioni di persone.

 

 

 

Sul muro c'era scritto col gesso

viva la guerra.

Chi l'ha scritto

e' gia' caduto.

Chi sta in alto dice:

si va verso la gloria.

Chi sta in basso dice:

si va verso la fossa.

La guerra che verra'

non e' la prima. Prima

ci sono state altre guerre.

Alla fine dell'ultima

c'erano vincitori e vinti.

Fra i vinti la povera gente

faceva la fame. fra i vincitori

faceva la fame la povera gente egualmente.

 

Dalle biblioteche

escono i massacratori.

Stringendo a se' i figli

stanno le madri e scrutano atterrite

nel cielo le scoperte dei sapienti.

 

Al momento di marciare molti non sanno

che alla loro testa marcia il nemico.

La voce che li comanda

e' la voce del loro nemico.

E chi parla del nemico

e' lui stesso il nemico.

 

Generale, il tuo carro armato e' una macchina potente

spiana un bosco e sfracella cento uomini.

Ma ha un difetto:

ha bisogno di un carrista.

Generale, il tuo bombardiere e' potente.

Vola piu' rapido d'una tempesta e porta piu' d'un elefante.

ma ha un difetto:

ha bisogno di un meccanico.

Generale, l'uomo fa di tutto.

puo' volare e puo' uccidere.

ma ha un difetto:

puo' pensare.

 

Quando la guerra comincia

forse i vostri fratelli si trasformeranno

e i loro volti saranno irriconoscibili.

Ma voi dovete rimanere eguali.

Andranno in guerra, non

come ad un massacro, ma

ad un lavoro serio. Tutto

avranno dimenticato.

Ma voi nulla dovete dimenticare.

Vi verseranno grappa nella gola

come a tutti gli altri.

ma voi dovete rimanere lucidi.

Bertolt Brecht

 

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