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Ernesto Balducci

 

Le righe seguenti sono state scritte nelle ore immediatamente successive all’agonia e alla morte di padre Ernesto Balducci. Come sovente mi accade avevo poi deciso di non pubblicarle, poiché mi parevano (e tuttora mi sembrano) del tutto inadeguate. Sono passati due mesi da quella tragedia, e mi risolvo a pubblicarle così come sono, non finite, e non più levigabili.

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La morte di padre Ernesto Balducci per un incidente stradale non solo priva la cultura contemporanea di una figura luminosa, non solo tronca l’operosa esistenza di un costruttore di pace nella linea indicata da Gandhi (per cui la pace e la giustizia si costruiscono con la "forza della verità"), ma lascia un dolore immedicabile in quanti ebbero modo di conoscerlo e non solo come nome sul frontespizio di libri, e non solo come voce o immagine da radio e televisione.

Ma questa morte assurda non l’avrà vinta su padre Balducci: ci restano la sua vicenda di infaticabile lottatore per la verità, le sue opere terse ed eloquenti, il suo chiaro lascito morale e civile: i tanti libri che hanno colto le svolte epocali e segnalato i compiti dell’ora, e vogliamo qui almeno proporre alla lettura di tutti Il terzo millennio, L’uomo planetario, La terra del tramonto; la rivista "Testimonianze" che da decenni è un luogo alto e veggente della riflessione e della speranza; una casa editrice come le Edizioni Cultura della Pace che stanno pubblicando volumi fondamentali; antologie come La pace, realismo di un’utopia, che ha dato base teorica e documentaria alle inquetudini e all’impegno di due generazioni di giovani; quell’ottimo manuale scolastico di educazione civica scritto insieme a Pierluigi Onorato; e un manuale di storia della filosofia scritto con ottica non eurocentrica (ed è il primo ed unico caso in Italia), quella Storia del pensiero umano che vorremmo veder adottata come testo di formazione teorica, e come strumento per la consapevolezza e la lotta, nei licei come negli istituti tecnici, nelle sedi dei sindacati, dei partiti, dei movimenti.

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Ma perché ripetere cose che tutti già sanno? Solo un personale ricordo vorrei qui aggiungere. Tre volte chiesi aiuto e consiglio a padre Balducci.

Nel recente paradossale processo che subii per l’opposizione alla guerra del Golfo, fu tra i primi ad esprimermi una pubblica e forte solidarietà, mettendo in campo la sua autorevolezza morale, che unita a quella di tante altre persone fu decisiva nel definire il senso e il contesto di quell’azione di resistenza alla guerra, di quel processo che ho poi vinto.

Qualche anno fa con una lettera calda e serrata prese pubblica posizione a sostegno del nostro lavoro di inchiesta e denuncia sul "caso Gigli-ICEM" e di contrasto alla penetrazione della mafia a Viterbo, solidarizzando pienamente con noi che su questo foglio scriviamo nel momento in cui il sistema di potere cercava di metterci a tacere con la minaccia giudiziaria; in una lettera personale che mi autorizzò a rendere pubblica e che apparve su questa stessa rivista scriveva tra l’altro: "Ogni tentativo di porre un argine alla barbarie della tecnologia selvaggia, distruttiva dell’ambiente e dell’uomo, non può che trovarmi solidale; ogni denuncia della ‘mafia’ politica, che è uno dei fattori determinanti di quella distruzione, è di per sé meritevole di appoggio".

Nel 1987 coordinavo per l’Italia la campagna internazionale di solidarietà con Nelson Mandela, allora detenuto da un quarto di secolo nelle prigioni del regime razzista sudafricano; avevo chiesto a Primo Levi di venire a Viterbo a presiedere un convegno contro il razzismo e mi aveva risposto con la finezza d’animo, la cortesia squisita e le parole miti che gli erano proprie dicendo la sua impossibilità a muoversi da Torino per gravi urgenze familiari; pochi giorni dopo tragicamente scomparve. Organizzai allora nel cuore triste dell’estate un convegno a Viterbo per ricordarne la figura e l’opera (e fu il primo convegno nazionale di studi su Primo Levi), al quale presero parte illustri relatori, e tra essi padre Balducci. Le persone che quel pomeriggio torrido hanno partecipato a quel convegno nella Sala Regia di Palazzo dei Priori credo ne conservino un ricordo incancellabile, e massime delle parole che allora padre Balducci pronunciò, col suo tratto impetuoso, con la sua lucidità incandescente, e con quell’appello finale a portare avanti la lotta che era stata di Primo, che era la sua, che resta la nostra, di ogni persona di volontà buona…

Peppe Sini

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