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Alexander Langer

 

Aveva scritto in memoria di Petra Kelly: "Forse è troppo arduo essere individualmente dei portatori di speranza: troppe le attese che ci si sente addosso, troppe le inadempienze e le delusioni che inevitabilmente si accumulano, troppe le invidie e le gelosie di cui si diventa oggetto, troppo grande il carico di amore per l’umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che si proclama e ciò che si riesce a compiere".

Sotto un albicocco in pian dei giullari, nella soave campagna fiorentina, Alex Langer ci ha lasciato.

In uno dei suoi ultimi scritti diceva: "Ad una visione dell’Europa e del mondo incentrata su un’idea di sviluppo fatta di mercificazione, competizione e crescita (citius, altius, fortius: più veloce, più alto, più forte) vogliamo opporre un’alternativa rovesciando il motto olimpico: più lentamente, più in profondità, con più dolcezza".

Era una persona buona e ragionevole, sensibile e rigorosa. Ricordo che ogni volta che lo interpellammo nel corso degli anni (sempre vi era qualche buona causa ed urgente, non siamo di quelli che mandano auguri) mai il suo braccio, la sua voce mancò. E così lo ricorda chiunque lo conobbe, pronto sempre a profondere il suo impegno solidale, contro la violenza anche la più nascosta e subdola, per salvare il mondo che è uno e di tutti.

Il fardello che lo gravava, l’orrore dell’ora presente, la solitudine del giusto, la sofferenza di non riuscire a contrastare il male come si vorrebbe.

Resta che anche il suo carico quelli che restano l’hanno da portare. Non sarà facile. È necessario.

Peppe Sini

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