Torna alla homepage
    
Cerca nel sito con FreeFind
Clicca per mandare un email Scrivi a PeaceLink
Homepage  |  Chi siamo  |  Come contattarci  |  Mappa del sito  |  Come navigare nel sito  |  Aiuta PeaceLink
Editoriale  |  News  |  Database  |  Dossier  |  Libri  |  Appelli  |  Appuntamenti
Disarmo

Mailing-list
Rischio nucleare
Uranio impoverito
Spese militari
Eserciti e basi
Armamenti
Legislazione
Documenti
Contattaci

Sezione gestita da
Francesco Iannuzzelli

Tutte le informazioni presenti su questo sito sono di origine pubblica e ne e' incoraggiata la diffusione. In nessun caso sono state violate norme di sicurezza o segreti militari.
  Documenti - oscar report

Oscar report n. 18
Fuochi d’artificio a sud del Sahara

Dieci conflitti "maggiori", sessantamila morti, un debito, anche militare, insostenibile, uno sviluppo umano disastroso: l’Africa è il campo di battaglia in cui viene sperimentato il nuovo mercato delle armi. Ma c’è chi va controcorrente e preferisce spendere per scuole e sanità.

Nel 1998 i "conflitti armati maggiori" - definiti dal Sipri come quelli in cui vi è un "uso prolungato della forza militare" tra governi o altri gruppi armati organizzati attorno a poste come il potere politico o il controllo del territorio e che abbiano provocato almeno 1.000 morti - sono stati 27. 11 di essi sono localizzati in Africa, e 10 in particolare in Africa Subsahariana. Il numero complessivo di "conflitti armati maggiori" è diminuito nell’ultimo decennio dai 35 dell’ ’89 ai 27 del ’98, ma è la prima volta che l’Africa figura in testa in questa poco invidiabile classifica (negli anni precedenti era l’Asia, Medio Oriente escluso, a detenere il primato).

L’Africa Subsahariana è stata anche la regione con più vittime di guerra nel periodo più recente: il 60% delle 110.000 persone morte in conflitti armati durante i 12 mesi che vanno dall’agosto ’98 al luglio ’99. Di fronte a queste cifre, generalmente i dati su spese militari e commercio di armi nell’area sembrano sproporzionati: troppo bassi, in apparenza, per provocare tali disastri. Siamo però di nuovo di fronte ad una sottovalutazione di alcune componenti del mercato degli armamenti e delle risorse impegnate per la guerra nei vari paesi. Ad esempio, i paesi africani sarebbero in realtà i maggiori acquirenti di fucili d’assalto AKM, i kalashnikov. Peraltro, mentre il Sipri stima la spesa militare complessiva dell’Africa a sud del Sahara a meno di 6 miliardi di dollari negli ultimi anni - 5,6 miliardi nel ’98 - l’Istituto di Studi Strategici di Londra parla di 9,7 miliardi di dollari di spese militari nel ’98, in crescita rispetto ai 9,2 miliardi del ’97, e di 1,7 miliardi di dollari come valore del "mercato regionale degli armamenti" sempre nel ’98, contro 1 miliardo di dollari l’anno precedente.

Qualche elemento in più si può trarre dal confronto tra alcuni dati su spese militari e sviluppo umano (vedi tabella). Dei 48 paesi dell’Africa Subsahariana, 11 (Angola, Burkina Faso, Burundi, Congo Kinshasa, Congo Brazzaville, Eritrea, Gibuti, Liberia, Mauritania, Nigeria, Somalia) sono quelli in cui le spese militari pro capite superano sia quelle per l’educazione che quelle per la salute, mentre in altri 14 paesi (tra cui la Sierra Leone, dove però il dato della spesa bellica è chiaramente sottovalutato) la spesa militare è superiore ad almeno uno degli altri tipi di spese pubbliche. È comunque significativo anche il fatto che 21 paesi (di due, Comore e Sao Tomè, mancano i dati) abbiano una spesa militare inferiore a quella sociale, anche se in alcuni casi - ad esempio il Botswana: 164 dollari pro capite, sia pur con un prodotto lordo pro capite di 3.310 dollari - essa risulta elevata in assoluto. La bassa spesa per le forze armate, tuttavia, non mette al riparo dall’intervento violento dei militari in politica, come mostrano il caso della Guinea Bissau (spesa militare pro capite di appena 2 dollari) e, recentemente, della Costa d’Avorio (spesa militare pro capite di 7 dollari).

D’altra parte 26 paesi dell’Africa a sud del Sahara pagano per il servizio del debito estero più della spesa pubblica complessiva per istruzione e sanità, e altri 11 paesi pagano più di quanto non ricevano come aiuto allo sviluppo (i dati sono sempre pro capite). Tra questi 37 paesi che hanno problemi con il debito e i 25 complessivi che presentano una spesa militare pro capite troppo elevata rispetto alle spese sociali vi è un’ampia intersezione: 21 paesi, tra cui molti dei maggiori del continente, e precisamente Angola, Burundi, Camerun, Congo Kinshasa, Congo Brazzaville, Etiopia, Gibuti, Guinea, Kenya, Liberia, Madagascar, Mauritania, Mozambico, Niger, Nigeria, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Sudan, Togo, Zimbabwe. Paesi dove gli oneri finanziari sul debito con l’estero, cioè con governi e banche del Nord del mondo, sono ormai insostenibili e, contemporaneamente, pesa un’elevata quota di risorse destinata al militare, con ampio ricorso agli acquisti di armi all’estero, cioè negli stessi paesi del Nord, anche a debito. Non stupisce che le condizioni dello sviluppo umano siano in questi paesi disastrose.

 

Spese militari e sviluppo umano in Africa

Dati 1997 o ultimo anno disponibile, in dollari

Prodotto nazionale lordo pro capite

Servizio del debito estero pro capite

Aiuto allo sviluppo ricevuto pro capite

Spesa pubblica per l'educazione pro capite

Spesa pubblica per la salute pro capite

Spesa militare pro capite

Indice di sviluppo umano
(*=basso)

Angola

260

162

27

14

9

81

*

Benin

380

10

21

12

6

5

*

Botswana

3.310

74

95

379

n.d.

164

 

Burkina Faso

250

5

19

9

10

21

*

Burundi

140

8

14

4

2

9

*

Camerun

620

79

10

18

7

11

 

Capo Verde

1.090

35

153

39

33

13

 

Ciad

230

6

14

5

6

3

*

Comore

400

17

21

16

4

n.d.

 

Congo DR (Kinshasa)

110

12

2

1

2

4

*

Congo R (Brazzaville)

670

168

77

37

14

38

 

Costa d'Avorio

710

97

20

34

10

7

*

Eritrea

230

0

38

4

3

37

*

Etiopia

110

12

7

4

2

3

*

Gabon

4.120

504

58

134

33

16

 

Gambia

340

27

13

11

6

3

*

Ghana

390

29

9

10

6

3

 

Gibuti

n.d.

25

59

20

11

52

*

Guinea

550

52

17

12

7

7

*

Guinea Bissau

230

35

50

10

3

2

*

Guinea Equatoriale

1.060

29

29

19

22

7

 

Kenya

340

27

7

23

6

6

 

Lesotho

680

29

19

49

18

17

Liberia

490

31

26

6

3

14

*

Madagascar

250

17

40

5

3

3

*

Malawi

210

10

11

12

6

1

*

Mali

260

41

22

6

5

4

*

Mauritania

440

75

78

14

14

15

*

Mauritius

3.870

246

13

167

97

13

 

Mozambico

140

12

27

5

1

4

*

Namibia

2.110

n.d.

120

193

89

61

 

Niger

200

11

19

3

3

3

*

Nigeria

280

31

0

3

0

6

*

Rep. Centrafricana

320

14

24

10

6

4

*

Ruanda

210

5

56

7

3

7

*

Sao Tomè

290

93

114

13

18

n.d.

 

Senegal

540

33

26

19

6

9

*

Seychelles

6.910

21

212

380

205

110

 

Sierra Leone

160

6

14

3

2

2

*

Somalia

210

7

8

2

0

6

*

Sudafrica

3.210

120

5

271

79

58

 

Sudan

290

15

5

7

6

6

*

Swaziland

1.520

37

16

110

39

26

 

Tanzania

210

14

14

9

5

3

*

Togo

340

17

14

18

5

8

*

Uganda

330

9

17

9

5

8

*

Zambia

370

35

28

9

13

4

*

Zimbabwe

720

66

11

68

13

20

 


0 = dato inferiore a 1 dollaro pro capite
n.d. = dato non disponibile
servizio del debito estero = pagamenti annuali per rate di ammortamento e interessi

Fonti: nostra elaborazione su United Nations Development Programme, Human Development Report 1999, New York-Oxford, Oxford University Press, 1999; per i dati sul debito: The World Bank Group, Global Development Finance 1999, Washington 1999; per i dati sulle spese militari: SIPRI Yearbook 1999, cit.

 

Venditori e acquirenti 1997-99

Da Bissau a Brazzaville: guerre interne?

Dalla rivolta militare in Guinea Bissau nel giugno ’98, ai conflitti endemici in Sierra Leone o Liberia, alla battaglia di Brazzaville del ’97, all’eterna guerra angolana, l’Africa occidentale sembra l’area delle più tipiche guerre interne, "conflitti etnici" o "guerre civili". Ma questi stessi conflitti sono ampiamente "regionalizzati": il Senegal è intervenuto a Bissau; a Freetown è l’Ecomog (Economic Community of West African States Monitoring Group), egemonizzato dalla Nigeria, che combatte i ribelli del Fronte Rivoluzionario Unito (Ruf); in Congo Brazzaville, l’ex dittatore Sassou-Nguesso è tornato al potere con l’appoggio dell’Angola. L’internazionalizzazione è ancora più accentuata se consideriamo le forniture di armi nei diversi scenari con, in particolare, il nuovo consistente ruolo di Washington. Nonché i principali mezzi di scambio per ottenere materiale bellico: materie prime pregiate, dal petrolio ai diamanti.

- Guinea Bissau. Il modello del fornitore ex metropoli coloniale è stato disarticolato dall’intervento massiccio degli Stati Uniti, principale esportatore di armi in Guinea Bissau nel ’97-98 con 1 milione 261 mila dollari di vendite, prevalentemente governative, seguito dal Portogallo con 435 mila dollari di armi e munizioni. Alla voce "esplosivi e prodotti pirotecnici", che spesso in questi paesi nasconde forniture di uso militare, vende però anche la Svezia (441 mila dollari, sempre nel ’97-98). Anche il Senegal, intervenuto nella crisi a Bissau e con un conflitto interno al suo territorio, quello in Casamance, ormai si rifornisce molto più negli Usa (5 milioni 417 mila dollari nel ’97-98) piuttosto che dalla ex potenza coloniale Francia (623 mila dollari).

- Sierra Leone. Nel ’97, o nel ’99 la Sierra Leone ha ricevuto due elicotteri militari MI-24 dalla Russia (via Bielorussia, secondo l’Onu). L’incertezza sulla data, e anche la possibilità che le forniture siano due distinte, è legata al fatto che chi si avvale di questi mezzi sono in realtà società di mercenari: la Executive Outcomes sudafricana, che ha operato in Sierra Leone tra il 1995 e il 1996 per la protezione delle miniere di diamanti, affittando elicotteri e piloti russi e bielorussi; e la Sandline International britannica, che ha operato nel ’97-98. Nella guerra sierraleonese sono arrivati anche, nel ’97-98, 137 mila dollari di armi e munizioni dalla Francia e 70 mila dollari dall’Italia, e ancora dall’Italia 34 mila dollari di esplosivi e detonatori, insieme a 170 mila dollari dalla Svezia. L’Italia, peraltro, era stato il princiale fornitore di esplosivi e armi leggere a Freetown tra il ’93 e il ’96 (oltre 1 milione e mezzo di dollari). La Svezia - cioè la Bofors, gruppo Celsius, recentemente acquistato dalla Saab - vende esplosivi (122 mila dollari nel ’97-98) anche in Liberia, il cui "signore della guerra" Charles Taylor appoggia i ribelli della Sierra Leone. In Burkina Faso, anch’esso sospettato di appoggiare i ribelli del Ruf, vende pistole l’Italia (109 mila dollari nel ’97-98). Ma nel 1996 le imprese Usa avevano ottenuto autorizzazioni a vendite commerciali di armi in Burkina per 4 milioni 645 mila dollari. In Guinea (Conakry), schierata con il governo di Freetown, arrivano dall’Italia, nei due anni considerati, esplosivi e detonatori per 1 milione 52 mila dollari, oltre ad armi e munizioni dalla Francia per 372 mila dollari.

- Tra i paesi dell’area dove sono arrivati grandi sistemi d’arma negli ultimi due anni c’è il Togo, praticamente ancora sotto il governo militare del generale Eyadéma, a cui la Bulgaria ha venduto 6 obici semoventi da 122 mm e la Polonia 20 mezzi blidati trasporto truppe BWP-2.

- Congo Brazzaville. Nel Congo della guerra civile sono arrivate nel ’97-98 armi e munizioni dall’Italia per 2 milioni 174 mila dollari, nonché 627 mila dollari di esplosivi. Gli Stati Uniti hanno fornito altri esplosivi e detonatori per 3 milioni 102 mila dollari; la Francia armi leggere per 1 milione 83 mila dollari. La nuova industria militare del Sudafrica ha concluso vendite per oltre 25 milioni di rand, poco più di 4 milioni di dollari, in particolare per 18 veicoli blindati da combattimento Mamba Mk2.

- Angola. Grande fornitore militare dell’Angola resta la Russia, che ha venduto a Luanda 12 aerei militari nel 1998, 6 caccia MiG-23ML e 6 cacciabombardieri Su-22. Secondo alcune fonti, aerei MiG-23 ed elicotteri MI-24, provenienti però dall’Ucraina, sarebbero giunti nelle mani dei ribelli dell’Unita, mentre altre forniture, sempre ucraine, ai ribelli di elicotteri MI-25 e missili Frog-7 sono state smentite. Ma anche in Angola si sono affacciati gli Stati Uniti, a partire dagli oltre 80 milioni di dollari di autorizzazioni del 1996 a vendite commerciali dirette.

Da Khartoum a Kinshasa: guerre tra Stati?

La guerra scoppiata nel giugno 1998 tra Etiopia ed Eritrea è - si dice - una guerra convenzionale tra Stati come non si vedeva da tempo in Africa. In realtà sia questo conflitto che il conflitto "quasi statuale" tra Congo ex Zaire e Ruanda, con i loro alleati nella regione dei Grandi Laghi, utilizzano per gli approvvigionamenti di armamenti canali contigui a quelli "grigi" e "neri" delle "piccole armi" dei conflitti interni.

- Nel conflitto tra Addis Abeba e Asmara sono ricomparsi su ampia scala i grandi sistemi d’arma. L’Eritrea nel 1997 ha ricevuto dall’Italia i 6 caccia da attacco al suolo MB-339CE dell’Aermacchi, del valore di 50 milioni di dollari (78,5 miliardi di lire, compresi pezzi di ricambio e addestramento per un anno; l’autorizzazione governativa era del ’96). Nell’aeronautica eritrea sono inoltre segnalati 4 elicotteri d’attacco provenienti dalla Russia e 3 aerei da trasporto tattico Harbin Y-12 dalla Cina. Nel ’98 Asmara ha acquistato una decina di caccia MiG-29 ancora dalla Russia, per un valore di 150 milioni di dollari, e probabilmente lanciamissili dalla Bulgaria. Gli Usa, dal canto loro, cercano di mantenere uno spazio tra i fornitori dell’Eritrea, con esportazioni per 2 milioni 659 mila dollari tra il ’97 e il ’98. Il consistente aumento della spesa militare eritrea è stato sostenuto, sembra, anche da fondi provenienti da paesi arabi come il Qatar e la Libia.

L’Etiopia si è ampiamente rifornita negli ultimi anni al mercato dell’est, spesso "dell’usato": carri armati T-55M dalla Bulgaria; aerei leggeri L-39C dalla Repubblica Ceca; elicotteri MI-8T e MI-24D, nonché una dozzina di cacciabombardieri SU-27 per un valore di 160 milioni di dollari dalla Russia. Munizionamento è arrivato dalla Cina, acquistato attraverso uno scambio con il principale prodotto d’esportazione etiopico, il caffè. Anche Addis Abeba ha avuto qualcosa dagli Stati Uniti: 1 milione 421 mila dollari di materiali bellici nel ’97-98. Dall’Italia sono arrivati esplosivi per 212 mila dollari. Ma il terzo protagonista - defilato - del conflitto e della competizione per l’egemonia regionale è il Sudan, impegnato anche in una guerra interna nel sud del paese. Degli acquisti di armi di Karthoum si sa poco, ma negli ultimi anni compare tra i fornitori la Francia - che paga il suo debito per l’estradizione, nel 1994, del terrorista Carlos - con 346 mila dollari di armi e munizioni e 1 milione 324 mila dollari di "esplosivi e prodotti pirotecnici". Inoltre, appena al di là dello stretto, è uno snodo di traffici verso il Sudan e il Corno d’Africa lo Yemen. Nel ’99, ad esempio, una ventina di mezzi di una fornitura di carri armati T-55 della Polonia allo Yemen sembra siano stati dirottati in Sudan.

- Nell’area dei Grandi Laghi troviamo: il Congo Kinshasa, che si procura armi dalla Cina, "in regime di baratto scambiandole con minerali strategici", e dalla Russia, via Bielorussia, come i 6 pezzi di artiglieria PSZO BM-21 importati nel ’97; l’Uganda, rifornita massicciamente dagli Usa, con 11 milioni 394 mila dollari di vendite, soprattutto commerciali dirette, nel ’97-98; il Ruanda, che compra dal Sudafrica per quasi 4 milioni e mezzo di dollari nel ’97-98, in particolare veicoli blindati da combattimento RG-31 Nyala, e che acquista dalla Slovacchia 5 lanciarazzi modello 70; lo Zimbabwe, che sostiene militarmente il regime di Kabila a Kinshasa, e che nel ’97-98, secondo il Sipri, ha acquistato dall’Italia 6 aerei leggeri da addestramento e antiguerriglia SF-260 E/F Siai Marchetti (Agusta, gruppo pubblico Finmeccanica).

- Il Sudafrica, con la sua notevole industria militare, è tra i pochi paesi africani le cui importazioni belliche sono, in genere, coproduzioni, come nella recente (fine ’98) maxicommessa da 5 miliardi di dollari per "ammodernare la difesa nazionale", di cui fanno parte: fregate Meko e sottomarini forniti dalla Germania, cacciabombardieri Gripen forniti dalla Svezia, aerei Hawk ed elicotteri navali Super Lynx forniti dalla Gran Bretagna, e 30 elicotteri modello A-109 Agusta, con opzione per altri 10, dall’Italia. Il Sudafrica si attende da questo programma di investimenti un ritorno complessivo di 18 miliardi di dollari a favore dell’economia locale. Nel caso dell’A-109 (commessa da 450 miliardi di lire), l’elicottero sarà assemblato su licenza dalla sudafricana Denel Aviation.